Il Trentino del 13/08/2008 ed. Nazionale p. 39
Il direttore Fondriest: ambulatorio per i codici bianchi e ticket senza esenzioni - Ogni giorno una media di 65 pazienti, molti dei quali con problemi risolvibili dalla medicina di base «Ora è necessario un vero progetto di potenziamento»CLES. I numeri, quando si parla di efficienza, sono dalla loro parte, quella dei medici e degli infermieri del pronto soccorso di Cles. Ma, e questo è il rovescio della medaglia, sono sempre loro a farne le spese quando si tratta di carichi di lavoro: personale scarso a fronte di un sempre crescente numero di pazienti. E allora, che fare? Limitare o togliere le esenzioni del ticket di accesso, prevedere un ambulatorio specifico per il codice bianco e aumentare il numero dei medici.Rolando Fondriest è da sette anni il responsabile della struttura di pronto soccorso dell'ospedale di Cles. Una struttura cresciuta nel tempo tanto che registra ogni anno oltre 22.000 accessi con una media giornaliera di 60-65 pazienti con picchi in estate e in inverno fino a 95 utenti. Ma non è tutto: gli accessi nei primi sei mesi di quest'anno sono aumentati dell'8,6% rispetto allo stesso periodo del 2007, quando la media provinciale è del 4,6%.«Molti di questi accessi - spiega il medico - sono codici bianchi, accessi inappropriati come li definisco, che superano il 30% e sfiorano il 40% di tutte le prestazioni: decisamente troppo. Si tratta di pazienti che si presentano per patologie risolvibili dal medico di base o dallo specialista attraverso canali idonei senza passare da noi. E l'introduzione del ticket di 25 euro non ha avuto l'effetto sperato, anche perché il legislatore non ha pensato a realizzare un sistema di filtro efficiente introducendo troppe esenzioni. Chiaro che alla fine, con visite ed esami specifici, si "risparmia" passando attraverso il pronto soccorso piuttosto che recarsi dal proprio medico. Tutto ciò si traduce in un superlavoro per chi opera al pronto soccorso con disservizi nei confronti di chi ha veramente bisogno di interventi di urgenza. A questo punto - continua Fondriest - bisognerebbe togliere le esenzioni dal ticket e insistere per un'azione filtro sul territorio con i medici di base, i pediatri e le guardie mediche».Insomma, al pronto soccorso si ricorre con troppa facilità, senza la necessità di una vera urgenza, salvo poi lamentarsi per il tempo trascorso in attesa della visita o di un esame specialistico quando il proprio medico di fiducia potrebbe benissimo risolvere il problema. «Nonostante tutto, lo dicono le statistiche a livello provinciale, abbiamo i risultati migliori per quanto riguarda l'attesa tra l'assegnazione del codice colore e la chiamata alla visita del medico: 15 minuti per il 73% dei pazienti. Ma si potrebbe fare di più - è la proposta del dottor Fondriest - Perché non creare un ambulatorio specifico (magari con orario 8-20), all'interno dell'ospedale, dedicato soltanto ai codici bianchi e scorporato dal pronto soccorso nel quale si alternano medici di medicina generale? Un'ipotesi fattibile, già attuata in Veneto, con vantaggi per tutti: risposte in tempo reale al paziente, i medici si avvalerebbero della diagnostica interna dell'ospedale e il pronto soccorso si sgraverebbe di un consistente numero di utenti. E tutto ciò potrebbe essere fatto con le forze di medicina generale».E proprio i numeri del personale sono l'altra criticità della struttura di Cles. Un medico, due infermieri e un operatore socio sanitario di giorno, un medico e un infermiere di notte: numeri esigui difronte a una notevole mole di lavoro anche se rapportati ad altre realtà sul territorio provinciale. «I medici, almeno di giorno, dovrebbero essere due: uno fisso e uno di guardia attiva. Di notte poi - spiega Fondriest - il medico deve coprire le urgenze di tutto l'ospedale. E se il nostro infermiere deve svolgere anche le funzioni di barelliere, il pronto soccorso resta completamente scoperto: certo può capitare anche questo. E' una realtà che, nonostante le cicliche promesse, continua da trent'anni. E se questo pronto soccorso garantisce buoni risultati è frutto dell'abnegazione di tutto il personale coinvolto, guidato dal caposala Antonio Maini. L'assessorato e l'azienda sanitaria dovrebbero sviluppare un vero progetto di potenziamento che al momento attuale non è ben definito come una valenza di potenziamento specifico del servizio di pronto soccorso». Come dire tante buone intenzioni ma l'obiettivo è ancora lontano prima di essere raggiunto.
