Il Resto del Carlino del 05/10/2008 ed. REGGIO p. IX
LA FEDERAZIONE ITALIANA lavoratori sanità interviene sulla materia dei compiti e delle responsabilità ricordando che «sempre più frequentemente infermieri ed operatori di supporto si rivolgono a Fials, ponendo quesiti sui compiti "attribuibili" agli operatori sanitari (come la somministrazione di farmaci, le medicazioni, il controllo della glicemia, la sostituzione di fleboclisi), sia per ovvi motivi di responsabilità personale, sia per una equa distribuzione dei carichi di lavoro».LA FIALS evidenzia che «per quanto riguarda la somministrazione di farmaci da parte degli operatori, si è recentemente pronunciata la Presidente nazionale del collegio Ipasvi: «L'operatore, anche se con formazione complementare, non può effettuare terapia in assenza di personale infermieristico...».
Laurea infermieri, boom dopo le fiction
Il Giorno del 06/10/2008 , articolo di STEFANIA CONSENTI ed. Como Lecco p. 22
di STEFANIA CONSENTI - MILANO -
SARANNO LE FICTION, da quelle più nostrane come «Terapia d'urgenza» sino a «E.R. Medici in prima linea», dove accanto ai camici bianchi ci sono infermieri capaci di gestire le situazioni più a complicate. O, più semplicemente, sarà la difficoltà a trovare un lavoro sicuro a spingere sempre di più i giovani verso questo mestiere. Di fatto c'è un boom di iscrizioni ai corsi di laurea triennale per infermieri ma sono solo 1.800 i posti messi a disposizione nei sette atenei lombardi. Un assurdo se si pensa alla cronica carenza di personale specializzato negli ospedali (mancherebbero all'appello 13mila infermieri). A lanciare l'allarme è Giovanni Muttillo, presidente del Collegio Ipasvi Milano-Lodi, che rincara la dose: «La cosa peggiore è che né la politica né il sistema universitario sono in grado di farsi carico di queste problematiche. Non c'è la volontà di risolverle». Così ogni anno, sottolinea ancora Muttillo, «vanno in pensione in Lombardia 2.800 infermieri che puntualmente non vengono rimpiazzati. Anzi: ogni anno, facendo i conti, partiamo con uno scarto di mille infermieri in meno». Il Collegio avrebbe bisogno di formare almeno 3.500 studenti ma non «c'è la copertura dei posti universitari».
I PROFESSIONISTI CHE SI FORMANO in Lombardia, talvolta, preferiscono andare a lavorare in Svizzera o addirittura migrare al Sud, dove le condizioni di vita sono economicamente più vantaggiose. E l'accordo per pagarli meglio? «Quei mille euro lordi in più all'anno che sono arrivati nelle buste paga degli infermieri lombardi - spiega Muttillo riferendosi all'intesa fra Pirellone e sindacati - sono stati una goccia. Comunque, la professione dell'infermiere attira perché ha un percorso sempre più strutturato il cui perno è l'assistenza rivolta al paziente». E sono in aumento pure le iscrizioni al Master in Infermieristica e ostetricia legale e forense (ai primi posti fra i più graditi), presente da quest'anno anche in altre 5 università italiane: 70 le domande ma 30 i posti a disposizione alla Statale. La formazione continua dell'infermiere va di pari passo con la lotta all'abusivismo nella professione. «Negli ultimi tre anni, grazie alla collaborazione con la magistratura - dice Muttillo - abbiamo scoperto tre casi di esercizio abusivo. L'ultimo? Riguarda un'infermiera che ha falsificato i certificati di studio». Una professione che diventa sempre più multietnica, con la presenza in corsia di tanti infermieri stranieri. Per loro il Collegio Milano-Lodi ha organizzato corsi di lingua italiana ad hoc «ma ci manca anche in questo un sostegno da parte della Regione».
Prevenzione, come imparare dagli errori
La Nazione del 06/10/2008 ed. La Spezia p. 24
IL MINISTERO della Salute ha riconosciuto 26 crediti «Ecm» per il corso di aggiornamento per infermieri, in programma il 24 e il 25 ottobre nei locali del Collegio Ipasvi /Infermieri di Via XXIV Maggio, dedicato ai temi della prevenzione dell'errore. E' un ottimo punteggio che testimonia la bontà del progetto, la criticità e la estrema attualità dell'argomento: sono sotto osservazione i momenti di rischio che i pazienti possono incontrare nei percorsi sanitari, e che in questo corso per quanto riguarda il personale sanitario infermieristico-vengono esaminati, partendo dall'analisi di situazioni accadute e spesso risolte senza conseguenze ma talora purtroppo non prive di ricadute sugli assistiti: in Italia lo scorso anno sono state oltre 200 le rivalse nei confronti di personale sanitario infermieristico responsabile di errori, legati alla sfera dell'assistenza, della somministrazione della terapia, del ritardato soccorso. Relatori Francesco Falli (nella foto), responsabile infermieristico del dipartimento di emergenza Asl 5 e Gianluca Ottomanelli, capo area di una struttura sanitaria privata, autori del libro «Imparare dagli errori», tutto dedicato allo studio del problema.
Un convegno sull'assistenza ai malati oncologici
Il Tirreno del 05/10/2008 ed. Lucca p. 4
LUCCA. Ha fatto registrare un grande interesse e una buona partecipazione la quarta edizione del convegno "Gestione Infermieristica del Paziente Oncologico", promosso dalla unità operativa Medicina ad indirizzo oncologico dell'ospedale, che si è svolto a Villa Bottini.La direzione dell'evento era a cura di Gemma Barsanti (primario della medicina ad indirizzo oncologico) e il coordinamento di Maria Cristina Orsi (Formazione Infermieristica e presidente del collegio Ipasvi).Dopo l'introduzione della dottoressa Orsi e del direttore sanitario dell'azienda Usl 2 Roberto Biagini, si è svolta una tavola rotonda sul tema "Professionalità, autonomia e responsabilità dell'infermiere in Oncologia".Nelle tre sessioni del convegno sono poi stati trattati altri argomenti di grande rilevanza come il nursing oncologico; le camere a basso rischio biologico; l'approccio riabilitativo al paziente oncologico; la nutrizione in oncologia; la ricerca infermieristica; il sistema informatico in oncologia, la scheda unica di terapia. Ha concluso i lavori la dottoressa Barsanti.
