Al di la'
al di la' di quel letto c'e' un uomo che soffre,
al di la' di quegli occhi c'e' un uomo che piange,
al di la' di quel vetro c'e' una famiglia che spera,
al di la' un po' piu' in la' c'e' un'infermiera che lavora,
che piange, studia, ama, ma soprattutto crede,
crede che al di la' di tutto bisogna cambiare per migliorare
al di la' di quegli occhi c'e' un uomo che piange,
al di la' di quel vetro c'e' una famiglia che spera,
al di la' un po' piu' in la' c'e' un'infermiera che lavora,
che piange, studia, ama, ma soprattutto crede,
crede che al di la' di tutto bisogna cambiare per migliorare
e dare a quegli occhi qualcosa di piu'.
La Nazione del 18/10/2008 ed. Grosseto p. 11
OGGETTI della sanità oggi in disuso, documenti, fotografie in bianco e nero che ritraggono i volti di coloro che allora lavoravano nel vecchio ospedale, sede attuale del Polo universitario di via Ginori. E' stata inaugurata ieri alla presenza delle autorità e dei numerosi cittadini intervenuti, la mostra Frammenti di storia della medicina in provincia di Grosseto, allestita proprio all'interno di quei locali che dal 1600 al 1973 ospitarono l'ospedale grossetano. Organizzata dal Rotary International assieme all'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri, alla Asl 9, all'Ipasvi, e alla Proloco, la mostra ha l'obiettivo di riscoprire le origini del sistema assistenziale maremmano, patrimonio comune di tutti gli operatori sanitari e dei cittadini grossetani. «E' un progetto iniziato qualche anno fa - spiega il presidente della Proloco, Umberto Carini - assieme all'Archivio di stato e alle tante persone che ci hanno creduto. Abbiamo inoltre in cantiere l'idea di poter ampliare il progetto e di dare una collocazione fissa alla mostra, nei locali della Asl». Il materiale della mostra è stato raccolto in un testo, edito dalla casa editrice Innocenti, che verrà presentato oggi alle 17 nell'aula magna dell'università (che fino al 1973 era la cappella dell'ospedale). Il libro si intitola «Album di medici del Novecento della Provincia di Grosseto. L'eredità di un camice bianco», scritto da Umberto Carini, Fabrizio Viggiani e Sergio Bovenga, e ricostruisce il tessuto sanitario provinciale, anche attraverso la storia dei suoi personaggi, medici, infermieri e farmacisti. Tra questi anche Brunetta Scotti, che nel 1926 divenne il primo medico condotto donna nella storia della medicina maremmana e toscana. Alla presentazione seguiranno il giuramento di Ippocrate e il riconoscimento dei medici laureati nel 1958. Prenderanno parte alla giornata anche il presidente della fondazione Enpam, Paolo Parodi, e il preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell'università di Siena, Alberto Autieri. La mostra rimarrà aperta anche oggi con orario 9-13 e 15-20. L'ingresso è gratuito. Erica Viola
OGGETTI della sanità oggi in disuso, documenti, fotografie in bianco e nero che ritraggono i volti di coloro che allora lavoravano nel vecchio ospedale, sede attuale del Polo universitario di via Ginori. E' stata inaugurata ieri alla presenza delle autorità e dei numerosi cittadini intervenuti, la mostra Frammenti di storia della medicina in provincia di Grosseto, allestita proprio all'interno di quei locali che dal 1600 al 1973 ospitarono l'ospedale grossetano. Organizzata dal Rotary International assieme all'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri, alla Asl 9, all'Ipasvi, e alla Proloco, la mostra ha l'obiettivo di riscoprire le origini del sistema assistenziale maremmano, patrimonio comune di tutti gli operatori sanitari e dei cittadini grossetani. «E' un progetto iniziato qualche anno fa - spiega il presidente della Proloco, Umberto Carini - assieme all'Archivio di stato e alle tante persone che ci hanno creduto. Abbiamo inoltre in cantiere l'idea di poter ampliare il progetto e di dare una collocazione fissa alla mostra, nei locali della Asl». Il materiale della mostra è stato raccolto in un testo, edito dalla casa editrice Innocenti, che verrà presentato oggi alle 17 nell'aula magna dell'università (che fino al 1973 era la cappella dell'ospedale). Il libro si intitola «Album di medici del Novecento della Provincia di Grosseto. L'eredità di un camice bianco», scritto da Umberto Carini, Fabrizio Viggiani e Sergio Bovenga, e ricostruisce il tessuto sanitario provinciale, anche attraverso la storia dei suoi personaggi, medici, infermieri e farmacisti. Tra questi anche Brunetta Scotti, che nel 1926 divenne il primo medico condotto donna nella storia della medicina maremmana e toscana. Alla presentazione seguiranno il giuramento di Ippocrate e il riconoscimento dei medici laureati nel 1958. Prenderanno parte alla giornata anche il presidente della fondazione Enpam, Paolo Parodi, e il preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell'università di Siena, Alberto Autieri. La mostra rimarrà aperta anche oggi con orario 9-13 e 15-20. L'ingresso è gratuito. Erica Viola
La parola ai lettori
Egregio direttore, lunedì 13 ottobre sono riprese le lezioni di nuoto presso la piscina Hiway Palestre in via Antiche Fornaci, 10. DI.DI.A.PSI. Insieme per la salute mentale, in collaborazione con il Centro Psico Sociale e l'associazione Atletica-Mente AICS, ha organizzato la seconda fase del corso di nuoto, finanziato attraverso un progetto, dalla Fondazione Banca Popolare di Cremona. Come momento propedeutico alla ripresa del corso, gli aderenti parteciperanno alla maratonina «Città di Cremona». La presenza a questa gara sarà anche l'occasione per richiamare l'attenzione della cittadinanza, soprattutto dei più giovani, suun percorso intrapreso da DI.DI.A.PSI e Centro Psico Sociale, sulla necessità dell'intervento precoce all'esordio di un disagio mentale. Coloro che sono interessati ad appoggiare questo obiettivo, potranno partecipare indossando una maglietta con la scritta «Apri gli occhi ImmediataMente» Insieme per la Salute Mentale, quale sostegno non solo al percorso di sensibilizzazione, ma anche alla celebrazione della giornata mondiale della salute mentale, la cui ricorrenza coincide col mese di ottobre. Gli interessati, che speriamo siano molti, potranno presentarsi presso il Centro psico sociale in via Ghinaglia 6, dove verranno distribuite gratuitamente le magliette. Marita Rita Balsamo (Presidente DI.DI.A.PSI - Insieme per la Salute Mentale, Cremona) Grazie per l'incisivo ricordo di nostro padre Pietro Lombardi Egregio direttore, in un vecchio cappotto e con un berretto di tweed, un uomo allena i suoi atleti in una fredda giornata d'inverno: è mio padre ed il ricordo riaffiora indelebile alla memoria. Sono Enrica la figlia maggiore di Pietro Lombardi. Con mia sorella Paola vi ringraziamo della precisa, incisiva risposta alla nostra lettera. Cordialmente Enrica e Paola Lombardi (Cremona) Chi ci capisce qualcosa? Signor direttore, questo è quanto hanno affisso oggi in corso Garibaldi a Cremona: non riesco ad interpretare gli orari. Mi potrebbe aiutare? Michele (Cremona) Siamo sicuri che il razzismo sia figlio dell'ignoranza di pochi? Egregio direttore, - Persone che, trincerandosi dietro la solennità e l'ampiezza del concetto di democrazia, chiedono ad altre loro pari di tacere per sempre vergognandosi delle proprie idee, il tutto paventando una conoscenza ed una passione per la storia che se fossero realmente tali non permetterebbero di certo a chi le ostenta di partorire simili iniziative, proprio e magari sulla scorta di quanto la storia passata e recente ci ha insegnato e continua ad insegnarci. - Responsabili di associazioni ben determinate che bollano come razzista e xenofobo il sacrosanto diritto di noi cittadini di poter far sentire la nostra voce, tramite una raccolta di firme per esempio, nel rispetto di leggi, regole, buon senso e dignità proprie ed altrui. Cosa accomuna dunque questi due gruppi di persone? E' presto detto: la presunzione di essere sempre dalla parte giusta, di dire cose intrise di buon senso e condivise da tutti, il voler credere che chiunque debba essere in accordo con loro, pena il definirlo con epiteti ritenuti sprezzanti o il volerlo sminuire e svilire, per poter continuare ad essere nel giusto e nel democratico dicendo cose altrettanto ed universalmente giuste e democratiche. Non ho intenzione di confluire a mia volta nella schiera dei tanti cattivi maestri che la società di oggi ci offre a profusione, magari citando storici più o meno contemporanei, intellettuali sinistrorsi che da sempre vanno per la maggiore o titoli di testi e tomi da collezione, mi limito ad un accostamento col contrappasso dantesco: paradossalmente difatti chi in modo arrogante vuole zittire gli altri e le loro espressioni di idee, che mi pare siano sempre rimaste nel lecito, finisce per rendere il proprio comportamento simile a quello degli oppressori che con carta, penna, calamaio ed enfasi tanto vuole combattere; chi invece stigmatizza e contesta le iniziative altrui volte solo a far chiarezza e non di certo al fare del male ad alcuno promettendo esposti e iatture varie e marchiando col timbro dell'infamia non si differenzia poi più di tanto da quella schiera di razzisti che col suo operato intende denunciare a gran voce. Giusto per concludere vorrei offrire ai signori responsabili di altrettante associazioni ben note un piccolo spunto di riflessione: siamo sicuri che razzismo e tensioni nascano solo per l'esecrabile ignoranza di pochi idioti e non anche per l'atteggiamento ed il comportamento di chi, quando si parla di immigrati da proteggere e difendere ad ogni costo, non vuol proprio sentire ragioni? Paolo Dalla Vecchia (Cremona) Ok i gas del mio vecchio motorino Ma io non posso più circolare Signor direttore, vorrei segnalare quanto segue. Sono possessore di un ciclomotore a due tempi con sistema a lubrificazione separata che ha lo stesso sistema dei ciclomotori a due tempi costruiti dopo il 1997. Unica differenza è che sul librettino di circolazione non è indicato la normativa Cee Euro 1 perchè solo dopo tale anno è stata imposta l'iscrizione. Recentissimamente il mio ciclomotore è stato sottoposto a revisione con prova dei gas di scarico (tutto ok), è stata rinnovata l'assicurazione Rca ed ora non posso più circolare fino ad aprile 2009. Mi pare un bell'abuso da parte della Regione con un esborso da parte mia di una sommetta che, visti i tempi, non è indifferente. E' vero che contro l'inquinamento bisogna agire, ma sfido a provare che il mio ciclomotore inquina di più di quelli a due tempi costruiti dopo il 1997 e che hanno il permesso di circolare. Cesare Manfredini@aliceposta.it (Cremona) Neppure i referti degli esami ora si possono ritirare a Soresina Signor direttore, sono andata al Robbiani di Soresina con mio marito per fare degli esami, ma per fare un esame bisognava andare a Crema. Siamo andati il 15 di ottobre ed il giorno dopo si doveva ritirare l'esito. Convinta di ritirarlo a Soresina, come il solito, sono stata costretta a recarmi di nuovo a Crema. Il dottor Ablondi ha messo in ginocchio tutta la città di Soresina chiudendone l'ospedale - a questo ci ha pensato bene con il permesso del sindaco - ma non ha pensato di evitare almeno la strada ai soresinesi per il ritiro degli esami. Vittorina Cavalli (Gianna) (Soresina) Casualmente gli alberi si ammalano soltanto dove e quando serve Signor direttore, incredulità, notando ieri l'abbattimento dello splendido albero posto all'incrocio tra via Sardagna e via Rosario, un vero e proprio monumento naturale, sicuramente gravemente ammalato, penseremo noi, ma ultimamente ho notato una spiccata predisposizione degli alberi del tessuto cittadino ad ammalarsi proprio 'dove e quando serve', come quelli che ostacolavano la realizzazione della nuova rotatoria a Borgo Loreto, o quelli di fronte al