Il direttore Fondriest: ambulatorio per i codici bianchi e ticket senza esenzioni - Ogni giorno una media di 65 pazienti, molti dei quali con problemi risolvibili dalla medicina di base «Ora è necessario un vero progetto di potenziamento»CLES. I numeri, quando si parla di efficienza, sono dalla loro parte, quella dei medici e degli infermieri del pronto soccorso di Cles. Ma, e questo è il rovescio della medaglia, sono sempre loro a farne le spese quando si tratta di carichi di lavoro: personale scarso a fronte di un sempre crescente numero di pazienti. E allora, che fare? Limitare o togliere le esenzioni del ticket di accesso, prevedere un ambulatorio specifico per il codice bianco e aumentare il numero dei medici.Rolando Fondriest è da sette anni il responsabile della struttura di pronto soccorso dell'ospedale di Cles. Una struttura cresciuta nel tempo tanto che registra ogni anno oltre 22.000 accessi con una media giornaliera di 60-65 pazienti con picchi in estate e in inverno fino a 95 utenti. Ma non è tutto: gli accessi nei primi sei mesi di quest'anno sono aumentati dell'8,6% rispetto allo stesso periodo del 2007, quando la media provinciale è del 4,6%.«Molti di questi accessi - spiega il medico - sono codici bianchi, accessi inappropriati come li definisco, che superano il 30% e sfiorano il 40% di tutte le prestazioni: decisamente troppo. Si tratta di pazienti che si presentano per patologie risolvibili dal medico di base o dallo specialista attraverso canali idonei senza passare da noi. E l'introduzione del ticket di 25 euro non ha avuto l'effetto sperato, anche perché il legislatore non ha pensato a realizzare un sistema di filtro efficiente introducendo troppe esenzioni. Chiaro che alla fine, con visite ed esami specifici, si "risparmia" passando attraverso il pronto soccorso piuttosto che recarsi dal proprio medico. Tutto ciò si traduce in un superlavoro per chi opera al pronto soccorso con disservizi nei confronti di chi ha veramente bisogno di interventi di urgenza. A questo punto - continua Fondriest - bisognerebbe togliere le esenzioni dal ticket e insistere per un'azione filtro sul territorio con i medici di base, i pediatri e le guardie mediche».Insomma, al pronto soccorso si ricorre con troppa facilità, senza la necessità di una vera urgenza, salvo poi lamentarsi per il tempo trascorso in attesa della visita o di un esame specialistico quando il proprio medico di fiducia potrebbe benissimo risolvere il problema. «Nonostante tutto, lo dicono le statistiche a livello provinciale, abbiamo i risultati migliori per quanto riguarda l'attesa tra l'assegnazione del codice colore e la chiamata alla visita del medico: 15 minuti per il 73% dei pazienti. Ma si potrebbe fare di più - è la proposta del dottor Fondriest - Perché non creare un ambulatorio specifico (magari con orario 8-20), all'interno dell'ospedale, dedicato soltanto ai codici bianchi e scorporato dal pronto soccorso nel quale si alternano medici di medicina generale? Un'ipotesi fattibile, già attuata in Veneto, con vantaggi per tutti: risposte in tempo reale al paziente, i medici si avvalerebbero della diagnostica interna dell'ospedale e il pronto soccorso si sgraverebbe di un consistente numero di utenti. E tutto ciò potrebbe essere fatto con le forze di medicina generale».E proprio i numeri del personale sono l'altra criticità della struttura di Cles. Un medico, due infermieri e un operatore socio sanitario di giorno, un medico e un infermiere di notte: numeri esigui difronte a una notevole mole di lavoro anche se rapportati ad altre realtà sul territorio provinciale. «I medici, almeno di giorno, dovrebbero essere due: uno fisso e uno di guardia attiva. Di notte poi - spiega Fondriest - il medico deve coprire le urgenze di tutto l'ospedale. E se il nostro infermiere deve svolgere anche le funzioni di barelliere, il pronto soccorso resta completamente scoperto: certo può capitare anche questo. E' una realtà che, nonostante le cicliche promesse, continua da trent'anni. E se questo pronto soccorso garantisce buoni risultati è frutto dell'abnegazione di tutto il personale coinvolto, guidato dal caposala Antonio Maini. L'assessorato e l'azienda sanitaria dovrebbero sviluppare un vero progetto di potenziamento che al momento attuale non è ben definito come una valenza di potenziamento specifico del servizio di pronto soccorso». Come dire tante buone intenzioni ma l'obiettivo è ancora lontano prima di essere raggiunto.
