Corsa ai test d'ingresso per infermieri e tecnici
Il Sole 24 Ore del 25/08/2008 ECONOMIA IMPRESE LAVORO E CARRIERE p. 15
Per le ventidue professioni sanitarie a bando oltre 26mila posti
Paolo Del Bufalo
Ultime ore per accedere ai bandi per i posti nei corsi di laurea triennali delle 22 professioni sanitarie (infermieri, tecnici sanitari e della riabilitazione) per il prossimo anno accademico. Che aumentano sempre: 26.474 nel 2008-2009, il 4,1% in più rispetto al 2007-2008. Gli ultimi bandi per la richiesta di ammissione all'esame scadono infatti in alcune Università i primi giorni di settembre. Le prove poi sono fissate per tutti il 9 settembre (fanno eccezione le tre Università non statali: Milano S. Raffaele l'8 settembre, Roma Cattolica e Roma Campus biomedico il 10 settembre) e le previsioni di adesione, secondo la Conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, potrebbero sfiorare quota centomila: nel 2007-2008 erano quasi 90mila, con una media di 3,4 domande per un posto, sempre in aumento negli ultimi anni. Un boom di richieste motivato soprattutto dal fatto che il tempo medio per trovare un posto di lavoro non supera i sei mesi.Gli esami per l'accesso alle lauree specialistiche in queste professioni, invece, per cui la laurea triennale è propedeutica, sono fissati per tutti al 28 ottobre. Per questi corsi i posti sono circa 2mila (erano 1.800 lo scorso anno), con un aumento di oltre l'11 per cento.Le professioni più richieste sono fisioterapista e logopedista, rispettivamente a 12 e 9 domande per un posto nel 2007-2008. Seguono dietista a 8, ostetrica e tecnico di radiologia a 5, igienista dentale a 4. Le previsioni elaborate da Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza, indicano un'ulteriore crescita delle richieste per fisioterapia e per la professione di tecnico di neurofisiopatologia.L'aumento dei posti a bando riguarda invece in particolare la professione di infermiere in alcune Università: Bari da 506 a 774, Cagliari da 120 a 211, Messina da 500 a 525, Napoli seconda Università da 340 a 370, Perugia da 202 a 253, Roma Sapienza 1 da 1.569 a 1.683, Torino da 720 a 745, Vercelli da 400 a 440 e Verona da 663 a 683. E si auspica ora per questa professione anche l'aumento delle domande, stabili negli ultimi anni a 2 per ogni posto a bando. La disponibilità per la laurea in infermieristica, secondo Mastrillo, è comunque inferiore di 4.089 posti (-28%), rispetto alla richiesta di 31.147 di ministero della Salute e Regioni e i posti assegnati in più rispetto allo scorso anno sono "appena" 403 (+2,8%). La carenza maggiore (circa 2.500 posti) riguarda in particolare le Università di Lombardia e Veneto dove per gli infermieri è sempre allarme-organici.Per la modalità di iscrizione ai corsi di laurea triennale, rispetto al passato migliora quella diretta via internet anche se otto Università non utilizzano la procedura di iscrizione all'esame di ammissione online: Catania, Catanzaro, Firenze, Messina, Napoli seconda Università, Perugia, Sassari e Siena. In questi atenei la domanda può essere presentata solo di persona o per posta, opzione esclusa a Messina e alla seconda Università di Napoli.Ma c'è anche un'altra nota dolente: «La mancata indicazione in tempo reale del numero delle domande presentate sarebbe di grande aiuto per orientare gli studenti nella scelta del corso e dell'Università», spiega Mastrillo. Ma per ora, su 38 atenei, questo accade solo all'Università di Ferrara che pubblica giorno per giorno i dati sul numero di domande presentate per ogni corso.Comunque, sulla domanda di ammissione è possibile indicare l'opzione per altri due corsi oltre a quello di prima scelta. Questo serve a poter essere "ripescati" nel caso che in alcuni corsi le domande o il numero dei partecipanti all'esame sia inferiore ai posti disponibili, anche se non sempre il meccanismo è sufficiente a garantire il fabbisogno di studenti: lo scorso anno, infatti, sono rimasti scoperti i corsi per tecnico audiometrista e assistente sanitario.Ogni ateneo ha poi stabilito autonomamente la tassa di iscrizione. Stabile rispetto allo scorso anno, in media è di 40 euro (39 euro nel 2007-2008, quando però era aumentata del 9% circa), con il costo più alto alla Cattolica di Roma (95 euro), Milano S. Raffaele (70 euro), Ferrara e Bologna (60 euro). Il costo più basso invece è a Foggia con 15 euro. Ma quest'anno anche le Università di Ancona e Cagliari che non prevedevano alcun costo applicano una tassa di iscrizione di 25 e 20 euro.Per la prima volta, infine, nessun ateneo pretende più la marca da bollo di 14,62 euro: l'ultima a richiederla lo scorso anno fu l'Università Varese Insubria.
Il Sole 24 Ore del 23/08/2008 NORME PROFESSIONISTI p. 27
Gli enti: abolire i vincoli all'innalzamento dell'aliquota integrativa
EFFETTO NEOISCRITTI Tra il 2005 e il 2006 il contributo medio di cinque categorie è calato Il consuntivo dell'anno scorso rivela una crescitaLaura CavestriMILANOInserire, nella prossima Finanziaria, un emendamento che svincoli dall'obbligo di una legge ad hoc l'aumento del contributo integrativo per le Casse nate private una decina di anni fa con il decreto legislativo 103/1996. Lo spiega Florio Bendinelli, presidente della Cassa dei periti industriali (Eppi): «A differenza delle nostre Casse "sorelle maggiori", privatizzate dal Dlgs 509/1994, il contributo integrativo fissato per legge al 2%, non basta decidere di innalzarlo, previo assenso dei ministeri vigilanti. Serve una modifica legislativa. Ma se per entrambi vige l'obbligo di assicurare pensioni dignitose e stabilità senza oneri per lo Stato, chiediamo di essere parificate agli altri Enti almeno nella procedura di richiesta». Intanto, la quota facoltativa dell'aliquota soggettiva decolla. Ma la contribuzione resta al palo. Così, nella difficoltà di arricchire i montanti individuali, le Casse giocano la carta del welfare. Assistenza sanitaria, integrazioni di reddito nei casi di invalidità o lunga malattia, borse di studio per i figli. Anche perché, in alcune gestioni, molti iscritti lavorano anche come dipendenti. Se l'anno scorso il contributo medio di cinque categorie era, tra il 2005 e il 2006, addirittura in flessione, lo stesso valore - in base ai dati di consuntivo 2007 - assieme al totale delle entrate contributive, mostra per tutti un aumento, coerente con le poche centinaia di neoiscritti che i rispettivi profili accolgono ogni anno. Tuttavia, l'aumento facoltativo del contributo soggettivo, che, praticamente tutti, hanno introdotto da qualche anno, conferma il dato 2006: resta al palo, attorno al 3-5% la quota di iscritti che ne usufruisce. Eppure, per assegni che a poche centinaia di pensionati erogano in media mille euro l'anno, l'aumento dei contributi è una via obbligata.«Per questo - ha spiegato Florio Bendinelli, presidente della Cassa dei periti industriali - entro il 2008 puntiamo a modificare il regolamento per portare, dal 1° gennaio 2009, il soggettivo obbligatorio dall'attuale 10 al 12% e dal 2010 al 14 per cento». La modularità facoltativa, ammettono periti e psicologi, resta infatti attorno al 3 per cento. «Dal 2008 - ha detto Demetrio Houlis, presidente della Cassa psicologi - abbiamo ampliato la modularità (già prevista da tre anni al 14%) anche al 16, 18 e 20 per cento. È presto per fare bilanci, ma sinora non si è visto un reale salto di qualità nella contribuzione. I nostri iscritti sono triplicati in dieci anni. Tre quarti sono donne sotto i 40 anni. Per questo puntiamo molto anche sull'attività di welfare integrativo». Cresceranno a ritmi sostenuti, spiega Antonio Schiavon, presidente della Cassa infermieri, iscritti ed entrate dell'Ente, che a novembre scorso ha firmato il protocollo d'intesa con l'Inps per il "recupero" dei versamenti raccolti dal'96 dall'Inps, per i circa 28mila infermieri che, svolgendo la libera professione, erano rimasti iscritti alla Gestione autonoma. Stime sulle cifre? «Sono molto complesse perché vanno capitalizzati, per ognuno dei 28mila e ogni anno, periodi di attività autonoma con partita Iva o di dipendenti pubblici e privati autorizzati. La Cassa si troverà a triplicare gli iscritti». In realtà, gli Enti assorbono solo contributi da lavoro autonomo. Dunque, per una platea ampia di psicologi, attuari, geologi o infermieri, che svolgono l'attività principale come dipendenti, i versamenti sulla quota residua di attività autonoma possono costituire quasi un "secondo pilastro" da aggiungere agli assegni Inps o Inpdap. Ne è convinto Arcangelo Pirrello, presidente della Cassa pluricategoriale: «La scala che consente di incrementare sino a 12, 14, 16, 18 e 23% la contribuzione soggettiva potrebbe essere sfruttata meglio proprio da quel quasi 30% di colleghi tutelati anche da altra forma di previdenza obbligatoria (soprattutto geologi, agronomi e chimici), come arricchimento di un montante integrativo alla loro gestione principale».www.ilsole24ore.com/normeI dati delle ultime indagini
Stop ai drogati al volante, partono i narcotest
Il Giornale del 23/08/2008 , articolo di Francesca Angeli ed. Nazionale p. 25
Dal prossimo weekend via alla sperimentazione: le pattuglie di polizia e carabinieri saranno affiancate da medici e infermieri
da Roma Medici e infermieri ai posti di blocco per effettuare immediati test tossicologici sui guidatori fermati. La tragedia di Anzio, nella quale ha perso la vita una giovane donna incinta, ha impresso un'accelerazione all'inasprimento delle misure di controllo sulle strade che il governo sta mettendo a punto. È il sottosegretario Carlo Giovanardi, con delega alle politiche antidroga, ad annunciare che già nel prossimo weekend, quello di fine mese, partirà in via sperimentale la collaborazione tra le forze dell'ordine e gli operatori sanitari del dipartimento dipendenze. Da mezzanotte di venerdì 29 agosto alle 8 del mattino di sabato medici e infermieri affiancheranno poliziotti e carabinieri nelle operazioni di controllo, per ora soltanto in alcune zone del nord. I cittadini fermati potranno essere immediatamente sottoposti al test per verificare l'eventuale assunzione di sostanze stupefacenti da parte del guidatore. Esame che fino ad ora non era possibile eseguire perché le forze dell'ordine avevano a disposizione soltanto l'etilometro per accertare l'eventuale assunzione di alcol. E proprio l'incidente mortale presso Anzio ha dimostrato che quei controlli non sono sufficienti. Il ventenne alla guida dell'auto, fermato e sottoposto a un controllo di routine, aveva appena superato l'alcoltest eseguito dai militari. Il ragazzo non aveva bevuto ma purtroppo aveva assunto cocaina. Scoperta arrivata troppo tardi, q u a n d o , dopo la tragedia, il giovane è stato sottoposto al test in ospedale. «Tragedie come quella di Anzio si potranno evitare se doteremo le forze dell'ordine di migliori metodi per poter accertare oltre alla presenza di alcol anche la presenza di droghe nei guidatori», dice Giovanardi che poi spiega come si articolerà la sperimentazione. Al fianco di poliziotti e carabinieri dunque saranno presenti unità mobili attrezzate per eseguire sul posto il test di controllo. Il protocollo Dos che verrà applicato, spiega il direttore del Dipartimento Politiche Antidroga, Giovanni Serpelloni, è stato già avviato in via sperimentale in alcune zone. Gli esami sono di tipo tossicologico, saliva e urina: nessuno dei due richiede l'assenso della persona per essere eseguito. Chi verrà fermato dunque non potrà opporsi. Il consenso del guidatore sarà necessario invece per eseguire quello del sangue. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, condivide l'iniziativa di Giovanardi ed anzi si augura «che da sperimentali i controlli antidroga possano diventare ordinari, al pari di quelli effettuati per accertare l'assunzione di alcol». Per il ministro «non può esistere il diritto di drogarsi e a maggior ragione non può essere consentito guidare a chi fa uso di stupefacenti». Il protocollo Dos si affianca ad un'altra novità già resa nota e prevista per il prossimo autunno. Anche questa iniziativa partirà in via sperimentale a Foggia, Verona, Cagliari e Perugia: il test anti-droga sarà obbligatorio per chi chiede il patentino o la patente. E ancora i test antidroga diventeranno obbligatori (come stabilito dal protocollo inviato a fine luglio alla conferenza Stato-Regioni) per tutti i lavoratori considerati a rischio nel senso della responsabilità. Ad esempio poi gli autisti di pullman, i piloti di aereo e anche chi lavora con i fuochi d'artificio.