Cimitero, proprio dove sono state trasferite 'al centimetro' le attività commerciali che erano inserite nel cavalcavia ora in ristrutturazione. Chissà se al posto del maestoso albero sorgerà 'casualmente' una nuova rotatoria, una strada o un'attività commerciale. Tornando indietro nel tempo per trovare un'amministrazione cittadina così attenta al verde pubblico, si può risalire ai tempi di Attila, con la differenza che a quel tempo le città le radevano al suolo in una volta sola e non un pezzo per volta! Arturo Binaschi (Cremona) Blocco economico a Cuba: il no Onu non è bastato a rimuoverlo Egregio direttore, il prossimo 29 ottobre 2008 l'Assemblea generale delle Nazioni unite sarà di nuovo chiamata a votare sul blocco economico, commerciale e finanziario imposto, ormai da quasi cinquant'anni, dagli Stati Uniti a Cuba. Questa pratica illegale è già stata condannata dall'Onu per sedici volte consecutive dal 1992 ad oggi, l'ultima volta con 184 voti a favore della sua eliminazione, 4 contro e 1 astenuto. Malgrado ciò il blocco è sempre rimasto. Invito tutti ad andare sul sito internet dell'Associazione nazionale di amicizia Italia-Cuba (http://www.italia-cuba.it/associazione/segreteria/adesioni.asp) e aderire all'appello affinché il Governo italiano promuova in ambito internazionale un'efficace azione politica per il rispetto delle risoluzioni sul blocco dell'Assemblea generale delle Nazioni unite (...). lazarus65@libero.it (Cremona) Le sfide a cinghiate dei giovani colpa anche della tv troppo violenta Egregio signor direttore, ho letto con attenzione il servizio sui giovani che, anche a Cremona, si sfidano a colpi di cinghia (e relative borchie metalliche, provocandosi anche ferite non indifferenti...) ed il parere dello psicologo, di chiara fama, che ne spiegava le motivazioni più diverse... Ciò che più ci ha colpito è stato che quest'ultimo non abbia neppur fatto cenno all'effetto - deleterio!... - che invece, a nostro sommesso avviso, è dato proprio dal modello che viene proposto dalla maggior parte delle reti televisive nazionali e regionali, in fatto di violenza inaudita, in ogni ora della giornata. Eppure tutti i pubblicitari sanno, da sempre, che l'esempio e l'imitazione sono gli strumenti di base di ogni azione pubblicitaria!... Luigi Bellini (Comitato di Cremona Unione Nazionale Consumatori) In via Tribunali auto sulla ciclabile Come definire tali comportamenti? Egregio Direttore, siamo due dei tanti cremonesi che si muovono a piedi e in bicicletta entro le porte della città con molta apprensione per il traffico vorticoso, velenoso e prepotente che domina le strade nella indifferenza e assenza dei vigili. E riconosciamo che anche i ciclisti sono molto indisciplinati. Per noi popolo silente le piste e i marciapiedi sono il salvagente se sgomberi e ordinati. Non è così in tante situazioni e facciamo solo un esempio. Da settimane via Tribunali non ha più i cantieri ma la pista ciclabile è tutta occupata da auto in sosta abusiva: giovedì 9/10 ore 11 anche macchine dei vigili e carabinieri; mercoledì 15/10 situazione consolidata. Cosa pensare e amaramente definire tali comportamenti? B.L.-G.M. (Cremona)
Funerali, la paura di due infermieri
«Puniti per il loro no al racket»
Corriere della Sera del 19/10/2008 , art di Biagio Marsiglia ed. MILANO p. 10
Dal carcere di Opera, dove è rinchiuso da quattro giorni, Alcide Cerato, che il giudice Giovanni Vanore e il pm Grazia Colacicco ritengono al vertice della piramide dell'organizzazione che a Milano e nel Milanese regola il mercato dei morti, non ammette un bel niente. Anzi, dice che lui con l'associazione a delinquere non c'entra affatto perché mai avrebbe «potuto stringere patti e alleanze con persone che lo odiano e di cui non ha stima».«Io non pago gli infermieri - ha inoltre detto al gip - e ai mie figli ho sempre raccomandato di non farlo perché a noi della San Siro, che abbiamo il 15 per cento del mercato, certi mezzi non servono... se poi non mi hanno ascoltato dovete chiederlo a loro.. io oramai mi occupo solo dei funerali dei vip, delle persone di un certo livello e per fare questo non mi rivolgo certo agli infermieri, la gente mi cerca per il servizio che sono in grado di dare da molti anni... Inoltre - ha aggiunto Alcide Cerato - la prova che la mia impresa dà fastidio viene dagli attentati che ho subito, minacce dai miei nemici, che poi sono senz'altro concorrenti a causa del cui odio ora mi ritrovo in questa situazione...». Ad assistere il patron della San Siro gli avvocati Massimo Bordon e Pietro Traini, preoccupati, oltre che per la salute del loro cliente, anche per il fatto «che il blitz della Procura ha decapitato l'impresa San Siro provocando una situazione che ne mette in seria difficoltà la gestione». Dei turni preordinati, invece, Alcide Cerato ha solo ammesso di conoscerne l'esistenza, anche perché lui non è «in questo modo» che trova i clienti.Intanto, dalle carte in mano agli inquirenti, emerge un altro particolare inquietante su cui la polizia sta cercando di fare chiarezza. Due infermieri del San Carlo che si sono rifiutati di collaborare col racket delle salme sono stati presi di mira senza troppi complimenti. Uno sarebbe stato malmenato in maniera molto pesante, e all'altro sarebbe stata incendiata l'autovettura. Il doppio particolare è contenuto nella denuncia presentata da Massimo Sher, presidente del Comitato familiari dei deceduti in ospedale, di fatto il motore dell'inchiesta che in questi giorni ha portato all'arresto di 23 infermieri e di altri diciotto personaggi tra titolari e collaboratori delle imprese di pompe funebri. «Chi non si sottomette al sistema - ha detto Sher - viene minacciato e punito...».
Indagine Alcide Cerato, patron dell'agenzia funebre San Siro coinvolta nell'inchiesta
Dal carcere di Opera, dove è rinchiuso da quattro giorni, Alcide Cerato, che il giudice Giovanni Vanore e il pm Grazia Colacicco ritengono al vertice della piramide dell'organizzazione che a Milano e nel Milanese regola il mercato dei morti, non ammette un bel niente. Anzi, dice che lui con l'associazione a delinquere non c'entra affatto perché mai avrebbe «potuto stringere patti e alleanze con persone che lo odiano e di cui non ha stima».«Io non pago gli infermieri - ha inoltre detto al gip - e ai mie figli ho sempre raccomandato di non farlo perché a noi della San Siro, che abbiamo il 15 per cento del mercato, certi mezzi non servono... se poi non mi hanno ascoltato dovete chiederlo a loro.. io oramai mi occupo solo dei funerali dei vip, delle persone di un certo livello e per fare questo non mi rivolgo certo agli infermieri, la gente mi cerca per il servizio che sono in grado di dare da molti anni... Inoltre - ha aggiunto Alcide Cerato - la prova che la mia impresa dà fastidio viene dagli attentati che ho subito, minacce dai miei nemici, che poi sono senz'altro concorrenti a causa del cui odio ora mi ritrovo in questa situazione...». Ad assistere il patron della San Siro gli avvocati Massimo Bordon e Pietro Traini, preoccupati, oltre che per la salute del loro cliente, anche per il fatto «che il blitz della Procura ha decapitato l'impresa San Siro provocando una situazione che ne mette in seria difficoltà la gestione». Dei turni preordinati, invece, Alcide Cerato ha solo ammesso di conoscerne l'esistenza, anche perché lui non è «in questo modo» che trova i clienti.Intanto, dalle carte in mano agli inquirenti, emerge un altro particolare inquietante su cui la polizia sta cercando di fare chiarezza. Due infermieri del San Carlo che si sono rifiutati di collaborare col racket delle salme sono stati presi di mira senza troppi complimenti. Uno sarebbe stato malmenato in maniera molto pesante, e all'altro sarebbe stata incendiata l'autovettura. Il doppio particolare è contenuto nella denuncia presentata da Massimo Sher, presidente del Comitato familiari dei deceduti in ospedale, di fatto il motore dell'inchiesta che in questi giorni ha portato all'arresto di 23 infermieri e di altri diciotto personaggi tra titolari e collaboratori delle imprese di pompe funebri. «Chi non si sottomette al sistema - ha detto Sher - viene minacciato e punito...».
Indagine Alcide Cerato, patron dell'agenzia funebre San Siro coinvolta nell'inchiesta
Racket dei funerali, infermieri aggrediti
Corriere della Sera del 19/10/2008 ed. MILANO p. 1
La polizia: botte e minacce a chi rifiutava la collaborazione negli ospedali
La polizia: botte e minacce a chi rifiutava la collaborazione negli ospedali
Due infermieri del San Carlo presi di mira, aggrediti, minacciati. Motivo: non collaboravano col racket delle salme. Uno è stato malmenato e all'altro sarebbe stata incendiata l'auto. Emergono nuovi particolari nell'inchiesta sul giro di soffiate e soldi tra ospedali e imprese di pompe funebri: «Chi non si sottomette al sistema - ha detto un testimone - viene minacciato e punito...».Intanto, rinchiuso nel carcere di Opera, Alcide Cerato respinge l'accusa di associazione a delinquere mossa dalla Procura. «Io non pago gli infermieri - ha inoltre detto al gip - e ai mie figli ho sempre raccomandato di non farlo perché a noi della San Siro, che abbiamo il 15 per cento del mercato, certi mezzi non servono». Non solo: «La prova che la mia impresa dà fastidio viene dagli attentati che ho subito».A PAGINA 10Marsiglia
Racket dei funerali
«Tangenti? No, estorsioni E' così da sempre»
Corriere della Sera del 18/10/2008 , art di Biagio Marsiglia ed. MILANO p. 11
Primi interrogatori. La confessione di D'Antoni Il pm Grazia Colacicco ha sentito per primo il legale rappresentante dell'impresa Varesina Sofam di Milano«Al San Paolo non eravamo noi a pagare gli infermieri perché ci segnalassero i decessi... Semmai subivamo vere e proprie estorsioni da parte di tre infermieri, su tutti Giulio, che altrimenti ci facevano i dispetti e ci rovinavano i funerali magari sistemando male le salme, oppure non mettendo a posto i fiori e procurandoci così grattacapi con i parenti dei defunti che al termine della cerimonia non volevano più pagare...».Davanti al pm Grazia Colacicco, il sostituto procuratore che coordina l'inchiesta sul mercato dei morti a Milano, il legale rappresentante dell'impresa di pompe funebri Varesina Sofam, Riccardo D'Antoni, arrestato all'alba di giovedì scorso assieme ad altri quaranta tra infermieri e impresari di pompe funebri, ha detto anche questo. Specificando che se alla camera mortuaria del Pio Albergo Trivulzio «in qualche circostanza» aveva sì allungato la mancia all'infermiera Giovanna - «una volta, nell'ottobre del 2007, anche 400 euro» - , al San Paolo «andava tutto in maniera diversa per quei tre là, tre teste calde, che facevano il bello e il cattivo tempo». Assistito dall'avvocato di fiducia Paolo Alberto Antimiani, prima dell'interrogatorio davanti al pm, Riccardo D'Antoni ha risposto alle domande del gip Giuseppe Vanore per l'interrogatorio di garanzia. Al giudice il rappresentante legale della Varesina Sofam ha negato di fare parte dell'organizzazione.«Io sono troppo giovane dell'ambiente per avere partecipato alla creazione del cartello e dei turni, che pure esistono, di fatto mi sono solo adeguato a un sistema preesistente». D'Antoni ha negato di essere parte dell'associazione costituita per spartirsi il mercato delle salme, «un sistema che è sempre stato così». E ha aggiunto che secondo lui gli «episodi intimidatori che hanno visto colpite le sedi della San Siro non sono riconducibili a una guerra tra imprese di pompe funebri, ma sarebbero piuttosto una questione interna alla San Siro della famiglia Cerato». Nell'ammettere le turnazioni nei diversi ospedali, D'Antoni ha infine raccontato che al «Fatebenefratelli si muore poco e allora lì non era redditizio stare. Così io non ci andavo...».