Ospedali, doppio no alla chiusura
Corriere della Sera del 05/10/2008 , art di Francesco Di Frischia ed. ROMA p. 5
Forlanini e San Giacomo uniti, corteo di protesta sulla Portuense Malati, medici e infermieri del Forlanini temono speculazioni edilizie: «Perché regalare spazi ai privati»Neanche un violento acquazzone ha fermato la manifestazione di protesta contro la chiusura dell'ospedale Forlanini, sostenuta anche da malati e dipendenti del San Giacomo. Due ospedali accomunati dallo stesso destino: Marrazzo ha deciso di chiuderli. Il primo il 31 dicembre, il secondo il 31 ottobre. Sono «vecchi, inefficienti, costano troppo e sono poco usati dai cittadini».Ma malati e personale del Forlanini credono che la chiusura sia dovuta ad altri motivi: «È vero che l'ospedale è fatiscente, ma purtroppo è stato abbandonato per anni - Rino Boffa, 39 anni trascorsi in una delle corsie di pneumologia -. Forse siamo arrivati troppo tardi, ma non accetteremo mai che qui sorga un centro commerciale». Il corteo ritarda la partenza dall'ingresso in via Ramazzini per un violento acquazzone che si abbatte in zona. Verso le 10 e mezza la pioggia si attenua e i manifestanti si avviano verso l'uscita dell'ospedale. In testa un gruppo di infermieri e malati sostiene uno striscione con su scritto: «La sanità nel cartaggirone dell'inferno». Gli slogan sono gli stessi gridati al San Giacomo: «Lotta dura contro la chiusura!».Giancarlo Rossi, da 36 anni dipendente addetto alla manutenzione poi diventato amministrativo, è preoccupato: «Perché la Regione sta regalando la sanità ai privati? Perché gli hospice e le residenze per anziani e malati cronici si fanno solo nelle cliniche? E perché deve chiudere il Forlanini che è circondato da molte case di cura private convenzionate?». Il corteo da via Ramazzini gira su via Giacomo Folchi e poi su via Portuense per tornare da dove si è partiti.Assunta Fabbri, 68 anni, curata al Forlanini qualche anno fa, boccia la filosofia di «chiudere gli ospedali per fare cassa» e rimprovera a Marrazzo di «non avere coinvolto i cittadini e il personale in questa emergenza». Anche lei teme «speculazioni edilizie ai danni dei malati». In effetti i numeri del Forlanini lasciano molti sospetti: «Qui ci sono 625 mila metri cubi e 187 mila metri quadrati di parco che «rappresentano un boccone molto ghiotto per qualche palazzinaro - rincara la dose una infermiera in pantaloni e camice verde - ma noi non accetteremo mai di assistere da spettatori a qualsiasi forma di speculazione».A pochi metri da lei, quasi rassegnato, un medico che lavora nel reparto di oculistica aggiunge: «Si parla di trasferirci al San Camillo in spazi angusti e con bassi standard assistenziali: vorrà dire che cureremo meno malati. E lo stesso discorso vale per otorino e maxillo-facciale».Alla manifestazione hanno partecipato Fabio Santori, Federico Rocca e Fernando Aiuti, consiglieri comunali Pdl, insieme al senatore Domenico Gramazio (Pdl). Quest'ultimo ha annunciato che proporrà di «creare nel Forlanini un polo di chirurgia toracica raccogliendo i 6 reparti presenti a Roma». E il resto degli spazi «potrebbe essere dato in convenzione ai privati per farne residenze per non autosufficienti e malati cronici - precisa Gramazio - Così verrebbe evitala la chiusura». Fabio Sabbatani Schiuma, presente al corteo, e Daniela Santanchè (entrambi de «La Destra») chiedono al sindaco Alemanno di «riparare ai danni del presidente Marrazzo annunciando che non concederà mai il cambio di destinazione d'uso dell'immobile in caso di utilizzo diverso da quello socio-sanitario».
Bagnati e arrabbiati Un momento della manifestazione sulla Portuense contro la chiusura di Forlanini e San Giacomo
Un posto su 4 resta scoperto
Il Sole 24 Ore del 06/10/2008 IN PRIMO PIANO p. 6
Maggiori difficoltà per farmacisti, infermieri, ingegneri e artigiani
PAGINA A CURA DIFrancesca BarbieriAumenta la disoccupazione (al 6,7% secondo l'ultima rilevazione Istat), le persone che cercano un lavoro sono sempre di più, eppure esistono settori e imprese che lamentano la mancanza di addetti. Il match tra domanda e offerta di lavoro non sempre finisce pari, spesso alle aziende arrivano curricula non in linea con le proprie aspettative e molti posti restano vacanti perché mancano i candidati con le competenze giuste. Farmacisti e infermieri, ingegneri e designer industriali. Sono queste le professioni intellettuali e tecniche più difficili da trovare secondo l'elaborazione per il Sole 24 Ore del Lunedì messa a punto da UnionCamere attingendo dal sistema informativo Excelsior. In generale, l'intero sistema produttivo lamenta la difficoltà di trovare nuovi addetti in un caso su quattro. «Sta crescendo la qualità delle assunzioni - sottolinea Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere - aumentano i laureati e i diplomati e si cercano persone con esperienza e abilità tecniche, che non sono immediatamente disponibili sul mercato». Per molti "mestieri" la fatica a trovare nuove reclute non è una novità. Prendiamo gli infermieri, ad esempio, sono più di dieci anni che la richiesta supera l'offerta: nel solo settore privato le aziende hanno bisogno di circa 5mila figure di questo tipo l'anno e il 58,3% sono pressoché introvabili, anche se la difficoltà rispetto al 2007 è scesa sotto la soglia del 60%. Non si trovano neanche gli ingegneri meccanici, wanted nel 42,3% dei casi. In pochi si iscrivono ai corsi universitari e ancora meno sono quelli che arrivano alla fine: è così scontato che le imprese se li contendano a colpi di offerte di lavoro. Ma c'è qualcuno che li batte. Si tratta dei farmacisti: entro fine anno le aziende ne vorrebbero assumere più di 2mila, ma quasi la metà è difficile da rintracciare. «Rispetto al 2007 - spiega Tripoli, - i dati mostrano un aumento della richiesta di circa duecento farmacisti da parte delle imprese, che arriva soprattutto dalla grande distribuzione».Si apre poi il capitolo dell'artigianato, dove le aziende (in larga maggioranza di piccole dimensioni) lanciano da tempo l'Sos manodopera. «C'è posto per 174mila dipendenti - lamentano da Confartigianato -, ma più di 54mila sono introvabili». Muratori, parrucchieri ed estetisti, idraulici e falegnami: sono queste le categorie più difficili da rintracciare. Eppure - assicurano le aziende del settore - viene offerto un contratto a tempo indeterminato al 50% dei neoassunti. E in merito all'età dei potenziali dipendenti, le imprese artigiane "vogliono" soprattutto under 30 (nel 42% dei casi). Ma resiste il vecchio stereotipo di polvere e fatica, a tenere lontani i giovani dalle botteghe artigiane: «Il mercato è ricco di possibilità di trovare soddisfazione economica - evidenzia Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato - anche se la carriera non è rapida: bisogna mettere in conto alcuni anni da dedicare all'apprendistato, ma alla fine le competenze acquisite sono spendibili e si aprono anche interessanti prospettive per mettersi in proprio».
