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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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giovedì, agosto 21

Rassegna Stampa 21.08.2008

Infermieri, ecco altri abusivi

Il Messaggero del 20/08/2008 ed. LATINA p. 33

Il collegio provinciale degli infermieri ha scoperto che lavorano abusivamente, perché non iscritti all'albo, altri 68 operatori sanitari. A seguito dell'indagine dei Nas, infatti, l'azienda sanitaria locale ha finalmente inviato l'elenco degli infermieri dipendenti dai quali emerge il dato relativo a chi esercita senza la dovuta iscrizione. «E' una legge e va rispettata -spiega il presidente dell'Ipasvi, Valentino Coppola - anche perché rappresenta una garanzia per l'azienda e per i cittadini rispetto alla deontologia professionale». Gli abusivi, però, sono regolarmente al loro posto.Del Giaccio a pag. 37

Infermieri, abusivi e al lavoro

Il Messaggero del 20/08/2008 , ar di GIOVANNI DEL GIACCIO ed. FROSINONE p. 39

Mancata iscrizione all'Albo, ma 81 persone restano al loro postoE' un obbligo anche se si lavora presso un'azienda pubblica. Serve a garantire che il rispettio delle regole professionali tra le quali l'aggiornamento ma per 81 infermieri tutto questo sembra non valere. Lavorano alla Asl, hanno il titolo per svolgere l'attività ma esercitano abusivamente la professione perché cancellati dal Collegio Ipasvi o mai iscritti. Una parte di loro erano stati scoperti e denunciati un mese fa circa dai carabinieri del Nas, altri li ha scovati il Collegio stesso che si occupa di iscrizioni, formazione e rispetto delle regole deontologiche. Scoperta resa possibile dal fatto che la Asl ha finalmente fornito un elenco degli infermieri che prestano servizio presso le sue strutture. «L'avevamo chiesto oltre due anni fa - spiega Valentino Coppola, presidente dell'Ipasvi - dopo l'iniziativa dei Nas ce l'hanno fornito. Abbiamo fatto dei controlli e scoperto che 68 non sono iscritti, a questi si aggiungono 13 di quelli che i carabinieri avevano scoperto e che non hanno inteso regolarizzare la loro iscrizione». Solo due, già cancellati dall'albo, hanno versato le quote e formalizzato nuovamente la loro adesione. Gli altri continuano a lavorare da abusivi. «Valuteremo con l'ufficio legale nazionale il da farsi - aggiunge Coppola - è una situazione nuova anche per noi. Loro rischiano l'accusa di esercizio abusivo della professione, però anche l'azienda che li fa lavorare...»I controlli su chi è iscritto e chi realmente esercita non sono una novità per l'Ipasvi di Latina. In passato le cliniche private hanno fornito i nominativi e "incrociando" i dati è stato possibile scoprire i non iscritti e far sanare la loro posizione. «E' una prescrizione di legge quella dell'iscrizione, anche per chi lavora nelle strutture pubbliche e prima riteneva di non dover far parte del collegio perché non avrebbe svolto attività privata - aggiunge il presidente - il senso è quello di dover rispondere, tutti, a regole deontologiche». Nonostante questo una parte fortunatamente minima di infermieri - alla Asl sono circa 1.500 - non è iscritta ed esercita abusivamente. Precisato dal presidente che gli iscritti in totale all'Ipasvi di Latina per le professioni sanitarie sono 3.300 e che la quota annuale è di 55 euro. Chi non la paga per tre anni, dopo essere stato sollecitato a sanare la sua posizione è fuori. Ma a qualcuno, evidentemente, non interessa.


Poche spese e lavoro in 2 mesi: si cercano 5000 infermieri

Il Giornale del 21/08/2008 ed. Nazionale p. 22

Le aziende sanitarie hanno bisogno di 5000 infermieri da assumere a tempo indeterminato nel 2008. Ma in sei casi su dieci temono di non trovarli: secondo Unioncamere sono tra le figure più richieste. Mancano soprattutto gli infermieri professionali - formati dai corsi di laurea triennali - gli unici abilitati a somministrare le terapie prescritte dai medici. «La carenza oggi è di 30mila unità - spiega Annalisa Silvestri, presidente dell'Ipasvi, l'associazione nazionale di categoria -. I circa 13mila posti previsti negli atenei non bastano». Così i neo laureati, con alle spalle 4.600 ore di corsi suddivisi tra lezioni e tirocini (due terzi del totale), e una spesa di almeno 4mila euro tra tasse e libri, possono contare su un futuro roseo: «Il lavoro a tempo indeterminato arriva entro un paio di mesi. Il primo stipendio? Almeno 1300 euro netti».