Foto: Lo scandalo Il racket del caro estinto era esteso a diverse strutture sanitarie (foto Salmoirago)
Primi interrogatori. La confessione di D'Antoni Il pm Grazia Colacicco ha sentito per primo il legale rappresentante dell'impresa Varesina Sofam di Milano«Al San Paolo non eravamo noi a pagare gli infermieri perché ci segnalassero i decessi... Semmai subivamo vere e proprie estorsioni da parte di tre infermieri, su tutti Giulio, che altrimenti ci facevano i dispetti e ci rovinavano i funerali magari sistemando male le salme, oppure non mettendo a posto i fiori e procurandoci così grattacapi con i parenti dei defunti che al termine della cerimonia non volevano più pagare...».Davanti al pm Grazia Colacicco, il sostituto procuratore che coordina l'inchiesta sul mercato dei morti a Milano, il legale rappresentante dell'impresa di pompe funebri Varesina Sofam, Riccardo D'Antoni, arrestato all'alba di giovedì scorso assieme ad altri quaranta tra infermieri e impresari di pompe funebri, ha detto anche questo. Specificando che se alla camera mortuaria del Pio Albergo Trivulzio «in qualche circostanza» aveva sì allungato la mancia all'infermiera Giovanna - «una volta, nell'ottobre del 2007, anche 400 euro» - , al San Paolo «andava tutto in maniera diversa per quei tre là, tre teste calde, che facevano il bello e il cattivo tempo». Assistito dall'avvocato di fiducia Paolo Alberto Antimiani, prima dell'interrogatorio davanti al pm, Riccardo D'Antoni ha risposto alle domande del gip Giuseppe Vanore per l'interrogatorio di garanzia. Al giudice il rappresentante legale della Varesina Sofam ha negato di fare parte dell'organizzazione.«Io sono troppo giovane dell'ambiente per avere partecipato alla creazione del cartello e dei turni, che pure esistono, di fatto mi sono solo adeguato a un sistema preesistente». D'Antoni ha negato di essere parte dell'associazione costituita per spartirsi il mercato delle salme, «un sistema che è sempre stato così». E ha aggiunto che secondo lui gli «episodi intimidatori che hanno visto colpite le sedi della San Siro non sono riconducibili a una guerra tra imprese di pompe funebri, ma sarebbero piuttosto una questione interna alla San Siro della famiglia Cerato». Nell'ammettere le turnazioni nei diversi ospedali, D'Antoni ha infine raccontato che al «Fatebenefratelli si muore poco e allora lì non era redditizio stare. Così io non ci andavo...».
Foto: Lo scandalo Il racket del caro estinto era esteso a diverse strutture sanitarie (foto Salmoirago)
"Ma quale racket, aiutavamo i clienti"
La Repubblica del 18/10/2008 , articolo di DAVIDE CARLUCCI ed. Milano p. 09
Gli imprenditori funebri arrestati: così ci spartivamo gli ospedali Già dai primi interrogatori la conferma di un cartello fra le aziendeN ON erano tangenti, ma «regalie» per contraccambiare favori occasionali. E la Sofam Varesina - dice il suo titolare, Riccardo D'Antoni, interrogato dal gip Giuseppe Vanore e dal pm Grazia Colacicco - non aveva bisogno di pagare mazzette agli infermieri per aggiudicarsi i turni nelle camere mortuarie perché quella suddivisione rispecchiava il vecchio sistema: la presenza delle onoranze funebri negli ospedali era regolata in base a consolidati accordi, legali in una prima fase ma in vigore anche dopo, quando i regolamenti regionali e comunali hanno messo al bando quelle pratiche di spartizione. Una sorta di cartello tacitamente condiviso da tutte le aziende.D'Antoni, il primo dei 41 arrestati nell'inchiesta sul racket del caro estinto a sottoporsi all'interrogatorio di garanzia, minimizza. Assistito dall'avvocato Paolo Antimiani, nega di aver mai corrotto gli infermieri - che anzi, spesso «millantavano» segnalazioni di familiari che in realtà avevano deciso autonomamente di rivolgersi alla sua ditta - e non vede nulla di scandaloso nel contattare i parenti dei deceduti. Non si fa danno alle famiglie, ha spiegato al giudice, semmai si va loro incontro, rendendo più efficiente il servizio. D'Antoni ha anche parlato degli attentati che da qualche mese colpiscono le società del settore: in particolare la sua concorrente diretta, la San Siro. Lui assicura di non saperne nulla, ma non crede che abbiano a che fare con la competizione tra le aziende.Il pm Colacicco ha chiesto anche del passaggio di mano della società nei suoi confronti da parte di Mario Sciannameo, lo storico amministratore dell'azienda, l'altro big delle onoranze funebri a Milano insieme col suo antagonista Alcide Cerato, che sarà interrogato domani. Sciannameo non è indagato nell'inchiesta. Una denuncia, inoltrata a luglio in Procura e firmata da un concorrente (che nega però la paternità della firma), insinua che Sciannameo e D'Antoni siano in realtà la stessa cosa e insieme controllino una buona fetta del mercato godendo di influenti appoggi nel Comune di Milano. Solo illazioni, forse. Di sicuro D'Antoni ha lavorato a lungo alle dipendenze di Sciannameo, amministratore della Varesina srl. Nella denuncia presentata a luglio - contro la quale Sciannameo ha presentato una controquerela - si parla anche della Kronos, società di cui D'Antoni risulta liquidatore. «La Kronos veste le salme e le famiglie sono convinte di avere a che fare con infermieri. Ma sono gli stessi che vendono i funerali».Nei prossimi giorni si andrà avanti con gli interrogatori degli arrestati, tra i quali 23 infermieri. Gli ospedali stanno cercando di sostituirli. Al Niguarda l'équipe di operatori tecnici che si occupava delle salme è stata completamente azzerata.«Al posto loro ci sono altri dipendenti - spiega il direttore sanitario, Carlo Nicora - Abbiamo riorganizzato il servizio». Cinque infermieri sono stati sospesi dalla Cgil, il sindacato al quale erano iscritti.Una badante al lavoro
QUARANTUNO La polizia ha portato in carcere cinque persone, trentasei sono state messe agli arresti domiciliari
CORRUZIONE Imprese funebri e infermieri avevano organizzato un vero e proprio "mercato delle salme"
FAMILIARI L'inchiesta partita da due esposti: di una ditta esclusa e del Comitato familiari deceduti in ospedale
L'inchiesta
Arrestati
Accuse
Denunce
Tangenti
DifesaINFERMIERI I sanitari delle camere mortuarie incassavano dai 50 ai 500 euro per segnalare la morte di un ammalato UN SERVIZIO Il primo degli interrogati ieri ha risposto che non c'era un sistema di segnalazioni organizzato
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Gli imprenditori funebri arrestati: così ci spartivamo gli ospedali Già dai primi interrogatori la conferma di un cartello fra le aziendeN ON erano tangenti, ma «regalie» per contraccambiare favori occasionali. E la Sofam Varesina - dice il suo titolare, Riccardo D'Antoni, interrogato dal gip Giuseppe Vanore e dal pm Grazia Colacicco - non aveva bisogno di pagare mazzette agli infermieri per aggiudicarsi i turni nelle camere mortuarie perché quella suddivisione rispecchiava il vecchio sistema: la presenza delle onoranze funebri negli ospedali era regolata in base a consolidati accordi, legali in una prima fase ma in vigore anche dopo, quando i regolamenti regionali e comunali hanno messo al bando quelle pratiche di spartizione. Una sorta di cartello tacitamente condiviso da tutte le aziende.D'Antoni, il primo dei 41 arrestati nell'inchiesta sul racket del caro estinto a sottoporsi all'interrogatorio di garanzia, minimizza. Assistito dall'avvocato Paolo Antimiani, nega di aver mai corrotto gli infermieri - che anzi, spesso «millantavano» segnalazioni di familiari che in realtà avevano deciso autonomamente di rivolgersi alla sua ditta - e non vede nulla di scandaloso nel contattare i parenti dei deceduti. Non si fa danno alle famiglie, ha spiegato al giudice, semmai si va loro incontro, rendendo più efficiente il servizio. D'Antoni ha anche parlato degli attentati che da qualche mese colpiscono le società del settore: in particolare la sua concorrente diretta, la San Siro. Lui assicura di non saperne nulla, ma non crede che abbiano a che fare con la competizione tra le aziende.Il pm Colacicco ha chiesto anche del passaggio di mano della società nei suoi confronti da parte di Mario Sciannameo, lo storico amministratore dell'azienda, l'altro big delle onoranze funebri a Milano insieme col suo antagonista Alcide Cerato, che sarà interrogato domani. Sciannameo non è indagato nell'inchiesta. Una denuncia, inoltrata a luglio in Procura e firmata da un concorrente (che nega però la paternità della firma), insinua che Sciannameo e D'Antoni siano in realtà la stessa cosa e insieme controllino una buona fetta del mercato godendo di influenti appoggi nel Comune di Milano. Solo illazioni, forse. Di sicuro D'Antoni ha lavorato a lungo alle dipendenze di Sciannameo, amministratore della Varesina srl. Nella denuncia presentata a luglio - contro la quale Sciannameo ha presentato una controquerela - si parla anche della Kronos, società di cui D'Antoni risulta liquidatore. «La Kronos veste le salme e le famiglie sono convinte di avere a che fare con infermieri. Ma sono gli stessi che vendono i funerali».Nei prossimi giorni si andrà avanti con gli interrogatori degli arrestati, tra i quali 23 infermieri. Gli ospedali stanno cercando di sostituirli. Al Niguarda l'équipe di operatori tecnici che si occupava delle salme è stata completamente azzerata.«Al posto loro ci sono altri dipendenti - spiega il direttore sanitario, Carlo Nicora - Abbiamo riorganizzato il servizio». Cinque infermieri sono stati sospesi dalla Cgil, il sindacato al quale erano iscritti.Una badante al lavoro
QUARANTUNO La polizia ha portato in carcere cinque persone, trentasei sono state messe agli arresti domiciliari
CORRUZIONE Imprese funebri e infermieri avevano organizzato un vero e proprio "mercato delle salme"
FAMILIARI L'inchiesta partita da due esposti: di una ditta esclusa e del Comitato familiari deceduti in ospedale
L'inchiesta
Arrestati
Accuse
Denunce
Tangenti
DifesaINFERMIERI I sanitari delle camere mortuarie incassavano dai 50 ai 500 euro per segnalare la morte di un ammalato UN SERVIZIO Il primo degli interrogati ieri ha risposto che non c'era un sistema di segnalazioni organizzato
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"Laurea per infermieri Il summit era già deciso"
La Stampa del 18/10/2008 ed. VERCELLI p. 55
Dell'avvio a Vercelli di un corso di laurea in scienze infermieristiche si parlerà lunedì nella sede della Fondazione Cassa di risparmio: protagonisti della riunione il presidente della Provincia Renzo Masoero, il sindaco di Vercelli Andrea Corsaro, il direttore dell'Asl 11 Vittorio Brignolio, con i responsabili dell'Università e della stessa Fondazione. E' il presidente Masoero a puntualizzare l'evento, rispondendo alla polemica innescata dall'on. Luigi Bobba, segretario del Pd di Vercelli. «Era stato lo stesso direttore Brignolio - dice - a chiedere questo incontro, e la data è fissata da almeno una settimana: considero con favore la possibilità di consentire a un gruppo di giovani di conseguire una qualificazione professionale di eccellenza in un settore delicato come quello delle scienze infermieristiche». Il presidente non rinuncia a una stoccata. «Mi sembra curioso - conclude - che l'on. Bobba scenda in campo per sollecitare una cosa che è già stata decisa da tempo».