Barelle, chiusa l'indagine
La Repubblica del 04/10/2008 ed. Napoli p. 05
LA PROCURA ha chiuso con quattro avvisi di garanzia l'inchiesta sulla morte di Francesco Russo, il paziente di 63 anni che nell'agosto 2006 perse la vita dopo essere caduto dalla barella dell'ospedale Cardarelli sulla quale era ricoverato. Per cooperazione in omicidio colposo sono indagati il direttore generale del presidio, Enrico Iovino, il direttore sanitario Giuseppe Matarazzo. Stessa accusa per il medico di turno al momento del fatto, che deve rispondere anche di un'ipotesi di falso e omissione in atti di ufficio, mentre al telefonista del servizio infermieristico è contestato il reato di omissione in atti d'ufficio. La mossa della Procura lascia trasparire l'intenzione, da parte dell'ufficio inquirente, di chiedere il rinvio a giudizio nei confronti dei quattro protagonisti dell'indagine. Adesso la difesa (Iovino è difeso dall'avvocato Giuseppe Fusco, Matarazzo dall'avvocato Fabio Foglia Manzillo) ha venti giorni di tempo per presentare memorie chiedere interrogatori o proporre ulteriori approfondimenti.Poi la parola tornerà al magistrato titolare del fascicolo, il pm Stefania Buda, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, per la definitiva conclusione.Francesco Russo aveva 63 anni ed era ricoverato nel reparto Unità operativa di chirurgia quando cadde dalla barella. La Procura ritiene, anche sulla base di una consulenza, che il decesso sia collegato proprio a questa circostanza. Il medico di turno non avrebbe adeguatamente assistito il paziente dopo la caduta mentre il telefonista del servizio infermieristico non avrebbe preso in considerazione la segnalazione dell'infermiere di turno che aveva evidenziato la necessità di trasferire il paziente caduto dalla barella adducendo problemi legati alla carenza di personale. Secondo la prospettazione dell'accusa, i vertici dell'ospedale non avrebbero organizzato la struttura in modo da evitare o almeno limitare il ricorso alle barelle per ricoverare i pazienti, ad esempio distribuendo al meglio i degenti tra i singoli reparti oppure indirizzandoli verso altre strutture con un numero maggiore di posti disponibili. Dagli accertamenti disposti dall'ufficio inquirente è emerso infatti che il 17 agosto 2006 erano disponibili undici posti letto in altri ospedali cittadini che avrebbero permesso di ridurre notevolmente il sovraffollamento.Tutti gli indagati hanno fin qui respinto le accuse. Quando fu raggiunto dall'invito a comparire firmato nell'ambito della prima fase delle indagini, Iovino sottolineò di sentirsi «dispiaciuto per quanto accaduto al paziente ma tranquillissimo perché non è ravvisabile alcuna responsabilità a carico dell'ospedale».
"Strage" all'esame ma si ripeterà tutto BARBARA COTTAVOZ
La Stampa del 04/10/2008 ed. NOVARA p. 55
NOVARA Cancellata la «strage» all'esame: metà dei candidati non passa ma il rettore decide che si ripete tutto. Succede al corso di laurea di Infermieristica: dietro una scelta straordinaria (è la prima volta che succede di ripetere un esame per troppi bocciati) ci sono le forti critiche degli studenti sugli atteggiamenti di alcuni esaminatori ma anche il malcontento proprio di parte dei tutors per il contratto non rinnovato. Sarebbero un'ottantina gli allievi del primo anno non ammessi al secondo, di cui ventidue i «bocciati» solo dell'esame di tirocinio, prova «sbarramento» che blocca l'accesso all'anno successivo anche in caso di superamento di tutte le altre.Ieri il consiglio del corso ha deciso la nuova data dell'esame: lo scritto è il 13 ottobre, gli orali il 14 e 15. Sull'ultimo appello si è scatenata una vera bufera che è arrivata sino all'ufficio del rettore a Vercelli. Una delegazione di ragazzi ha chiesto un incontro con Paolo Garbarino esponendo la situazione: su 43 candidati ne sono stati bocciati 22. Ma, hanno riferito i ragazzi (iscritti al corso a Novara ma provenienti da tutt'Italia) spesso con atteggiamenti dei docenti da loro ritenuti eccessivi.«Così perdiamo un anno. Ce ne andiamo» hanno concluso gli studenti. La sede più «gettonata» per chi cambia pare sia L'Aquila, ritenuta più «semplice».Ma al di là dei numeri c'è un retroscena che secondo i «rumors» della facoltà sembra aver avuto un peso nella «strage». La scorsa estate sono stati sostituiti diversi tutors, cioè infermieri che lavorano in facoltà come insegnanti professionali stipendiati dalla Regione. Alcuni dal prossimo anno accademico non ci saranno più e stanno completando la loro attività proprio con questi esami. C'è chi non ha preso bene la sostituzione e ha incaricato un legale di chiedere l'accesso agli atti della commissione che ha deciso i nuovi contratti prospettando un ricorso al Tar. Intanto il rettore ha deciso di affrontare la situazione con una decisione inedita: si rifà l'esame. «Ci troviamo in una condizione anomala. Può darsi che i ragazzi meritassero di essere bocciati, chi è somaro non deve essere promosso, soprattutto in campi così delicati. Però c'è modo e modo e a volte chi ha poca dimestichezza con la didattica e gli studenti può creare situazioni pesanti. Vedremo se quei giudizi siano stati obiettivi o legati a un approccio troppo drastico. Occorre attenzione: "fermare" chi non merita per eccessiva severità procura un danno, oltre che agli allievi e alle loro famiglie, anche all'ateneo e all'ospedale che ha bisogno di infermieri».«Garante» dell'esame sarà il presidente del corso, Giancarlo Avanzi. Approva la decisione del rettore ma precisa: «Non sarà una sanatoria. E' un fatto straordinario generato da un malcontento tangibile e resta qualcosa di anomalo. Nelle lauree professionalizzanti come questa diamo molta importanza alla prova pratica: l'esame è quindi sempre impegnativo per lo studente». Avanzi sottolinea che quest'anno le matricole non vantano prestazioni brillanti: «Sono andate particolarmente male. Già dal test di ammissione avevamo notato situazioni disastrose». Però i posti a disposizione per gli aspiranti infermieri sono quasi sempre più delle domande e così l'ingresso è praticamente garantito a tutti.
