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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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sabato, ottobre 18

Rassegna Stampa - 17.10.2008


Infermieri a confronto sulla deontologia

Il Tempo del 17/10/2008 ed. Molise

Diffondere i contenuti del nuovo Codice deontologico degli Infermieri italiani e favorire l'analisi critica dei suoi contenuti. Sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati nel corso dell'evento formativo promosso per domani dal collegio degli infermieri di Campobasso-Isernia ed in programma presso il centro congressi del Centrum Palace di Campobasso. In un contesto in cui i grandi temi bioetici dominano la cronaca e le questioni dei limiti della vita, della morte e della malattia, accrescono il ruolo e le responsabilità degli infermieri. La Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri ha avviato un percorso di riflessione sulle norme deontologiche che regolano l'esercizio professionale prevedendo l'assunzione di un nuovo Codice deontologico che sarà ufficializzato in occasione del XV Congresso Nazionale che si terrà a Firenze nel febbraio 2009. Domani I lavori si apriranno con il saluto di S.E. Mons. Giancarlo Maria Bregantini. Seguiranno le relazioni curate da Annalisa Silvestro (Presidente Federazione Nazionale Collegi Ip.as.vi) e Laura D'Addio (Direttore del Centro di formazione professionale dell'Azienda Ospedaliera Università Careggi di Firenze ). La proposta del nuovo codice sarà letta da Antonietta Fantacone ( Infermiera del "Cardarelli) accompagnata dalla proiezione di vignette eseguite da Maddalena Spicciati. Invitati i Presidenti degli Ordini e dei Collegi delle Professioni sanitarie, i Presidenti e delle Associazioni di volontariato.


Tangenti sui funerali. Arrestati manager e infermieri

Corriere della Sera del 17/10/2008 , articolo di Biagio Marsiglia ed. MILANO p. 3

Mazzette in cambio di informazioni sui morti negli ospedali. Un business da 22 milioni «Ogni giorno 60 mila euro di incassi». Gli inquirenti: «Un regime di oligopolio». Nei guai anche il colosso San Siro
Al mercato dei morti si va in giacca e cravatta, con la faccia contrita per non stonare con l'ambiente e il dolore dei parenti dei defunti. E ci si deve andare «bene agghindati», altrimenti si perdono i clienti e gli affari non si fanno. Perché è anche da questi particolari che ci si aggiudica un funerale. E alla San Siro, il colosso della famiglia Cerato, quella che a Milano e in provincia comanda il «mercato dei morti nel pubblico come nel privato, chi sgarrava, come il buon Brusa, un dipendente scapigliato e trasandato, veniva messo da parte.Si sono ritrovati di fronte anche a dettagli minimi come questo i poliziotti che per oltre un anno hanno spiato dal buco della serratura il racket delle pompe funebri, un vero regime di «oligopolio» - sostiene l'accusa - dove tutto risulta stabilito con cura e le camere mortuarie sono in realtà una piazza d'affari per cifre da capogiro.Ieri, prima dell'alba, al mercato dei morti è saltato il banco. La polizia, in esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare richieste dal pm Grazia Colacicco ed emesse dal gip Giuseppe Vanore, ha arrestato 41 tra infermieri al lavoro nelle camere mortuarie degli ospedali di Milano, imprenditori e collaboratori di pompe funebri. Per tutti l'accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Un centinaio le perquisizioni, oltre ottanta gli episodi di tangenti versate (messi nero su bianco grazie anche a un fiume di intercettazioni) che vedono coinvolte 19 agenzie di pompe funebri. Cinque degli arrestati sono finiti in carcere. Si tratta di Alcide Cerato, 69 anni, il patron della San Siro, dei suoi due figli Massimo e Andrea, 42 e 39 anni, di Vito Lo Verde, 45 anni, e Riccardo D'Antoni, 38enne, entrambi del Gruppo Varesina Sofam di Milano. Per tutti gli altri il giudice ha stabilito la misura degli arresti domiciliari.Impressionante il volume dei soldi, si parla di 60mila euro di incassi al giorno, di cui solo una minima parte, il 5-10 per cento, serviva per ungere gli infermieri al lavoro nelle camere mortuarie. Infermieri che, hanno scoperto gli uomini della sezione di polizia giudiziaria della Polizia di Stato coordinata da Marco Ciacci, riuscivano a mettersi in tasca anche 10mila euro al mese. L'importante è che rispettassero i turni, che ad ogni decesso in ospedale telefonassero in fretta ai loro «datori di lavoro» in nero, quelli delle pompe funebri, che truccassero i registri dei morti e accalappiassero i parenti dei defunti. «Si affidi a questi, son bravi, sono qui e hanno già pronti i documenti...». Una piccola bugia per cinquecento euro.
Le aziende indagateSono ventuno le imprese di pompe funebri coinvolte nell'inchiesta sul racket dei morti e che risultano indagate per violazione della legge 231. Eccole: Ips Fusetti sas; Gruppo Varesina Sofam di Milano; Impresa Sacro Cuore Funerals di Simona Brusà; Impresa Ognissanti; Organizzazione San Cipriano; Sidof sas di Jionna Zielinska; Centro Servizi srl di Massimo Cerato; San Siro American Funeral, Lombarda e Foroni srl di Andrea Cerato, Santa Sofia Almo srl; Onoranze funebri Padre Pio di Domenico Gentile; Impresa O. F. di Tufariello Sante; Onoranze Funebri di Daniela Clerici; Ipf; Onoranze funebri D'Antoni Riccardo; Nuova San Giuseppe Onoranze Funebri srl, Onoranze Funebri San Giuseppe srl; Pompe Funebri Selmi srl, Madonnina snc dei fratelli Gammone; e, da ultimo, l'Istituto Lombardo di Tanotoprassi.
Foto: Nuovo scandalo nel settore delle imprese di pompe funebri. Coinvolte alcune delle più importanti aziende. In manette manager e infermieri


«Non posso ammazzarli per farvi avere più soldi»