Il Resto del Carlino del 24/08/2008 ed. Rimini p. 16
ARRIVARE in Pronto soccorso con una caviglia gonfia, e dopo 4 ore e mezzo di attesa, sentirsi dire dall'infermiere che la radiologia è ormai chiusa. E' successo all'ospedale Franchini di Santarcangelo a una 32enne tunisina, Uda Kamassi, residente in città da 11 anni. «Mi ero fatta male sul lavoro la settimana scorsa. Arrivata in pronto soccorso i medici mi aveva dato una puntura e mi avevano detto di tornare a fare i raggi - spiega la donna - Il giorno dopo stavo un po' meglio e avevo deciso di non tornare, ma poi l'altro ieri ho sentito di nuovo dolore. Così ieri mattina mi sono ripresentata al Pronto soccorso». Qui viene accolta in accettazione, in attesa dei raggi, intorno alle 10,30. Passano quasi due ore e la donna non riceve risposta. Così chiede a un'infermiera, che le dice di non preoccuparsi, perché nel giro di pochi minuti sarebbe entrata in radiologia. Passano altre due ore, e alle 14,30 ancora nulla. «A quel punto ho fermato un infermiere e mi sono lamentata per l'attesa. Ma l'infermiere mi ha risposto che la radiologia ha chiuso alle 12, e che devo tornare lunedì. Mai vista una cosa del genere... Ora rischio di restare ferma dal lavoro per giorni». La donna è stata costretta a partire con il marito per l'ospedale di Rimini. «Pensavo che l'ospedale di Santarcangelo fosse più efficiente e rapido. Se sapevo così andavo subito a Rimini. La fila l'avrei fatta comunque, ma almeno medici e infermieri non mi avrebbero lasciato ore ed ore in un corridoio d'ospedale, dimenticandosi completamente della mia presenza». Rita Celli
Polizia senza test antidroga In strada scendono i medici
Libero del 23/08/2008 , articolo di TIZIANA LAPELOSA p. 18
Pochi fondi per i controlli sui drogati alla guida. Giovanardi: usiamo le AslROMA Ora che c'è scappato il morto - Nelly Gerardi travolta ad Anzio da un'automobile con alla guida un ventenne imbottito di cocaina - si corre ai ripari. Così partirà in anticipo la sperimentazione che vedrà medici e infermieri affiancare i poliziotti per eseguire test tossicologici e clinici e scoprire se il guidatore abbia fatto uso di droghe. In caso di esito positivo, il ritiro della patente è immediato. Un primo "assaggio" dei nuovi posti di blocco avverrà nella notte tra venerdì 29 e sabato 30 agosto in alcune località del Nord. Sarà Carlo Giovanardi in persona, sottosegretario con delega alle Politiche antidroga e ideatore dell'iniziativa, a testare la riuscita dell'esperimento che dovrebbe porre fine a un problema che i poliziotti denunciano da tempo: l'impossibilità di abbandonare il posto di blocco per accompagnare una o più persone in ospedale - così come prevede l'articolo 187 del codice della strada - per sottoporlo al test antidroga. Per ora, infatti, ai controlli le forze dell'ordine possono accertare solo la presenza di alcol utilizzando l'etilometro. Difficile quindi, come è successo ad Anzio, verificare la presenza di droga. L'ESAME SUI NEOPATENTATI Per trovare una soluzione immediata, dunque, è stata studiata questa nuova forma di collaborazione tra forze dell'ordine, medici e infermieri. In strada non sarà difficile imbattersi in unità sanitarie mobili simili agli ospedali da campo con tanto di laboratori e ambulatori. Un accordo, quello tra Asl e forze dell'ordine, che si basa «su un'esperienza dai buoni risultati già effettuata su alcuni territori», fa sapere il direttore del dipartimento Politiche Antidroga, Giovanni Serpelloni. Ad essere analizzate saranno la saliva e l'urina, che non richiedono l'assenso della persona, e il sangue se il guidatore dà il «consenso informato». Gli accertamenti clinici, invece, prevedono visita di uno specialista e alcuni test di reattività per verificare l'idoneità alla guida. «Occorre uscire dalla logica dell'affidare la diagnosi solo ai test tossicologici», spiega Serpelloni, «che in prima battuta possono anche essere negativi, come succede con alcune sostanze come l'Lsd, i funghi allucinogeni o alcune nuove sostanze. Tutti questi accertamenti messi insieme, invece, sono difficilmente contestabili». La sperimentazione sui test da fare in strada è stata accelerata dopo l'incidente mortale di Anzio. «Tragedie evitabili se doteremo le forze dell'ordine di migliori metodi per poter accertare immediatamente, oltre alla presenza di alcol, anche la presenza di droghe nei guidatori», ha fatto sapere Giovanardi. Mentre per l'autunno è attesa un'altra novità: chi richiederà il patentino o la patente a Foggia, Verona, Cagliari e Perugia sarà sottoposto al test anti-droga. Stesso trattamento per tutti i lavoratori a rischio, come gli autisti di pullman e piloti di aereo. «I MEZZI SONO SCARSI» Il "trasferimento" dei medici dagli ospedali alla strada potrebbe mettere la parola fine alla cronica mancanza di personale da impiegare sulle strade. Le pattuglie "addestrate" per prevenire gli incidenti stradali e abilitate a sottoporre i "fermati" al test, infatti, sono pochissime. Al punto che scendono in strada soltanto il sabato, la domenica e i giorni festivi. In alcuni casi in condizioni precarie: spesso mancano anche i boccagli per eseguire il test che rileva la quantità di alcol ingerita. Difficile, quindi, allontanarsi dal posto di blocco per accompagnare il "malcapitato" in ospedale per ulteriori accertamenti. Di pattuglie specializzate, in giro nei week end, ce ne sono due per ogni provincia. Dati allarmanti che hanno spinto il Sap, il sindacato autonomo di polizia, a chiedere di potenziare il servizio. Ad esempio, distribuendo il materiale per i test anche alle volanti, quelle che lavorano su strada per 24 ore al giorno, al termine di un periodo di formazione. «Lamentiamo la mancanza di risorse economiche al dipartimento di polizia stradale, che servirebbero ad assumere personale specializzato da impiegare in strada tutta la settimana, e non soltanto nel week end», sottolinea Nicola Tanzi, segretario generale del Sap.
Foto: Nelly Gerardi AnsaINIZIATIVA UNITÀ MOBILI Per poter migliorare i controlli sulla droga al volante, prende il via una nuova collaborazione tra le forze dell'ordine e gli operatori sanitari. Durante le notti del fine settimana (a partire dal prossimo week end) verranno predisposti numerosi posti di blocco con unità mobili di medici e infermieri predisposte dalle Asl. Effettueranno test tossicologici e clinici. Ad esito è positivo, scatterà il ritiro della patente. L'OBBLIGO In autunno, a Foggia, Verona, Cagliari e Perugia, sarà reso obbligatorio il test anti-droga per chi chiede il patentino o la patente. GLI ESAMI Sono due i livelli di test previsti oggi. Il primo, è tossicologico, su saliva e urina: il guidatore può rifiutarsi di sottoporvisi, ma viene sanzionato come se risultasse positivo. Il secondo, è l'esame del sangue, che richiede il consenso informato del guidatore. In questo caso, se si rifiuta non è perseguibile. . CARENZE Allo stato attuale, le forze dell'ordine possono accertare direttamente sulla strada solo l'assunzione di alcol, con l'uso di alcolimetri omologati. Ma non possono determinare sul posto se un guidatore abbia assunto droghe.
