Image Hosted by ImageShack.us

La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

Loading...

giovedì, agosto 14


OSPEDALI DA BRIVIDI
Il Giornale del 14/08/2008, art. di STEFANO LORENZETTO ed. Nazionale p. 24

In corsia aria condizionata a mille E i pazienti si ammalano due volte Fuori 33 gradi, dentro 18: viaggio in un reparto dove è sempre inverno. Ma gli anziani rischiano la polmonite I medici? Impotenti. Sono gli infermieri ad avere il controllo del termostato Lo sbalzo di temperatura non dovrebbe superare i 6 gradi. Qui è -15Staccare la spina, come va chiedendo con petulanza la compagnia della buona morte? E a che serve quando si può conseguire il medesimo risultato tenendola attaccata giorno e notte? Quella del condizionatore, intendo. Ma sì, forse non ve ne siete accorti perché graziaddio state riposando sui lettini al mare o sulle sdraio in montagna, ma d'estate si consuma allegramente e in silenzio una crudelissima forma di eutanasia ai danni di coloro che giacciono nei letti d'ospedale. Essa prevede che gli anziani degenti siano congelati mediante la trasformazione delle camere in bare di ghiaccio, che anticipano di qualche settimana, spesso solo di qualche giorno, quelle di legno. E non si possono neppure lamentare, poveretti, ché subito il personale paramedico li rimbrotta: come osate protestare per l'aria condizionata quando i malati del Sud boccheggiano fradici di sudore in stanze dove si sfiorano i 35 gradi? In effetti è così, l'Italia funziona sempre a due velocità, ventole comprese, con buona pace di Willis Carrier, l'inventore del condizionatore che nel 1911 pronunciò la celebre sentenza: «Dobbiamo spostare il calore da dove dà fastidio a dove non lo dà». Non poteva prevedere che col solleone il suo proposito sarebbe valso anche per il freddo. Fino a ieri credevo d'essere io troppo delicato. Quindici anni fa finii in ambulanza al pronto soccorso dell'ospedale di Piombino per un malore: steso sulla barella in astanteria, ricordo d'aver piatito una coperta nonostante la canicola ferragostana; benché fossi vestito, tremavo per le folate gelide provenienti dalle bocchette dell'aerazione. Idem in occasione di un intervento chirurgico, sempre d'estate: all'uscita dalla sala operatoria credevo m'avessero amputato i piedi. Anni dopo, dovendo tornare sotto i ferri, chiesi e ottenni di poter almeno indossare un paio di calze sterili. Ma ora ho capito che non è affatto una questione di temperatura corporea individuale. Qui c'entrano o Toshiba o Riello. Vi racconto perché. Mia madre, 87 anni, perde l'equilibrio nel tentativo di raccogliere un oggetto che le era caduto per terra e rovina di schiena sul pavimento. Incrinatura di una vertebra, ricovero in ortopedia, busto rigido. Il tempo di tornare da Berlino e la trovo in ospedale coperta solo da un lenzuolo. Respira con fatica. A tratti rantola, a tratti tossisce, dai polmoni esala un fischio cavernoso che non promette niente di buono. Se non è polmonite, poco ci manca. «Quando ti hanno ricoverata avevi il raffreddore?», m'informo. «No, stavo benone», risponde lucida, «ma al pronto soccorso mi hanno parcheggiato per tre ore in una ghiacciaia e la mattina dopo mi sono svegliata in questo letto ridotta a un bertagnin ». Nel dialetto veneto dicesi bertagnin il baccalà. «Ha ragione, qua dentro si muore di freddo», conferma l'anziana immobilizzata nella stessa stanza con due femori fratturati. Controllo il termostato del condizionatore: è posizionato sulla tacca dei 18 gradi. Non oso ruotarlo all'insù, perché non è casa mia. «E fa bene», mi sussurra la compagna di sventura, «guai se gli infermieri se ne accorgono, non vogliono che si sposti da lì». Alle dieci di sera il maggiore dei miei fratelli chiede