Corriere della Sera del 17/10/2008 , articolo di Bi. Mars. ed. MILANO p. 3

Se oggi o domani non mi fai fare nemmeno una pratica sei uno stronzoFratelli contro. Perché se è vero che l'inchiesta sul mercato dei morti, come scrive il gip Vanore, «nasce da un esposto di Massimo Sher, il presidente del Comitato familiari dei deceduti in ospedale», è pur vero che un forte impulso alle indagini arriverà dalle dichiarazioni di Alfredo Cerato, titolare dell'impresa di pompe funebri «Roma» ma soprattutto fratello di Alcide, che dagli affari l'ha sempre escluso.Alfredo viene ascoltato il 23 luglio dell'anno scorso e, come annota la polizia, illustra «l'evoluzione nel corso degli anni delle leggi e degli usi che regolano le camere mortuarie delle varie strutture sanitarie. Precisa che a Milano due gruppi di imprese, uno facente capo alla San Siro di Alcide Cerato e l'altro alla Sofam Varesina di Mario Sciannameo, avrebbero costantemente agito con la finalità di occupare con ogni mezzo la massima possibile fetta di mercato. Prima, grazie alle loro potenti organizzazioni si sarebbero assicurate le convenzione per gestire le camere mortuarie dei maggiori ospedali, poi a seguito di espresso divieto (legge Regionale), hanno iniziato a corrompere direttamente gli infermieri che gestiscono le camere mortuarie, mantenendo di fatto la già esistente suddivisione del mercato». Ed è sempre Alfredo Cerato a mettere a verbale che «si trattava di un malcostume generalizzato e ben noto nell'ambiente, e che lui era a conoscenza di alcuni casi specifici: all'ospedale Policlinico tale Filippo, infermiere che gestisce la camera mortuaria, sarebbe stato solito percepire somme di denaro dalle imprese di pompe funebri alle quali effettuava la segnalazione di avvenuto decesso; e all'ospedale San Paolo vi sarebbe stato invece un infermiere di nome Giulio, di origine egiziana, che avrebbe percepito somme di denaro sempre per le stesse ragioni».Ferree, le regole del mercato dei morti. Con turni codificati per ogni ospedale in cui gli infermieri compiacenti si davano da fare per avvisare le imprese che, «secondo il calendario stabilito dalla San Siro», stazionavano nelle varie camere mortuarie del Pio Albergo Trivulzio, del San Paolo e del San Carlo, del Sacco e del Policlinico, così come del San Giuseppe, della clinica Santa Rita e del Niguarda.Gli infermieri chiamavano, le imprese accorrevano. E qualche volta, se il lavoro scarseggiava, si lamentavano: «Se oggi o domani non mi fai fare nemmeno una pratica sei uno stronzo», dice Lo Verde all'infermiere Giulio. Mentre l'impresario Nicola La Fortezza non va per il sottile, e allo stesso Giulio lamenta: «...neanche un mezzo feto da farmi fare...».Del resto, capita pure che non muoia nessuno e tra loro, gli impresari, si mettono a litigare. Come Alcide Cerato, il «commenda» che a Danilo Valente urla nella cornetta: «Io mica posso ammazzare la gente per farvi fare i funerali... di morti non ce n'è».


Racket dei funerali: 41 arresti

Corriere della Sera del 17/10/2008 ed. MILANO p. 1

In carcere i vertici della San Siro e di altre 18 aziende. Coinvolti anche 23 infermieriUn racket articolato e ramificato. Con meccanismi oliati e collaudati. E con un esercito di infermieri spioni e informatori pagati con tangenti. Direttamente dalla imprese di pompe funebri perché, dagli ospedali dove lavorano, segnalassero, tempestivamente, i decessi. Quarantuno persone arrestate, 23 infermieri coinvolti. In carcere sono finiti anche i vertici della San Siro (uno dei colossi principali del settore onoranze funebri) e di altre 18 aziende. Per tutti, l'accusa è di associazione a delinquere. Ingente il volume dei soldi proventi dei traffici illeciti: si parla di 60 mila euro di incassi al giorno. A PAGINA 3 Marsiglia


"Vogliamo tutele sulle mansioni e stipendi equi"

La Stampa del 17/10/2008 , articolo di WALTER LAMBERTI ed. CUNEO p. 68

FOSSANO
Un maggiore riconoscimento della professionalità degli operatori socio assistenziali (Oss) e quindi maggiori garanzie di tutela nell'ambito delle mansioni svolte. Ma anche la creazione di percorsi che portino alla formazione di Oss complementari e specializzati (figura intermedia tra l'Oss di base e l'infermiere) come già succede in altre regioni d'Italia. Sono i temi «caldi» e le proposte avanzate nell'affollato seminario di studi che si è tenuto ieri al castello, organizzato dalla Cisl Funzione pubblica. «È urgente fare chiarezza su questi temi e speriamo che si metta in moto qualcosa a livello regionale - commenta il segretario generale della Cisl-Fp Gian Piero Porcheddu -; attualmente, specialmente nelle strutture socio assistenziali, nelle case di riposo e nei centri diurni, gli Oss si ritrovano a svolgere mansioni che sarebbero di competenza del personale infermieristico. E questo crea un problema di responsabilità, ancor più che di competenza. Abbiamo stilato un documento già presentato alla commissione di vigilanza dell'Asl e ai formatori Oss, che definisce meglio le procedure che competono agli operatori socio assistenziali. Ora toccherà all'assessorato all'Assistenza e alla Sanità andare avanti perché si arrivi ad una definizione chiara».La figura dell'Oss specializzato non pare piacere alla categoria degli infermieri che si sentono «scippati» di una loro funzione, anche se di fatto, come sottolinea Domenica Castellano, coordinatore provinciale Oss «certe funzioni già vengono svolte dagli operatori socio assistenziali e occorre che questo lavoro venga riconosciuto e tutelato pur continuando a mantenere la distinzione tra Oss e infermieri, i primi con ruolo più tecnico e di assistenza di base e i secondi con un ruolo sanitario». Sulla somministrazione dei farmaci, la normativa prevede che l'Oss non possa occuparsene direttamente, ma come supporto all'infermiere. Nella realtà, in molti casi è quasi impossibile e l'Oss svolge un'operazione impropria. Con tutti i rischi che ciò comporta. E poi c'è la questione economica che è un problema non secondario, al di là del confronto con il personale infermieristico. Un Oss che fa i tre turni e lavora, tramite cooperativa, in casa di riposo, porta a casa circa 700 euro al mese, mentre un operatore che lavora in ospedale arriva a 1.200 euro.«Anche questo è un problema di non poco conto - commenta Concetta Ottavio, che si occupa di formazione alla Apro di Alba -. C'è troppa differenza tra un contratto Oss e l'altro per un lavoro che è del tutto simile. Un lavoro di grande importanza perché si ha a che fare con persone che si trovano in particolare stato di bisogno».