Artigiani salvati dagli stranieri
Il Secolo XIX del 25/08/2008 ed. Savona p. 18
la città che cambia I mestieri rifiutati dai savonesi affidati agli extracomunitari. «Il lavoro c'è, basta adattarsi»SE DECIDESSERO di scioperare mezza Savona si fermerebbe: ristoranti, pizzerie, panetterie, imprese edili, servizi alla persona. Sono i settori nei quali la maggior parte degli occupati provengono da paesi stranieri, prevalentemente extracomunitari, e che segnano il volto nuovo della città. Una città in fase di cambiamenti. A Savona gli stranieri residenti sono 4378 di 76 diverse nazionalità e buona parte di essi, pur avendo anche titoli di studio elevati, fa i lavori che i savonesi non fanno più, quelli più pesanti e impegnativi, dagli orari impossibili. Oltre al caso classico delle badanti che assistono gli anziani, panificazione e ristorazione sono i settori che hanno il più alto tasso di personale straniero. «Nelle nostre cucine ci sono un moldavo e un egiziano, sono con noi da circa 5 anni - dice Fabio Lessi del ristorante pizzeria Conca Verde - trovare personale è difficile in generale e lo è ancora di più per gli italiani. Gli orari sono pesanti e pochi sono disposti a farli». Tra i settori cruciali c'è anche quello edile, come afferma lo stesso direttore della Confartigianato savonese Mariano Cerro. «E' vero, manca la manodopera specializzata in molti settori dell'artigianato - spiega Cerro - e nell'edilizia, uno dei più colpiti in questo senso, l'unica soluzione è la manodopera straniera. Le imprese edili hanno assunto molti lavoratori stranieri, in genere di nazionalità rumena o albanese. Alcuni di loro fanno qualche anno di esperienza, si danno da fare e imparano il mestiere, per aprire poi un'impresa in proprio». La cooperativa Il Faggio, specializzata in servizi alla persona, conta su molto personale straniero per la sede di Savona; la provenienza va dall'India ai nuovi paesi membri UE e la mansione va dall'aiuto cuoco all'infermiere professionale, dall'operaio generico al fisioterapista. Nella filiale di Savona de Il Faggio ci sono 61 addetti stranieri (43 nella filiale di Imperia) su circa 300, molti dei quali comunitari. «I lavoratori dipendenti stranieri a Savona un numero abbastanza consistente svolgono diverse professioni, dal cuoco,all'infermiere - spiega Sara Vaggi de Il Faggio - gli infermieri sono in genere provenienti da paesi membri dell'UE, rumeni e spagnoli. Nei servizi alla persona i dipendenti stranieri sono in aumento. Alcuni dei nostri infermieri in questi anni hanno vinto il concorso all'Asl e attualmente lavorano negli ospedali di Savona e Pietra Ligure».In genere la scelta di Savona come luogo di residenza è determinata dal fatto di avere già un punto di riferimento in città, amici o parenti trasferitisi anni fa. Agli stranieri regolari le norme restrittive del nuovo Governo non fanno paura. Conoscono bene la normativa italiana, soprattutto quella in materia d'immigrazione e la maggior parte di loro condivide il concetto: chi lavora resti, chi fa danni torni a casa. «Nel 2000 sono venuto a Savona dove c'era già mio nipote e sono stato regolarizzato con la Bossi Fini, - dice Muhamet Haxhijat 40 anni albanese che lavora per la Pallanca Costruzioni? in Albania lavoravo come meccanico ma è un paese che deve crescere, l'economia non si sviluppa come dovrebbe e qui la situazione è migliore. Dopo poco che sono arrivato alcuni amici mi hanno presentato al mio datore di lavoro e così ho iniziato a lavorare prima come manovale e poi dopo un po' d'esperienza sono passato a fare il muratore. Qui è facile trovare lavoro, basta adattarsi e darsi da fare. La politica del nuovo Governo sull'immigrazione? Penso che chi lavora e si comporta bene possa restare in Italia, e chi non lavora ma soprattutto chi viola la legge debba tornarsene a casa». Mahen Abdel Menem El Mehy, detto Mimmo, è egiziano, ha 27 anni ed è laureato in Lingua e letteratura francese. Dopo la laurea,la difficoltà a trovare lavoro in patria come insegnante lo spinge a partire. Prima tappa Milano e da Milano a Savona, dove attualmente lavora come pizzaiolo Da Mario. «Anche se sono laureato questo lavoro mi piace, mi diverto, sono a contatto con la gente e qui a Savona mi trovo bene - dice Mimmo - non è un lavoro faticoso e voglio andare avanti. Se si ha voglia di lavorare e si è in regola con i documenti qualche lavoro si trova sempre».Radila Oumi, tunisina, lavora in cucina alla stessa pizzeria di Mimmo ha 38 anni e in patria faceva la baby sitter, un lavoro precario e poco redditizio. Poi il contatto con connazionali in Italia. "Sono venuta in Italia 17 anni fa - afferma Oumi - prima vivevo a Torino; poco più di un anno fa sono venuta a Savona dove ho trovato questo lavoro. Qui mi trovo bene".elena romanato25/08/2008
Pizzicata con il doppio lavoro
Italia Oggi del 23/08/2008 p. 6
Infermiera pubblica in congedo arrotondava in clinica privata
Ufficialmente era in congedo per accudire i propri figli, ma di pannolini e omogeneizzati non ne ha toccato nemmeno uno, preferendo svolgere il suo lavoro da infermiere presso strutture private piuttosto che nell'azienda ospedaliera di cui è dipendente. Finisce malamente (per lei) il trucchetto escogitato da C.P., infermiera lombarda, che ha utilizzato i permessi previsti dalla legge n. 53/2000 (il congedo previsto a favore dei lavoratori genitori di un bambino fino a otto anni di vita con cui questi possono essere autorizzati all'astensione facoltativa con riduzione dello stipendio) per effettuare prestazioni professionali presso una struttura privata, percependo contemporaneamente dall'Azienda ospedaliera l'indennità prevista dalla legge nelle ipotesi di congedo parentale.Adesso, secondo la decisione della Corte dei conti della Lombardia (sentenza n. 286-2008) dovrà rimborsare 1.800 euro di danno erariale che la sua condotta ha causato, sia come indebita indennità percepita che danno derivante dalla vera e propria lesione all'immagine dell'Azienda ospedaliera datrice di lavoro.Le mosse del processo contabile hanno preso l'avvio da un'indagine svolta dai Nas lombardi, volta a capire il perché di un fenomeno sempre più diffuso nelle aziende ospedaliere, vale a dire l'appalto del servizio infermieristico a causa della cronica carenza di infermieri nel mercato del lavoro. L'indagine ha messo in evidenza che l'appalto dei servizi infermieristici veniva dato a cooperative o società «le quali risultavano in grado di offrire un'inesauribile disponibilità di infermieri professionali». Come mai si verificava un'abbondanza di infermieri professionali nel privato mentre nel pubblico questi si contavano sulle dita di una mano? Presto detto. L'indagine riscontrava infatti che «molti degli infermieri che prestavano servizio presso tali strutture erano dipendenti delle Aziende ospedaliere». I carabinieri non ci hanno messo molto ad acquisire i tabulati delle presenze e quelli attestanti i turni di servizio del personale. Un materiale molto interessante che ha permesso di evidenziare che alcuni di essi avevano effettuato le prestazioni per conto delle strutture private utilizzando i giorni di congedo per malattia richiesti all'Azienda ospedaliera. Chi lavora per lo stato non può lavorare (tranne eccezioni previste espressamente dalla legge) per altri. La Corte dei conti lombarda ha pertanto sancito che la P. ha utilizzato illecitamente il tempo libero a sua disposizione durante i periodi di congedo ex art. 3 della legge n. 53 del 2000 per svolgere attività lavorativa privata per conto di terzi, in violazione del dovere di fedeltà nei confronti dell'amministrazione di appartenenza e in violazione del principio della esclusività della prestazione lavorativa sanciti dagli art. 60 dpr n. 3/57, art. 1, comma 60, legge n. 662/96, art. 53 T.U. n. 165/2001, impiegando il periodo di assenza dal lavoro, motivato da malattia, per svolgere attività lavorativa retribuita per conto di privati.Insomma, invece di cantare la ninna nanna al suo piccino, è andata a finire che gliele hanno suonate.
Troppo alcool in città, ospedali intasati
L Unita del 24/08/2008 ed. FIRENZE p. 28
Impennata di ricoveri al pronto soccorso per episodi di etilismo acuto. Tra i pazienti, metà sono stranieri di Maria Vittoria Giannotti/
Firenze
È LEGALE e a basso costo, ma è una droga a tutti gli effetti. E forse il rischio maggiore, nella dura battaglia contro l'alcool, è proprio quello di sottovalutarne la pericolosità. Un errore in cui non incorrono gli addetti ai lavori che, per esperienza, conosconobene il potenziale nocivo che deriva dall'abuso, sia acuto che cronico, della sostanza. Decessi e malattie, incidenti stradali, matrimoni e carriere stravolte: nei centri di recupero presenti nel capoluogo toscano approdano persone che hanno perso tutto. A Firenze, il fenomeno dell'alcolismo ha conosciuto un costante incremento negli anni. Tanto che di pazienti alle prese con i postumi di una sbronza sono pieni gli ospedali fiorentini. Altro che cocaina ed ectasy - il cui uso tra i giovanissimi è senz'altro molto diffuso: l'emergenza, in riva all'Arno, si chiama vino, birra e superalcolici. Ne sanno qualcosa i medici e gli infermieri del pronto soccorso di Santa Maria Nuova, che, su questo fronte, paga lo scotto della sua posizione centrale. Qui, ogni notte, gli operatori si trovano a prestare assistenza a giovani e meno giovani che hanno bevuto troppo: dagli studenti stranieri, soprattutto americani, che hanno alzato il gomito in uno dei tanti locali presenti nella zona agli extracomunitari trovati riversi sull'asfalto, qualcuno pericolosamente vicino al coma etilico. «Siamo in trincea - spiega un infermiere che lavora al pronto soccorso - spesso ci troviamo a dover gestire persone che, se non sorvegliate costantemente, possono creare disagio anche agli altri pazienti».Una situazione che non risparmia neppure il pronto soccorso di Careggi e, ancora di più, il reparto di tossicologia della «cittadella». L'incidenza dei ricoveri per etilismo acuto è aumentata in modo preoccupante negli ultimi anni. «L'incidenza di ingressi per intossicazione acuta da alcol sul totale delle intossicazioni acute è passata dal 18% del 1997 al 55% del 2007, quando sono stati ricoverati per questo motivo 744 pazienti, la metà dei quali di origine extracomunitaria - spiega Primo Botti - e le proiezioni sui primi dati dell'anno in corso mostrano un ulteriore increment». Il problema ha raggiunto dimensioni preoccupanti.«Talvolta siamo talmente intasati dai ricoveri per etilismo acuto - aggiunge Botti - che abbiamo problemi ad accogliere pazienti affetti da altri tipi di intossicazione». Il rischio, insomma, è quello che le liste di attesa per l'attività programmata si allunghino. Un lusso che un reparto di alta specializzazione, qual è quello di tossicologia, non si può permettere.Ma quella che arriva nei pronti soccorso è solo la punta dell'iceberg. Anche grazie alla maggiore sensibilizzazione che si è creata negli anni intorno al problema, sono sempre di più le persone che si rivolgono ai servizi per avere aiuto e uscire dal tunnel. Nel corso del 2007, nell'area metropolitana fiorentina, sono più di mille gli alcolisti presi in cura presso i centri convenzionati con l'azienda sanitaria. «Lo scorso anno - precisa Gabriele Bardazzi, referente del centro diurno alcologico La Fortezza - abbiamo seguito 685 persone: di questi 163 sono pazienti nuovi, mai seguiti prima». Il gran numero di richieste crea un innegabile ingolfamento del servizio, ma gli operatori del centro, tre medici, due educatrici e quattro infermieri, non si risparmiano per ridurre i tempi di attesa per accedere alla prima visita.