cortesemente alla caposala di alzare la temperatura. Per magnanima concessione viene portata a 20 gradi. Un post-it giallo appiccicato sulla centralina ammonisce: «Non toccare». L'indomani la manopola è di nuovo sui 18. Entra il medico per il giro mattutino: «Ma benedette signore, non avete freddo?». «Altroché!», esclamano all'unisono le vegliarde. Il dottore regola l'apparecchio sui 24 gradi. A mezzogiorno è bell'e tornato a 18. Devo concluderne che gli infermieri se ne fregano dei pazienti: vogliono lavorare al fresco, loro. Trascorsi tre giorni, mentre la aiuto a muovere i primi passi col deambulatore nel pensionato per anziane dov'è tornata dopo la dimissione, mia madre racconta alle altre ospiti dei danni da perfrigerazione rimediati in ospedale, che gli antibiotici stentano a debellare: «Mi hanno rovinata col condizionatore». Le risposte mi lasciano interdetto: «Si consoli, è capitato anche a noi, tutte qui ci siamo rotte qualcosa e siamo finite al gelo in ortopedia»; «io mi sono presa la bronchite»; «a me per il freddo è venuta la polmonite»; «a me la broncopolmonite». Un coro. Di sopravvissute. Già, le altre mica possono testimoniare. Io pensavo che nella generalità dei casi le diagnosi di malattie respiratorie venissero aggiunte d'ufficio dai primari al termine del ricovero solo per lucrare dalla Regione qualche giorno in più di Drg. Macché. Ho scoperto che sono la norma e, quel che è peggio, corrispondono al vero. Chi ha confidenza con questi argomenti osserverà che non c'è niente di nuovo sotto il sole. Era la metà dell'Ottocento quando il medico ungherese Ignaz Semmelweis, al quale Céline avrebbe dedicato la tesi di laurea, constatò che l'ospedale rappresentava un rischio mortale. Però allora i malati erano in balia di medici e infermieri che neanche si lavavano le mani. Oggi gli standard igienici e i protocolli terapeutici sono notevolmente progrediti. Eppure un paziente su 10 si ammala ancora di una patologia diversa da quella per cui è stato ricoverato (fonte: Associazione microbiologi clinici italiani) e le polmoniti nosocomiali rappresentano il 16% di tutte le infezioni ospedaliere, con un tasso di mortalità elevatissimo, oscillante fra il 30 e il 33%. Certo, nella statistica entrano anche le polmoniti da decubito e persino il morbo del legionario trasmesso dalla Legionella pneumophila , un batterio che si annida negli impianti centralizzati di trattamento dell'aria. Ma io resto della mia idea: stanno uccidendo gli anziani soprattutto con l'assideramento da condizionatore. Del resto che il raffreddamento favorisca l'infiammazione delle mucose e l'aggressione degli agenti patogeni alle vie respiratorie non è un'opinione personale. Non vorrei dar l'impressione di parlare per fatto privato. Mi limito a giudicare dal termometro. La temperatura consigliata negli ambienti climatizzati - leggo nelle linee guida degli installatori - non deve mai oltrepassare i 6 gradi di differenza rispetto a quella esterna. Per dirla più chiaramente, d'estate la temperatura ideale, quella che garantisce lo stato di benessere e tiene lontani i malesseri, va regolata di norma fra i 24 e i 27 gradi. E parlo di comunità dove vivono persone sane. Per quelle malate sarebbe auspicabile qualche cautela in più o no? Nei giorni in cui mia madre s'è infortunata, in città c'erano 33 gradi. In ospedale 18. Differenza: meno 15. Perciò, se la matematica non è un'opinione, gli infermieri tengono l'aria condizionata 9 gradi più bassa rispetto al limite di sicurezza. Preghino Dio che mammetta guarisca. Altrimenti torno in reparto e me li cucino come Capitan Findus. Se non lo sanno, s'informino: è morto a marzo. s tefano.lorenzetto@ilgiornale.it 10% I ricoverati che contraggono nuove patologie