Io, albanese in Italia vittima di razzismo

La Repubblica del 21/08/2008 ed. Nazionale p. 26

Lettera firmata Montesilvano SONO una cittadina albanese di 50 anni che vive in Italia da più di 10 anni. Tutti i componenti della mia famiglia hanno un regolare lavoro e i miei figli studiano all'università di Pescara-Chieti, paghiamo le tasse, abbiamo una casa di proprietà. Vi scrivo in quanto pochi giorni fa sono stata vittima di un comportamento razzista.Sono stata chiamata per eseguire una Tac presso l'ospedale SS. Annunziata di Chieti. Una volta entrata nel reparto per sostenere l'esame, l'infermiere ha chiesto la mia provenienza, visto il mio nome insolito. Saputo che ero albanese ha iniziato con un offensivo sfogo, pieno di epiteti razzisti privi di ogni effettiva rilevanza statistica, specie se riferiti ad una onesta donna di famiglia. Le offese più pesanti possibili sono state rivolte sia a me che a tutto il popolo albanese. Nonostante il violento turbamento, causatomi dal poco cordiale utilizzo della libertà di parola dell'infermiere, io cordialmente ho risposto che di tutto ciò che stava dicendo non mi interessava nulla: ho un nome e cognome che mi distingue dagli altri e di come si comportano gli altri albanesi o qualsiasi altra persona di qualunque altra nazionalità, non mi riguarda. Speravo che tutto fosse finito lì ma, appena ha introdotto l'ago della siringa all'interno della vena della mano, io ho emesso un urlo di dolore. A ciò l'infermiere ha reagito dicendomi: "Ma che credi, se lo facevi al Paese tuo ti avrebbero fatto meno male?". Alla pronuncia di queste parole mi sono sentita veramente ferita.Ovviamente non ho potuto trattenere le lacrime ma la cosa che mi sconcerta di più è il fatto che nella stanza non si trovava solo l'infermiere, bensì altre due persone che non hanno avuto alcuna reazione. La mia mano ora è gonfia e livida. Sono in Italia da anni, sono perfettamente integrata, ho amici, lavoro, e tutti finora mi hanno sempre stimata e trattata in maniera perfettamente paritaria.


I lavoratori bocciano le minacce di sciopero Cgil
«Chi fa il suo dovere non teme i licenziamenti»