Sette infermieri e quattro ostetriche
Ecco i primi «rinforzi» dell'estate
La Nazione del 24/08/2008 ed. Prato p. 3
SETTE COLLABORATORI professionali sanitari, quattro ostetriche, due dirigenti medici e due collaboratori tecnici: sono questi i numeri della Asl 4 che nel mese di luglio ha assunto (in parte per scorrimento di graduatoria) 15 nuove figure professionali che entreranno nell'organico del «Misericordia e Dolce». Un piccolo passo verso il programma di assunzioni stipulato con le organizzazioni sindacali a fine aprile che prevedeva l'inserimento di 130 nuove figure professionali a tempo indeterminato (infermieri professionali, operatori socio sanitari, ostetriche, tecnici di radiologia e di prevenzione). E non solo: a queste si dovrebbero aggiungere, almeno stando all'accordo, altri 50 posti per coprire il turn-over e il totale includerebbe anche 42 infermieri precari da stabilizzare con contratti definitivi, superando così per le assunzioni all'interno dell'ospedale pratese, quota 200. L'inserimento del nuovo personale sarà fondamentale per permettere l'apertura di nuovi servizi quali l'hospice, la radioterapia e il potenziamento di alcuni servizi primari come il pronto soccorso, l'area medica, l'area diagnostica, ancora nei della sanità pratese. Risale a Ferragosto l'ultima ondata di problemi derivati dalla mancanza di personale e di strutture. Un po' di respiro per gli addetti ai lavori costretti a fare i conti con turni infernali e carenze, arriverà comunque, secondo la Asl pratese, da questa serie di assunzioni: in particolare risale al 16 luglio la delibera firmata dal direttore generale Buono Cravedi, che «preso atto della endemica carenza di personale infermieristico e quindi della necessità di garantire il continuo nonché corretto funzionamento dell'attività assistenziale» ha avviato le procedure per l'assunzione a tempo indeterminato di sette infermieri. Saranno invece quattro le ostetriche a tempo indeterminato che andranno a sostituire altrettante colleghe che tra agosto e settembre lasceranno il reparto di maternità. Non saranno invece un dottore né un infermiere a coprire i due posti della durata di due anni di collaboratore tecnico professionale vacanti nell'azienda ospedaliera: saranno due laureati in ingeneria civile o meccanica ai quali sarà affidata la gestione degli interventi sul patrimonio immobiliare finalizzati alla realizzazione destinati ad attività sanitarie, ma anche all'adeguamento e al mantenimento degli edifici già esistenti. IN SEGUITO alle dimissioni del direttore dell'Unità di psichiatria Pino Pini, invece il dipartimento di salute mentale ha urgentemente richiesto la nomina di un nuovo dirigente del reparto che come indicato nel bando di concorso dovrà avere almeno sette anni di esperienza nel settore, così come è stato nominato il nuovo dirigente medico del reparto di anestesia e rianimazione Guglielmo Consales. I dati parlano chiaro: queste nuove assunzioni si vanno a sommare al personale di ruolo entrato nei primi sei mesi del 2008. Per concorso pubblico hanno avuto accesso a tempo indeterminato 30 addetti e 20 per sostituzioni a seguito di pensionamenti o trasferimenti a fronte di 13 lavoratori di ruolo che hanno cessato l'impiego. Si.Bi.
Cri in festa con Adele la centenaria
La Nazione del 23/08/2008 ed. La Spezia p. 7
GRANDE festa questa sera a Porto Venere per la Croce Rossa che ha riunito in una serata due importanti momenti della propria storia: il centenario dalla fondazione della componente delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana ed un compleanno centenario in casa Cri. A festeggiare è Sorella Adele Simoni Spinelli (nella foto) ha compiuto 105 anni. L'appuntamento è per questa sera, dalle 17 alle 24, sotto la pineta di Piazza Basteri a Porto Venere dove si terrà un'interessante mostra fotografica con il patrocinio del Comune, cento anni di immagini, una storia a fotogrammi che partono dal lontano 1915 per arrivare ad oggi ripercorrendo l'impegno e la professionalità di grandi donne sempre presenti laddove la sofferenza lo ha richiesto e lo richiede. Per raccontare la storia delle "Crocerossine" verrà inoltre allestito un gazebo sotto il quale saranno esposti cimeli vari appartenuti alle infermiere volontarie. Una storia che parla di donne che hanno preso parte ai 2 conflitti mondiali e alle missioni internazionali di pace in Libano, nei Balcani e in Iraq. Un omaggio a Sorella Adele, entrata nella Croce Rossa Italiana all'inizio della guerra del 1940-1945 per seguire il marito Ufficiale di Marina in terra di Albania, ove rimase lungo tempo. Rientrata in Italia continuò la sua attività come capogruppo delle allieve presso l'Ospedale Militare e Civile. Numerose generazioni di Crocerossine la ricordano con affetto come guida severa ma sempre disponibile a spronarle. Per l'occasione del suo compleanno, pochi giorni fa, il Comitato Provinciale della Croce Rossa della Spezia, con in testa il presidente Francesco Lazzaro, ha conferito a Sorella Spinelli una pergamena di benemerenza e l'Ispettorato Provinciale delle Infermiere Volontarie, diretto dell'ispettrice Sorella Giuseppina Barbè, ha donato una medaglia. A.Vig.
Infermieri e sicurezza
Brescia Oggi del 23/08/2008 p. 61
Signor direttore, ho letto sul giornale di mercoledì 13 agosto scorso la lettera del segretario nazionale del sindacato Nursind che se la prende con me per una intervista telefonica della quale alcune frasi sono state riportate sul suo giornale di domenica 3 agosto. Inoltre mi dicono che un volantino a firma Fp Cisl circola nei reparti del Civile e se la prende con me e con la FP Cgil per la stessa ragione. Questi due sindacati hanno innescato una polemica interpretando alcune mie dichiarazioni correttamente riportate dal giornale a commento non già dell'episodio grave e spiacevole che ha visto coinvolta una infermiera del Civile, malmenata da un paziente, ma delle dichiarazioni di un rappresentante del Nursind che provocatoriamente in una nota trasmessa allo stesso suo giornale proponeva di dotare gli infermieri del casco, per proteggerli dalle aggressioni. Devo a questo punto ricordare di aver avuto il torto di rispondere alle accuse che nella stessa nota il rappresentante del Nursind lanciava alle organizzazioni sindacali maggiori che, a suo dire, non avrebbero avuto intenzione alcuna di utilizzare il fatto per sollevare i problemi della professione infermieristica. In quell'intervista mi sono limitato ad obiettare che la proposta pur provocatoria di dotare gli infermieri di un casco a protezione della propria incolumità, per il caso specifico richiamato, secondo me sollevava in modo del tutto superficiale e sbagliato il tema delicato della pericolosità dei pazienti psichiatrici in ospedale, come fonte, tra le altre, di rischio specifico per gli infermieri. Ricordo a Nursind e Cisl che questo era il tema dell'intervista. Scontata la solidarietà alle persone interessate dal fatto, peraltro del tutto estranee alla polemica in atto, la mia attenzione era nell'intervista focalizzata a non stigmatizzare la presenza dei degenti "psichiatrici" in ospedale, individuati in quel contesto unicamente come fonte di pericolo, al pari di un qualsiasi altro rischio, fisico, chimico o biologico. Ho pertanto affermato che anche i pazienti psichiatrici sono persone e che in quanto tali hanno diritto di essere ricoverate in ospedale quando si ammalano delle stesse malattie di tutti i comuni mortali. Ho affermato inoltre che gli infermieri sono professionalmente preparati ad affrontare, quando si presentano, anche questo tipo di situazioni e non hanno certo bisogno né di un casco (come se i pazienti psichiatrici fossero comunque sempre per definizione violenti ed aggressivi), né della guida di un medico che dica loro come comportarsi. Casomai, dicevo, avrebbero bisogno di essere informati per poter affrontare tutte le situazioni in modo corretto. Mi pareva così di aver esplicitato il riconoscimento di una professionalità alta, non un ruolo subordinato gerarchicamente al medico, e men che meno bisognosa di gesti provocatori a sua tutela. Chi non pensasse di essere invece come è, professionalmente all'altezza di queste ed altre situazioni, cambiasse mestiere, rispondevo così provocatoriamente all'uomo del casco. Non capisco pertanto questa brutta polemica estiva. Non capisco il bisogno di aggrapparsi alle parole per sparare contro la Cgil. Capisco solo un tentativo di raccogliere un po' di adesioni al proprio sindacato sull'onda di uno spiacevole fatto e mi sembra molto triste. Dopodiché anch'io so quanto poco venga valorizzata la professionalità di operatori sulle cui spalle grava gran parte della risposta all'utenza. Ci battiamo infatti perché si sblocchino le assunzioni, perché si rinnovino i contratti e perché alla sanità pubblica non vengano sottratte risorse. Per questa ragione eravamo in tanti in piazza, a Brescia, il 24 luglio a protestare contro il DL 112, ora legge dello stato. Ma il Nursind io non l'ho visto. Luciano Pedrazzani SEGRETARIO GENERALE FUNZIONE PUBBLICA CGIL DI BRESCIA
Il 118 pronto su strade e lago
Brescia Oggi del 23/08/2008 p. 8
C'è solo da rispettare il protocollo. Già negli anni scorsi la macchina organizzativa, nei giorni di esodo e controesodo, ha funzionato alla perfezione tra interventi su strada con ambulanze e motociclette, dal cielo con l'eliambulanza e via lago con infermieri sull'idroambulanza e la motovedetta della guardia costiera che ospita anche un infermiere del «118» di Brescia. «Tutto è pronto. Tra oggi e domenica sera scatterà il piano organizzativo già collaudato ogni volta che si prevede un notevole flusso di veicoli sulle strade» afferma il dottor Paolo Marzollo, coordinatore del 118 di Brescia e primario del pronto soccorso al Civile. L'assistenza è garantita anche se si è di fronte a casi di eccezionale gravità o a strade intasate dalle auto in coda. GIÀ DAL TARDO pomeriggio di ieri, con l'intensificarsi del traffico dal Garda verso al città e dalla Vallecamonica verso Brescia, il 118 come la polizia stradale, ha aumentato il pattugliamento nei punti ritenuti critici con la presenza di un'ambulanza o di infermieri in moto. Oggi la sorveglianza è intensificata sulla 45 bis, nel medio e alto Garda e nella zona di Desenzano e Sirmione. A Toscolano e a Desenzano ci sono anche gli infermieri sulle moto. Il clou è previsto dal pomeriggio di domani quando inizia il controesodo. Ai vacanzieri che si apprestano a far ritorno a casa si aggiungeranno i bresciani, i bergamaschi, i milanesi, i mantovani e i cremonesi delle ferie «mordi e fuggi», quelli che si sono concessi la gita domenicale sul lago di Garda che si conclude ogni domenica sera con un'unica coda da Toscolano sino a Brescia. Gli infermieri del «118» di Brescia saranno a disposizione della Guardia costiera che ha basi a Salò e a Gargnano per le emergenze sul lago. Pronta a decollare sia sul lago, sia in montagna l'eliambulanza con quella di Bergamo, di Trento o di Sondrio che interverrà qualora l'elicottero bresciano fosse già in missione. A coordinare il lavoro il dottor Paolo Marzollo dalla sala operativa del Civile insieme agli infermieri e ai medici del «118». Sarà un fine settimana d'estate ad alta tensione. Ma ogni evento è già stato valutato in tempo.F.MO.