Farmaci dimenticati il tribunale
scagiona l'infermiere del 118
Il certificato falso fu opera del medico

La Stampa del 17/10/2008 ed. TORINO p. 70

Scagionato. I termini legali sono più complicati, passano attraverso le sei pagine dell'ordinanza del Tribunale della Libertà sul ricorso presentato da Daniele Marchisio, l'infermiere intervenuto il 29 agosto con il medico Gennaro Noè per soccorrere il piccolo Lorenzo Appierto, il bimbo di due anni annegato nella piscina di casa, a Rivarossa. Nella borsa degli specialisti dell'elisoccorso mancavano alcuni medicinali, ma nella scheda d'intervento non c'era traccia di quella dimenticanza. Anzi: Noè ha scritto di aver utilizzato «adrenalina» e «atropina», anche se le fiale di quei medicinali erano rimaste alla base. Non sarebbero serviti a salvare la vita a Lorenzo. Ma quei medicinali dovevano essere nella borsa.Noé e Marchisio sono finiti sotto inchiesta per falso. Per questo, il giudice Lorenzo Audisio (su richiesta del procuratore Elena D'Aloiso) aveva chiesto l'«interdizione» dal lavoro per medico e infermiere. Due mesi. Una settimana fa, il provvedimento era stato revocato dal giudice al solo Noè, dopo che il medico aveva confessato di aver compilato da solo la scheda d'intervento fasulla. L'infermiere (assistito dagli avvocati Michele Polleri e Giorgio Faccio) ha preferito rivolgersi al Tribunale della Libertà. Per i giudici, «è da escludere» che Marchisio «abbia concorso alla redazione della falsa attestazione», questione già chiarita «dalle dichiarazioni integralmente ammissive di Noè, unico autore del fatto». Conseguenza: «Non possono ritenersi sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico di Marchisio» e «l'ordinanza di interdizione deve essere annullata».«Una situazione che dà sollievo» sorride Marchisio. Ha 42 anni, è infermiere da 24. Fino al momento dell'intervento per tentare di salvare Lorenzo, coordinava gli infermieri del «118». Tornerà a fare lo stesso lavoro? «Me lo chiedo anch'io, non lo so ancora, ne parlerò con la mia Asl. La struttura è stata molto corretta, i colleghi mi hanno dimostrato stima, sostegno» spiega. Ma l'interdizione voluta da procura e giudice di Ivrea ha lasciato il segno. «Un momento di riflessione, di profonda crisi per non aver potuto continuare a fare ciò in cui credo» aggiunge. L'ordinanza del Tribunale della Libertà «credo abbia fatto un po' di chiarezza, che renda un minimo di giustizia. Da un punto di vista professionale e di coscienza, sono sereno» dice. Quelle fiale di medicinale, però, non erano sull'elicottero. Spettava a lui e al medico controllare. «Non voglio sottrarmi alla domanda, ma la magistratura sta indagando su questo aspetto. Lasciamo che lavori chi deve. Dopo, ci sarà tutto il tempo di affrontare l'argomento» spiega.Marchisio dichiara «la massima fiducia nell'Azienda, che ha dimostrato sensibilità in questa circostanza. Non lo dico per piaggeria, è proprio così». Appena ricevuta comunicazione dell'interdizione, l'infermiere si era rivolto all'Asl. «Ho chiesto di poter usufruire di ferie e riposi accumulati nel tempo. Avevo bisogno di tranquillità e ho trovato nell'Azienda un interlocutore comprensivo».29 agostoIl piccolo Lorenzo Appierto annega nella piscina di casa, a Rivarossa4 settembreUna lettera anonima diffonde la notizia che sull'elicottero del 118 mancavano alcuni medicinali5 settembreIl gip di Ivrea decide l'interdizione (per due mesi) di medico e infermiere9 ottobreDopo la confessione, il gip revoca l'interdizione al medico


«Oggi hai niente per me? Mi basta un mezzo feto... »