Dell'avvio a Vercelli di un corso di laurea in scienze infermieristiche si parlerà lunedì nella sede della Fondazione Cassa di risparmio: protagonisti della riunione il presidente della Provincia Renzo Masoero, il sindaco di Vercelli Andrea Corsaro, il direttore dell'Asl 11 Vittorio Brignolio, con i responsabili dell'Università e della stessa Fondazione. E' il presidente Masoero a puntualizzare l'evento, rispondendo alla polemica innescata dall'on. Luigi Bobba, segretario del Pd di Vercelli. «Era stato lo stesso direttore Brignolio - dice - a chiedere questo incontro, e la data è fissata da almeno una settimana: considero con favore la possibilità di consentire a un gruppo di giovani di conseguire una qualificazione professionale di eccellenza in un settore delicato come quello delle scienze infermieristiche». Il presidente non rinuncia a una stoccata. «Mi sembra curioso - conclude - che l'on. Bobba scenda in campo per sollecitare una cosa che è già stata decisa da tempo».
Ortopedia, malati in trasferta per il week end
Il Messaggero del 19/10/2008 ed. UMBRIA p. 48
Ogni sabato e domenica i ricoverati a chirurgia della mano vengono spostatidi NICOLETTA GIGLI
Ogni sabato e domenica i ricoverati a chirurgia della mano vengono spostatidi NICOLETTA GIGLI
Sabato mattina, ore dieci. Davanti al reparto di ortopedia dell'ospedale di Terni c'è un traffico che solo all'apparenza può essere definito insolito. Perché, come accade da un paio d'anni, il sabato è il giorno del "trasloco" dei degenti del reparto di chirurgia della mano. Entro le quattordici lasciano le camerette per essere trasferiti in altri reparti dove trascorreranno il fine settimana. Entro le sette del lunedì mattina saranno riportati nelle stanze di degenza della chirurgia della mano. «E' incredibile che gente operata al femore o in attesa di interventi delicati vada spostata da un piano all'altro ogni week end», protesta Graziana Diomei, ricoverata per i postumi di un incidente stradale. Insieme ad altre pazienti sta lasciando la sua cameretta. Questo fine settimana lo trascorrerà nel reparto di ginecologia, al terzo piano. «Mi hanno detto che non devo camminare e che però il deambulatore non può essere trasferito in un altro reparto» aggiunge la signora Diomei. E protesta perché definisce «inconcepibile che venga chiuso un reparto solo per risparmiare cinque turni agli infermieri». Accanto a lei c'è un'anziana donna in attesa di essere operata al femore. Non ha voglia di esporsi in prima persona ma con una smorfia eloquente fa capire che questo trasloco non le va giù.Sono le tredici e quasi tutti i degenti hanno lasciato il reparto di chirurgia della mano. Due uomini passeranno il fine settimana nel reparto di ortopedia, che sta di fronte. Sei donne invece sono state sistemate in una camera del reparto di ginecologia. Un'ala dell'ortopedia che da un paio d'anni chiude per due giorni a settimana significa solo razionalizzazione di personale infermieristico e di risorse. Null'altro. Tanto più che ai vertici dell'azienda ospedaliera di Terni non è mai arrivata una lamentela. Il direttore generale Gianni Giovannini quasi si stupisce. Spiega che «ci sono reparti di chirurgia a degenza breve, come quello di chirurgia della mano, che nel fine settimana sono quasi vuoti. In questi reparti le dimissioni vengono fatte tra il venerdì e il sabato e di degenti ne restano pochissimi. Per questo abbiamo cercato di organizzarci per ottimizzare la presenza degli infermieri dove serve. Tenere in corsia pochi malati -dice Gianni Giovannini- è solo uno spreco».Il direttore generale non nasconde che «ci si è resi conto che qualche disagio, ai pazienti ortopedici, il trasloco temporaneo lo crea». Da un mese si stanno studiando soluzioni alternative. Una potrebbe riguardare la chiusura nel fine settimana del dipartimento testa-collo. Trasferire questi pazienti sarebbe sicuramente meno complicato. Anche se pare che ancora non siano state superate alcune difficoltà organizzative.
Poco più di un infermiere per ciascun posto letto
Il Messaggero del 19/10/2008 ed. UMBRIA p. 48
Cinquecento posti letto e poco più di seicento infermieri. L'azienda ospedaliera di Terni è costretta a fare i conti con una carenza di personale infermieristico che è quasi storica. Ma negli ultimi tempi la situazione è decisamente peggiorata. E il personale è costretto a fare i salti mortali per garantire un'assistenza adeguata nei vari reparti. «Otto infermieri sono andati via -dice il direttore generale, Gianni Giovannini- e ora lavorano all'Asl 4. Per ragioni burocratiche ci vorrà molto tempo prima di poterli sostituire. C'è poi il fatto che molti degli infermieri in servizio all'ospedale hanno problemi di salute -aggiunge il direttore generale- e di conseguenza lavorano con molte limitazioni funzionali». Gli infermieri sono pochi e l'azienda ospedaliera non può fare altro che ottimizzare. «Anche se l'ideale -conclude Giovannini- sarebbe averne di più».N.Gig.
Cinquecento posti letto e poco più di seicento infermieri. L'azienda ospedaliera di Terni è costretta a fare i conti con una carenza di personale infermieristico che è quasi storica. Ma negli ultimi tempi la situazione è decisamente peggiorata. E il personale è costretto a fare i salti mortali per garantire un'assistenza adeguata nei vari reparti. «Otto infermieri sono andati via -dice il direttore generale, Gianni Giovannini- e ora lavorano all'Asl 4. Per ragioni burocratiche ci vorrà molto tempo prima di poterli sostituire. C'è poi il fatto che molti degli infermieri in servizio all'ospedale hanno problemi di salute -aggiunge il direttore generale- e di conseguenza lavorano con molte limitazioni funzionali». Gli infermieri sono pochi e l'azienda ospedaliera non può fare altro che ottimizzare. «Anche se l'ideale -conclude Giovannini- sarebbe averne di più».N.Gig.
«Qui serve l'università per infermieri»
Il Gazzettino del 18/10/2008 ed. VICENZA p. IX
Il presidente regionale degli istituti per anziani suggerisce a Bassano di chiedere l'apertura di una sede Il Comune spende ogni anno 300mila euro per le quote sanitarie di decine di assistitiBassano
Manca il personale infermieristico, ma arriveranno dal Perù assistenti qualificati. Suggerisco ai politici locali di avviare l'iter per l'apertura di una sede universitaria per infermieri, proprio qui a Bassano, l'ha già fatto pure Pieve di Soligo ha detto alla Commissione servizi sociali Roberto Volpe, presidente regionale degli istituti pubblici e privati di assistenza per anziani, Uripa. Abbiamo 264 percorsi scolastici dopo la terza media, ma nessuno ha ancora pensato ad un liceo socio infermieristico, che sarebbe alquanto necessario. Tra i giovani manca la cultura e la sensibilità per gli anziani. Il problema degli anziani è di carattere generale: una tematica che in ambito politico regionale trova sempre ampio consenso, a prescindere dallo schieramento partito, aveva esordito Volpe.
Ad aprire la discussione alla commissione l'assessore Federica Finco, che ha illustrato alcuni dati riguardanti la gestione degli anziani non autosufficienti e le quote sanitarie mancanti, principali punti all'ordine del giorno. Il comune spende 300 mila euro ogni anno per le quote di 50 assistiti ha dichiarato la Finco - Due le tipologie di servizi offerti dal comune ai soggetti che vivono soli: l' assistenza domiciliare e quella integrata con l'operatore socio sanitario, in convenzione con la cooperativa Bassano Solidale.
Volpe nel suo intervento tecnico ha notato: I centri di servizi, ex case di riposo, che hanno personale specializzato dovrebbero diventare i veri soggetti protagonisti nella gestione della completa presa in carico' dell'anziano, a partire dal sostegno domiciliare fino all'ingresso in residenza. A questa soluzione, nemmeno l'assessore Federica Finco, come lei stessa ha ammesso, aveva mai pensato. Vantaggio anzitutto per l'utente, ma anche per migliorare la professione dei dipendenti, gratificati dall'opportunità di crescita con la rotazione degli incarichi. Circa il 5\% della popolazione con età superiore a 65 anni, non può essere assistita a domicilio, quota destinata ad aumentare col progressivo aumento dell'età media. In crescita quindi la richiesta di impegnative' erogate dalla Regione ha proseguito Volpe Dopo municipi e uffici postali, i nostri centri di servizi sono i più presenti nel territorio, anche rispetto alle caserme dei carabinieri, e sono aperte 24 ore su 24.Il nostro sempre a detta di Volpe è un territorio ricco di strutture e patrimonio da salvaguardare, con una diretta correlazione tra offerta residenziale e virtuosismo' dell'Asl. La permanenza media in ospedale di un anziano è di 4 giorni, ma aumenta, ad esempio, nelle regioni dove non ci sono case di riposo a sufficienza. Altro intervento significativo quello del senatore Pietro Fabris: Se avessimo una maggiore copertura delle quote sanitarie dalla Regione, anche per le 20 persone attualmente escluse, ci sarebbe una più agevole gestione economica della struttura Isacc.A Bassano 348 le reali impegnative di residenzialità a carico dell'Asl (quote sanitarie di trasferimento regionale, spendibili nella retta di un centro autorizzato), 925 quelle dell'intero comprensorio. A Bassano su 403 ospiti, solo 30 sono autosufficienti.
Chiara Celin, direttrice dello Sterni, ha detto che su 73 ospiti, 50 non sono autosufficienti di cui 32 percepiscono la quota dalla Regione; suor Lucia Frighetto del pensionato Gerosa (90 posti letto), ha citato la convenzione con l'Asl per otto posti letto. Altre cifre d'interesse: nei 28 comuni di competenza dell'Asl 3, in 254 nella lista di attesa per entrare in casa di riposo (a Treviso 750, a Belluno sette); 12 i pasti portati a domicilio dal comune ogni domenica ad anziani soli, nei giorni feriali la cifra sale a 38; ad inizio anno circa 100 i fruitori dell'assistenza comunale a domicilio (dalla pulizia personale alle commissioni quotidiane). Durante l'incontro la consigliera comunale Facchinello ha chiesto al presidente Fabris la tipologia del personale delle cooperative. Con un recente accordo fatto coi sindacati ha risposto il senatore - abbiamo deciso di avvalerci della manodopera da cooperativa per i lavori più semplici o per sostituire improvvise e momentanee assenze dei dipendenti
Lucia Fincato
Il presidente regionale degli istituti per anziani suggerisce a Bassano di chiedere l'apertura di una sede Il Comune spende ogni anno 300mila euro per le quote sanitarie di decine di assistitiBassano
Manca il personale infermieristico, ma arriveranno dal Perù assistenti qualificati. Suggerisco ai politici locali di avviare l'iter per l'apertura di una sede universitaria per infermieri, proprio qui a Bassano, l'ha già fatto pure Pieve di Soligo ha detto alla Commissione servizi sociali Roberto Volpe, presidente regionale degli istituti pubblici e privati di assistenza per anziani, Uripa. Abbiamo 264 percorsi scolastici dopo la terza media, ma nessuno ha ancora pensato ad un liceo socio infermieristico, che sarebbe alquanto necessario. Tra i giovani manca la cultura e la sensibilità per gli anziani. Il problema degli anziani è di carattere generale: una tematica che in ambito politico regionale trova sempre ampio consenso, a prescindere dallo schieramento partito, aveva esordito Volpe.