Picchia gli infermieri Poi si lancia nel vuoto
Il Resto del Carlino del 14/08/2008 ed. Modena p. 16

Paziente romeno sfugge alla sorveglianza
-MIRANDOLA- UN CITTADINO romeno ricoverato nel reparto di medicina dell'ospedale Santa Maria Bianca l'altra notte è stato colto da un improvviso raptus e poi, nel pomeriggio, si è buttato dalla finestra della stanza in cui era stato da poco alloggiato, sfuggendo alla sorveglianza. Ore burrascose quelle di un paziente 52enne residente a Novi che trasferito, pochi giorni fa, dall'ospedale di Carpi ha messo a subbuglio il reparto che lo accoglieva. Intorno alle quattro di notte l'uomo è stato colto da un improvviso accesso d'ira inveendo e minacciando medico e infermieri. Il personale sanitario è riuscito a fatica a calmarlo. Tutto sembrava superato quando, un'ora dopo, la follia del cinquantenne s'è nuovamente manifestata. Brandendo una sedia ha cercato di colpire la dottoressa e gli infermieri di turno venuti a sedare il suo nuovo attacco. Li ha inseguiti nel corridoio, costringendoli a barricarsi nella guardiola, poi ha liberato i suoi istinti fracassando la sedia sulla porta. PROVVIDENZIALE, a quel punto, l'intervento dei carabinieri. La vista delle divise dei militari dell'Arma ha avuto, sul malato, un immediato effettosedativo. L'effetto calmante, di carabinieri e farmaci, è durato fino a metà mattinata. IN UN SECONDO tempo, per evitare guai ai pazienti che, con lui, avevano in comune la stanza, il romeno è stato isolato in una camera guardato a vista dal personale. Durante la mattina, per scongiurare nuovi attacchi, è stato accuratamente sottoposto alla visita dello psichiatra. Terapie e visite sembravano averlo curato fino a quando, alle 13,30, è stato visto passeggiare sul cornicione del secondo piano che aveva raggiunto scavalcando non si sa come la finestra della sua stanza. Numerosi dipendenti del nosocomio sono stati testimoni oculari del suo salto nel vuoto. Da un'altezza di oltre dieci metri è rovinato, in piedi, nel cortile interno chiuso per lavori. Immediati i soccorsi che, attivati internamente, hanno trovato l'aspirante suicida seduto a terra. Il rumeno non è in pericolo di vita ma, il trauma procurato dalla caduta, ha coinvolto anche la spina dorsale per questo è stato ricoverato in elicottero nel reparto specializzato dell'Ospedale Maggiore di Bologna. Sono in corso le indagini dei poliziotti del commissariato di Mirandola che faranno luce sull'accaduto e su eventuali responsabilità.


Emergenza ambulanze al pronto soccorso
Il Resto del Carlino del 14/08/2008 ed. Ascoli p. 7

E' NECESSARIO acquistare nuove ambulanze da assegnare alla 'Potes' di San Benedetto. Così scrive il responsabile dell'Ugl Provinciale, Benito Rossi, sottolineando che «le attuali ambulanze hanno superato gli oltre 100 mila chilometri e sono sottoposte a stress meccanici continui per poter raggiungere le destinazioni di chiamata nei tempi previsti dalla legge». L'esponente dell'Ugl aggiunge che «la 'Potes' di San Benedetto fornisce un servizio di doppia uscita delle ambulanze, sottraendo un infermiere al pronto soccorso risparmiando quindi oltre 1 milione di euro per l'apertura della tanto attesa seconda 'Potes' territoriale. Non è scritto in nessuna legge regionale che una 'Potes' debba garantire due infermieri che salgono nelle rispettive ambulanze». A tal proposito è stata inviata dall'Ugl Provinciale una lettera indirizzata alla direzione dell'Asur 12, «per sollecitare l'opportuno acquisto di nuove ambulanze - la conclusione - nella speranza che qualcuno si degni di affrontare questa spesa necessaria oltre che risolvere la decurtazione di un infermiere dal pronto soccorso». p.b.