Il Giornale del 17/10/2008 ed. Nazionale p. 13

Nelle intercettazioni frasi sconvolgenti degli indagati: «I morti costano, ai parenti bisogna saltargli addosso»La giornata inizia con un colpo di telefono. O con un fax. È il mattinale dei decessi. È il mercato delle salme. Dagli ospedali arrivano le informazioni che muovono il business del caro estinto. In cambio di una mazzetta. Nomi e indirizzi dei morti, numeri di telefono dei familiari. È tutto nelle intercettazioni contenute nell'ordinanza di custodia cautelare che scardina la cupola dei servizi funebri milanesi. Un sistema oliato ed efficiente. Perché «i morti costano», dicono, e guai a farseli scappare. Per questo, ai parenti del defunto bisogna «saltargli addosso». MEZZO FETO La telefonata non è inclusa nella misura cautelare, ma è nota agli inquirenti. E inquadra l'attitudine degli «avvoltoi» delle camere mortuarie. È un imprenditore (non arrestato, ma solo indagato) a chiamare un infermiere. «Allora, niente da farmi fare oggi? Nemmeno mezzo feto?». MATRICOLA 1044: UNDICI ANNI Sono le 6.38 del mattino, il 10 dicembre scorso. All'ospedale Niguarda di Milano arriva una telefonata. È Massimo Selmi («U», utente), titolare dell'omonima società di pompe funebri, a chiamare. Risponde Gennaro Costabile, infermiere («I», interlocutore). Inizia il macabro elenco. I: «Ciao capo!» U: «Com'è?» I: «Allora io, ieri sera ne ho portato giù un altro» U: «Aspetta, vediamo se l'ho segnato» I: «Dove sei rimasto?» U: «Al 1045 (numero di matricola del decesso, ndr ). No, al 1044, scusa, la bambina di 11 anni». I MORTI COSTANO Cinque minuti alle sette del mattino. Massimo Cerato («U»), della San Siro spa, telefona a un collaboratore («I»). Lo invita ad andare subito in ufficio, stanno arrivando i parenti del deceduto. E bisogna «chiudere» l'affare, perché un infermiere è già stato pagato per la soffiata. U: «Alle otto arriva la famiglia. Vai giù, apri l'ufficio. Guarda che mi hanno chiamato stanotte. Me li hanno mandati, cerca di scrivere per piacere». I: «Sì sì, ho capito» U: «Fa un piacere, perché i morti costano eh, mica sono gratis. Ricordatelo» IL MIRACOLO DEI REGISTRI La San Siro gestisce un numero enorme di decessi. Troppi, per non alimentare sospetti. Così, si mette mano ai registri degli ospedali. Un po' di maquillage per abbassare le percentuali dei decessi assegnati alla famiglia Cerato. A parlarne sono proprio Massimo («U») e Andrea («I»), i figli del fondatore. È il 14 febbraio scorso. U: «Tira fuori il libro dei morti del San Carlo, fai le correzioni, che papà mi ha detto che dobbiamo correggere dei morti. Dove tu vedi San Siro, Lombarda eccetera scrivi documenti per impresa, capito?» I: «Sì» U: «Inventati qualcosa, perché dobbiamo abbassare le percentuali» I: «Va bene» U: «Magari modificane... Il mese scorso abbiamo fatto 40 morti, non va bene. Devi fare almeno 10 o 12 documenti». L'IMPIEGATO, NIENTE DI CHE Ci vuole mestiere per fiutare l'affare. Perché i morti non sono tutti uguali. E alcuni valgono meno degli altri. Mario Morelli, infermiere («U»), chiama Andrea Cerato. È il mattinale del 26 marzo. Sono le 6.36 del mattino. U: «Buongiorno» I: «Eh, da dove cominciamo?» U: «Allora, iniziamo dall'Auxologico, secondo piano. A vederla così è bella gente questa mattina» I: «Mmm» U: «Poi c'è stato un altro questa mattina. Un impiegato, è una cremazione, niente di che. A livello di famiglia eh? Nel modo più assoluto... c'erano in casa tre mobili in croce, neanche le tende, una badante... è venuto il figlio che sicuramente non abitava lì, perché comunque era vestito... insomma si vedeva che era gente... ». ASSALTO AI PARENTI Gennaro Costabile («U»), infermiere al Niguarda, chiama Roberto Cusimano («I»), collaboratore della Nuova San Giuseppe onoranze funebri. Sono le 8.36 del 21 gennaio. U: «Sei in camera mortuaria?» I: «Sì» U: «Ho preso un morto, e dietro di me ci sono i partenti, ma mi chiedono l'elenco delle agenzie, e io non ce l'ho. Quando arrivi devi assolutamente avvicinare i parenti. Saltagli addosso!». LA CASSAFORTE Le quattro del pomeriggio del 24 gennaio. Andrea Cerato («U») chiama la sua collaboratrice («I»). C'è da pagare Abou Mohamed Muossa El Wafa, detto «Giulio», infermiere all'ospedale San Paolo. Pronta cassa. U: «C., prendi una busta bianca, prendi 250 euro che sono in cassaforte, in contanti, mettili dentro che me li aveva prestati quel signore che c'è lì fuori, glieli dài a lui per favore» I: «Di chi parliamo, di Giulio?» U: «Del cioccolato, sì». SAN SIRO. LO STADIO Vito Lo Verde («U»), collaboratore del Gruppo Varesina e dell'impresa La Sacro Cuore, chiama «Giulio» («I»). Devono saldare un «debito». Una soffiata sui decessi. Niente soldi questa volta. Due telefonate. La prima il 2 dicembre 2007. I: «Tanto sei pratico... vedi un biglietto per mio figlio andata e ritorno» U: «Va bene» I: «Così siamo pari». Anche nella conversazione del 21 dicembre si pareggiano i conti. Ma questa volta sono biglietti dello stadio. U: «T'ho trovato i biglietti del Milan» I: «Grande!» IL FASCINO DELL'IMPREVISTO Alla San Siro arriva una segnalazione inattesa. È un'infermiera che non fa parte della «scuderia». Fa una sola soffiata, una sola. E non insiste troppo per avere la sua parte: 300 euro. La cosa desta stupore. Massimo Cerato («U») e Andrea («I») ne parlano in una telefonata del 28 febbraio. U: «Dàlle trecento euro di mancia. Diglielo chiaramente, perché tanto è una che non ha di questi problemi, nel senso che non è una attaccata a queste cose, mi capisci... » I: «Sì» U: «Non è un'infermiera classica, è una persona per bene... ». MEZZO MORTO NON È UN MORTO Ci sono «soffiate» che non convengono. Sono clienti di vecchia data, che non vanno convinti. Ma anche quelle «dritte» vanno pagate. Massimo Cerato («U») e Andrea («I») - in una telefonata del 16 febbraio - si lamentano di Giulio, l'infermiere del San Paolo. Chiude di essere ricompensato per due decessi. U: «Gliene devo pagare una o due?» I: «Una, Massimo, gli ho detto di smetterla di chiamare quando la gente sa già che viene da noi. Perché ti spiego, lui e T. sono due pezzi di merda quando fanno fare un mezzo morto, perché alla fine i mezzi morti non sono morti, perché bene o male la gente ci conosce». [ELag]
MATRICOLE
«Allora dove sei rimasto?». «Al 1044, alla bambina di 11 anni»
I REGISTRI
«Tira fuori il libro dei morti del San Carlo, così facciamo le correzioni... »
FAVORI ISOLATI
«Dàlle 300 euro, non è la solita infermiera, è una persona per bene»
INTOPPI
«Lui e T. sono due pezzi di m... quando fanno fare mezzo morto»