Ad aprire la discussione alla commissione l'assessore Federica Finco, che ha illustrato alcuni dati riguardanti la gestione degli anziani non autosufficienti e le quote sanitarie mancanti, principali punti all'ordine del giorno. Il comune spende 300 mila euro ogni anno per le quote di 50 assistiti ha dichiarato la Finco - Due le tipologie di servizi offerti dal comune ai soggetti che vivono soli: l' assistenza domiciliare e quella integrata con l'operatore socio sanitario, in convenzione con la cooperativa Bassano Solidale.
Volpe nel suo intervento tecnico ha notato: I centri di servizi, ex case di riposo, che hanno personale specializzato dovrebbero diventare i veri soggetti protagonisti nella gestione della completa presa in carico' dell'anziano, a partire dal sostegno domiciliare fino all'ingresso in residenza. A questa soluzione, nemmeno l'assessore Federica Finco, come lei stessa ha ammesso, aveva mai pensato. Vantaggio anzitutto per l'utente, ma anche per migliorare la professione dei dipendenti, gratificati dall'opportunità di crescita con la rotazione degli incarichi. Circa il 5\% della popolazione con età superiore a 65 anni, non può essere assistita a domicilio, quota destinata ad aumentare col progressivo aumento dell'età media. In crescita quindi la richiesta di impegnative' erogate dalla Regione ha proseguito Volpe Dopo municipi e uffici postali, i nostri centri di servizi sono i più presenti nel territorio, anche rispetto alle caserme dei carabinieri, e sono aperte 24 ore su 24.Il nostro sempre a detta di Volpe è un territorio ricco di strutture e patrimonio da salvaguardare, con una diretta correlazione tra offerta residenziale e virtuosismo' dell'Asl. La permanenza media in ospedale di un anziano è di 4 giorni, ma aumenta, ad esempio, nelle regioni dove non ci sono case di riposo a sufficienza. Altro intervento significativo quello del senatore Pietro Fabris: Se avessimo una maggiore copertura delle quote sanitarie dalla Regione, anche per le 20 persone attualmente escluse, ci sarebbe una più agevole gestione economica della struttura Isacc.A Bassano 348 le reali impegnative di residenzialità a carico dell'Asl (quote sanitarie di trasferimento regionale, spendibili nella retta di un centro autorizzato), 925 quelle dell'intero comprensorio. A Bassano su 403 ospiti, solo 30 sono autosufficienti.
Chiara Celin, direttrice dello Sterni, ha detto che su 73 ospiti, 50 non sono autosufficienti di cui 32 percepiscono la quota dalla Regione; suor Lucia Frighetto del pensionato Gerosa (90 posti letto), ha citato la convenzione con l'Asl per otto posti letto. Altre cifre d'interesse: nei 28 comuni di competenza dell'Asl 3, in 254 nella lista di attesa per entrare in casa di riposo (a Treviso 750, a Belluno sette); 12 i pasti portati a domicilio dal comune ogni domenica ad anziani soli, nei giorni feriali la cifra sale a 38; ad inizio anno circa 100 i fruitori dell'assistenza comunale a domicilio (dalla pulizia personale alle commissioni quotidiane). Durante l'incontro la consigliera comunale Facchinello ha chiesto al presidente Fabris la tipologia del personale delle cooperative. Con un recente accordo fatto coi sindacati ha risposto il senatore - abbiamo deciso di avvalerci della manodopera da cooperativa per i lavori più semplici o per sostituire improvvise e momentanee assenze dei dipendenti
Lucia Fincato
«Facciamo un referendum sull'area del nuovo ospedale»
La Nazione del 19/10/2008 ed. Lucca p. 7
LE CARENZE del personale infermieristico restano al centro del dibattito politico amministrativo. Il coordinatore provinciale dell'Udc, Gaetano Ceccarelli, sollecita risposte urgenti da parte dell'Azienda sanitaria. «All'ospedale di Lucca e più in generale nei servizi sanitari della Piana - dice Ceccarelli - si manifestano carenze di personale infermieristico alle quali bisogna porre urgentemente rimedio, se vogliamo garantire adeguati livelli di assistenza. Uno stato di cose purtroppo noto da tempo che causa fra l'altro, il protrarsi oltre limiti accettabili delle liste di attesa, con i cittadini che si vedono costretti ad attendere tempi lunghi per fruire di alcune importanti prestazioni sanitarie nei presidi di Lucca e della Piana. Un aspetto denunciato a più riprese anche dalle organizzazioni sindacali di categoria e dai cittadini utenti, purtroppo finora con scarso successo. Tale criticità, emerge anche da atti della Conferenza dei sindaci». «QUESTI DATI - prosegue Ceccarelli - mettono in luce una situazione alquanto disomogenea fra le diverse zone del territorio, con un rapporto di infermieri per 1.000 abitanti pari a 4,95 a livello aziendale, molto differenziato però fra le diverse aree cioè quella di Lucca e della Piana e quella della Valle del Serchio, nelle quali il rapporto fra personale infermieristico e abitanti, è rispettivamente a 4,62 per 1.000 e a 6,13 per 1.000 abitanti. Non voglio dire che nella Valle del Serchio vi siano esuberi di personale infermieristico perché anche lì vi sono carenze, almeno stando alle recenti dichiarazioni di alcuni sindaci del luogo delle quali non ho motivo di dubitare, ma tutto ciò sta a indicare un evidente squilibrio negli organici che deve essere bilanciato, se vogliamo migliorare davvero la sanità pubblica lucchese. Se i Comuni della Valle del Serchio hanno giustamente di che lamentarsi riguardo al personale adibito all'assistenza sanitaria, i sindaci di Lucca e della Piana avrebbero buoni motivi per fare le barricate».
LE CARENZE del personale infermieristico restano al centro del dibattito politico amministrativo. Il coordinatore provinciale dell'Udc, Gaetano Ceccarelli, sollecita risposte urgenti da parte dell'Azienda sanitaria. «All'ospedale di Lucca e più in generale nei servizi sanitari della Piana - dice Ceccarelli - si manifestano carenze di personale infermieristico alle quali bisogna porre urgentemente rimedio, se vogliamo garantire adeguati livelli di assistenza. Uno stato di cose purtroppo noto da tempo che causa fra l'altro, il protrarsi oltre limiti accettabili delle liste di attesa, con i cittadini che si vedono costretti ad attendere tempi lunghi per fruire di alcune importanti prestazioni sanitarie nei presidi di Lucca e della Piana. Un aspetto denunciato a più riprese anche dalle organizzazioni sindacali di categoria e dai cittadini utenti, purtroppo finora con scarso successo. Tale criticità, emerge anche da atti della Conferenza dei sindaci». «QUESTI DATI - prosegue Ceccarelli - mettono in luce una situazione alquanto disomogenea fra le diverse zone del territorio, con un rapporto di infermieri per 1.000 abitanti pari a 4,95 a livello aziendale, molto differenziato però fra le diverse aree cioè quella di Lucca e della Piana e quella della Valle del Serchio, nelle quali il rapporto fra personale infermieristico e abitanti, è rispettivamente a 4,62 per 1.000 e a 6,13 per 1.000 abitanti. Non voglio dire che nella Valle del Serchio vi siano esuberi di personale infermieristico perché anche lì vi sono carenze, almeno stando alle recenti dichiarazioni di alcuni sindaci del luogo delle quali non ho motivo di dubitare, ma tutto ciò sta a indicare un evidente squilibrio negli organici che deve essere bilanciato, se vogliamo migliorare davvero la sanità pubblica lucchese. Se i Comuni della Valle del Serchio hanno giustamente di che lamentarsi riguardo al personale adibito all'assistenza sanitaria, i sindaci di Lucca e della Piana avrebbero buoni motivi per fare le barricate».
Due infermiere del Pugliese denunciano un'aggressione
Gazzetta del Sud del 19/10/2008 ed. CATANZARO p. 37
Due infermiere in servizio al Pronto soccorso del Pugliese hanno denunciato di essere state aggredite. Il fatto, secondo quanto riferito dalle due donne ai carabinieri, è accaduto venerdì intorno alle 18,20, quando il fratello di un paziente ricoverato alcuni minuti prima, dopo aver chiesto informazioni, avrebbe picchiato le due infermiere, procurando loro lesioni giudicate guaribili in 5 giorni in un caso e 15 giorni nell'altro. Immediato l'allarme prima al posto fisso di polizia e poi ai Cc, che però non hanno trovato l'aggressore che nel frattempo si era defilato. La sua identificazione è stata comunque possibile grazie alla presenza del fratello, ricoverato al pronto soccorso. Indagano i Cc che hanno raccolto alcune testimonianze. Sarebbe stato infatti un infermiere a sotrarre le due vittime all'aggressione.(agi)
Due infermiere in servizio al Pronto soccorso del Pugliese hanno denunciato di essere state aggredite. Il fatto, secondo quanto riferito dalle due donne ai carabinieri, è accaduto venerdì intorno alle 18,20, quando il fratello di un paziente ricoverato alcuni minuti prima, dopo aver chiesto informazioni, avrebbe picchiato le due infermiere, procurando loro lesioni giudicate guaribili in 5 giorni in un caso e 15 giorni nell'altro. Immediato l'allarme prima al posto fisso di polizia e poi ai Cc, che però non hanno trovato l'aggressore che nel frattempo si era defilato. La sua identificazione è stata comunque possibile grazie alla presenza del fratello, ricoverato al pronto soccorso. Indagano i Cc che hanno raccolto alcune testimonianze. Sarebbe stato infatti un infermiere a sotrarre le due vittime all'aggressione.(agi)
Sindacati preoccupati: «Mancano 70 infermieri»
Il Piccolo di Trieste del 20/10/2008 ed. Gorizia p. 3
CASO-PERSONALE - Ma stando alle statistiche dell'Azienda sanitaria il decremento è di 26 unità nei due ospedali - SANITA' - Il Nursind: «Sono state effettuate nuove assunzioni ma in molti se ne sono anche andati. Inoltre, è difficile reperire sul mercato tali figure»di FRANCESCO FAIN«Mancano una settantina di infermieri». «Non è vero, il decremento di personale dipendente nell'ultimo anno è stato di 26 unità. E riguarda tutte le figure».È battaglia sui numeri fra sindacati e Azienda sanitaria isontina. Un botta e risposta (virtuale) che si rinfocola nel giorno in cui le forze sociali avrebbero dovuto effettuare un sopralluogo al San Giovanni di Dio. Perché il confronto è «virtuale»? Perché la risposta dell'Ass la si evince consultando il bilancio di esercizio 2007 mentre la posizione dei sindacati è arcinota. Sottolinea il segretario provinciale del Nursind, Luca Petruz: «È vero, l'Azienda sanitaria ha assunto nuovo personale ma è altrettanto incontestabile che molte persone se ne sono andate. In più, dobbiamo mettere in conto che c'è difficoltà a reperire il personale infermieristico. Credo che questa mancanza di una settantina di unità rimarrà perdurante». In altre parole: la situazione del mercato del lavoro nel campo infermieristico riscontra evidenti difficoltà sul fronte dell'assunzione di nuovo personale. Difficoltà dovute anche alla mancanza di profili professionaliSecondo l'Azienda sanitaria isontina - a livello generale - il decremento è stato, dunque, di 26 unità riguardo al personale dipendente. Nel dettaglio sono intervenute le seguenti variazioni: aumento di sette dirigenti medici (ruolo sanitario); diminuzione di cinque unità nell'area del comparto (ruolo sanitario); aumento di un dirigente (ruolo professionale); diminuzione di 14 unità nell'area del comparto (ruolo tecnico); diminuzione di un dirigente (ruolo amministrativo); diminuzione di 14 unità nell'area del comparto (ruolo amministrativo).«Durante il 2007 - si legge nella relazione del direttore generale sulla gestione dell'Azienda - è stata effettuata la parziale sostituzione del turnover, in particolare per assicurare la necessaria tempestività di intervento nelle unità operative che presentavano maggiori criticità, soprattutto per l'attività assistenziale che è garantita dal personale infermieristico e di supporto. Per far fronte a situazioni particolarmente urgenti sono stati conferiti incarichi a tempo determinato per quelle strutture dove non era possibile far fronte con il personale già dipendente poiché, pur ricorrendo all'istituto della mobilità interna (sostituzioni assenze di lungo periodo, esigenze delle unità operative di medicina e assistenza nelle case di riposo, incarichi nelle more delle procedure concorsuali) risultavano comunque carenti».