Record di ricoveri nell'ospedale-cantiere.Lavori a Neurologia:
pazienti trasferiti in Medicina d'urgenza

Il Mattino del 13/08/2008 ed. NAZIONALE p. 42

GERARDO AUSIELLO
Al Loreto Mare l'emergenza è di casa. Ieri mattina in tutto l'ospedale c'erano una ventina di pazienti sulle barelle. Una giornata tranquilla. Venerdì scorso se ne contavano 17 nel solo reparto di Medicina d'urgenza, con una media di circa trenta lettighe al giorno a fronte di 195 posti letto disponibili. D'estate la situazione peggiora ma medici ed infermieri ci sono abituati, non ci fanno quasi più caso. Costruito in via Vespucci, nel cuore della città, il nosocomio viene quotidianamente preso d'assalto dai pazienti del centro, della zona orientale e dei comuni vesuviani. Un «via vai» infernale, che costringe il personale di turno (il 30% è in vacanza, come negli altri nosocomi, in primis il Policlinico), già insufficiente, a fare gli straordinari. Spesso, però, i disagi appaiono inevitabili. A complicare le cose un incidente che ha riguardato la Neurologia: pezzi di intonaco si sono staccati dal soffitto, il reparto è stato chiuso. I lavori di ristrutturazione sono cominciati subito e dovrebbero terminare i primi di settembre. Nel frattempo i pazienti sono stati dirottati in Medicina d'urgenza, al collasso. Ieri mattina molti ammalati avevano una sistemazione di fortuna nel corridoio, senza aria condizionata, come dimostrano le foto pubblicate. I degenti, tuttavia, non si lamentavano: «I disagi non mancano, ma ci trattano bene». Il momento peggiore è di notte: capita che un'ambulanza si precipiti nel reparto d'emergenza con a bordo un ferito, spesso giovane, bersaglio di un raid di camorra. In pochi minuti un esercito di amici e parenti si riversa al pronto soccorso e se ci scappa il morto sono medici ed infermieri a farne le spese, con calci e pugni. Le guardie giurate (5 di mattina, 4 di pomeriggio, appena 2 la sera) non bastano mai, così come il drappello di polizia, da tre anni attivo esclusivamente di giorno. In caso di problemi ai sanitari tocca chiamare il 113, aspettare e pregare. Inutili le pressioni dei sindacati, in particolare della Cgil, per chiedere maggiore vigilanza. «Il guaio - si sfogano gli infermieri - è che siamo sovraffollati mentre altre strutture non sempre collaborano». «E poi - insistono - i medici di base a volte non filtrano come dovrebbero». Ad agosto sono soprattutto gli anziani a rifugiarsi negli ospedali, mandandoli in tilt. L'altro giorno il 118 ha ricevuto 224 telefonate in 4 ore, molte delle quali effettuate da persone in età avanzata che lamentavano sintomi legati al caldo. Eppure spesso il ricovero è inevitabile. «Sbagliano a prendersela con noi - si difendono Giuseppe Tortora, vicesegretario nazionale del Sindacato medici italiani, e Giuseppe De Falco, segretario provinciale della Uil medici di famiglia - Forniamo assistenza ai nostri pazienti tutto l'anno e questo l'Asl dovrebbe saperlo. Basta, poi, con la storia delle prescrizioni inutili». Le indagini dell'Azienda sanitaria, intanto, proseguono: «Ieri mattina ci sono state soltanto due segnalazioni, da parte di pazienti di Bagnoli, che sostenevano di non potersi rivolgere al medico di base, in ferie. È tutto sotto controllo» assicura il direttore sanitario Nicola Silvestri.


Nelle case di riposo infermieri abusivi e pazienti abbandonati

Corriere Mercantile del 14/08/2008 p. 3

Le indagini sono state coordinate dai sostituti procuratori chiavaresi Margherita Ravera e Gabriella Dotto e dai magistrati di GenovaIl pm Dotto Il capitano Bombara iù che un'indagine, un vero e proprio terremoto. È l'inchiesta condotta dai carabinieri del nucleo antisofisticazioni e sanità, agli ordini del capitano Alessio Bombara e in collaborazione con le Procure di Genova e Chiavari, con la collaborazione dei sostituti Gabriella Dotto e Margherita Ravera, e resa pubblica la scorsa settimana. In quasi tutte le strutture visitate dai militari del Nas erano state accertate irregolarità, alcune anche gravi come lesioni ad un ospite o abbandono nei confronti di anziani non autosufficienti. Al termine delle ispezioni erano state denunciate sei persone; altre lo saranno al termine delle indagini. Quattro quelle segnalate all'autorità amministrativa. Il caso più grave riguardava una struttura del levante dove i carabinieri ipotizzano il reato di omessa tutela sanitaria ed assistenziale nei confronti di tre anziani. In questo caso, prima di procedere a provvedimenti, si attende l'esito dell'inchiesta. Già denunciati, invece il gestore ed il direttore sanitario di una struttura dell'entroterra di ponente dove un ospite avrebbe subito lesioni. Analogo provvedimento per tre infermieri che esercitavano abusivamente la professione in un ricovero nella zona del Righi. Insieme a loro era stato denunciato anche il legale responsabile della cooperativa di servizi dalla quale i tre falsi infermieri dipendevano. Nelle altre strutture controllate dai Nas era stata accertata la mancanza di parametri assistenziali e sanitari. Per alcuni ospizi era scattato il provvedimento di sospensione temporanea dell'attività con conseguente trasferimento degli ospiti; per altre case di riposo erano state comminate sanziani amministrative da 6mila e 500 a 7mila euro.