Per 51 neoinfermieri c'è un futuro all'Asl
La Stampa del 04/10/2008 ed. ASTI p. 53
Il direttore generale dell'Asl, Luigi Robino, mercoledì mattina, ha risposto indirettamente a chi pensa che l'università astigiana non abbia prodotto grandi risultati in questi anni di attività, inserendosi così nel recente dibattito sul ruolo e il valore dei corsi di Astiss. Robino è infatti intervenuto ieri all'inaugurazione dell'anno accademico del corso in Scienze Infermieristiche, annunciando la prossima assunzione di 51 neo infermieri. Tanti sono gli studenti di Astiss che si laureeranno il 19, 20 e 21 novembre nella sede di via Testa. «I futuri laureati - ha detto Robino - se supereranno il concorso dell'Asl, saranno assunti in ospedale». I neoinfermieri sono i primi ad aver frequentato il corso interamente ad Asti. La laurea in Scienze Infermieristiche di Astiss dipende dalla Facoltà di Medicina di Torino ed è uno dei tre corsi per infermieri presenti sul territorio piemontese: gli altri due sono a Torino e fra Cuneo e Orbassano. «Il corso di laurea in Infermieristica - ha aggiunto Robino - copre i bisogni espressi dall'ospedale "Cardinal Massaja" e, più in generale, del bacino astigiano». Va infatti detto che negli anni scorsi, in più occasioni, l'Asl aveva coperto le proprie necessità di infermieri assumento personale proveniente dal SudAmerica e dall'Est Europa, incontrando spesso difficoltà linguistiche almeno iniziali nell'interazione fra pazienti e personale. Per quanto riguarda la provenienza dei futuri infermieri, che in queste settimane dovranno anche affrontare l'esame di stato per l'esercizio della professione, 23 sono di Asti città, 22 arrivano dalla provincia e 6 da Torinese e Alessandrino. \
L'eretico che lanciò il caso Di Bella
«Ecco tutti i segreti di Kankropoli»
Il Giornale del 05/10/2008 , art di STEFANO LORENZETTO ed. Nazionale p. 16
È un naturopata. Si batte da anni contro «la mafia del cancro» andando in cerca di medici che la pensano come lui. È stato indagato, ma poi lo stesso Pm ha chiesto l'archiviazione per insussistenza dei reatiAlberto Mondini sa di essere un eretico e non fa nulla per nasconderlo. «Se lei chiede in giro informazioni sul mio conto, i medici le diranno che da giovane ero dedito alla meditazione yoga, che ho fatto il croupier, che ho avuto tre mogli, che una di loro era una cantante di musica leggera. Tutto vero, o quasi. Solo che al Casinò di Venezia, un posto orribile, ho lavorato dal '71 all'81 e quella attuale è la mia seconda moglie. Ma a loro torna comodo farmi passare per un personaggio losco o ridicolo, che adesso gioca alla roulette con le vite degli altri. Le diranno anche che a Torino sono stato indagato per truffa aggravata e associazione a delinquere. Vero anche questo. La mia colpa? Ero entrato in competizione con le varie leghe e associazioni contro i tumori, una delle quali in un anno raccoglieva offerte per 10 miliardi di lire e destinava alla ricerca appena 810 milioni, tanto che l'allora sottosegretario alla Sanità, Publio Fiori, si rifiutò di firmarne il bilancio. Però ometteranno di aggiungere che fu lo stesso pubblico ministero a chiedere e ottenere l'archiviazione per insussistenza dei reati». Da quel giorno gira col certificato penale in tasca; sopra c'è scritto che al casellario giudiziale risulta questo a suo carico: «Nulla». Mondini, 61 anni, naturopata veneziano, è diventato un eretico da quando ha fondato l'Arpc (Associazione per la ricerca e la prevenzione del cancro) e ha pubblicato il libro Kankropoli , sottotitolo La mafia del cancro , presentato in copertina come «il dossier che ha fatto esplodere il caso Di Bella». Nel capoluogo piemontese aveva aperto un ambulatorio gratuito con un medico che consigliava ai pazienti come curarsi secondo natura, «si trovava allo 0 di via Vespucci». Un numero civico vero, esistente, eppure talmente assurdo da sembrare immaginario, proprio come le teorie scientifiche propugnate da Mondini, che richiederebbero alla medicina di ripartire da zero per poter essere accolte: «L'origine del cancro non è genetica. La cellula non ha niente a che vedere con i tumori. Il cancro è provocato dalla candida, un fungo. Dieci milioni di morti per tumore all'anno nel mondo dimostrano il totale fallimento dell'oncologia. Gli errori medici, sommati ai farmaci somministrati correttamente, rappresentano col 7,58% la terza causa di decesso negli Usa e più o meno in tutti i Paesi occidentali, subito dopo le malattie cardiovascolari (47%) e il cancro (22,11%) e prima di fumo, alcolismo, incidenti stradali, suicidi, assassini. La chemioterapia non guarisce, anzi è un genocidio. Idem la radioterapia. I medici hanno piegato la conoscenza al servizio di un business colossale controllato da grandi multinazionali che dipendono dai Rockefeller negli Stati Uniti e dai Rothschild in Europa. Dieci anni fa il cancro nella sola Italia era un affare da 80.000 miliardi di lire, calcolati per difetto, di cui la metà, 40.000 miliardi, per farmaci chemioterapici». Sono teorie che Mondini non ha formulato in proprio bensì andando a trovare uno per uno una dozzina di eretici come lui. Ha soppesato le ricerche, ha vagliato i risultati, ha acquisito le cartelle cliniche, s'è mantenuto in contatto con loro per anni. Ne è uscito un altro libro, Il tradimento della medicina . Il primo medico che avvicinò fu il dottor Aldo Alessiani, ex primario plurispecialista di Roma, oggi defunto. «Era partito da un'intuizione: visto che l'incidenza dei tumori andava di pari passo con l'aumento della statura media della popolazione, poteva trattarsi di una malattia da carenza. Immagini l'uomo come un fiore: tolto dal suo habitat naturale, cresce più forte e più alto ma perde il suo profumo. Bisognava cercare il rimedio nel terreno, in profondità. L'occasione di sperimentare si presentò quando la moglie fu colpita da un cancro all'utero, che aveva presto invaso il retto, l'intestino e il peritoneo. L'addome era aumentato a dismisura, la signora sembrava incinta di otto mesi. Il professor Ercole Brunetti tentò di operarla nel luglio 1991 presso la clinica Santa Rita da Cascia: come si suol dire, la aprì e la richiuse. Niente da fare. Ma Alessiani non si arrese e di nascosto preparò una soluzione, disciogliendo in acqua dei particolari terricci, e la somministrò alla moglie. In 21 giorni la signora Alessiani lasciò la