Libero del 21/08/2008 , art di MARGHERITA MOVARELLI MASSIMO COSTA p. 8

 Sarà che è ancora estate, ma al Policlinico Umberto I dell'autunno caldo annunciato dai sindacati non vi è traccia. In bacheca soltanto un volantino polemico contro il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, che così recita: «Roma, 29 luglio. L'ufficio di presidenza della Camera ha approvato il piano di rimborsi elettorali per le politiche 2008, 50 milioni da dividere tra tredici partiti. Brunetta dov'è? Ad intascare». A parte questo, nessun comunicato che anticipi uno sciopero, una manifestazione, un'agitazione. E neppure il personale ospedaliero, decimato dalle ferie estive, sembra molto interessato a scendere in piazza. «Se parteciperò allo sciopero? Sinceramente non credo», dice un infermiere del Policlinico Umberto I, «scioperare costa e io non me lo posso permettere». E non è il solo a pensarla così. Anche tra quanti criticano la «politica del bastone senza la carota», chiedendo premi per i più meritevoli, oppure vorrebbero vedere applicate le stesse misure di controllo sui dirigenti, molti ci penserebbero due volte prima di incrociare le braccia. «In fondo», commenta un altro infermiere, «chi ha fatto sempre il suo dovere non ha niente da temere dalla "cura Brunetta"». VISITA FISCALE: CHE PAURA Concordano i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, che non sembrano essere più di tanto turbati dagli otto licenziamenti dei giorni scorsi e dalla linea dura adottata dall'ad Mauro Moretti. Loro, con quei ferrovieri che hanno "barato" sull'orario d'uscita, dicono di non aver niente a che fare. Ma non nascondono una certa preoccupazione per alcuni aspetti del provvedimento "anti-fan nulloni": «L'estensione delle fasce orarie in cui si può ricevere la visita fiscale», commenta una giovane dipendente della Stazione Termini, «potrebbe mettere in difficoltà quelle mamme che, in casi di urgenza, sono costrette ad accompagnare i figli a scuola alle 8 del mattino, anche con 40 di febbre. E non le si può di certo bollare come fannullone». All'ufficio postale di piazza Bologna, invece, le misure per combattere l'assenteismo nel pubblico impiego non sono proprio arrivate. «La nostra "cura Brunetta"», commenta un impiegato, «l'abbiamo avuta con la privatizzazione delle Poste». E aggiunge: «Da noi, a smascherare i "furbi" ci pensa l'azienda, che attraverso un sistema di monitoraggio costante delle assenze per malattia di ciascun dipendente riesce a tenere sott'occhio i casi sospetti». A sentire i racconti, lo scenario sembra essere completamente diverso da quello descritto dal leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che nei giorni scorsi ha pronosticato adesioni massicce agli scioperi in programma per il mese di settembre. Almeno per il momento, nel settore pubblico non tirano venti di sciopero. Anche se il rientro dalle vacanze potrebbe ridare benzina alla macchina sindacale. MILANO: TUTTI TRANQUILLI Di fronte al giro di vite nei confronti dei lavativi, anche il pubblico impiego milanese non ha la tremarella. Altro che persecuzioni. A sentire ferrovieri, infermieri e dipendenti delle Poste, nella capitale italiana del business la vita lavorativa non si è affatto trasformata in un incubo. Nel centralissimo ufficio postale di via Cordusio 4, ad esempio, gli impiegati giurano che «non è cambiato nulla». «Le misure anti-fannulloni da noi non hanno avuto nessun impatto spiega il direttore Giuseppe Grasso -. Siamo uno degli uffici con la produttività più alta d'Italia. In Cordusio abbiamo 100 dipendenti, si lavora bene. Basta con il luogo comune che le Poste sono un covo di fannulloni». Anche in Stazione Centrale, parlando con macchinisti e bigliettai, tutti sono pronti a giurare che «si lavora esattamente come prima. «Non abbiamo paura: sono dieci anni che le Fs tagliano il personale - sostiene un dipendente del gruppo da 24 anni, che preferisce rimanere anonimo -. E poi, i primi fannulloni sono i politici: basta vedere quanti pianisti ci sono in Parlamento!». Rocco Ungaro, sindacalista Fialt Cgil, è sicuro: «A Milano non c'è alcun terrore. I lavativi fanno innanzitutto un danno ai colleghi, che sono sempre i primi a isolarli». Tutti stakanovisti, dunque? Non esattamente. L'annuncio della visita fiscale obbligatoria, ad esempio, ha già fatto scendere le assenza per malattia nella sanità. «Negli ospedali di Milano e provincia c'è stato un recupero dal 15 al 18% dei giorni persi per malattia - annuncia Ciro Capuano, della Uil -. Sono valori più bassi rispetto ad altre regioni. Ora speriamo che venga premiato il merito». Ancora più preciso il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato: «Meno assenze significano più servizi ai cittadini. La battaglia del ministro Brunetta è sacrosanta e sta già dando i suoi frutti. Con un calo della percentuale per assenteismo che globalmente per gli enti contattati va dal 10 al 37%. A Milano - spiega ancora De Corato - dal confronto coi mesi di maggio, giugno e luglio dello scorso anno, risulta che i giorni di assenza per malattia dei dipendenti comunali sono scesi mediamente da 1,5 a 1,3 (maggio) da 1,4 a 1,1 (giugno) e da 1 a 0,7 (luglio). Confidiamo che l'onda lunga di questi benefici continui».


«Sbagliato affidare il soccorso in gran parte ai volontari»