La centrale del "118" trasloca a Casale

Il Cittadino di Lodi del 14/08/2008 p. 20

Il piano rialzato dell'ospedale ospiterà il servizio d'emergenzaCasale Ogni giorno, tre per turno, ricevono le telefonate di emergenza da parte degli ammalati. E 24 ore su 24 inviano ambulanze, medici e infermieri a soccorrere i feriti negli incidenti, rianimare le persone che si sentono male, in ogni angolo del Lodigiano. Gli addetti del "118", una ventina di infermieri e 4 centralinisti che dagli anni '90 sono nella sede ristrutturata, al 6° piano dell'ospedale Maggiore, si sposteranno al piano rialzato dell'ospedale di Casale. I loro attuali locali, invece, saranno destinati ai malati a elevata intensità di assistenza.«Nella ristrutturazione generale dell'ospedale di Lodi - spiega il responsabile del servizio qualità Giuseppe Rivolta - la centrale operativa del "118" non trova più spazio. Visto che però può andare anche fuori dell'ospedale Maggiore abbiamo pensato di collocarla al piano rialzato dell'ospedale di Casale. Ma ci vorranno tra i 18 e i 24 mesi prima che questo avvenga. Abbiamo informato di questo anche l'Areu, l'Azienda regionale di emergenza urgenza. Stiamo attendendo una risposta. Questo spostamento però non cambierà niente dal punto di vista dell'assistenza ai cittadini. Il "118" dispone di 3 persone al telefono contemporaneamente in turno, che diventano di più quando c'è la guardia medica: sono una ventina di infermieri e 4 operatori». La nuova collocazione però, secondo Rivolta, sarà sicuramente adeguata e adiacente al nuovo punto di primo intervento. «Il personale soccorritore, invece - aggiunge il medico -, resterà suddiviso sulle varie sedi territoriali. Per Lodi non abbiamo ancora definito quale sarà, ma per gli ammalati non cambia nulla». Le postazioni poi, aggiunge il direttore generale dell'Ao Giuseppe Rossi, «saranno ricollocate nella nuova Azienda regionale per l'emergenza urgenza». Secondo Rivolta, da questo punto di vista però, per il Lodigiano, almeno al momento, «non sono previsti cambiamenti del servizio. E non credo ci saranno neanche in futuro. So solo una cosa, che a Casale - dice - gli spazi saranno più idonei di quelli attuali, più ampi e più confortevoli per gli operatori. Avranno le sale per le esercitazioni, una per le riunioni, aree tecniche, posti per i volontari, studi e tutti gli spazi che oggi non ci sono». Per ristrutturare la centrale operativa e complessivamente tutto l'ospedale di Casale, precisa il responsabile dell'ufficio tecnico Maurizio Bracchi, «serviranno 6 milioni e mezzo di euro. Dobbiamo presentare il progetto esecutivo entro il 30 settembre».Cristina Vercellone


Estate di passione al pronto soccorso

La Nuova Sardegna del 14/08/2008 ,
articolo di MARIA GIOVANNA FOSSATI ed. Nazionale p. 26