clinica, anziché nella bara, sulle sue gambe e partì per una vacanza. Guarita. Il marito fu convocato da un magistrato che gli disse: "Mi creda, ho avuto questo incarico da molto in alto. Si ricordi che l'Italia è piena di falsi incidenti d'auto". Nell'estate 1993 il dottor Alessiani subì un incidente stradale molto strano, che aveva tutte le caratteristiche dell'avvertimento criminale». Lei è un esperto di medicina naturale, non un medico. Che titolo ha per parlare di tumori? «Caspita! Sono un potenziale paziente». Che cosa le fa credere che all'origine del cancro vi sia la candida? «Dieci anni di ricerche. Dove non c'è il fungo, non c'è tumore. L'errore di base dell'oncologia è stato attribuire un'origine genetica al cancro. Quella della cellula che a un certo punto impazzisce e si riproduce all'infinito è un'ipotesi finora indimostrata. In realtà le cellule cancerose non sono altro che l'estrema difesa dell'organismo contro il fungo: il corpo le crea affinché il fungo attecchisca solo lì e non vada a intaccare gli organi vitali. Quindi non ha senso accanirsi contro di esse. È solo eradicando la candida che scompare il tumore». Chi lo afferma? «Il dottor Tullio Simoncini, oncologo e diabetologo romano, secondo il quale la candida albicans è sempre presente nei malati neoplastici, può produrre metastasi, ha un patrimonio genetico sovrapponibile a quello dei tumori, riesce a invadere tessuti e organi d'ogni tipo, dimostra un'aggressività e un'adattabilità illimitate». Ma Simoncini non è lo studioso che cura il cancro col bicarbonato di sodio? «Esatto. L'antifungino più attivo. È con quello che le mamme hanno sempre eliminato il mughetto dalla bocca dei figli. Simoncini lo provò su una zia e la guarì da un tumore allo stomaco con un cucchiaino di bicarbonato mattina e sera. Ma il sale dell'acido carbonico deve arrivare a contatto diretto col tumore, quindi è necessario posizionare nel paziente piccoli cateteri endocavitari o endoarteriosi. Ed è il motivo per cui contro i tumori delle ossa può fare ben poco, essendo irrorati da minuscole arterie che non consentono una sufficiente diffusione del bicarbonato». Simoncini è stato radiato dall'Albo dei medici o ricordo male? «Ricorda bene. Però dovrebbe anche ricordare che l'Ordine non ha tenuto in alcun conto la legge numero 94 dell'8 aprile 1998. La quale stabilisce che il medico, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente, può impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di utilizzazione diverse da quelle autorizzate, purché "tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale". Il dottor Simoncini ha dalla sua 31 studi internazionali relativi al potere antiacido del bicarbonato di sodio nei tumori». Lei ha visto debellare il cancro col bicarbonato? «La mia regola è questa: mostratemi tre casi di tumori guariti, documentati da Tac eseguite prima e dopo una cura, e io divento paladino di quella cura. Nel caso di Simoncini ho esaminato dieci cartelle cliniche. E ho constatato che i tumori sotto i 3 centimetri spariscono in dieci giorni. Nel cancro al seno non infiltrato la probabilità di guarigione è del 99%, al fegato dell'80%, al polmone del 60%». Simoncini guarisce la maggior parte dei pazienti? Un po' dura da credere. «Sicuramente nei malati già trattati con la chemio la percentuale di successo è meno alta. Ma se venisse un tumore a me, andrei subito da lui. Prima di farsi devastare il corpo dalla chemio, perché non provare una terapia che non ha effetti collaterali negativi? All'oncologo romano non perdonano d'aver individuato un principio attivo che nei supermercati costa 80 centesimi di euro al chilo. Per un paziente trattato con i chemioterapici lo Stato spende mediamente 100.000 euro. Moltiplichi per i 250.000 nuovi casi di tumore che si registrano ogni anno in Italia e capirà il vero motivo per cui la cura Simoncini viene osteggiata». Lei scrive: «Ciò che ho scoperto in questi anni è un'incredibile, allucinante realtà che ha superato ogni mia previsione, congettura, sospetto o fantasia». Sa di cospirazione planetaria. «Cospirazione? No, è marketing. Per l'industria farmaceutica si tratta solo di vendere di più. Il fatto è che la chemioterapia non funziona. Quando proclamano che 50 malati di cancro su 100 guariscono, significa che 50 muoiono entro 5 anni dalla scoperta del male e gli altri poco dopo. Se un malato muore dopo 5 anni e un giorno, per loro è un morto guarito». Non può negare che già nel 2002 la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tipi di tumore, esclusi quelli della cute, era del 45,7% per gli uomini e del 57,5% per le donne, con una punta dell'83% per il cancro al seno. «Come lei dice, in oncologia non esistono statistiche di guarigione, solo di sopravvivenza a 5 anni. Una volta fornivano anche quelle a 10 e 15 anni. Ora non le presentano più, si vergognano. Lei provi a cercarle: non le troverà. La sopravvivenza media calcolata a 5 anni su tutti i tumori certi e maligni è del 7%». Come fa a dirlo? «Sono gli stessi oncologi a dirlo, ma solo sui manuali destinati agli studenti universitari. Ci sono tumori a lungo decorso o addirittura semibenigni, tipo quelli delle ghiandole, i baseliomi, i liposarcomi, che vengono inseriti nelle statistiche per edulcorarle. Anche le esasperate campagne di diagnosi precoce del tumore al seno servono allo scopo: dimostrare la sopravvivenza oltre i fatidici 5 anni. Ma per i tumori maligni basti un solo esempio: su 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi, la vita media di quelli trattati con chemioterapia completa è stata di 75 giorni, mentre quelli che non hanno ricevuto alcun trattamento sono sopravvissuti in media per 220 giorni. Cinque mesi di più. Non lo dico io: lo ha scritto The Lancet , il vangelo dei medici, nel dicembre 1975. E da allora non è che sia cambiato molto». Il metodo Di Bella fu sperimentato dieci anni fa negli ospedali italiani sotto la supervisione del ministero della Sanità. Non pare che abbia dato gli esiti sperati. Nel maggio scorso lo ha bocciato persino la Cassazione. «Quando seppi che il professor Luigi Di Bella aveva accettato la sperimentazione offertagli dal ministro Rosy Bindi, pensai: ecco, s'è fatto fregare. Le pare serio che il test sia stato affidato a oncologi che si erano pubblicamente dichiarati contrari alla multiterapia? Per onestà avrebbero dovuto astenersi». L'oncologo