Milano, funerali in mano al racket:
arrestati 41 infermieri e impresari

Il Giornale del 17/10/2008 , articolo di Enrico Lagattolla ed. Nazionale p. 12

In otto ospedali il personale «vendeva» i defunti alle agenzie di pompe funebri. Il gip: «C'era un cartello»da Milano Si fa di tutto per accaparrarsi un morto. Così Massimo Cerato, figlio d'arte della «San Siro onoranze funebri», chiama una famiglia di marocchini. Camuffa la voce. Finge di essere un infermiere. Extracomunitario. E convince i parenti del defunto a rivolgersi proprio alla ditta del padre. Qualche migliaio di euro, servizio completo. Anche questo è il «mercato delle salme». Così scrive il gip di Milano Giuseppe Vanore nell'ordinanza di custodia cautelare che smantella il racket del caro estinto. Parla, il giudice, di un «increscioso fenomeno praticamente generalizzato». Fatto di soldi e soffiate. Di accordi tra dipendenti degli ospedali e società di onoranze funebri per spartirsi il mercato. Mazzette per segnalare i decessi, avere indirizzi e telefoni dei parenti del morto. E creare un «oligopolio» - così lo chiama il giudice gestito da 19 imprese. Perché è più di un business da 150mila euro al giorno. È - si ascolta in un'intercettazione - «una grande battaglia». All'alba di ieri, il maxi blitz della polizia. Quarantuno arresti (cinque in carcere, 36 ai domiciliari) al termine di una lunga inchiesta coordinata dai pm Fabio Napoleone e Grazia Calacicco. Coinvolte imprese private (tra cui il Gruppo Varesina Socram, la San Siro American Funeral, la Nuova San Giuseppe Onoranze Funebri) accusate di aver corrotto infermieri in 8 ospedali diversi della città: Pio Albergo Trivulzio, al San Paolo, al San Carlo, al Sacco, al Policlinico, alla Santa Rita, al San Giuseppe e al Niguarda. Un'indagine nata nel 2003, da un esposto di una società di onoranze funebri tagliata fuori dalla «cordata», a cui è seguita - nel 2007 - la denuncia del Comitato familiari di deceduti in ospedale. Che agli inquirenti segnalava come, nei pressi delle camere mortuarie, stazionasse costantemente il personale delle pompe funebri. Perfettamente informato sull'identità dei nuovi potenziali clienti. Al telefono, gli arrestati parlano di «piccioli», «caramelle», «brioche». Sono le tangenti da versare agli infermieri. Da 100 a 500 euro per una soffiata. Fino a 10mila euro al mese, per i più spregiudicati. E c'è l'addetto dell'ospedale che «oggi è scatenato», un secondo stanco perché «ho passato tutta la mattina a fare morti», un terzo che si lamenta perché di morti - invece - «ne abbiamo persi un po'». «Stanotte ho fatto fare due morti», spiega un altro a un imprenditore. «Io ti aspetto - insiste -, poi ti faccio anche due regali. Ti faccio un pupo e un pupazzino». Chi era fuori dal giro, doveva restarci. E, soprattutto, non intromettersi. Cosa che aveva fatto una dirigente del Niguarda. La donna, sentita nel febbraio 2006 dai pm, aveva raccontato di aver ricevuto lettere e telefonate di minacce. Intercettazioni, ma non solo. Nel corso delle 81 perquisizioni svolte ieri dalla polizia, infatti, sono state sequestrare diverse migliaia di euro ritenute tangenti (200mila solo nella sede di una delle maggiori agenzie di pompe funebri, e 8mila nell'abitazione di un infermiere), oltre agli schemi dei turni di servizio con cui le imprese «piantonavano» a rotazione le camere mortuarie. Per essere sempre pronte a vendere i propri servizi alle famiglie in lutto. E non pestarsi mai i piedi.
Foto: INDAGINI Perquisizioni


Racket del caro estinto In manette 41 «avvoltoi»