La Nazione del 21/08/2008 , art di STEFANO CINAGLIA ed. Umbria p. 17

Di STEFANO CINAGLIA - TERNI - «IL SERVIZIO medico d'urgenza è in gran parte assicurato dal volontariato, a scapito del personale professionista»: la denuncia arriva dal segretario provinciale della Uil-Funzione pubblica, Gino Venturi (nella foto), che punta l'indice sull'organizzazione del 118 e chiede un incontro urgente ad Asl e Azienda ospedaliera. «BASTA CITARE il 118 - attacca Venturi - e subito si evoca una situazione d'emergenza, di pericolo, e si immagina un'ambulanza che, guidata da esperti autisti, corre verso l'ospedale più vicino. A tutti sembra scontato che alla guida del mezzo di soccorso vi sia personale esperto, di professione, in possesso di una qualche patente superiore. E diamo per scontato che all'interno ci sia sempre personale infermieristico qualificato in grado di assicurare, se necessario, iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, o complesse manovre per salvaguardare le funzioni vitali. COSI' COME immaginiamo che quando chiamiamo il 118 a risponderci ci sia, nella centrale operativa di Colle Obito, personale infermieristico qualificato in grado di capire subito quale codice attribuire all'intervento. Ma nella nostra realtà provinciale il servizio è in gran parte assicurato attraverso il volontariato. MOLTO dobbiamo ai volontari - continua -, ai tanti che dedicano con abnegazione al prossimo una parte del proprio tempo libero.Tutti dobbiamo gratitudine a questi volontari. Ma non è questo il punto: il problema nasce quando si usa, come nel Ternano, il volontariato in sostituzione dei professionisti della sanità. Quando, come accade a Terni, si sostituiscono gli autisti professionisti con quelli volontari, generalmente dotati di una semplice patente B, o quando nell'ambulanza troviamo personale del volontariato tanto encomiabile ma certo non della stessa professionalità degli infermieri. A TERNI - continua il sindacato - la prima anomalia è già nella gestione, visto che il 118 dipende contemporaneamente dall'Asl e dall'ospedale e qualche volta nascono conflitti e disfunzioni persino su chi sia competente negli acquisti. Le postazioni provinciali sono undici, ma solo tre sono gestite direttamente dall'Asl tramite personale professionista, mentre le altre sono affidate al volontariato. Riteniamo vitale l'apporto del volontariato, ma che non può in nessun caso sostituire il personale professionista. NON SI PUO' consentire che gli autisti che vanno in pensione siano rimpiazzati con i volontari. E pensiamo anche - è la conclusione - che tutti i residenti della provincia abbiano il medesimo diritto di poter contare, in situazioni di emergenza, su ambulanze in cui si trovi almeno un medico o un infermiere professionista».

Zooprofilattico, nido per i figli dei ricercatori

Corriere del Veneto del 21/08/2008 ed. PADOVA p. 6

Investimento di 1,5 milioni di euro, prima pietra a ottobre. Spazio per 54 bimbiPADOVA - La necessità, già evidente, è diventata impellente quando si è arrivati al terzo livello di sostituzione per maternità. Ovvero a dover ingaggiare la sostituta della sostituta incinta della dipendente in gravidanza. A quel punto Igino Andrighetto, direttore generale del-l'Istituto Zooprofilattico di Legnaro, ha deciso di programmare un asilo nido interno, in collaborazione con l'Istituto nazionale di Fisica nucleare e Veneto Agricoltura. Ha ricevuto un contributo di 600 mila euro dalla Regione (su un costo totale di 1,5 milioni: gli altri li mette lo Zooprofilattico), assegnato l'appalto e affidato a un Comitato di mamme (interne) il compito di vegliare sulla cooperativa che si occuperà di fornire personale e curare l'andamento dell'asilo.Il tutto bruciando i tempi. «La posa della prima pietra avverrà tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre - spiega Andrighetto - e contiamo di fissare l'inaugurazione per il gennaio 2010. Il nido sorgerà accanto all'ingresso, avrà un'entrata indipendente e accoglierà 54 bambini dai sei mesi ai 3 anni. Inizialmente funzionerà dalle 7 alle 18, poi vedremo se allungare o meno l'orario. L'asilo - aggiunge il dg - era un'esigenza molto sentita dal personale, formato per il 70% da giovani donne. Sono stato ben felice di venire loro incontro, perchè così lavoreranno con maggiore serenità ».Un traguardo che per gli infermieri di Azienda ospedaliera e Usl 16 sembra invece un miraggio. Lo denuncia la Uil, che ha raccolto 2 mila firme proprio tra il personale sanitario cittadino (8 mila dipendenti in tutto, compresi medici, operatori sociosanitari e tecnici), per esortare i direttori generali Adriano Cestrone e Fortunato Rao ad attivare un nido per ciascuna azienda. «A tutt'oggi non è però stata avviata alcuna azione concreta in tal senso - spiega Stefano Tognazzo, segretario provinciale della Uil Fpl - eppure l'asilo sarebbe un grande supporto alle famiglie dei lavoratori e anche all'attività assistenziale, in quanto possibile alternativa al part-time. Orario che ora molte infermiere neomamme sono costrette a chiedere, e se non lo ottengono spesso si licenziano, aggravando maggiormente il problema della carenza di queste figure professionali. Al contrario, la presenza del nido rappresenterebbe un'attrattiva per l'assunzione degli infermieri, anche perchè ne sgraverebbe in maniera importante il bilancio familiare. Da anni infatti non c'è più alcun finanziamento per le rette sostenute dai genitori costretti a ricorrere a poli privati». Il sindacato ha consegnato le firme a Cestrone, che ha risposto assicurando l'esistenza, già dal 2005, di un finanziamento regionale dedicato ma finora inutilizzato. Il nodo è la difficoltà di reperire spazi. «Ci permettiamo di suggerire lo stabile di via San Massimo - aggiunge Tognazzo - ristrutturato onerosamente da qualche anno, è ancora chiuso». In teoria quell'edificio dovrebbe diventare un residence per i parenti degli ammalati provenienti da fuori regione. «L'idea è di creare un nido unico per Azienda ospedaliera e Usl - spiega Rao -. Inizialmente pensavamo di insediarlo nella palazzina degli amministrativi, che però non siamo riusciti a spostare altrove, per mancanza di locali. Ora ne stiamo liberando diversi e contiamo di trovare una soluzione, ma non entro l'anno».Michela Nicolussi Moro Bambini al Nido Lo Zooprofilattico si è già attrezzato, ma gli infermieri dell'Ospedae protestano perchè da tempo chiedono una struttura per i figli dei dipendenti