Umberto Tirelli sollevò un interrogativo non da poco: «Se le cure convenzionali non sono valide, allora perché anche Di Bella le usa?». Il professor Tirelli era entrato in possesso di fotocopie di prescrizioni del medico siculo-modenese nelle quali figurava la ciclofosfamide, che viene utilizzata abitualmente in chemioterapia contro alcuni linfomi. «Rimproverai il professor Di Bella, per questo. Mi rispose mogio mogio: "Non sarebbe necessaria, ma in piccole dosi serve per accelerare la cura...". Assurdo. Com'è possibile avvelenare un paziente con la pretesa di guarirlo? L'Istituto superiore di sanità è stato costretto a pubblicare uno studio sui pericoli mortali cui sono esposti medici e infermieri che maneggiano i chemioterapici antiblastici. S'intitola Rischi per la riproduzione e strategie per la prevenzione . Esso documenta come tutti i 42 principi attivi più usati negli ospedali italiani contro il cancro siano cancerogeni riconosciuti o possibili cancerogeni o probabili cancerogeni. Bella contraddizione, no? Non basta: la maggior parte sono anche teratogeni, mutageni, abortivi, vescicanti, irritanti. Tant'è vero che alle infermiere in stato interessante è vietato somministrarli e in Portogallo fin dal 1990 i residui dei farmaci antiblastici vengono inceneriti a 1.000 gradi, insieme con sacche, aghi, cannule, camici, guanti e visiere». D'accordo, però io stento a immaginare un paziente con un tumore al pancreas che decide di affidarsi al frullato di aloe vera, miele e whisky messo a punto da padre Romano Zago, frate francescano, e consigliato da Alberto Mondini. «Sempre meno rischioso che sottoporsi a una chemio». In Kankropoli lei descrive addirittura una «macchina per guarire i tumori solidi, il Gemm», inventata dal turco Seçkiner Görgün. «Il professor Görgün era un mio caro amico. Purtroppo è morto d'infarto qualche settimana fa in Kosovo. Con le radiofrequenze emesse dal Gemm aveva conseguito risultati strabilianti su un paziente con metastasi ricoverato all'ospedale San Luigi di Orbassano. Ma poi un pretore sequestrò il macchinario, salvo archiviare l'inchiesta con un non luogo a procedere due anni più tardi. Io stesso non avrei accettato le teorie di questo scienziato se non mi avesse esibito una d o c u m e n t a z i o n e inoppugnabile. Non era un ciarlatano: aveva lavorato in cliniche, università e istituti di ricerca di varie nazioni, compresa la Galileo Avionica, società di Finmeccanica che opera nel campo della difesa». Ma lei ha mai fatto curare qualche suo congiunto con queste terapie alternative? «Mio cognato è in cura in questi giorni col metodo Görgün a Pristina. Invece il mio unico fratello, Luigino, non ha mai voluto saperne. Da buon iscritto al Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, fondato fra gli altri da Piero Angela, s'è fatto operare e irradiare per un tumore al retto. Dopo 90 giorni aveva le metastasi al fegato. Altri 90 giorni ed era morto. Se n'è andato in otto mesi dalla diagnosi». Non la sfiora l'atroce dubbio d'aver dirottato parecchi pazienti verso una terapia sbagliata? «Assolutamente no». Non s'è mai posto la domanda: ma chi me lo fa fare? «Qualche volta sì». E che risposta s'è dato? «Quando conosci la verità, aumenta la responsabilità. Non puoi tenere la verità per te». (424. Continua) stefano.lorenzetto@ilgiornale.i t BUSINESS PLANETARIO Alberto Mondini, 61 anni, fondatore dell'Arpc (Associazione per la ricerca e la prevenzione del cancro). Dopo «Kankropoli», ha appena pubblicato «Il tradimento della medicina». «Per ogni paziente trattato con chemioterapici lo Stato spende 100.000 euro»
Un fotogramma dal filmato della conferenza che l'oncologo Tullio Simoncini ha tenuto il 31 agosto scorso alla 36ª Annual cancer convention a Los Angeles
All'origine dei tumori c'è la candida Il dottor Simoncini debella il fungo col bicarbonato, 80 centesimi di euro al chilo: per questo l'hanno radiato dall'Ordine. Il dottor Alessiani guarì la moglie con i terricci: il magistrato gli pronosticò un incidente d'auto
Alberto Mondini (in piedi) relatore nel '96 al convegno sul dubbio nelle scienze, tenuto dall'Università di Perugia a 400 anni dalla nascita di Cartesio
La chemioterapia è un fallimento La sopravvivenza a 5 anni è del 7%. Ma a 10 o 15 anni? Ci nascondono le statistiche. Gli antiblastici sono a loro volta cancerogeni, tanto che alle infermiere incinte è vietato toccarli. Così fu boicottato il Gemm
Ecco le professioni anticrisi: in un anno 358mila assunzioni
Il Giornale del 04/10/2008 , articolo di Nino Materi ed. Nazionale p. 7
I mestieri più gettonati: programmatori, infermieri e disegnatori Boom di richieste anche per camerieri, muratori e camionisti La Unioncamere ha stilato la classifica dei mestieri ad alta e bassa qualifica più ricercati sul mercato del lavoro: al primo posto contabili e commessiDa una parte la crisi del mercato del lavoro, dall'altra una serie di mestieri e professioni decisamente in controtendenza. E che garantiscono assunzioni certe e stipendi sicuri. Nella «fascia alta» la top ten prevede amministratori, contabili, progettisti, tecnici informatici e infermieri; nella «fascia bassa» la hit parade occupazionale offre occasioni d'oro per commessi, camerieri, manovali e addetti alle pulizie. In totale - sommando le tipologie delle due «fasce» 358.010 assunzioni in questi primi nove mesi del 2008. L'Unioncamere, che ha fatto i conti, li definisce high skill e low skill : tradotto, «alta qualifica» e «bassa qualifica». Due condizioni che però non sono necessariamente rapportate alla reale possibilità di trovare un posto di lavoro. Insomma, può capitare che un professionista, con tanto di laurea, resti a spasso; mentre un operaio, fornito solo di licenza media, venga assunto senza problemi. Più che un assioma, una linea di tendenza. Nell'ambito infatti dei mestieri high skill e low skill esistono delle variabili che possono aumentare o diminuire sensibilmente la percentuale di riuscita: dati utili soprattutto ai giovani che non possono permettersi di fare una scelta sbagliata. Per questo è utile la ricerca dell'Unioncamere che ha stilato la classifica delle 20 attività (dieci ad «alta qualifica» e dieci a «bassa qualifica») più richieste dal mercato occupazionale; una graduatoria da tenere ben in considerazione, prima di scegliere il proprio indirizzo professionale. Ma come è riuscita la