Pazienti raddoppiati, lunghe attese. In arrivo nuovi medici e infermieri
NUORO. Con 40 gradi, a ridosso di Ferragosto, può capitare di entrare di giorno con una sospetta angina al pronto soccorso del San Francesco e uscirne alle 3 di notte con un qualche responso. Alla base le carenze di personale e un numero di pazienti che d'estate raddoppia: le speranze sono affidate al concorso che potrà aumentare gli organici di medici e infermieri. La dura giornata inizia nella sala della reception, stipata con decine, se non centinaia, di pazienti e loro familiari al seguito. A seconda della gravità dei sintomi, o della prescrizione medica, c'è chi entra, e chi rimane fuori, perché il caso non viene valutato urgente: tutto viene deciso con il cosiddetto triage, una scala di codici che definisce la gravità del paziente.I codici. In progressione: "codice bianco" (paziente non grave che torna dal medico di base), "codice verde" (paziente in situazione di non urgenza, che necessita di qualche intervento ospedaliero), "codice giallo" (paziente che viene visitato entro 20 minuti) e, infine, "codice rosso" (paziente gravissimo, a cui viene prestato immediato intervento). Sin qui niente da discutere, se non fosse che chi varca la porta bianca della reception è costretto talvolta a bivaccare per ore da una stanza all'altra del pronto soccorso, con un'impazienza e una rabbia che crescono col passare delle ore.150 al giorno. La struttura sanitaria, attraverso gli operatori, prova a tranquillizzare gli animi, ma alla fine non può non opporre anche la giustificazione degli organici carenti e di una popolazione che aumenta con l'arrivo dei turisti. «Siamo passati dagli 85 accessi al giorno di marzo e aprile, ai 140-150 di quest'ultimo mese», dichiara il responsabile del pronto soccorso, Stefano Sau: «Abbiamo pochissimo personale e il carico del lavoro è aumentato in maniera esponenziale».Vecchio e nuovo. Il nuovo pronto soccorso, nato nel 2007 con una modernissima struttura che gestisce le urgenze fino alla diagnosi e alla stabilizzazione del paziente, risente delle vecchie insufficienze. Per chi vi ha fatto ingresso in questi giorni, da paziente, non passa ancora il collaudo. Perché chi viene preso in carico nel reparto spesso non regge le ore di attesa, in un camerone pieno all'inverosimile.L'attesa. «Sono qui dalle 10 del mattino, per una sospetta appendicite, e nessuno mi dice niente: ho fatto solo i prelievi. Non sopporto più questi dolori», dice alle 15 un ragazzo di Ottana, poco più che ventenne, supino su una barella. Si rivolge a un coetaneo: gli occhi pesti da un incidente stradale avvenuto a Dorgali. «Anche a me fa male tutto», si lamenta. «Non mi posso alzare e sono in attesa di fare le radiografie». Un'infermiera li tranquillizza: «State calmi: i medici hanno valutato che potete aspettare e non correte pericoli». «Fra un po' mi alzo e me ne vado: non ce la faccio più a stare su questo letto, con dolori atroci», minaccia il giovane ottanese, un minuto prima che un'altra infermiera lo chiami per la visita. A fianco ai due giovani quattro barelle, con altrettanti anziani, destinati alla Cardiologia. Oltre a diversi pazienti in preda a coliche addominali e altri con traumi da caduta: qualcuno ha il "codice verde". Altri dovranno ancora aspettare per una consulenza specialistica. «Voglio tornare al mio paese», urla ai familiari un vecchio di 94 anni, di Nughedu Santa Vittoria, sofferente per le complicazioni di un'amputazione al piede sinistro. «Qui si fa buio e ancora nessuno mi dice niente».Lamentele. Lui e gli altri anziani si rivedranno, alle 3 di notte, nel reparto di geriatria. Dopo svariate consulenze i medici hanno deciso per il ricovero. Anche se poi non si può dimenticare che pure la geriatria è in sofferenza: mancano i posti letto e i malati andranno "ospiti" in altri reparti. La durissima giornata per i pazienti entrati la mattina e nel primo pomeriggio al pronto soccorso, è terminata. Ma non le loro lamentele e quelle dei familiari. Che succede al San Francesco?Concorsi. «Semplicemente dobbiamo attendere le nuove assunzioni - spiega il responsabile del pronto soccorso, Stefano Sau -. Un concorso è stato appena bandito e porterà nuovo personale. In questo reparto si fanno le diagnosi, le stabilizzazioni dei pazienti e anche i primi interventi sulle urgenze. Siamo in una fase di passaggio e, oltre al potenziamento degli organici, dobbiamo completare la struttura: mancano ancora 7 posti letto, per ospitare al pronto soccorso pazienti che hanno bisogno di essere monitorati per qualche giorno. Stiamo costruendo un reparto moderno. Prima si andava in reparto per un elettrocardiogramma: ora ci si sta attrezzando per gestire la nuova fase. Quanto agli organici, mancano all'appello una decina di medici e di infermieri. Comprendiamo i disagi, ma vi assicuro che stiamo cercando di gestire questa fase al meglio. Nessuno attende invano: lo fa perché viene visto da diversi specialisti e, dunque, è sotto controllo».Reparti in affanno. Il nuovo pronto soccorso si deve concretizzare, ma ciò non allevia le sofferenze di chi bussa a tarda sera e si ritrova ancora senza diagnosi a metà della mattina successiva. Il pronto soccorso non è il solo reparto in affanno: oltre alla geriatria (che d'estate aumenta i suoi pazienti), la carenza di posti letto si registra anche in ortopedia e cardiologia.