Inrca, rush finale per il pronto soccorso
Corriere Adriatico del 25/08/2008 , articolo di alberto bignami p. 3
L'apertura prevista a settembre. Proteste per la rinuncia al presidio in centrola sanita'cambia volto
ANCONA - Manca oramai poco per ultimare i lavori che, con i primi di settembre, vedrà all'interno della sede dell'Inrca una nuova postazione di pronto soccorso per la città. Locali e sale emergenza che accoglieranno quanti avranno bisogno di servizi d'urgenza. Un ampliamento di servizio dedicato agli 'over 65' e che potrebbe dunque smaltire, con molta probabilità, la mole di lavoro alla quale si deve andare incontro, quotidianamente, al nosocomio regionale di Torrette. Al nuovo pronto soccorso dell'Inrca, che ha sede alla Montagnola, si affiancherà anche una postazione medica di 118 con tanto di automedica di Ancona Soccorso, come già è presente a Torrette e all'ex Umberto I. Proprio la collocazione nel centro cittadino - destinata a scomparire - alimenta qualche perplessità sia tra i medici che nella popolazione. Il timore, stando anche alle voci che circolano insistentemente tra gli addetti ai lavori soprattutto in quest'ultimo periodo è che l'automedica, e il relativo personale in servizio nel vecchio ospedale di largo Cappelli, vengano passati alla Montagnola e lascino spazio esclusivamente agli ambulatori. Ciò, nel caso in cui dovesse accadere, sarebbe senza dubbio un problema in quanto il centro cittadino rimarrebbe in un certo senso 'scoperto' poiché il servizio del secondo pronto intervento verrebbe trasferito nella nuova postazione dell'Inrca. Le ambulanze, così facendo, partirebbero tutte dalla zona del Piano e del Pinocchio, dove si trovano attualmente le sedi della Croce Gialla e della Croce Rossa. Zone dunque ampiamente coperte e con personale che ha maturato una sufficiente esperrienza nelle prime fasi del soccorso a supporto del personale del 118.Nei servizi più urgenti ovvero quelli in cui c'è bisogno anche dell'intervento dell'automedica, che trasporta il medico e gli infermieri specializzati in emergenze, questa partirebbe dunque dall'attuale postazione di Torrette e da quella nuova all'Inrca. I tempi per raggiungere il centro o quartieri come quello di Pietralacroce - il più lontano - si 'dilaterebbero' inevitabilmente rispetto a quello che si impiegherebbe se l'automedica del 118 partisse direttamente dall'ex Umberto I, come accade tuttora. Centro, per di più, abitato soprattutto da persone anziane e che hanno solitamente maggior bisogno di cure od interventi sanitari. Interventi per risolvere ad esempio un infarto devono essere effettuati tempestivamente perché, in questi casi, un minuto in più senza ossigeno potrebbe causare gravi danni a livello cerebrale. Stessa cosa nel caso di incidenti gravi. Nel frattempo, mentre vengono ultimati i lavori per completare il nuovo e più ampio pronto soccorso Inrca, che comunque non hanno arrecato alcun disagio al normale svolgimento dei servizi medici nonostante il nuovo pronto soccorso sia stato costruito sulle 'fondamenta' del vecchio, si sa che i posti letto per l'osservazione breve o intensiva saranno tra i 6 e gli 8; che i medici saranno 10 mentre gli infermieri 15. Secondo le prime stime che le autorità regionali in materia di sanità hano svolto sarà il 24% degli anconetani a poterne usufruire proprio in base all'età. I numeri infatti dicono che un quarto delle prestazioni di emergenza vengono richiesti dalla parte di popolazione superiore ai 60 anni di età.Per svolgere questo compito si è pensato ad una struttura che possa gestire una mole di lavoro importante. Un pronto soccorso dunque decisamente grande se si pensa poi che ha una sala d'aspetto in grado di ospitare 40 persone e che permetterà il potenziamento dei settori di endoscopia, radiologia e laboratorio analisi. Infine, due saranno gli ambulatori oltre al box del triage, luogo in cui si trova l'infermiere che assegna i codici di gravità di intervento e che vanno dal bianco, il meno grave, fino a quello più serio denominato 'rosso'. Senza dubbio il nuovo pronto soccorso sarà di fondamentale importanza per la città come altrettanto importante è l'attuale postazione dell'automedica all'ex Umberto I che ci si augura possa rimanere per rendere un servizio alla cittadinanza, sempre migliore. Un particolare sul quale, nonostante l'indirizzo sia già stato abbondantemente chiaro, forse qualche riflessione in più non guasterebbe.A sinistra, il plesso dove sarà realizzato il pronto soccorso dell'Inrca alla MontagnolaA destra, l'entrata del complesso ospedalieroche da settembre ospiterà la novità Lo spazio di via della Montagnola saràdedicato agli over 65. Una sala di attesa per quaranta persone, dieci medici e quindiciinfermieri saranno la dotazione di partenza
Sanità, "grande fratello" per il paziente
Corriere di Romagna del 25/08/2008 p. 28
Ogni singola fase del percorso operatorio è registrata sul braccialetto elettronico
FORLÌ. Un semplice braccialetto, e la professionalità del personale infermieristico, diventeranno dal prossimo mese di ottobre i garanti del percorso operatorio dei pazienti che accedono all'ospedale "Morgagni-Pierantoni", dove è già in corso la sperimentazione del progetto sulla cosiddetta tracciabilità di quanti si devono sottoporre ad intervento chirurgico. «Su quel cerchietto applicato al polso - ricorda Silvia Mambelli, direttore del servizio infermieristico, tecnico, ostetrico e della riabilitazione dell'Ausl forlivese - è registrata e codificata ogni operazione a garanzia dell'effettività e della qualità del trattamento. Se qualcosa non dovesse corrispondere a quanto stabilito per quel paziente, un allarme avverte che la procedura non è corretta». Supervisione. Monitora ggio dei pazienti, peraltro già operativo nell'ospedale forlivese, per il quale ha assunto una responsabilità molto forte il personale infermieristico, chiamato ad applicare il braccialetto e ad attivarlo per ogni fase del trattamento. Proprio la tracciabilità è la novità sulla quale ha lavorato il gruppo che formato da anestesisti, chirurghi, infermieri di anestesia e della "recovery room", servizio informatico e dell'ingegneria clinica, un La direttrice Silvia Mambelli ingegnere con borsa di studio, Patrizia Grementieri, esperta di analisi organizzativa, e la nuova coordinatrice del blocco operatorio Raffaella Signani, proveniente dal "Bufalini" e in servizio dal 18 agosto. «Il percorso del paziente ricorda la direttrice del servizio infermieristico - inizia già con l'inserimento nella lista operatoria da parte del chirurgo. Da quel momento una sorta di angelo custode informatico lo segue ovunque, sollecitato a dovere dagli operatori. Su quel braccialetto, infatti, viene registrata ogni fase di preparazione dell'intervento, dalla tricotomia ai vari esami». Conferme. Niente sfugge al controllo, anche il trasporto verso il blocco operatorio. «In tempo reale sottolinea Mambelli - riusciamo a sapere con esattezza se si tratta del paziente giusto, in sintonia con l'op eratore che lo deve prendere in carico e nei tempi prefissati dal piano fissato dal chirurgo. Una volta arrivato all'interno del blocco operatorio c'è la presa in carico dell'infermiere di anestesia che fa parte integrante dell'équipe operatoria. A lui tocca il compito, e la responsabilità, di tracciare tutto ciò che avviene in sala operatoria, pro memoria che finisce direttamente nel registro operatorio, facilitando anche il lavoro del medico: dall'anestesia all'inc isione e fino al termine dell'intervento, ma anche nella fasi successive, quelle durante le quali il paziente è condotto nella cosiddetta "recovery room" per trascorrere sotto stretta osservazione le fasi post operatorie più delicate». In prova. La fase sperimentale è in corso attualmente su tre delle dodici sale operatorie di cui dispone il blocco ospedaliero. «Anche perché - sottolinea la dirigente sanitaria - è necessario fornire progressivamente al personale le dotazioni tecnologiche e verificarne il loro corretto funzionamento o eventuali interferenze che dovessero avere con i macchinari utilizzati dai chirurghi. Da ottobre allargheremo il campo d'azione ad altre sale». Banca dati. Enorme la mole d'informazioni raccolta con questa procedura, fondamentali per calibrare tutta la macchina organizzativa. «Il protocollo ci consente, infatti, di verificare tutto il materiale utilizzato e il tempo impiegato per ogni fase, potendo contare su calcoli esatti per i vari passaggi. Sfruttando questi dati sarà possibile ottimizzare e migliorare il servizio». di Gaetano Foggetti Ogni fase del percorso operatorio è registrata su un apposito braccialetto (foto Blaco)
LETTERE & OPINIONI
Gazzetta di Mantova del 25/08/2008 ed. Nazionale p. 17
PORTO MANTOVANO