Unioncamere a stilare questa specie di diagramma anti disoccupazione? «Abbiamo analizzato il numero di assunzioni del 2008 e i loro trend degli ultimi tre anni spiegano i tecnici del Centro studi dell'Unione delle camere di commercio -. Nel campo delle professioni con elevate competenze, il fabbisogno delle aziende è addirittura in crescita. Nonostante questo rimane molto più alta la richiesta per i lavoratori dove non serve un particolare percorso professionale». Una forbice con due lame diversamente affilate ma dalla medesima lunghezza: la prima lama «taglia» la domanda di lavoro non specializzato, mentre la seconda lama «buca» il mercato delle professioni specializzate. Ma attenzione, vecchie definizioni come «specializzato» e «non specializzato» assumono oggi - nell'ambito delle moderne dinamicità lavorative - nuovi profili interpretativi: lo «specializzato» non è necessariamente un laureato, così come il «non specializzato» può avere un bagaglio culturale di tutto rispetto. La vera carta vincente sono infatti gli istituti «mirati», quelli cioè che - magari in sinergia con aziende di servizi del terziario avanzato - preparano operatori per segmenti lavorativi preventivamente determinati. La novità è che adesso il potenziale lavoratore nasce e si forma solo dopo che sia stata accertata una reale domanda occupazionale: ed è proprio questo il meccanismo che rende certa l'assunzione. «Oggi le aziende - sottolineano i ricercatori dell'Unioncamere - danno maggiore importanza alla progettazione, allo sviluppo e al monitoraggio del bacino d'utenza cui si rivolgono. Ciò si traduce in una massiccia richiesta di figure professionali funzionali a tali strategie: addetti all'amministrazione (27mila assunzioni negli ultimi tre anni), addetti alla contabilità (ben 16.980 assunzioni dall'inizio del 2008), operatori commerciali (17.890 dal 2005 ad oggi)». Enormi possibilità anche per infermieri, progettisti meccanici, addetti al marketing, farmacisti e progettisti software. Ma il nostro rimane il Paese che ha sempre più bisogno anche di attività umili (quelle che, secondo una teoria tutta da dimostrare, «gli italiani non vogliono più fare»). Qualche esempio? Il turnover annuo per le commesse tocca quota 66.560; ricercatissimi gli addetti alle pulizie (un'offerta di 43.530 assunzioni all'anno), camerieri (38.140), muratori (31.860; autisti di mezzi pesanti (29.980), magazzinieri (27.620), elettricisti (17.810), cuochi (13.950) e baristi (11.370). Gli ambiti maggiormente in crescita? Quello tecnico, informatico e amministrativo (tutti e tre con una media di +30% in 5 anni), ma anche i settori turismo, sicurezza, logistica e sanità godono di ottima salute (+23% nell'ultimo quinquennio). Infine un tren d trasversale. «Risultano in aumento - sottolineano gli esperti dell'Unioncamere le professioni che svolgono un ruolo chiave nella gestione dei rapporti a monte e a valle delle filiere produttive: vale a dire il controller e il contabile». Al termine del 2008, le assunzioni per queste figure dovrebbero raggiungere le 53mila unità (il 30,7% del gruppo qualificato delle professioni high skill ); nel 2006, le stesse figure, valevano «solo» il 23,3%. È l'altra faccia del mercato del lavoro. Quella che, almeno per ora, non conosce il significato della parola crisi.
Caro direttore,
sono ad esprimere l'amarezza come lavoratore
e come professionista della salute
Brescia Oggi del 06/10/2008 p. 61
Caro direttore, sono ad esprimere l'amarezza come lavoratore e come professionista della salute (sono un infermiere professionale e lavoro in sala operatoria) per un contratto sostanzialmente dimenticato dall'opinione pubblica che svolge un fondamentale ruolo nella società: curare gli ammalati. Sto parlando del contratto della sanità privata scaduto da ben 33 mesi (01/01/2006) e che nonostante le numerose iniziative sindacali e la proclamazione dello sciopero nazionale della categoria il 18 settembre non trova ancora soluzione. Ai lavoratori della sanità privata che giornalmente esplicano le loro funzioni assistenziali come i loro colleghi della sanità pubblica (parlo di infermieri, operatori sanitari e personale dipendente di cliniche, case di cura o enti privati) non vengono riconosciuti i diritti economici e normativi e il mancato rinnovo del contratto viene usato dalle associazioni datoriali come mezzo di pressione nei confronti delle Regioni per avere maggiori introiti sui ricoveri, in quanto a detta loro sono poveri... Curioso il concetto di povertà: alcuni soggetti investono anche i nostri soldi risparmiati dal mancato rinnovo del contratto per comprare cliniche o azioni di testate giornalistiche. Allora perché questa lettera? Il 18 settembre a Roma c'è stata una manifestazione nazionale a cui hanno partecipato più di 20.000 persone della sanità privata e... nemmeno un'immagine o un trafiletto in ultima pagina di giornale. Una vergogna questo silenzio: meno male che lo sciopero riuscito anche bene a Brescia con il 70% di chi poteva fare sciopero (4500 sono i lavoratori occupati soggetti alla legge sui minimi assistenziali) e questo ci permette di aprire le trattative a livello nazionale. Stiamo chiedendo soldi e diritti per un contratto scaduto il 31/12/2005. Non la luna: 104 euro lordi di aumento annuo per un infermiere... a fronte dei milioni di euro di fatturato di alcune case di cura private. Noi con la nostra professionalità tuteliamo, insieme ai colleghi pubblici, il diritto alla salute del cittadino. Bene, questa funzione viene ogni giorno ribadita dai nostri datori di lavoro alle Regioni, ma quando si tratta di parlare di diritti e di aumenti salariali del lavoratore fanno orecchie da mercante. Voglio ribadire la mia dignità di lavoratore e rivendico il rispetto per chi, come me, cura 24 ore su 24 con professionalità il cittadino. Non è giusto: faccio il mio dovere fino in fondo ma credo, da persona umana, che la pazienza abbia un limite (33 mesi senza aumenti, vorrei vedere chi ce la fa ad arrivare a fine mese!) e se il contratto non arriva in tempi brevi il sindacato avrà da me e dai lavoratori delle cliniche bresciane private (ben 18) il più completo sostegno a mettere in campo iniziative clamorose. Marco Brognoli INFERMIERE SALA OPERATORIA - RAPPRESENTANTE FP CGIL AZIENDALE DI UNA CASA DI CURA PRIVATA A BRESCIA
Troppi precari fra i dipendenti dell'Asl
Il Tirreno del 05/10/2008 ed. Lucca p. 4