L' Adige del 12/08/2008 p. 43
TIONE - «L'ospedale di Tione è un ospedale dimenticato e soprattutto al pronto soccorso la situazione degli infermieri è critica. Sono pochi, c'è bisogno di rinforzi, ma nessuno sembra pronto ad ascoltare le loro rimostranze». A parlare è Paolo Panebianco , del sindacato Nursing up, che ha raccolto le lamentele di molti operatori del settore. «Molte volte gli infermieri si trovano da soli con un medico a gestire le urgenze, sia di giorno che di notte. Questo perché, nonostante sia previsto un organico di due infermieri a turno, uno spesso è impegnato nei trasferimenti». Nei casi più critici o per particolari esami, infatti, i pazienti vengono accompagnati in ambulanza al S. Chiara. Questo, a detta degli operatori, comporta, oltre al tempo del viaggio, anche un certo periodo di attesa per cui spesso il trasferimento dura l'intero turno di lavoro e a volte anche di più. «Di notte - spiega Panebianco - l'infermiere deve anche fare da centralinista, da portinaio, da controllore degli allarmi. Decisamente troppo per un'unica persona che in teoria dovrebbe pensare solo alla salute dei pazienti». Il problema è già stato segnalato alla direzione dell'Azienda sanitaria. È stato fatto presente che dall'inizio dell'anno gli accessi al pronto soccorso di Tione sono aumentati del 3% raggiungendo, al momento, quota 5400. «L'azienda ha risposto mandando un infermiere interinale ma per noi la risposta non è sufficiente. Chiediamo che per ogni turno siano presenti tre infermieri o, in alternativa, che si costituisca un gruppo per i trasferimenti secondari esterni in modo da non sguarnire il pronto soccorso. Solo i trasferimenti pediatrici nei primi sei mesi dell'anno sono stati ben 46». Panebianco punta il dito contro l'assessore. «C'è delusione tra gli operatori - dice - e la sensazione è di lavorare in un ospedale dimenticato che sta diventando scalcinato».12/08/2008
TIONE - «L'ospedale di Tione è un ospedale dimenticato e soprattutto al pronto soccorso la situazione degli infermieri è critica. Sono pochi, c'è bisogno di rinforzi, ma nessuno sembra pronto ad ascoltare le loro rimostranze». A parlare è Paolo Panebianco , del sindacato Nursing up, che ha raccolto le lamentele di molti operatori del settore. «Molte volte gli infermieri si trovano da soli con un medico a gestire le urgenze, sia di giorno che di notte. Questo perché, nonostante sia previsto un organico di due infermieri a turno, uno spesso è impegnato nei trasferimenti». Nei casi più critici o per particolari esami, infatti, i pazienti vengono accompagnati in ambulanza al S. Chiara. Questo, a detta degli operatori, comporta, oltre al tempo del viaggio, anche un certo periodo di attesa per cui spesso il trasferimento dura l'intero turno di lavoro e a volte anche di più. «Di notte - spiega Panebianco - l'infermiere deve anche fare da centralinista, da portinaio, da controllore degli allarmi. Decisamente troppo per un'unica persona che in teoria dovrebbe pensare solo alla salute dei pazienti». Il problema è già stato segnalato alla direzione dell'Azienda sanitaria. È stato fatto presente che dall'inizio dell'anno gli accessi al pronto soccorso di Tione sono aumentati del 3% raggiungendo, al momento, quota 5400. «L'azienda ha risposto mandando un infermiere interinale ma per noi la risposta non è sufficiente. Chiediamo che per ogni turno siano presenti tre infermieri o, in alternativa, che si costituisca un gruppo per i trasferimenti secondari esterni in modo da non sguarnire il pronto soccorso. Solo i trasferimenti pediatrici nei primi sei mesi dell'anno sono stati ben 46». Panebianco punta il dito contro l'assessore. «C'è delusione tra gli operatori - dice - e la sensazione è di lavorare in un ospedale dimenticato che sta diventando scalcinato».12/08/2008