Il Resto del Carlino del 17/10/2008 , art di MARINELLA ROSSI ed. Nazionale p. 5

Milano, i morti spartiti con la complicità degli infermieridi MARINELLA ROSSI - MILANO - SONO DEI MISTER sepoltura, impresari che hanno fatto della morte un mercato esorbitante e fuori legge. «Neanche mezzo feto, oggi, mi dai?». E sono degli infermieri-sentinella a celle frigorifere dove «mentre io sistemo il morto, tu salti addosso ai parenti». Che connubio. Chi lo chiama racket, chi, memore di almeno sei inchieste, a partire da quel 1992 e dal Pio Albergo Trivulzio di Mario Chiesa, sa che coi morti è meglio non scherzare: possono persino dare vita a Tangentopoli. L'hanno chiamato «mercato delle salme», li hanno chiamati «caronte» (ma lui non lo faceva per soldi): è lavoro frenetico e tutto orecchi (fondamentali le intercettazioni) di un anno e di cinque uomini della sezione di polizia della procura di Milano, partito dalla denuncia di un «comitato familiari deceduti in ospedale» e dalla collaborazione di un manager del settore stanco del gioco. Produce una retata: spedisce in galera cinque industriali del caro estinto (la famiglia di Alcide, Massimo e Andrea Cerato per la San Siro, Vito Lo Verde e il suo ragioniere Riccardo D'Antoni della Varesina e Sacro Cuore). E manda agli arresti domiciliari altri trentasei (23 infermieri, un dipendente ospedaliero e 12 rappresentanti legali di imprese, le quali rispondono in base alla 231). E' UN'ASSOCIAZIONE per delinquere, allargata peraltro a una pletora d'indagati (48), stabilisce il gip Giuseppe Vanore aderendo alle richieste dei pm Fabio Napoleone e Grazia Colacicco: è finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreti d'ufficio (gli infermieri, pur non essendo pubblici ufficiali sono incaricati di un pubblico esercizio e sono obbligati al segreto sui dati personali). Qua, invece, i segreti sono carne per avvoltoi: dagli infermieri di otto ospedali tra cui i giganteschi Niguarda, Policlinico e San Carlo (ma non manca la chiacchieratissima clinica Santa Rita) agli uomini di 19 imprese di onoranze funebri «nessun morto - scrive il giudice in ben tre ordinanze di custodia cautelare - sfugge al meccanismo dell'assegnazione». Che, secondo un tacito accordo da pax mafiosa e beffandosi della legge e della decenza, attribuisce ogni ospedale a un gruppo d'imprese che, a loro volta, suddividono il mese in turni di «copertura». «E' il giorno della grande battaglia», si frega le mani il manager quando scatta il «suo» semaforo verde. IL CENTRO, il grande Niguarda, dove muoiono dalle cinque alle dieci persone al giorno. Gli altri stanno dietro. Il tariffario: dai 30 agli 80 euro («mi è arrivato il trentino...») per vestire un defunto come fosse un servizio aggiuntivo, dai 150 ai 250 per traghettare il defunto all'impresa. Così tra notizia del decesso e vestizione (tassativamente a pagamento da parte dei familiari), all'infermiere-caronte vanno rosini, paparuoli, cioccolatini, caramelle (ma anche biglietti d'aereo o per la partita del Milan) da 200 euro a decesso per un totale di 10-15mila euro di tangenti al giorno. Cioè dal 5 al 10 per cento di quei 150 mila euro che mediamente le imprese fatturano quotidianamente. COSÌ TANTO, che pare opportuno truccare i registri delle camere mortuarie, come si adoperano a fare i fratelli Massimo e Andrea Cerato: «Già che sei lì tira fuori il libro dei morti del San Carlo, fai le correzioni che papà mi ha detto che dobbiamo correggere dei morti, dove tu vedi San Siro... inventati qualcosa che dobbiamo abbassare le percentuali... il mese scorso abbiamo fatto 40 morti.. non va bene... devi farne almeno 10 o 12 documenti... fai un po' di aggiunte con lo stesso colore della biro...». E se c'è da sporcarsi le mani, non è solo con la biro. Manager danaroso, per accaparrarsi il morto, chiama di sera la famiglia di un uomo appena deceduto e si spaccia per un marocchino, dipendente dell'ospedale. Abborraccia un accento straniero: «Dovete venire domani mattina presto con i vestiti», liberare la camera mortuaria. «L'ospedale dice di rivolgersi alla San Siro...». Perché la morte non guarda in faccia nessuno e nemmeno loro: ««Ciao capo!» «Com'è?» «Allora io, ieri sera ne ho portato giù un altro». «Aspetta, vediamo se l'ho segnato». «Dove sei rimasto?», «Al 1045. No, al 1044, scusa, la bambina di 11 anni».


«Caro estinto», 41 in manette a Milano

Avvenire del 17/10/2008 , articolo di NELLO SCAVO p. 12

Una cupola di 19 ditte gestiva il racket che fruttava almeno 15mila euro al giorno L'indagine era in corso da quattro anni
DA MILANO Una cupola che decideva chi e come far lavorare. E chi non stava al gioco finiva ai margini del mercato. È quanto scoperto dagli inquirenti milanesi che hanno alzato il velo sull'ennesimo racket del caro estinto. Un oligopolio di imprese di onoranze funebri che in un città come Milano, dove giornalmente vengono celebrati almeno 50 funerali, fruttava 150mila euro al giorno. Il 10% se ne andava in tangenti di cui beneficiavano infermieri compiacenti che dalle strutture sanitarie allertavano gli impresari. Le ditte coinvolte sono 19, organizzate in modo da «gestire in regime di oligopolio i servizi funebri e scrive il gip di Milano Giuseppe Vanore nell'ordinanza d'arresto - agli addetti alle camere mortuarie di conseguire un illecito arricchimento rappresentato dai compensi percepiti perle segnalazioni». L'attività illecita permetteva agli infermieri più spregiudicati di incassare mensilmente mance che superavano i 5mila euro e sfioravano i 10 mila. La polizia di Milano ha eseguito 41 ordinanze di custodia cautelari, di cui cinque in carcere. Provvedimenti che hanno colpito anche 23 infermieri che lavorano in otto strutture ospedaliere. Le imprese, spiega il giudice Varone, hanno stabilito «una vera e propria suddivisione in turni mensili all'interno dei quali ciascuna ditta gode di un sostanziale monopolio». Una circostanza che «necessita a monte - scrive Varone - di un accordo stabile tra le imprese, da un lato, e tra queste e gli addetti alla camera mortuaria, dall'altro, che nella segnalazione dei decessi devono attenersi al turno». Un'assegnazione dei servizi funebri «al di fuori del libero mercato, attraverso l'organizzazione di un turno, la comunicazione di informazioni riservate alle imprese, la presenza di operatori privati dipendenti delle imprese nei pressi della camera mortuaria». La banda era ben strutturata. Gli infermieri avevano il compito di fare da procacciatori, il personale privato pensava a concludere l'affare affidandosi anche a ben oleati stratagemmi, come quello di telefonare ai parenti dei defunti spacciandosi per di-. pendenti dell'ospedale. «Tutti i soggetti coinvolti spiega il gip - si adoperano per garantire la stabilità della struttura organizzativa nel tempo, attraverso la predeterminazione dei turni, l'osservanza degli stessi, la composizione interna dei dissidi che potrebbero compromettere la tenuta del sistema». I casi di corruzione accertati dagli inquirenti in pochi mesi di indagini sono un centinaio. Il tariffario, come accade per le associazioni di categoria, era prefissato: dai 30 agli 80 euro per la vestizione, tra i 150 e i 250 euro invece agli infermieri che segnalavano all'impresa u n nuovo "cliente". L'indagine è nata da un vecchio esposto di un'impresa esclusa dal giro della corruzione e da una denuncia di un comitato di familiari di deceduti in ospedale. Nel '97 un'altra indagine ha portato a un processo tuttora in corso e nel 2004 la Polizia municipale incastrò cinque dipendenti comunali che usavano arrotondare lo stipendio partecipando alla rete illegale delle imprese private.


