Brescia Oggi del 13/08/2008 p. 61
Stimato direttore, in qualità di legale rappresentante dell'associazione sindacale NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche, mi permetto di entrare nel merito della discussione aperta a seguito dell'articolo «Un operatore denuncia, ma i sindacati prendono le distanze. Infermiera picchiata dal paziente al Civile» apparso sul vostro giornale domenica 3 agosto 2008. Come noto, le distanze sull'episodio non sono state prese dal sindacato degli infermieri, il NurSind, bensì dal segretario della Cgil Fp. Non le nascondo che le affermazioni fatte da un sindacalista di professione, mi appaiono alquanto strane e sono per me, lavoratore turnista in una corsia di ospedale, fonte di amarezza. Proprio in questi giorni tutti i giornali hanno riportato la notizia - fonte Censis - che in Italia ci sono più morti bianche che omicidi. I dati a mia disposizione del gennaio 2007 (fonte Inail) danno un numero rilevante di infortuni denunciati per «violenza ed aggressione» nei confronti degli infermieri (234 riferiti all'anno 2005). Che questi rischi facciano «parte del mestiere» come afferma la Cgil, non significa che sia tollerabile un'inerzia, anche sindacale, nel tentare di ridurne l'incidenza concreta nei lavoratori. Il NurSind, sindacato autonomo degli infermieri, è nato anche per questo. Di fronte al disinteresse di aspetti specifici della categoria da parte delle confederazioni maggiormente rappresentative, molti infermieri hanno deciso di darsi una strumento, il sindacato di categoria appunto, al fine di tutelare al meglio la propria salute, la propria valorizzazione sociale ed economica e poter soddisfare i bisogni di salute dei cittadini con maggior qualità e sicurezza. Portare all'attenzione dei datori di lavoro e all'opinione pubblica tali casi che accadono, anche in forma più lieve e meno drammatica quotidianamente nelle corsie degli ospedali, ha lo scopo di sensibilizzare da una parte i cittadini a cui si vuol far capire l'alto valore sociale che la professione di infermiere riveste nel prendersi cura di tutte le condizioni di salute della persona umana, dall'altra parte le istituzioni preposte affinché si prodighino nel ridurre il più possibile i rischi connessi all'esercizio della professione. Di quest'ultimo aspetto ce n'è bisogno in modo particolare perché ciò che è stato fatto non è ancora sufficiente. E in quest'ambito il ruolo del sindacato è centrale. Si pensi che contrattualmente il rischio riconosciuto agli infermieri è uno solo: quello radiologico. Del resto i sindacati firmatari dei contratti poco o nulla hanno fatto per riconoscere i particolari disagi della categoria: le scarse indennità riguardano i lavoratori delle aree critiche, dell'Adi e chi lavora nel reparto di malattie infettive, altre indennità (di qualificazione professionale, di turno, notturna e festiva, di pronta disponibilità) sono misera cosa e gli importi sono fermi da decenni. Si pensi che l'indennità di profilassi antitubercolare previste per chi lavora nelle pneumologie è di 0,15 euro al giorno! Nulla è stato fatto per riconoscere la professione di infermiere come lavoro usurante. Il NurSind da questo punto di vista si è attivato in diversi modi e sedi. Mi basta citare la raccolta firme fatta sul territorio nazionale alcuni anni fa per il riconoscimento del nostro lavoro come lavoro usurante. L'anno scorso su tale tema abbiamo avuto un'audizione presso la Commissione Sanità del Senato. Ci siamo inoltre attivati a livello di singole aziende per aumentare la sicurezza degli infermieri anche attraverso la rivendicazione di una corretta dotazione organica del personale. Dove possibile abbiamo riconosciuto il disagio di chi lavora in particolari situazioni come le medicine, le psichiatrie, ecc. L'infermiere, trovandosi proprio a diretto contatto con la persona concreta a cui non inerisce solamente una malattia o un singolo evento morboso bensì un complesso di alterazioni fisiche, psichiche e sociali, è quotidianamente soggetto a rischi di carattere fisico, chimico e biologico. Sottovalutare questo aspetto significa mancare di rispetto ai lavoratori. Chi vive la professione conosce i rischi della professione dall'esperienza propria e dei colleghi. La mia di lavoratore-sindacalista - solo di questi giorni - la riassumo così: l'infermiere a casa con fratture costali perché colpito da un ragazzo ricoverato in psichiatria, l'infermiera che chiede aiuto per un orario che faciliti la riabilitazione della figlia affetta da sordità a seguito di una sua infezione da citomegalovirus, molto probabilmente contratta durante il lavoro; la collega di sala operatoria che ha contratto una rara forma di tubercolosi ed è sottoposta ad isolamento e massicce terapie antibiotiche, le numerose colleghe operate di ernia lombare a causa della mobilizzazione dei malati. Questi sono solo alcuni casi recenti che dimostrano che molto spesso gli infermieri erogano salute a discapito della propria salute. Per tali motivi rimando al mittente l'invito di cambiare mestiere.
Dr. Andrea Bottega SEGRETARIO NAZIONALE NURSIND ROMA
La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi
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1 commento:
caro collega, innanzi tutto comolimenti per il tuo sito, e per gli articoli riportati, in particolare dove evidenzi la triade sindacale che negli ultimi dieci anni non ha mosso un dito per tutelare il contratto di noi infermieri.
purtroppo, tanti nostri colleghi ancora non lo hanno capito, mi auguro che i nuovi infermieri laureati possano guardare oltre l'orizzonte, altrimenti è meglio cambiare mestiere.
dino licari trapani
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