Infermieri giocano a carte davanti alla tv,
il paziente muore senza assistenza

Corriere della SeraCorriere.it del 20/08/2008

È successo al Cherry Hospital nella città di Goldsboro, North Carolina. La vittima lasciata sola per 22 ore
NEW YORK - L'ennesimo caso di malasanità scuote gli Stati Uniti. Dopo che lo scorso giugno, in un ospedale di Brooklyn, una donna era stata lasciata morire senza il minimo soccorso davanti agli occhi di poliziotti e paramedici, ora si scopre che un gruppo di infermieri, distratti da una partita a carte, ha lasciato morire un paziente. È successo nel reparto di psichiatria al Cherry Hospital nella città di Goldsboro, North Carolina, dove un malato è morto dopo essere stato lasciato per ventidue ore seduto su una sedia senza assistenza medica, senza cibo e senza poter andare al bagno.
INCHIESTA - La morte di Steven Sabock, 50 anni, risale allo scorso aprile, solo ora però sono stati resi noti i risultati di un'inchiesta aperta per verificare la causa del decesso. Secondo il quotidiano The News and Observer di Raleigh ciò che è chiaro è la negligenza del personale medico di turno durante le ore in cui Sabock era stato ricoverato. I video di sorveglianza dimostrano che l'uomo è morto soffocato mentre un farmaco gli andava di traverso e un infermiere guardava senza muovere un dito. Secondo gli investigatori Sabock è rimasto in attesa di assistenza medica per quattro diversi turni, nella stessa stanza in cui il personale paramedico che avrebbe dovuto assisterlo giocava a carte e guardava la tv.
BACI TRA INFERMIERI DAVANTI AL MORIBONDO - Le sequenze video mostrano addirittura due infermieri che ballano e si baciano davanti al moribondo. Gli agenti federali hanno minacciato di tagliare i fondi per l'ospedale, se non verrà fatta al più presto chiarezza su questo ennesimo caso di malasanità negli Usa.
CARTELLA CLINICA FALSIFICATA - Intanto l'inchiesta ha rivelato che alcuni dati nella cartella clinica dell'uomo erano stati falsificati. La relazione di 42 pagine rivela che il personale medico avrebbe dovuto monitorare costantemente le condizioni del paziente, ma che lo aveva dimenticato: Sabock non aveva mangiato nulla il giorno in cui è morto e quasi niente nei tre giorni precedenti. Il padre del malato ha detto al giornale di Raleigh di aver cercato di vedere il figlio ricoverato ma che l'ospedale non glielo ha permesso: «Mi dissero che dormiva e che non gli andava di parlare. Credo sia morto il giorno stesso». Oltre alla morte di Sabock, l'ospedale era già finito sotto inchiesta per un caso di violenza da parte di un dottore nei confronti di un paziente disabile. Il paziente adolescente aveva ricevuto un pugno dal dottore, dopo che aveva morso un suo collega.

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