È emergenza estiva al Pronto soccorso: ricoveri in aumento

Unione Sarda del 14/08/2008

Sono giorni critici per il Pronto soccorso dell'ospedale San Francesco, dove il periodo ferragostano sta mettendo a dura prova personale medico e infermieristico. L'aumento della popolazione dovuta all'affluenza di turisti nelle coste e il caldo che sembra non dare tregua causando difficoltà alle persone con problemi respiratori o cardiaci, hanno moltiplicato il carico di lavoro con gli interventi che sono passati dagli 85/90 al giorno che si registrano in condizioni di normalità, agli attuali 140. Come spiega il primario Stefano Sau, nella gran parte dei casi si tratta di pazienti residenti, soprattutto anziani che ricorrono alle cure a causa delle delle alte temperature, che in caso di necessità urgente non si possono rivolgere al medico di famiglia, perché in ferie. I turisti, invece, dopo un inizio estate che ha registrato un calo di affluenza, sono in aumento proprio in questi giorni, in concomitanza con il lungo ponte di Ferragosto. Un problema che va ad aggiungersi all'allarme per la carenza di sangue per le trasfusioni, lanciato nei giorni scorsi dall'Avis provinciale.«La situazione non è semplice - conferma Sau - soprattutto in virtù del fatto che il Pronto soccorso non è a pieno organico, né per quanto riguarda il numero di medici, né per quello degli infermieri». Attualmente il reparto può contare su 10 medici, contro i 15 previsti, mentre il personale infermieristico è a quota 18, sui 28 che rappresenterebbero il pieno organico. Una condizione resa ancor più difficile per via del personale che in questo periodo va in ferie, senza considerare che da marzo il Pronto soccorso ha in carico il primo trattamento delle urgenze, sia mediche, come infarti o casi di insufficienze respiratorie, sia chirurgiche, come fratture o altri gravi infortuni, con conseguente aumento degli interventi. Inoltre, una delle cause che fa registrare il sovraffollamento del reparto è che i cittadini vi si recano anche quando non è necessario e magari basterebbe il ricorso alla guardia medica. Presto comunque la situazione dovrebbe tornare alla normalità visto che sono stati banditi i concorsi per nuove assunzioni, che forse avranno luogo già a settembre. Se non altro, una buona notizia arriva dalla statistica relativa agli interventi per incidenti stradali che rispetto all'anno scorso resta sostanzialmente invariata, in parte grazie all'inasprimento delle sanzioni previste dal codice della strada per chi tiene comportamenti che mettono a rischio l'incolumità di se stessi e degli altri. FRANCESCO CABRAS

Nessun commento:

- Traduttore - in tutte le lingue del mondo

Disclaimer


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001. L'Autore dichiara di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'Autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata. Alcune delle foto presenti su questo blog sono state reperite in internet: chi ritenesse danneggiati i suoi diritti d'autore puo' contattarmi per chiederne la rimozione


Discutiamo... per crescere professionalmente

Lascia un messaggio e risponderò a tutti.