Se la cittàè invadente...E' ormai troppo tempo che il Comune di Mantova attua una politica strana ed invasiva nelle parti limitrofe al comune di Porto Mantovano rendendo sempre più difficile raggiungere il nostro capoluogo di provincia. Occorre che l'amministrazione prenda le giuste iniziative per proteggere i propri residenti. Il Circolo 85, attraverso i suoi rappresentanti, sta valutando di presentare, discutendone prima con la maggioranza di cui fa parte, una mozione per far sì che il sindaco, la giunta e il consiglio comunale di Porto Mantovano si esprimano in modo unitario contro le nuove lottizzazioni che il Comune di Mantova ha autorizzato a Cittadella snodo viario cruciale per chi dai nostri territori si deve recare in città e per far si che le stime sul traffico generato vengano effettuate in modo preventivo per effettuare gli interventi necessari a ridurre l'impatto e non successivamente come si intende fare. Sia chiaro l'intervento che richiediamo non è contro le lottizzazioni in se stesse ma per rendere conto al Comune di Mantova che ha rilasciato queste autorizzazioni senza pensare agli effetti che tali urbanizzazioni avranno sul traffico come da le dichiarazioni pubblicate a mezzo stampa recentemente da Ildebrando Volpi (dicendo che saranno valutate dopo). Molti cittadini di Porto Mantovano si recano a Mantova per lavoro e sicuramente dopo l'ultimazione del centro commerciale Poggio Reale (ex Moietta) e del supermercato Famila, i quali ingressi insistono sulle due piccole rotatorie di Cittadella, si avranno serie ripercussioni con un peggioramento della già critica situazione viaria. Per non parlare poi della lottizzazione di Poggio Reale (via Spalti) che aggiungerà ulteriore traffico verso la zona e che di certo non contribuirà né allo sviluppo di questo sito periferico di Mantova né alla soluzione del problema traffico che c'è, esiste, e verrà sicuramente peggiorato da questi nuovi insediamenti.Paolo Refolo Responsabile organizzativo Circolo 85 Porto Mantovano INFERMIERII nuovi poverisiamo noiCara collega,ho letto con molto interesse la tua lettera che parla dei nuovi poveri e tra questi anche noi infermieri. Ho letto la tua accorata difesa di questa mal pagata e poco considerata categoria. Tuttavia in tutti questi anni oltre a leggere e a sentire mugugni ei colleghi non ho mai avuto sentore che questi si volessero impegnare in prima persona per un cambiamento dello stato in essere. Divisi nei vari sindacati confederali e nei vari sindacati autonomi, non siamo mai stati capaci di portare a casa un contratto dignitoso e che non avesse come soluzione tempi biblici.Credo che questa categoria nonostante si meriti una adeguata considerazione per il lavoro che svolge e conseguentemente un adeguato salario non abbia ancora maturato l'idea che per ottenere ciò che si chiede bisogna essere soggetti del proprio destino. Noi siamo sempre stati abituati ad aspettare che qualcun'altro s'impegni per noi. Questo come puoi ben capire cara collega è impossibile. Sino a che gli infermieri non saranno disposti a mettersi in gioco e a dimostrare che senza la loro presenza nelle corsie delle aziende ospedaliere ben poco si muove nulla cambierà.Se si vuole bisogna partire da qui. Incontriamoci creiamo un coordinamento con rappresentanti per ogni reparto. Costruiamo un legame di collegamento di saperi ed intenzioni. partendo da noi aldilà dell'appartenenza sindacale. Costruiamo una base dove si possano scambiare informazione e decisioni sul nostro futuro. Penso anche alla possibilità di una rete informatica, (scambio di e -mail come forma di organizzazione rapida di discussione e collegamento). Di queste lettere sul malessere della categoria dovrebbero apparirne molte, in modo di poter far capire al cittadino utente quanto sia il nostro disagio come lavoratori della sanità.Ivano Rodolfi Infermiere professionale OSTIGLIAQuanti errorisulla coloniaQuattro anni fa in una mia lettera a questo giornale contestavo a questa amministrazione la scelta di non accedere a contributo per la sistemazione di un'ala della scuola elementare presentando una perizia che riteneva non necessario l'intervento. Dopo un anno e mezzo la scuola veniva chiusa per essere messa in sicurezza sparpagliando i nostri bambini per immobili di Ostiglia pagando un congruo affitto ai proprietari. Oggi si rende necessaria la vendita della colonia marittima per avere i soldi per la completa ristrutturazione della scuola. Ho il sospetto che sfruttando il finanziamento che già era a disposizione forse il costo di ristrutturazione non sarebbe così alto visto che sicuramente non si sarebbe pagato un affitto a Italgas o a altre strutture. La colonia è un bene degli ostigliesi forse mal utilizzato forse le varie amministrazioni non hanno mai incentivato la stessa colonia come possibile bene da mettere a disposizione degli Ostigliesi e di chiunque vi possa fare all'interno impresa, oggi con le ridotte possibilità economiche che le persone hanno avere una struttura al mare da mettere a disposizione di chi non può permettersi una vacanza sarebbe una possibilità per molti di mandare al mare i propri figli come succedeva quando la struttura era utlizzata. Oggi mi faccio una sola domanda: ma in quattro anni questa amministrazione cosa ha fatto se non portato a termine progetti che già erano in corso?.Una risposta c'è sono aumentate la manifestazione con un aumento anche delle spese, ma l'attuale capogruppo di maggioranza che quando era all'opposizione continuava a criticare il budget per manifestazioni che si spendeva allora ritenendolo troppo elevato affermando che si trascuravano aspetti più importanti per Ostiglia oggi cosa dice?Altra cosa che questa amministrazione ha fatto è stato di continuare a creare i presupposti perché Eusider potesse aprire uno stabilimento in Ostiglia nella sempre contestata area Bayer (l'area era già per l'80% pronta per insediamenti). Sicuramente è una cosa buona per Ostiglia, peccato che tanti ettari siano a disposizione di poche persone occupate ma giustamente si dice meglio che niente.Bisogna anche dire che la stessa Eusider avrebbe donato a Ostiglia la ristrutturazione dell'attuale piscina: un bel dono ma gli oneri di urbanizzazione e di standar per l'insediamento come mai vengono cancellati? Allora dov'è il regalo?Marco Dal Cero HANDICAPLe nostre cittàsenza barriereLe persone che vivono una condizione di handicap - anziani, disabili, persone con momentanee difficoltà motorie - si trovano ad affrontare molte difficoltà durante la normale quotidianità. Tuttavia, tutti hanno il diritto di potersi recare, senza difficoltà, al lavoro, negli uffici pubblici, nei luoghi di svago e di cultura. Perciò è importante intervenire per abbattere le barriere le barriere fisiche e culturali e far crescere una società che sia davvero partecipata da tutti.Di questo obiettivo sono profondamente convinto, perciò ho dato la mia adesione all'Osservatorio parlamentare per l'accessibilità e la fruibilità, promosso dalla senatrice Dorina Bianchi del Pd, che si avvale della collaborazione del Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche, allo scopo di svolgere un'attività di studio e di analisi dei problemi di tipo normativo che limitano l'accessibilità da parte di tutti.L'Osservatorio punta a sensibilizzare le istituzioni centrali per infondere una nuova cultura, rivisitare la legislazione vigente e presentare un testo unico per l'accessibilità che è stato proposto dal Consiglio nazionale degli architetti. Per quanto mi riguarda, la mia attenzione sarà rivolta in particolare a Mantova, affinché si punti a creare un ambiente accessibile che garantisca pari opportunità a tutti.Onorevole Marco Carra
Infermieri, i nuovi poveri sempre meno considerati
Gazzetta di Mantova del 23/08/2008 ed. Nazionale p. 24
Sono infermiera presso il Pronto Soccorso cittadino e referente aziendale per Nursing Up (il sindacato delle professioni infermieristiche) e scrivo in relazione all'articolo sul pensionato apparso il 9 agosto che titolava: «I nuovi poveri - Ecco i lavoratori che abitano al pensionato». Nel sottotitolo venivano indicati operai, infermiere e muratori come qualifiche di chi usufruisce degli alloggi a costo ridotto e il morale è andato a terra... non perché mi sia stupita della cosa ma perché ho avuto un'ulteriore conferma di una realtà. A tutt'oggi noi Infermieri siamo laureati (non ho visto elencati gli Ingegneri ambientali, ad esempio, che hanno un percorso di studi di 3 anni pari al nostro) e lavoriamo in coscienza ed autonomia per alleviare la sofferenza di chi necessita di aiuto o per salvare delle vite, siamo però comunemente considerati solo degli ausiliari specializzati.Tanto che anche a livello economico siamo tra gli ultimi in Europa. Da anni persone come me e altri combattono (magari a fasi alterne ed alterna fortuna) per vedere riconosciuta la propria professionalità, impegnandosi e aggiornandosi continuamente ma la nostra funzione, il nostro ruolo, continua ad essere considerato marginale e quindi non riconosciuto. In una fabbrica la produzione si ferma senza operai, in un cantiere la casa non cresce magicamente da sola senza muratori... In ospedale senza infermieri come si fa? Cosa succede? Succede che le persone non vengono assistite, non vengono somministrate le terapie, non vengono effettuate le medicazioni... magari le persone muoiono se nessuno si accorge che stanno male. La nostra Sanità non è perfetta, va modificata adeguandola ai nuovi ruoli e alle esigenze della popolazione che cambia.Noi infermieri (la maggioranza) siamo pronti ad impegnarci ma penso che ci meritiamo maggior considerazione, soprattutto da chi ci governa e che invece continua a relegarci in fondo alle statistiche europee sia come retribuzione che come numero di unità: la scarsa visibilità sociale, il basso livello economico, i carichi di lavoro in aumento e la (im)possibilità di carriera di un Infermiere certo non fa gola ai giovani. Infermieri d'Italia, uniamoci!Alessandra Fagnoni
Il Valsasino punta in alto e si mette
alla ricerca dei nuovi infermieri
Il Cittadino di Lodi del 23/08/2008 p. 28