Ma il Nursind resta critico: «Soluzioni diluite in sei mesi»

Il Gazzettino del 16/10/2008 ed. VICENZA p. VI

Bassano
Dopo il tentativo di conciliazione espletato lo scorso sei ottobre dal prefetto Piero Mattei, lo stato di agitazione degli infermieri dell'Usl 3 si calma, per effetto del piano di battaglia messo a punto dall'amministrazione del San Bassiano. La categoria degli infermieri, però, conserva il dente avvelenato, in quanto le migliorie prospettate dall'Azienda ospedaliera saranno operative soltanto entro sei mesi. Dall'incontro tra i rappresentanti del Nursind Andrea Bottega ed Andrea Gregori ed i rappresentanti Rsu Oscar Gheno, Sergio Squarzon e Ronald Bozzetto e la direzione dell'Usl bassanese, rappresentata dal direttore sanitario Cristina Beltramello, dal direttore medico Matilde Carlucci e dal responsabile delle professioni sanitarie Antonella Mosele è emersa un'attenta analisi volta a migliorare la situazione esistente.
La direzione dell'Usl ha riscontrato che nel periodo invernale e primaverile l'ospedale necessita di 20 posti letto in più. A fronte della dimissibilità di una parte di pazienti ricoverati si legge nel verbale dell'incontro non corrisponde l'altrettanta possibilità nel farlo. Questo blocco nel turn-over dei posti letto riduce la disponibilità dei numeri di posti letto liberi. Servono iniziative gestionali ed organizzative per potenziare la disponibilità dell'assistenza residenziale e domiciliare al paziente post-acuto. Occorre definire, infine, dei percorsi specifici diagnostico-terapeutici per l'accessibilità ai servizi ospedalieri a favore di pazienti fragili o in particolare condizione di instabilità clinica.
Viste queste fragilità l'Usl si è impegnata entro fine anno a stilare un elenco delle patologie borderline i cui pazienti saranno assegnati ad una struttura diversa rispetto alle medicine o alla geriatria. Il surplus di lavoro, invece, dovrà essere equamente gestito tra personale infermieristico e medico, così da garantire livelli di assistenza sufficienti a mantenere un ambiente sicuro per i ricoverati. Nel medio termine, infine, saranno attuate una serie di importanti azioni: implementazione della procedura dimissione protetta volta a garantire la continuità assistenziale agendo su tempi e modalità di dimissione; revisione organizzativa del Dipartimento di medicina per Intensità delle cure ordinando i pazienti per gravità ed instabilità clinica.
Non mancheranno interessanti novità, tra cui: l'attivazione dello sportello integrato con assistente sociale ed infermiere; l'integrazione tra le strutture di Bassano e Asiago per valorizzare le professionalità di entrambe le strutture; l'attivazione di un percorso di presa in carico dei pazienti oncologici. E l'attivazione di nuovi posti letto: 20 a Rossano Veneto per i dementi e 10 a Bassano per lo stato vegetativo persistente. Il commento del Nursind è chiaro: apprezziamo la volontà di avanzare una proposta, ma la soluzione non è risolutiva della problematica nel breve termine. Evidenziamo, infine, che lo stato delle cose potrebbe determinare danni o ritardi alle cure dei pazienti, mentre il personale si trova esposto a rischi di natura civile e penale a causa dell'inadeguatezza della dotazione organica.
Matteo Crestani

Aeronautica militare: infermieri a convegno

Il Giorno del 17/10/2008 ed. Milano p. 30

- LINATE - L'ISTITUTO MEDICO legale "Angelo Mosso" dell'Aeronautica Militare e il Gitic, hanno organizzato per domani alle 9 un convegno sul tema "Lo sviluppo del pensiero - Orientarsi alle esperienze" nel Comando Prima Regione Aerea in Piazza Novelli a Milano. Il convegno sarà preceduto dal saluto delle autorità che ospitano il Gitic: il generale di Squadra Aerea Nello Barale e il colonnello Luigi Oliva, direttore dell'Istituto Medico Legale. Il Gruppo Italiano Infermieri di Cardiologia rappresenta il riferimento culturale degli infermieri operanti in area cardiologica e cardiochirurgica, nell'organizzazione sanitaria nazionale.