Il personale cresce, ma calano gli assunti a tempo indeterminato - Allarme della Uil «La pianta organica va resa stabile»
LUCCA. Diminuisce il personale dipendente a tempo indeterminato nell'Asl 2. Dal 1° gennaio al 31 agosto del 2008 sono state assunte 34 persone, ma 101 sono medici, dirigenti e infermieri che se ne sono andati. Nello stesso periodo di tempo è cresciuto di 90 unità il numero dei dipendenti a tempo determinato. Se il saldo attivo è quindi di 23 unità, quello che preoccupa il sindacato è la scelta della direzione generale dell'Asl 2 di continuare a effettuare assunzioni a tempo che non consentono di stabilizzare il personale.L'allarme è stato lanciato, nel corso di una conferenza stampa, da Pietro Casciani, segretario provinciale della Uil sanità; da Verano Garbini, membro della segreteria e da Alessandro Di Vito, della Uil medici. «Dai dati che vengono forniti dalla Regione - dicono i sindacalisti della Uil - emerge che Lucca è in controtendenza rispetto alle altre aziende sanitarie. Altrove si assume personale di ruolo e calano i precari, nell'Asl 2 avviene l'opposto. Vogliamo capire perchè».Casciani in particolare sottolinea il fatto che il personale assunto a tempo determinato considera l'incarico come provvisorio e quindi alla prima occasione se ne va. Con la conseguenza che l'Asl 2 perde la professionalità e il tempo impiegato nella formazione.«A settembre e nel mese in corso - spiegano i rappresentanti della Uil - sono state fatte altre assunzioni di infermieri e personale Oss, stavolta di ruolo. In molti casi si tratta di mobilità, cioè di figure che operano presso altre Asl e che hanno chiesto il trasferimento».I sindacati hanno aperto con la direzione dell'Asl un tavolo proprio per verificare le dotazioni di organico e domani è previsto un altro incontro. Secondo uno studio della Uil, per esempio, servirebbero da 15 a 20 tecnici di radiologia, figura che non è facile da trovare, mentre per medici e infermieri si attende l'esito della ricognizione in corso.«Tra l'altro - aggiungono i sindacalisti - si sta andando verso l'organizzazione dell'ospedale per intensità di cura. Ma prima di tutto dev'essere formato il personale, medici, infermieri e caposala che hanno il ruolo di coordinatrici. E' chiaro che bisogna valutare nel complesso i livelli occupazionali, perchè l'organizzazione per intensità di cura non vuole dire rinunciare a posti di lavoro. Tutt'altro, la qualità dei servizi va tenuta alta».
Rabbia dopo la violenza in corsia
«Corsi di autodifesa per le donne»
Il Bologna del 04/10/2008 p. 20
Sgomento, indignazione ma anche tanta rabbia in corpo. Dopo l'aggressione subita dall'infermiera bolognese all'Servizio psichiatrico diagnosi e cura Spdc di San Giovanni in Persiceto, con probabile tentativo di stupro andatoa male solo per l'intervento provvidenziale di un collega,a finire nell'occhio del ciclone, è ora la dirigenza della sanità bolognese. Le violenze sub te dagli operatori sanitari nei loro posti di lavoro, dai Sert ai Pronto Soccorso alle sale d'attesa degli ospedali, si contano a decine ma nessuno ha mosso un dito. Un inspiegabile quanto colpevole immobilismo che, nel caso della giovane infermiera, poteva trasformarsi in tragedia. «E' l'ennesimo attacco che colpisce i lavoratori della sanità - fa sapere Angela Piccinino, ls dell'Ausl di Bologna- per il qual e a b b i a m o g i à c h i e s t o all'Azienda un'informativa urgente». L'inquietante episodio, infatti, sarebbe stato affrontato con troppa leggerezza e "liquidato" da alcuni dirigenti sanitari come una leggera colluttazione. Cosa, questa, che ha mandato su tutte le furie i sindacati. «E' molto grave che si tenda a minimizzare su certi episodi che invece vanno denunciatie affrontati con forza- fa sapere Nadia rtensi, della Cisl - ma è sempre la stessa cosa: ogni qualvolta succedono di questi episodi simili l Azienda si trincea dietro un muro di silenzio». Un comportamento discutibile che non fa altro che gettare benzina sul fuoco delle polemiche. «La situazione è molto difficile e deve cambiare subito - continua la Piccininno -e noi faremo la nostra parte fin da domani segnalando la cosa al direttore generale e agli organi di vigilanza». Altrimenti c'è il rischio che possa degenerare e creare nel personale una reazione a catena di rifiuto del lavoro. La vittima della presunta tentata violenza, ancora sotto shock, avrebbe deciso di non tornare nel suo posto di lavoro mentre la paura sembra comincia diffondersi un pò tra tutti gli operatori. Ed ecco che rispunta quella cheè definita la madre di tutte le proteste e di gran parte dei mali dell Ausl: la carenza di personale. «Il problema nasce proprio dalla drastica riduzione di personale - assicura Gerardo Visconti, dB, infermiere in una delle tre Spdc bolognesi- dove prima lavoravano sei e anche sette infermieri ne sono rimasti a mala pena tre. Questo, naturalmente, non offre molte garanzie di sicurezza, soprattutto con certe tipologie di paziente». Basti pensare che quando viene effettuato un trattamento sanitario obbligatorio, tra poliziotti, vigili urbani, medici e infermieri, sono in tutto più di dieci persone. Lo stesso Visconti, qualche tempo fa, rimase vittima di un'aggressione: un utente tentò di soffocarlo prendendolo per il collo dalle spalle. Anche per lui provvidenziale ful intervento dei colleghi accorsi in suo soccorso. «Si, me la sono vista brutta- racconta- e speravo che episodi del genere non dovessero più succedere». Nei prossimi giorni, comunque, rappresentanti per la sicurezza e sindacati hanno in programma una serie di iniziative. «Chiederemo che venga valutato il rischio di aggressione nei Pronto Soccorso, nei Serte negli Spdc - conclude Angela Piccininno - ma anche che le donne siano messe in condizioni di potersi difendere da eventuali aggressori»
Crisi posti letto ne mancano 15I posti letto previsti dalle normative sono1 ogni 10.000 abitanti. l momento, coni tre Spdc, sono appena4 mentre dovrebbero essere almeno 0. Una carenza che in periodi di crisi costringe l' usla inviarei pazienti fuori provincia.
Mancano le strutture SpdcI Servizi psichiatrici di diagnosi e cura al momento sono tre: presso l' spedale Maggiore, Malpighi e San Giovanni in Persiceto. e mancherebbe all'appello uno per la parte sud della provincia bolognese.
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