San Colombano L'Azienda di servizi alla persona Valsasino punta alla qualità e torna ad assumere il personale infermieristico e assistenziale cercando di ridurre il ricorso alle cooperative esterne. Due sono i bandi aperti dall'Asp Valsasino: il primo, con scadenza 29 agosto e prove di selezione a partire dal 26 settembre, riguarda otto figure di operatori socio-assistenziali. Il contratto offerto è a tempo determinato. Il secondo scade invece il 12 settembre e riguarda l'assunzione a tempo indeterminato di uno o più infermieri professionali, che affronteranno le prime prove di selezione il 1 ottobre. «Per gli infermieri professionali abbiamo un posto vacante in casa di riposo, ma l'intento è di costituire una graduatoria da cui potremmo attingere altro personale, anche in breve tempo», spiegano dalla direzione. Il programma di assunzioni si concretizzerà nei prossimi mesi perché l'attuale appalto di servizi nell'area infermieristica scadrà il prossimo 31 dicembre, e la speranza è quella di non doverli più esternalizzare, riuscendo a coprire le esigenze con il personale interno. Impresa ai limiti dell'impossibile. «Sappiamo che è molto difficile trovare infermieri professionali, e quindi anche l'anno prossimo probabilmente faremo ricorso alle cooperative - spiega il presidente del consiglio d'amministrazione Vittorino Poggi. - Tuttavia contiamo di ridurre il monte ore necessario, perché l'indirizzo è quello di muoversi fin dove possibile con personale proprio, soprattutto nelle prestazioni agli ospiti e ai pazienti».Ora sono tre le aree di servizio appaltate esternamente: le pulizie, la cucina e i servizi infermieristici per il reparto di riabilitazione, per un totale di circa 25 figure professionali. Altri esterni sono poi i medici specialisti collaboratori esterni. Tutto il resto del personale è invece nell'organico diretto dell'Asp Valsasino: otto impiegati nel settore amministrativo, una dozzina tra fisioterapisti e massofisioterapisti, sei infermieri, quattro medici, 21 Oss od operatori sociosanitari, 18 Asa od assistenti socio assistenziali, una decina di altre figure tecniche non assistenziali, cinque insegnanti di scuola materna per l'Asilo Rosalinda.«Dopo otto anni di appalti esterni siamo arrivati alla decisione che ci sono settori, come le pulizie o la cucina, dove possiamo continuare a esternalizzare, altri servizi assistenziali e infermieristici dove è meglio investire più risorse economiche ma avere personale proprio - conclude Poggi. - L'obiettivo è avere del dipendenti preparati e interni, che conoscano la struttura e sappiano essere punto di riferimento per i pazienti e gli ospiti».Per raggiungere lo scopo, a settembre sarà varato anche il primo albo del Valsasino per gli incarichi infermieristici a libera professione: chi vorrà lavorare come libero professionista si potrà iscrivere a quest'elenco da cui il Valsasino attingerà personale per prestazione temporanee, senza più la mediazione delle cooperative.Andrea Bagatta
Caos nel pronto soccorso dell'ospedale
Il Tirreno del 24/08/2008 ed. Montecatini p. 3
Attese estenuanti e ambienti inadeguati per pazienti e personale
PESCIA. I disagi al pronto soccorso? Non sono un fenomeno sporadico e casuale, ma una costante: ne è convinto, sulla base della propria esperienza personale, Carlo Maltagliati, che non parla da esponente del Cpe (il movimento Caccia Pesca ed Ecologia di cui è fondatore), ma da cittadino, alle prese con i problemi del reparto.A breve distanza dalle proteste dei giorni scorsi (dovute a un afflusso definito eccezionale dall'Asl) arriva la protesta di Maltagliati che - racconta - ha dovuto attendere tre ore e mezza per farsi mettere un cerotto.«Nella giornata di venerdì - scrive Carlo Maltagliati - mi sono recato al pronto soccorso a causa di un banale incidente, causato da un tronco di legno caduto accidentalmente, che mi aveva procurato un piccolo taglio di circa un centimetro nel cuoio capelluto. Gli infermieri addetti, con solerzia e professionalità, hanno provveduto a tamponarmi momentaneamente la fuoriuscita di sangue e mi hanno adagiaio su di un lettino. Mi hanno detto che di lì a poco sarei stato visitato da un medico per valutare se era opportuno suturare la ferita con un punto o metterci semplicemente un cerotto. Tutto sarebbe stato normale se non che quei pochi minuti si sono trasformati in un'attesa di circa tre ore e mezza, in quanto nel frattempo arrivavano persone con problemi più o meno importanti che necessitavano di cure immediate. Niente da dire, è giusto che prima si facciano le urgenze e poi i casi meno importanti, ma il caos a cui ho assistito in quelle ore è stato indescrivibile: nell'unica stanza adibita allo stazionamento momentaneo dei traumatizzati, che doveva servire per 4 persone, ve ne erano in certi momenti sette o otto, sia sulle barelle che sulle sedie a rotelle. Nello stretto corridoio che conduce alle stanze per gli interventi, fra barelle e sedie a rotelle vi erano almeno altri dieci pazienti. È difficile immaginare il caos che tutto ciò comportava».«I poveri infermieri e portantini - continua la lettera - non facevano altro che spostare continuamente sedie e barelle dei pazienti per far passare una barella di un nuovo arrivato o chi doveva essere portato da altre parti, con vere e proprie acrobazie da parte degli addetti al servizio. Più volte ho cercato di far capire al personale di servizio che il mio trauma era di poca importanza, che sarebbe bastato l'intervento di un medico e nel giro di due minuti il mio caso si sarebbe risolto, come di fatto è avvenuto con la sola applicazione di un cerotto, mentre la mia degenza aveva ingombrato i locali del pronto soccorso per tre ore e mezzo. La mia protesta non si riferisce alla lunga attesa, ma all'impossibilità che ha il personale sia infermieristico che medico a poter lavorare in condizioni adeguate, a causa di un ambiente angusto, dove l'emergenza non è un fatto eccezionale, ma purtroppo una realtà dovuta anche alla soppressione di presidi medici come quello di Montecatini, che poteva sopperire per certi incidenti».
A Taiwan infermiere nello stile di San Camillo
L'Arena di Verona del 25/08/2008 p. 13
Se l'attenzione mondiale è concentrata sulla Cina delle Olimpiadi, c'è un'altra Cina di cui si parla meno e che rappresenta una fucina di rinnovamento per il Paese asiatico. È la nuova scuola per infermieri professionali di Lotung, a Taiwan, diretto dai missionari camilliani, anche veronesi, dove sorge anche l'asilo del Centro camilliano Lanyang, a cui saranno donati parte dei proventi della trentaquattresima edizione della Montefortiana, che si svolgerà tra il 16 e il 18 gennaio del 2009, e nel corso della quale sarà indetto un concorso internazionale per gli alunni delle scuole primarie con il contributo di numerosi enti, tra cui l'Associazione Veronesi nel Mondo, la Curia di Verona, l'Ente Fiera e la Fondazione Toniolo. Il Centro di Lotung rappresenta un'importante realtà nel campo della formazione sanitaria a Taiwan, nel segno della solidarietà tipica dello stile dei Camilliani. Con l'inizio dell'anno scolastico 2007-2008 ai corsi specialistici di infermieristica, maestre d'asilo e informatica sono stati aggiunti altri due corsi di cinque anni ciascuno per estetica e dietetica. Le studentesse iscritte sono 1147 ma si avviano già a raggiungere le 1500 unità e nel giro di tre anni dovrebbero arrivare a 2000. Per questo sono necessarie nuovi ambienti per le attività didattiche, religiose e sportive. È già in costruzione un edificio di sei piani destinato alle aule scolastiche e a sale conferenze che dovrebbe essere finito entro la fine di quest'anno. Questa imponente struttura andrà ad aggiungersi al complesso rinnovato che ospita la Scuola infermieri professionali. La prima Scuola era sorta a Lotung nel 1964 accanto al Saint Mary's Hospital che iniziò la sua attività nel luglio 1952. Fu la prima struttura sanitaria moderna di Lotung ed è stata anche la prima in cui i malati abbiano trovato ottime cure insieme con attenzioni affettuose. All'inizio il Saint Mary's contava 25 posti letto. Gli ammalati cominciarono ad arrivare, però, dai quattro angoli dell'Isola grazie soprattutto alla fama del suo primario chirurgo, il dottor John Janez, un uomo che aveva provato sulla sua pelle i disagi della fuga dalla patria (l'ex Jugoslavia) dopo l'avvento dei comunisti al potere. Figurava al numero 70 nella lista degli avversari da «eliminare» del regime comunista di Tito. Così, il dottor Giovanni Janez, nato a Lubiana il 14 gennaio 1913, fu costretto ad una fuga che dopo varie peripezie lo portò ad essere medico missionario in Cina. Qui conobbe i Camilliani, e ne sposò le sorti. Con loro fu espulso dai rivoluzionari maoisti e con loro riparò a Taiwan dove fondarono una nuova missione, alla quale dedicherà il resto dei suoi giorni. In poco tempo la sua fama di Ta Iseng, "grande dottore", si diffuse in tutta l'isola. All'ospedale Saint Mary's di Lotung, che diventò la sua casa, Janez eseguì migliaia di operazioni chirurgiche, adattandosi a fare di tutto, secondo le necessità: finita la giornata di lavoro, dormiva sul letto della radiologia. Quando mancava sangue, era pronto a donare il suo. Più di una volta gli accadde di svenire in sala operatoria per il caldo e la stanchezza. La sua stupenda avventura umana e cristiana si concluse a Lotung l'11 ottobre 1990, dopo 38 anni di servizio al Saint Mary's, un esempio di fraternità applicata sulle orme di san Camillo. Nel corso degli anni all'ospedale iniziale vennero effettuate continue aggiunte. Il primo edificio, in legno, venne modificato radicalmente, affiancato da due edifici: uno di sei piani (1986), uno di dieci piani (1990). Dal 1954 al 1968 si sono avuti ulteriori allargamenti fino a raggiungere l'attuale capacità di 500 posti letto, con 750 addetti e 21 specialità. Il numero dei pazienti, anche non ospedalizzati, contattati ogni giorno è di 1.500; 130 sono i casi che giornalmente sono presi in esame nel Pronto soccorso. In questo contesto è nata la necessità di formare il personale sanitario. L'iniziativa dei Padri Camilliani venne accolta con favore dal governo di Taiwan e viene vista favorevolmente anche da quello cinese. Primo complesso cattolico di questo tipo, la struttura ha dato la possibilità a numerosi religiosi di ottenere qualificazioni professionali in un ambiente serio e rigorosamente etico. Un grande numero di infermiere diplomate, formate annualmente alla Scuola Camilliana, lavorano all'estero in rinomati ospedali. La Scuola costituisce tuttora un ente morale a sè ed è regolata da norme fissate dal ministero dell'Educazione. Gran parte delle allieve fa poi il tirocinio al Saint Mary's Hospital.