CASO-PERSONALE - Ma stando alle statistiche dell'Azienda sanitaria il decremento è di 26 unità nei due ospedali - SANITA' - Il Nursind: «Sono state effettuate nuove assunzioni ma in molti se ne sono anche andati. Inoltre, è difficile reperire sul mercato tali figure»di FRANCESCO FAIN«Mancano una settantina di infermieri». «Non è vero, il decremento di personale dipendente nell'ultimo anno è stato di 26 unità. E riguarda tutte le figure».È battaglia sui numeri fra sindacati e Azienda sanitaria isontina. Un botta e risposta (virtuale) che si rinfocola nel giorno in cui le forze sociali avrebbero dovuto effettuare un sopralluogo al San Giovanni di Dio. Perché il confronto è «virtuale»? Perché la risposta dell'Ass la si evince consultando il bilancio di esercizio 2007 mentre la posizione dei sindacati è arcinota. Sottolinea il segretario provinciale del Nursind, Luca Petruz: «È vero, l'Azienda sanitaria ha assunto nuovo personale ma è altrettanto incontestabile che molte persone se ne sono andate. In più, dobbiamo mettere in conto che c'è difficoltà a reperire il personale infermieristico. Credo che questa mancanza di una settantina di unità rimarrà perdurante». In altre parole: la situazione del mercato del lavoro nel campo infermieristico riscontra evidenti difficoltà sul fronte dell'assunzione di nuovo personale. Difficoltà dovute anche alla mancanza di profili professionaliSecondo l'Azienda sanitaria isontina - a livello generale - il decremento è stato, dunque, di 26 unità riguardo al personale dipendente. Nel dettaglio sono intervenute le seguenti variazioni: aumento di sette dirigenti medici (ruolo sanitario); diminuzione di cinque unità nell'area del comparto (ruolo sanitario); aumento di un dirigente (ruolo professionale); diminuzione di 14 unità nell'area del comparto (ruolo tecnico); diminuzione di un dirigente (ruolo amministrativo); diminuzione di 14 unità nell'area del comparto (ruolo amministrativo).«Durante il 2007 - si legge nella relazione del direttore generale sulla gestione dell'Azienda - è stata effettuata la parziale sostituzione del turnover, in particolare per assicurare la necessaria tempestività di intervento nelle unità operative che presentavano maggiori criticità, soprattutto per l'attività assistenziale che è garantita dal personale infermieristico e di supporto. Per far fronte a situazioni particolarmente urgenti sono stati conferiti incarichi a tempo determinato per quelle strutture dove non era possibile far fronte con il personale già dipendente poiché, pur ricorrendo all'istituto della mobilità interna (sostituzioni assenze di lungo periodo, esigenze delle unità operative di medicina e assistenza nelle case di riposo, incarichi nelle more delle procedure concorsuali) risultavano comunque carenti».
Milano/Smantellato il racket dei funerali:
41 persone in manette
ItaliaSera del 17/10/2008
La polizia ha scoperto un vasto giro di corruzione legato al "business" dei funerali a Milano. In manette 41 persone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreti d'ufficio. Perloppiù sono infermieri di 8 ospedali o case di cura della città che, per l'accusa, segnalavano alle imprese di pompe funebri i decessi ricevendo 200 euro a segnalazione. Un giro di tangenti di 10-15mila euro al giorno. L'operazione, chiamata "Caronte", è stata coordinata dai sostituti procuratori del capoluogo lombardo Fabio Napoleone e Grazia Colacicco. Cinque persone sono finite in carcere mentre le altre sono agli arresti domiciliari. Tra loro ci sono molti infermieri e titolari o dipendenti di imprese funerarie.Oltre 200 euro per la segnalazione di un decesso. Dalle indagini, condotte dalla Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Milano, è emerso un vero e proprio tariffario per la retribuzione degli infermieri delle camere mortuarie che fornivano le informazioni alle imprese, permettendo loro di battere la concorrenza. Ogni segnalazione per un decesso.Due esposti. L'indagine è nata da un vecchio esposto del 2003 di un titolare di un'impresa di pompe funebri e da una denuncia del maggio 2007 di un comitato di familiari di deceduti in ospedale. Il primo si lamentava con il Comune di Milano perchè i titolari di imprese concorrenti con l'aiuto di alcuni infermieri dell'ospedale Niguarda ottenevano dai familiari l'incarico per i servizi funebri. Il fenomeno era diventato così esteso che l'amministrazione aveva deciso di impiegare una guardia giurata per evitare l'adescamento .
La polizia ha scoperto un vasto giro di corruzione legato al "business" dei funerali a Milano. In manette 41 persone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreti d'ufficio. Perloppiù sono infermieri di 8 ospedali o case di cura della città che, per l'accusa, segnalavano alle imprese di pompe funebri i decessi ricevendo 200 euro a segnalazione. Un giro di tangenti di 10-15mila euro al giorno. L'operazione, chiamata "Caronte", è stata coordinata dai sostituti procuratori del capoluogo lombardo Fabio Napoleone e Grazia Colacicco. Cinque persone sono finite in carcere mentre le altre sono agli arresti domiciliari. Tra loro ci sono molti infermieri e titolari o dipendenti di imprese funerarie.Oltre 200 euro per la segnalazione di un decesso. Dalle indagini, condotte dalla Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Milano, è emerso un vero e proprio tariffario per la retribuzione degli infermieri delle camere mortuarie che fornivano le informazioni alle imprese, permettendo loro di battere la concorrenza. Ogni segnalazione per un decesso.Due esposti. L'indagine è nata da un vecchio esposto del 2003 di un titolare di un'impresa di pompe funebri e da una denuncia del maggio 2007 di un comitato di familiari di deceduti in ospedale. Il primo si lamentava con il Comune di Milano perchè i titolari di imprese concorrenti con l'aiuto di alcuni infermieri dell'ospedale Niguarda ottenevano dai familiari l'incarico per i servizi funebri. Il fenomeno era diventato così esteso che l'amministrazione aveva deciso di impiegare una guardia giurata per evitare l'adescamento .
Tempi d'attesa lunghissimi
L'Arena di Verona del 18/10/2008 p. 24
Sabato 11 ottobre ore 16.15: io e mio marito entriamo al Pronto Soccorso dell'ospedale di Borgo Trento dopo un tamponamento stradale avvenuto in via Mameli. Allo sportello dell'accettazione, spiegati i sintomi, l'infermiera ci dice che nausea, vomito, inizio di svenimento, cefalea, dolore alla nuca e alle cervicali sono naturali: è un colpo di frusta. E ci assegna il codice bianco. È quello attribuito ai casi di più modesta entità rispetto alla gravità e all'urgenza, in una scala di 4 codici. Comincia l'attesa. La sala del Pronto Soccorso è stipata di persone e così resterà fino al momento della nostra uscita: incidenti stradali, anziani caduti con trauma cranico, frattura del femore ecc., ragazzi con traumi vari da partita di calcio, chi con coliche renali e poi tanti altri problemi di modesta entità; gente da inviare nei vari reparti, gente da curare in pronto soccorso, accertamenti e radiografie varie da fare. Tutto questo- scopriremo più tardi- con un solo medico in servizio, che fa la spola come un matto da un paziente all'altro (4 sale mediche, a quanto ho potuto capire), fra visite, diagnosi, compilazione di documenti per accertamenti vari o invio ai reparti. Quando è il mio turno, più di 2 ore dopo, entrata in una delle salette mediche, attendo per 45 minuti che il medico arrivi e mi rendo ancora più conto della gravità della situazione per numero di persone e gravità dei casi. E infermieri che vanno e vengono senza un attimo di respiro, eppure ancora pazienti e disponibili, anche scherzosi. Quando arriva il medico mi dedica non più di un minuto e mezzo: "Cosa si sente?... Raggi!". Ulteriore attesa per le radiografie. Poi 2 ore di attesa per il referto. La stessa sorte tocca ovviamente a mio marito. Usciamo dal pronto soccorso con il collare alle 21.30, contusi, storditi, sfiniti, con il bisogno di metterci a letto, ma grati a quell'ultimo giovane infermiere per il sorriso e le parole gentili con cui ha accompagnato le spiegazioni finali. Chiedo: Ma santo cielo, possibile che un Pronto Soccorso di questa portata, di sabato ( o di domenica) funzioni sulle spalle di un solo medico? Non è necessario e doveroso potenziare il servizio, dato il numero di casi e la complessità e gravità delle situazioni che si presentano in qualsiasi Pronto Soccorso di queste dimensioni? Possibile che non si possa migliorare l'organizzazione, magari creando un'altra via di "smaltimento" dei casi di lieve entità? Si alleggerirebbe notevolmente il servizio a beneficio dei casi più gravi, liberando le sale da molte persone. Faccio presente che nel nostro caso tutto era già chiaro fin dal momento dell'accettazione, come da risposta dell'infermiera e dal seguito della vicenda. Perché i "codici bianchi" non vengono presi in carico da altro servizio o altro personale, da un infermiere professionale, un reparto, vista la semplicità dei casi e degli interventi da fare(radiografie prudenziali, qualche punto di sutura, la pressione da provare agli anziani, ecc.)? I "codici bianchi" dalla tabella esposta risultano essere quei casi che non presentano alcun carattere di urgenza e potrebbero anche essere trattati dal medico di base. Non è vero! Chi ha subìto un incidente stradale, tantopiù di sabato o di domenica, è costretto a rivolgersi al Pronto Soccorso per sottoporsi a immediati accertamenti, anche ai fini assicurativi. Voglio aggiungere che, giustamente, i "codici bianchi" si trovano sempre in coda col sopraggiungere delle urgenze, non solo, ma anche rispetto ai "codici verdi" di modesta entità, ipoteticamente valutati; sicché quando un "codice bianco" controlla quante persone lo precedono, col passare delle ore la lista davanti a lui si allunga invece che accorciarsi. Possibile non ci sia una soluzione all'attesa di 2 ore per un referto delle radiografie? Una diversa scansione dei tempi? Dopo 2 ore, per altre 2 ore e mezza, in un'unica tornata sono uscite almeno una decina di radiografie refertate, con relative istruzioni sul da farsi ai pazienti in attesa. Mi sembrano osservazioni logiche e sensate: non posso credere che questa sia la miglior organizzazione possibile per un servizio di Pronto Soccorso, un servizio così vitale e nevralgico, e un Pronto Soccorso della portata di quello di Borgo Trento! Luisa Gazza VERONA