Reparto al collasso: tre pazienti per camera
Messaggero Veneto del 13/08/2008 ed. Udine p. 3In ospedale, con la chiusura di una sezione delle Mediche, forti disagi per malati e personale - Il primario Rossi: «Resta difficile trovare infermieri»
di PAOLA LENARDUZZI
Puntuali, come l'arrivo del Ferragosto, ecco le lamentele per i disagi nei reparti ospedalieri più sovraffollati, Mediche in testa. L'unità operativa 1 ha chiuso metà sezione per permettere al personale di andare in ferie e sempre più spesso, per i ricoveri, è necessario aggiungere il terzo letto nelle stanze da due. I parenti dei degenti, molto spesso anziani e con più patologie, lamentano una situazione critica nell'assistenza, pur riconoscendo abnegazione e disponibilità da parte del personale medico e infermieristico.Il problema non è nuovo e, nonostante gli sforzi della direzione dell'azienda ospedaliera di porre rimedio, la situazione non appare di facile soluzione.«Come ormai accade da qualche anno - spiega Paolo Rossi, direttore della clinica di Medicina interna 1, con sede nella palazzina di via Colugna -, durante l'estate ci troviamo nella necessità di chiudere a rotazione una delle nostre quattro sezioni, alternando tra il servizio 1 e il servizio 2; si perde così la disponibilità di 35 posti letto e come conseguenza, possono capitare, anche se dipende molto dai periodi, situazioni di oggettivo disagio per le persone ricoverate». Malati che, va ricordato, hanno un'età media piuttosto elevata (76 anni come emergeva da un'indagine di qualche mese fa) e presentano per la quasi totalità pluripatologie. «Sono pazienti internistici - precisa il responsabile del reparto - in gran parte ricoverati per scompensi cardiaci, ma che manifestano anche patologie croniche, dal diabete all'insufficienza renale. La durata media della degenza non è elevata, 9 giorni circa, ma l'afflusso è aumentato e dobbiamo renderci conto che la popolazione sta sempre più invecchiando e non c'è da sorprenderci per questo trend».L'attivazione del reparto postacuti, con 30 posti letto, oltre a quello dell'Rsa, che peraltro accoglie principalmente pazienti dall'Ortopedia e dalle Chirurgie, ha indubbiamente alleviato le difficoltà delle Mediche, «ma non ha risulto il problema - ammette il dottor Rossi -; anche il protocollo voluto dall'ospedale sulla continuità delle cure ha avuto indubbiamente la sua efficacia. Eppure, non basta ancora. Probabilmente, pur a fronte delle oggettive difficoltà a reperire personale infermieristico, anche noi dobbiamo sforzarci di più per migliorare l'organizzazione. E va ripensato - conclude il primario - anche il discorso dell'appropriatezza dei ricoveri. Molti pazienti giungono da strutture protette quando, in taluni casi, potrebbe essere curati dove sono».
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