Agropoli, turista aggredisce un infermiere
La Citta di Salerno del 24/08/2008 ed. Nazionale p. 29
Calci e pugni al pronto soccorso I carabinieri riportano la calma•
Agropoli. Turista partenopeo semina il panico all'interno del pronto soccorso dell'ospedale di Agropoli. La vicenda si è verificata un paio di giorni fa e ha creato non poco sconcerto tra i sanitari di turno, che ancora una volta si sono trovati di fronte una persona che ha dato in escandescenze. Questo, infatti, è solo l'ultimo episodio in ordine di tempo registratosi dal giorno dell'attivazione della struttura ospedaliera. Il fatto si è verificato durante il turno di notte, quando al pronto soccorso è giunto un turista napoletano per farsi medicare dopo un incidente. • Un intervento di routine trasformatosi in bagarre. • L'uomo, al quale uno degli infermieri stava tentando di applicare una flebo, all'improvviso si è alzato e avrebbe, senza una motivazione apparente, iniziato a lanciare improperi di ogni sorta contro i sanitari e ad agitarsi. • I sanitari, di fronte alla reazione inaspettata dell'uomo, hanno cercato di calmarlo senza riuscirci. Il personale, nonostante la situazione, è riuscito a mantenere la calma e a contattare i carabinieri della locale stazione che sono intervenuti per bloccare l'uomo prima che la situazione degenerasse ulteriormente, ponendo a rischio l'incolumitá dei sanitari e degli altri pazienti. • I carabinieri, arrivati presso il pronto soccorso, hanno ripristinato l'ordine. Nel corso della bagarre un infermiere, nel tentativo di bloccare l'uomo, è stato colpito fortunatamente in modo lieve. Ma questo non è l'unico episodio. Un altro caso similare era accaduto qualche giorno prima quando alcune persone del posto avevano iniziato a protestare, pretendendo una visita e scavalcando un altro paziente. Anche in questo caso era stato necessario l'intervento dei carabinieri della locale stazione che avevano ripristinato l'ordine. In realtá, dall'attivazione dell'ospedale di Agropoli sono numerosi i casi in cui i sanitari del pronto soccorso sono stati costretti a fare i conti con l'ira di pazienti infuriati che, in qualche episodio, si sono resi responsabili anche di danneggiamenti. Basti pensare che in un caso era stata sfasciata anche una vetrata del pronto soccorso. Soprattutto d'estate il pronto soccorso dell'ospedale di Agropoli è punto di riferimento per le varie localitá della costa cilentana ed effettua centinaia di prestazioni quotidiane. Da qui la necessitá, almeno per il periodo estivo, dell'attivazione di un drappello delle forze dell'ordine, oltre alle due guardie giurate giá presenti al presidio, più volte richiesto dal personale ospedaliero. La presenza di un posto estivo di polizia garantirebbe più sicurezza.Angela Sabetta
Infermiere di comunità, ambulatori per le frazioni
Messaggero Veneto del 23/08/2008 ed. Udine p. 8
MORTEGLIANO. Nell'ultima seduta del consiglio comunale di Mortegliano sono state esaminate tre interrogazioni del gruppo di minoranza Migliorare e innovare (Sabrina Marangone, Andrea Zampieri, Daniele Zuppello, Filippo Cattarossi e Alberto Comand). La prima riguardava l'istituzione dell'infermiere di comunità, mettendo a disposizione dell'Ass 4 ambulatori nelle frazioni. «Si tratta di un'importante figura professionale - afferma il capogruppo Comand - in grado di fornire prestazioni infermieristiche e di consulenza sanitaria. La proposta della minoranza è stata cassata e l'assessore alla salute, Lazzaro, citando dati scorretti sulla mancata erogazione del servizio medico di base nelle frazioni, ha dimostrato una netta chiusura». Comand inoltre rileva che «considerati i tempi e i mezzi impiegati, ben diverso era il servizio fornito dalle Usl, che governate dai Comuni erano in grado di meglio soddisfare le esigenze degli assistiti, imponendosi anche sui medici di base, ricordando tra l'altro gli importanti obiettivi raggiunti negli anni Ottanta con la realizzazione del distretto sanitario morteglianese». L'altra interrogazione riguardava il nuovo campo di golf a Chiasiellis, già posto sotto sequestro dalla magistratura. «È stata accolta la nostra proposta - rimarca Comand - di valutare gli sviluppi nella commissione consiliare urbanistica. Il sindaco ha riferito che è stata rilasciata una nuova concessione edilizia. Pare che restino delle problematiche con l'ufficio geologico della Regione che fin da subito ha ritenuto che l'intervento «più propriamente si possa identificare quale attività estrattiva con successivo recupero dell'area tramite realizzazione di un campo di golf». L'interrogazione nasceva dalla preoccupazione di una ventilata richiesta di danni da parte dell'impresa costruttrice. Infatti, vicende di errate autorizzazioni sono costate a diverse amministrazioni centinaia di migliaia di euro, anche a distanza di molti anni dai fatti». Sulla terza interpellanza, riguardante «l'errato invio - conclude Comand - dei bollettini per il pagamento dell'Ici, che imponevano di pagare l'imposta anche sulle pertinenze delle prime case, eliminato per effetto dei provvedimenti del Governo, l'ufficio tributi ha assicurato che è già al lavoro per i rimborsi e a disposizione dei contribuenti che abbiano pagato l'indebito». (c.t.)
Casse minori, la carta-welfare
Il Sole 24 Ore Online del 23/08/2008 , articolo di Laura Cavestri
Inserire, nella prossima Finanziaria, un emendamento che svincoli dall'obbligo di una legge ad hoc l'aumento del contributo integrativo per le Casse nate private una decina di anni fa...Inserire, nella prossima Finanziaria, un emendamento che svincoli dall'obbligo di una legge ad hoc l'aumento del contributo integrativo per le Casse nate private una decina di anni fa con il decreto legislativo 103/1996. Lo spiega Florio Bendinelli, presidente della Cassa dei periti industriali (Eppi): «A differenza delle nostre Casse "sorelle maggiori", privatizzate dal Dlgs 509/1994, il contributo integrativo fissato per legge al 2%, non basta decidere di innalzarlo, previo assenso dei ministeri vigilanti. Serve una modifica legislativa. Ma se per entrambi vige l'obbligo di assicurare pensioni dignitose e stabilità senza oneri per lo Stato, chiediamo di essere parificate agli altri Enti almeno nella procedura di richiesta». Intanto, la quota facoltativa dell'aliquota soggettiva decolla. Ma la contribuzione resta al palo. Così, nella difficoltà di arricchire i montanti individuali, le Casse giocano la carta del welfare. Assistenza sanitaria, integrazioni di reddito nei casi di invalidità o lunga malattia, borse di studio per i figli. Anche perché, in alcune gestioni, molti iscritti lavorano anche come dipendenti. Se l'anno scorso il contributo medio di cinque categorie era, tra il 2005 e il 2006, addirittura in flessione, lo stesso valore - in base ai dati di consuntivo 2007 - assieme al totale delle entrate contributive, mostra per tutti un aumento, coerente con le poche centinaia di neoiscritti che i rispettivi profili accolgono ogni anno. Tuttavia, l'aumento facoltativo del contributo soggettivo, che, praticamente tutti, hanno introdotto da qualche anno, conferma il dato 2006: resta al palo, attorno al 3-5% la quota di iscritti che ne usufruisce. Eppure, per assegni che a poche centinaia di pensionati erogano in media mille euro l'anno, l'aumento dei contributi è una via obbligata.«Per questo - ha spiegato Florio Bendinelli, presidente della Cassa dei periti industriali - entro il 2008 puntiamo a modificare il regolamento per portare, dal 1° gennaio 2009, il soggettivo obbligatorio dall'attuale 10 al 12% e dal 2010 al 14 per cento». La modularità facoltativa, ammettono periti e psicologi, resta infatti attorno al 3 per cento. «Dal 2008 - ha detto Demetrio Houlis, presidente della Cassa psicologi - abbiamo ampliato la modularità (già prevista da tre anni al 14%) anche al 16, 18 e 20 per cento. È presto per fare bilanci, ma sinora non si è visto un reale salto di qualità nella contribuzione. I nostri iscritti sono triplicati in dieci anni. Tre quarti sono donne sotto i 40 anni. Per questo puntiamo molto anche sull'attività di welfare integrativo». Cresceranno a ritmi sostenuti, spiega Antonio Schiavon, presidente della Cassa infermieri, iscritti ed entrate dell'Ente, che a novembre scorso ha firmato il protocollo d'intesa con l'Inps per il "recupero" dei versamenti raccolti dal'96 dall'Inps, per i circa 28mila infermieri che, svolgendo la libera professione, erano rimasti iscritti alla Gestione autonoma. Stime sulle cifre? «Sono molto complesse perché vanno capitalizzati, per ognuno dei 28mila e ogni anno, periodi di attività autonoma con partita Iva o di dipendenti pubblici e privati autorizzati. La Cassa si troverà a triplicare gli iscritti». In realtà, gli Enti assorbono solo contributi da lavoro autonomo. Dunque, per una platea ampia di psicologi, attuari, geologi o infermieri, che svolgono l'attività principale come dipendenti, i versamenti sulla quota residua di attività autonoma possono costituire quasi un "secondo pilastro" da aggiungere agli assegni Inps o Inpdap. Ne è convinto Arcangelo Pirrello, presidente della Cassa pluricategoriale: «La scala che consente di incrementare sino a 12, 14, 16, 18 e 23% la contribuzione soggettiva potrebbe essere sfruttata meglio proprio da quel quasi 30% di colleghi tutelati anche da altra forma di previdenza obbligatoria (soprattutto geologi, agronomi e chimici), come arricchimento di un montante integrativo alla loro gestione principale».
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