Sabato 11 ottobre ore 16.15: io e mio marito entriamo al Pronto Soccorso dell'ospedale di Borgo Trento dopo un tamponamento stradale avvenuto in via Mameli. Allo sportello dell'accettazione, spiegati i sintomi, l'infermiera ci dice che nausea, vomito, inizio di svenimento, cefalea, dolore alla nuca e alle cervicali sono naturali: è un colpo di frusta. E ci assegna il codice bianco. È quello attribuito ai casi di più modesta entità rispetto alla gravità e all'urgenza, in una scala di 4 codici. Comincia l'attesa. La sala del Pronto Soccorso è stipata di persone e così resterà fino al momento della nostra uscita: incidenti stradali, anziani caduti con trauma cranico, frattura del femore ecc., ragazzi con traumi vari da partita di calcio, chi con coliche renali e poi tanti altri problemi di modesta entità; gente da inviare nei vari reparti, gente da curare in pronto soccorso, accertamenti e radiografie varie da fare. Tutto questo- scopriremo più tardi- con un solo medico in servizio, che fa la spola come un matto da un paziente all'altro (4 sale mediche, a quanto ho potuto capire), fra visite, diagnosi, compilazione di documenti per accertamenti vari o invio ai reparti. Quando è il mio turno, più di 2 ore dopo, entrata in una delle salette mediche, attendo per 45 minuti che il medico arrivi e mi rendo ancora più conto della gravità della situazione per numero di persone e gravità dei casi. E infermieri che vanno e vengono senza un attimo di respiro, eppure ancora pazienti e disponibili, anche scherzosi. Quando arriva il medico mi dedica non più di un minuto e mezzo: "Cosa si sente?... Raggi!". Ulteriore attesa per le radiografie. Poi 2 ore di attesa per il referto. La stessa sorte tocca ovviamente a mio marito. Usciamo dal pronto soccorso con il collare alle 21.30, contusi, storditi, sfiniti, con il bisogno di metterci a letto, ma grati a quell'ultimo giovane infermiere per il sorriso e le parole gentili con cui ha accompagnato le spiegazioni finali. Chiedo: Ma santo cielo, possibile che un Pronto Soccorso di questa portata, di sabato ( o di domenica) funzioni sulle spalle di un solo medico? Non è necessario e doveroso potenziare il servizio, dato il numero di casi e la complessità e gravità delle situazioni che si presentano in qualsiasi Pronto Soccorso di queste dimensioni? Possibile che non si possa migliorare l'organizzazione, magari creando un'altra via di "smaltimento" dei casi di lieve entità? Si alleggerirebbe notevolmente il servizio a beneficio dei casi più gravi, liberando le sale da molte persone. Faccio presente che nel nostro caso tutto era già chiaro fin dal momento dell'accettazione, come da risposta dell'infermiera e dal seguito della vicenda. Perché i "codici bianchi" non vengono presi in carico da altro servizio o altro personale, da un infermiere professionale, un reparto, vista la semplicità dei casi e degli interventi da fare(radiografie prudenziali, qualche punto di sutura, la pressione da provare agli anziani, ecc.)? I "codici bianchi" dalla tabella esposta risultano essere quei casi che non presentano alcun carattere di urgenza e potrebbero anche essere trattati dal medico di base. Non è vero! Chi ha subìto un incidente stradale, tantopiù di sabato o di domenica, è costretto a rivolgersi al Pronto Soccorso per sottoporsi a immediati accertamenti, anche ai fini assicurativi. Voglio aggiungere che, giustamente, i "codici bianchi" si trovano sempre in coda col sopraggiungere delle urgenze, non solo, ma anche rispetto ai "codici verdi" di modesta entità, ipoteticamente valutati; sicché quando un "codice bianco" controlla quante persone lo precedono, col passare delle ore la lista davanti a lui si allunga invece che accorciarsi. Possibile non ci sia una soluzione all'attesa di 2 ore per un referto delle radiografie? Una diversa scansione dei tempi? Dopo 2 ore, per altre 2 ore e mezza, in un'unica tornata sono uscite almeno una decina di radiografie refertate, con relative istruzioni sul da farsi ai pazienti in attesa. Mi sembrano osservazioni logiche e sensate: non posso credere che questa sia la miglior organizzazione possibile per un servizio di Pronto Soccorso, un servizio così vitale e nevralgico, e un Pronto Soccorso della portata di quello di Borgo Trento! Luisa Gazza VERONA
«Il personale è ben addestrato»
La Nuova Ferrara del 20/10/2008 ed. Nazionale p. 14
Zanotti (Asl): forse a novembre il medico in ambulanza - Procedura agli sgoccioli per scegliere l'operatore L'anno prossimo parte la scuola di specialità
Zanotti (Asl): forse a novembre il medico in ambulanza - Procedura agli sgoccioli per scegliere l'operatore L'anno prossimo parte la scuola di specialità
PORTOMAGGIORE. Il bimbo che rischia di soffocare, la corsa dell'ambulanza verso l'ospedale, l'infermiere che restituisce il respiro al neonato. Tutto si è risolto per il meglio, venerdì scorso a Portomaggiore, quando un bimbo di pochi giorni ha dovuto subìre un intervento sanitario d'urgenza. In paese si torna a chiedere quando il medico tornerà a far servizio in ambulanza.L'emergenza è stata causata dalla fuoriuscita di cinque medici dal settore dell'emergenza sanitaria, l'Asl ha dovuto mettersi alla ricerca di personale specializzato e il paese e le frazioni sono state private dell'ambulanza medicalizzata. Si andrà avanti così almeno per tutto ottobre, fino a quando entreranno in servizio i sostituti degli operatori che hanno lasciato l'incarico. In caso di "codice rosso" la zona di Portomaggiore viene coperta inviando una ambulanza medicalizzata da Argenta o da Codigoro o l'automedica (con medico e infermiere a bordo) da Ferrara. Si tratta di una soluzione-tampone in attesa di superare la crisi d'organico mentre si progetta di estendere su tutto il territorio provinciale l'uso dell'automedica. «E' in vigore un protocollo operativo - spiega il direttore del servizio di emergenza territoriale e pronto soccorso dell'Asl Carlo Zanotti, che collabora con la responsabile del "118" Adelina Ricciardelli - in caso di codice rosso accertato viene inviata verso Portomaggiore un'ambulanza medicalizzata o un'automedica. Ora ci stiamo concentrando sul reperimento del personale: due medici sono usciti da Argenta, due dal Delta e uno da Cento. Dovranno essere sostituiti, quando entreranno in servizio le nuove unità l'emergenza sarà superata anche a Portomaggiore». Zanotti ricorda che «il problema della carenza di medici specialisti in emergenza sanitaria non esiste solo sul nostro territorio, è generale. Questa settimana termina il bando per i medici in attività libero-professionale: dovremo valutare le domande, speriamo che entro novembre sia possibile individuare le nuove unità. Stiamo valutando anche eventuali richieste di trasferimento da altre province». L'emergenza sanitaria, "prima linea" dell'intervento, resta un problema: si fa più fatica a riempire questi buchi di organico che altri. Zanotti è anche convinto che la notizia del bimbo salvato dall'infermiere «non sia una notizia negativa, ma positiva. Abbiamo personale addestrato ed esperto, il paziente anche se manca il medico a bordo non è mai abbandonato a se stesso».Il dirigente dell'Emergenza sanitaria del S. Anna, Maurizio Bigoni, ricorda che «in questo settore si fanno più servizi festivi e notturni, si corrono più rischi e si viene pagati come tutti gli altri». Non è un caso quindi che ci sia meno disponibilità di personale. Dall'anno prossimo comunque partirà la scuola di specialità in Medicina di emergenza e urgenza. Ci vorrà qualche tempo, ma sarà più facile poi reperire le competenze giuste quando serviranno. Nel frattempo si sopperirà con personale che proviene da altre specialità.
Neonato salvato dall'infermiere
La Nuova Ferrara del 19/10/2008 ed. Nazionale p. 35
Soccorso per un rigurgito sull'ambulanza Carenza di personale, non c'era il medico
Soccorso per un rigurgito sull'ambulanza Carenza di personale, non c'era il medico
PORTOMAGGIORE. Ha rischiato la vita per un rigurgito ma la perizia di un infermiere intervenuto mentre il piccolo - da quanto si è appreso, un neonato di pochi giorni - veniva trasportato verso Ferrara, gli ha consentito di tornare a respirare. Sono stati minuti concitati e di grande apprensione l'altro ieri a Portomaggiore, quando un bambino in fasce ha dovuto affrontare una grave crisi respiratoria. La notizia ha iniziato a circolare ieri in paese suscitando una certa apprensione. Da alcune settimane, infatti, causa la carenza di personale, gli utenti portuensi non possono avvalersi dell'ambulanza medicalizzata. La copertura di personale specializzato, in caso di necessità, viene garantita da Ferrara grazie all'intervento di un'automedica che si ferma, per protocollo, ai confini del territorio portuense. Questo è successo anche venerdì, quando il bimbo ha iniziato il suo viaggio verso il S. Anna di Ferrara: l'auto col medico a bordo è intervenuta in via Pomposa. Ma l'emergenza era già stata in buona parte risolta grazie alla preparazione dell'infermiere, addestrato a compiere le manovre che hanno salvato la vita al piccolo: l'aspirazione del liquido e la somministrazione dell'ossigeno. Tutto si è risolto quindi per il meglio, anche se resta un interrogativo: nel caso l'operato dell'infermiere non fosse stato sufficiente e si fosse reso necessario l'intervento immediato di un medico cosa sarebbe successo? E' la stessa domanda che si stanno facendo in queste ore a Portomaggiore. Il reintegro del medico dell'emergenza nel Portuense non dovrebbe avvenire prima del prossimo mese, fino allora si proseguirà con l'automedica da Ferrara. Anche per la riorganizzazione del servizio automedica ci vuole tempo.
«Alla Asl mancano 150 infermieri»
La Nuova Sardegna del 19/10/2008 , articolo di FEDERICO SPANO ed. Nazionale p. 25
Il Nursing Up chiede l'intervento dell'assessore Nerina DirindinSASSARI. «Nei tre presìdi ospedalieri della Asl c'è una cronica carenza di personale infermieristico, con gravi ripercussioni sul servizio offerto ai pazienti. In base ai dati forniti dal Sistema infermieristico aziendale, mancano all'appello ben 150 turnisti». È la denuncia del sindacato Nursing Up, che il 6 ottobre scorso ha incontrato l'assessore regionale alla Sanità, Nerina Dirindin.Secondo il Nursing Up, senza i 92 infermieri precari attualmente in servizio nei reparti, i dati sarebbero ancora più preoccupanti. «Il ricorso al lavoro precario è superiore all'8 per cento e questo è un dato allarmante - denuncia Alessandro Nasone, referente provinciale del sindacato -, in contraddizione con quanto stabilito contro il precariato nel piano regionale, che ha cercato di dare alle Asl uno strumento importante per far sì che si evitassero i contratti a tempo determinato per l'attività assistenziale ordinaria».Lo scorso maggio la direzione generale della Asl e la direzione infermieristica avevano rassicurato i sindacati, affermando che nel più breve tempo possibile sarebbe stata aperta la mobilità regionale e si sarebbe avviato un nuovo bando per la stabilizzazione dei precari. «Promesse che il direttore generale aveva rinnovato anche durante la manifestazione pubblica promossa dall'associazione Intregu - aggiunge l'esponente del Nursing Up -. All'incontro era presente anche l'assessore Dirindin, che la mattina aveva inaugurato la nuova sede del pronto soccorso, promettendo un adeguamento dell'organico infermieristico del reparto, con l'assegnazione di almeno cinque unità, che però non sono mai arrivate. Da quel giorno sono passati mesi, e la situazione è rimasta la stessa, addirittura sono stati aperti nuovi reparti, mantenendo inalterato il numero degli infermieri».Secondo i dati diffusi dal sindacati, nei tre presìdi ospedalieri della Asl ci sono 913 infermieri di ruolo, dei quali 31 in maternità, 86 part-time o esentati dai turni, 92 assunti a tempo determinato. Quindi, i turnisti sono 618. «In base a dati del sistema infermieristico aziendale - spiega Alessandro Nasone -, per dare un'adeguata assistenza nei reparti di degenza servirebbero altri 112 infermieri, più i 38 necessari per i servizi diurni».Nell'azienda mista il ricorso al personale a tempo determinato è ancora maggiore, rispetto alla Asl. «In questo caso, però, i dirigenti si sono insediati da appena un mese e per ovvi motivi dobbiamo dare loro fiducia - si legge in una nota del Nursing Up -. Diverso il discorso dei vertici della Asl, al loro posto da un anno. Siamo stanchi di aspettare, non vogliamo più sentire promesse, ma risposte concrete». Altro problema riguarda la riclassificazione di 144 ausiliari che dal dicembre 2007 sono diventati Oss, compiendo un balzo a livello contributivo. «La delibera chiedeva che preventivamente venissero eseguite visite mediche per verificare l'idoneità allo svolgimento del servizio - aggiunge Alessandro Nasone -, visite che sono state fatte dopo. Il risultato è che abbiamo 80 oss idonei, 54 non idonei alla mansione. Degli 80 adatti al nuovo ruolo, quasi nessuno è andato a fare il lavoro cui aveva studiato per un anno». Il Nursing Up chiede all'assessore Dirindin di intervenire affinché sia la Asl che l'Azienda mista «sanino tutti i problemi esposti, attraverso il ricorso a nuovi concorsi e alla pubblicazione di un nuovo bando per stabilizzare i precari».
Il Nursing Up chiede l'intervento dell'assessore Nerina DirindinSASSARI. «Nei tre presìdi ospedalieri della Asl c'è una cronica carenza di personale infermieristico, con gravi ripercussioni sul servizio offerto ai pazienti. In base ai dati forniti dal Sistema infermieristico aziendale, mancano all'appello ben 150 turnisti». È la denuncia del sindacato Nursing Up, che il 6 ottobre scorso ha incontrato l'assessore regionale alla Sanità, Nerina Dirindin.Secondo il Nursing Up, senza i 92 infermieri precari attualmente in servizio nei reparti, i dati sarebbero ancora più preoccupanti. «Il ricorso al lavoro precario è superiore all'8 per cento e questo è un dato allarmante - denuncia Alessandro Nasone, referente provinciale del sindacato -, in contraddizione con quanto stabilito contro il precariato nel piano regionale, che ha cercato di dare alle Asl uno strumento importante per far sì che si evitassero i contratti a tempo determinato per l'attività assistenziale ordinaria».Lo scorso maggio la direzione generale della Asl e la direzione infermieristica avevano rassicurato i sindacati, affermando che nel più breve tempo possibile sarebbe stata aperta la mobilità regionale e si sarebbe avviato un nuovo bando per la stabilizzazione dei precari. «Promesse che il direttore generale aveva rinnovato anche durante la manifestazione pubblica promossa dall'associazione Intregu - aggiunge l'esponente del Nursing Up -. All'incontro era presente anche l'assessore Dirindin, che la mattina aveva inaugurato la nuova sede del pronto soccorso, promettendo un adeguamento dell'organico infermieristico del reparto, con l'assegnazione di almeno cinque unità, che però non sono mai arrivate. Da quel giorno sono passati mesi, e la situazione è rimasta la stessa, addirittura sono stati aperti nuovi reparti, mantenendo inalterato il numero degli infermieri».Secondo i dati diffusi dal sindacati, nei tre presìdi ospedalieri della Asl ci sono 913 infermieri di ruolo, dei quali 31 in maternità, 86 part-time o esentati dai turni, 92 assunti a tempo determinato. Quindi, i turnisti sono 618. «In base a dati del sistema infermieristico aziendale - spiega Alessandro Nasone -, per dare un'adeguata assistenza nei reparti di degenza servirebbero altri 112 infermieri, più i 38 necessari per i servizi diurni».Nell'azienda mista il ricorso al personale a tempo determinato è ancora maggiore, rispetto alla Asl. «In questo caso, però, i dirigenti si sono insediati da appena un mese e per ovvi motivi dobbiamo dare loro fiducia - si legge in una nota del Nursing Up -. Diverso il discorso dei vertici della Asl, al loro posto da un anno. Siamo stanchi di aspettare, non vogliamo più sentire promesse, ma risposte concrete». Altro problema riguarda la riclassificazione di 144 ausiliari che dal dicembre 2007 sono diventati Oss, compiendo un balzo a livello contributivo. «La delibera chiedeva che preventivamente venissero eseguite visite mediche per verificare l'idoneità allo svolgimento del servizio - aggiunge Alessandro Nasone -, visite che sono state fatte dopo. Il risultato è che abbiamo 80 oss idonei, 54 non idonei alla mansione. Degli 80 adatti al nuovo ruolo, quasi nessuno è andato a fare il lavoro cui aveva studiato per un anno». Il Nursing Up chiede all'assessore Dirindin di intervenire affinché sia la Asl che l'Azienda mista «sanino tutti i problemi esposti, attraverso il ricorso a nuovi concorsi e alla pubblicazione di un nuovo bando per stabilizzare i precari».
«Turni fuori norma» Protesta di 4 infermiere
La Prealpina del 18/10/2008 ed. VARESE p. 17
«Sono sposate, con marito e anche con figli piccoli. Ma ormai l'ospedale Ondoli di Angera è diventata la loro casa. Il perchè è presto spiegato: la "pronta disponibilità", cioè la necessità di essere a disposizione dell'azienda ospedaliera, sta diventando per loro troppo pressante. Non hanno più una vita personale e questo avviene anche in violazione delle norme contrattuali». A parlare così è il segretario provinciale della Fsi, Antonio Negro, che rappresenta diversi dipendenti di quell'ospedale. In questo caso si tratta di quattro infermiere di sala operatoria e strumentiste. «Dopo aver lavorato, per esempio, dalle 8 alle 16, per queste dipendenti alle 16 e un minuto scatta la pronta disponibilità che si conclude la mattina dopo alle 8 - spiega ancora il rappresentante sindacale - Questo significa che se va bene le infermiere devono restare in allerta, pronte a rispondere alla chiamata da casa loro o da dove si trovano. Se invece è richiesta la loro presenza, devono accorrere in sala operatoria e restarci finché serve: spesso avendo alle spalle ore e ore di lavoro, in un luogo in cui si dovrebbe essere lucidi e pronti per rispondere a ogni emergenza». Una situazione precaria ben nota all'azienda ospedaliera, secondo il sindacato, ma che per ora non è stata risolta. «Dalla seconda quindicina di ottobre si attendevano due nuove infermiere, già formate come strumentiste, ma l'azienda ha fatto sapere che problemi burocratici ne facevano slittare l'arrivo - dice Negro - Nel frattempo queste quattro persone non ce la fanno più. E se in un mese la pronta disponibilità può avvenire al massimo per sei turni, qui in alcuni casi siamo già arrivati a quindici a testa. Senza contare che l'orario 16 - 20, secondo l'articolo 7 del contratto del '99, è illegittimo: è ammesso di giorno solo nei festivi e e nei feriali dalle 20 alla mattina seguente. Attendiamo una risposta chiara, o saremo costretti a rivolgerci all'Ispettorato del lavoro». R.M.
«Sono sposate, con marito e anche con figli piccoli. Ma ormai l'ospedale Ondoli di Angera è diventata la loro casa. Il perchè è presto spiegato: la "pronta disponibilità", cioè la necessità di essere a disposizione dell'azienda ospedaliera, sta diventando per loro troppo pressante. Non hanno più una vita personale e questo avviene anche in violazione delle norme contrattuali». A parlare così è il segretario provinciale della Fsi, Antonio Negro, che rappresenta diversi dipendenti di quell'ospedale. In questo caso si tratta di quattro infermiere di sala operatoria e strumentiste. «Dopo aver lavorato, per esempio, dalle 8 alle 16, per queste dipendenti alle 16 e un minuto scatta la pronta disponibilità che si conclude la mattina dopo alle 8 - spiega ancora il rappresentante sindacale - Questo significa che se va bene le infermiere devono restare in allerta, pronte a rispondere alla chiamata da casa loro o da dove si trovano. Se invece è richiesta la loro presenza, devono accorrere in sala operatoria e restarci finché serve: spesso avendo alle spalle ore e ore di lavoro, in un luogo in cui si dovrebbe essere lucidi e pronti per rispondere a ogni emergenza». Una situazione precaria ben nota all'azienda ospedaliera, secondo il sindacato, ma che per ora non è stata risolta. «Dalla seconda quindicina di ottobre si attendevano due nuove infermiere, già formate come strumentiste, ma l'azienda ha fatto sapere che problemi burocratici ne facevano slittare l'arrivo - dice Negro - Nel frattempo queste quattro persone non ce la fanno più. E se in un mese la pronta disponibilità può avvenire al massimo per sei turni, qui in alcuni casi siamo già arrivati a quindici a testa. Senza contare che l'orario 16 - 20, secondo l'articolo 7 del contratto del '99, è illegittimo: è ammesso di giorno solo nei festivi e e nei feriali dalle 20 alla mattina seguente. Attendiamo una risposta chiara, o saremo costretti a rivolgerci all'Ispettorato del lavoro». R.M.
Scarsa assistenza: rivolta in Ortopedia
Unione Sarda del 18/10/2008
I carabinieri arrivano in Ortopedia. I familiari di un paziente appena spostato dalla Rianimazione si sono resi conto che il loro congiunto, operato alla testa e con varie fratture vertebrali, non poteva essere seguito nella maniera più adeguata e hanno chiamato il 112. Una situazione sempre più esplosiva, quello del personale infermieristico nei reparti, più volte segnalato dai sindacati Fsi e Nursind. Nella traumatologia dell'ortopedia lavorano attualmente 10 infermieri di cui 6 a tempo indeterminato e 4 a tempo determinato che devono garantire il servizio ai 33 ricoverati e a quanti arrivano mandati dal pronto soccorso. In pratica ci sono due infermieri ogni turno, costretti a girare come trottole impazzite in un reparto sempre in clima di emergenza, dalle dimissioni fulminee. Qualche mattina fa i familiari di un paziente hanno perso la pazienza. Era stato appena effettuato il giro letti con tutto il servizio di pulizia personale, ma con gli operatori suddivisi nei vari compiti (c'è anche chi deve accompagnare i pazienti in radiologia), non è stato possibile lavorare al meglio. La situazione da difficile diviene intollerabile durante il giorno dei ricoveri. In ortopedia si verificano novecento ricoveri l'anno con migliaia di consulenze esterne. 18/10/2008
I carabinieri arrivano in Ortopedia. I familiari di un paziente appena spostato dalla Rianimazione si sono resi conto che il loro congiunto, operato alla testa e con varie fratture vertebrali, non poteva essere seguito nella maniera più adeguata e hanno chiamato il 112. Una situazione sempre più esplosiva, quello del personale infermieristico nei reparti, più volte segnalato dai sindacati Fsi e Nursind. Nella traumatologia dell'ortopedia lavorano attualmente 10 infermieri di cui 6 a tempo indeterminato e 4 a tempo determinato che devono garantire il servizio ai 33 ricoverati e a quanti arrivano mandati dal pronto soccorso. In pratica ci sono due infermieri ogni turno, costretti a girare come trottole impazzite in un reparto sempre in clima di emergenza, dalle dimissioni fulminee. Qualche mattina fa i familiari di un paziente hanno perso la pazienza. Era stato appena effettuato il giro letti con tutto il servizio di pulizia personale, ma con gli operatori suddivisi nei vari compiti (c'è anche chi deve accompagnare i pazienti in radiologia), non è stato possibile lavorare al meglio. La situazione da difficile diviene intollerabile durante il giorno dei ricoveri. In ortopedia si verificano novecento ricoveri l'anno con migliaia di consulenze esterne. 18/10/2008
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