«Io sistemo il morto, tu i parenti»
Le mazzette delle pompe funebri

Libero del 17/10/2008 , articolo di LUIGI GAMBACORTA MILANO p. 20

Gli infermieri intascavano fino a 10mila euro al mese per segnalare il decesso alle imprese "Nocchier della livida palude", Caronte menava all'Inferno solo i dannati. E gratis. I nuovi traghettatori finiti nella mani della Procura, che al vecchio dagli occhi di brage ha intestato l'ulti ma operazione, li menano tutti sull'al tra sponda. Ma a caro prezzo. E per quanto, specie a Milano, si cerchi di morire sempre meno, l'affare è gigantesco, le creste smisurate: 150mila euro di incassi al giorno, col 5 o 10 per cento che va in mazzette. Un racket, un «oligopolio delle salme», dicono gli inquirenti, vista la capillarità dell'organizza zione cui non sfuggiva nessuno. Gli arresti sono 41, ma nel carcere sono finiti solo 5, i proprietari della San Siro: il papà Alcide Cerato e gli eredi maschi, i figli Massimo e Andrea. Nelle celle accanto, Riccardo D'Antoni, titolare del gruppo Varesina, e Vito Lo Verde, il dipendente più fedele e attento. Insomma il meglio sulla piazza a cominciare proprio dalle due agenzie che fanno status symbol anche per l'ultima partenza. Agli arresti domiciliari sono i titolari di altre 17 pompe funebri, insieme a 26 infermieri che lavoravano nell'indotto, ramo procacciatori, indispensabile alla sinistra catena. Non si tratta degli addetti ai reparti e neppure di quelli delle sale di rianimazione, professionisti che si suppone controllino premurosi battiti e respiri dei più deboli. Ma c'è il sospetto che qualcuno misurasse piuttosto il roco dei rantoli per arrivare prima di ogni accertamento clinico, di ogni certificato ufficiale, all'agenzia di competenza, che spesso i nomi, gli indirizzi e i telefonini dei congiunti più stretti li avevano memorizzati prima della fine del paziente. Il vero business lo facevano gli infermieri delle sale mortuarie, che, provvedevano allo smistamento delle salme secondo il calendario prefissato, la tipologia, le prestazioni possibili. Arrivano a incassare dai 5 a 10 mila euro al mese a testa. Un gioco facile in un momento in cui chi resta non bada a spese e non vuole aggiungere l'orrore di alcuna pratica. C'erano tariffe differenziate e aggiuntive per gli extra, la preparazione, la vestizione e tutto un mesto ma pomposo arredo. Nel giro anche infermieri extracomunitari con tariffe contenute. Inevitabili i conflitti interni per quei «cioccolatini, rosini» caramelle, «santini, puparuoli, piccioli, grano», come gli infermieri chiamavano le stecche. C'era, ad esempio, quel boss da camera mortuaria «che pretendeva di ricevere compensi anche per " pratiche" svolte da altri». La corsa all'accaparramento la prima fonte di problemi: «Passa di qua prima che te ne vai a casa - dice un un'infermiera a un collega - Ti faccio due regali, un pupo e un pupazzino». E un atro: «Ehh vieni giù urgentissimo che è tuo...E sì, perché sono venuti i negroni per quello lì in frigorifero...mi fotte la pratica a me, capito?». E ancora: «Fatto sta che il dritto me l'ha fatta... se è stato là... m'ha fatto anche incazzare che me la sono dovuta vestirmela da sola». Incazzato anche Massimo (il primo dei San Siro) quando urlava al fratello: «Sia lui che Tiberio sono due pezzi di merda, quando fanno pagare un mezzo morto perché alla fine sono mezzi morti non sono morti...». Ma siccome ce n'era per tutti, tutto si appianava. Come? «Un biglietto per mio figlio andata e ritorno Catania per il giorno 2 e il girono 6... Andata e ritorno così siamo pari...». Oppure coi «biglietti del Milan.. due a te e tuo figlio...». «Va bene? Grazie grazie, grande...». Un infermiere davanti alle celle frigorifero: «Mentre io sistemo il morto, tu salta addosso ai parenti». Il sistema s'era esteso in tutti gli ospedali. Solo al Policlinico il direttore sanitario ha vietato l'ingresso specie di quelli della San Siro nella sala mortuaria. Cerato lo riferisce al suo avvocato che consiglia: «Magari andiamo a parlare da Tognoli (ex sindaco, presidente della Fondazione Policlinico,)». «Ho già parlato a Tognoli», risponde papà Alcide. Niente da fare.


Racket dei funerali Quarantuno in manette

City del 17/10/2008 ed. Milano p. 22

bri. Per tutti l'accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alle rivelazione di segretid'ufficio. Il tariffario Esisteva un tariffario per le collaborazioni rese dagli infermieri: tra i 30 e gli 80 euro all'addetto della camera mortuaria per la vestizione del defunto(serviziocheavrebbedovutoeseguirecome dipendente dell'ospedale); tra i 150 e i 250, invece,peravvertiredeidecessileimpresedelrackete far ottenere loro l'incarico delle esequie da parte dei parenti. Gli infermieri segnalavano direttamente la presenza dei parenti presso la camera mortuaria oppure comunicavano l'indirizzo e il recapitotelefonicoapprendendolodaisistemiinformatici dell'ospedale. In qualche caso erano gli stessiinfermieriaconsigliareaiparentiquellaprecisa agenzia. "Stanotte ne ho fatti fare due", dice unindagatoaltelefono."Poipassadiquiprimadi andartene a casa che ti faccio due regali: un pupo e un pupazzino", dice invece un infermiere a un suo collega. Un giro d'affari che ogni giorno era ingradodiprodurre10/15milaeuro.


City ...

City del 17/10/2008 ed. Milano p. 22

IN 8 OSPEDALI In cambio di mazzette, gli infermieri informavano le imprese funebri sui decessi dei pazienti. Scoperto un giro d'affari da 10mila euro al giorno.È la tangentopoli dei funerali. Infermieri corrotti che, in cambio di soldi, segnalavano alle pompe funebri dove e quando avveniva un decesso. Una pratica che a Milano coinvolgeva 19 imprese e otto ospedali: Pio Albergo Trivulzio, San Paolo, San Carlo, Sacco, Policlinico, San Giuseppe, Niguarda e clinica Santa Rita. Nata da un esposto presentato nel 2003 da un'agenzia di pompe funebri esterna al racket, l'indagine ha portato ieri all'arresto di 41 persone. In carcere sono finiti AlcideCerato(exciclistaprofessionistaneglianni '60)eifigliMassimoeAndrea,titolaridell'impresa "San Siro", Riccardo D'Antoni, proprietario della "Varesina" e Vito Lo Verde, suo dipendente. Arresti domiciliari, invece, per gli altri 36, tra infermieri, dipendenti di strutture sanitarie e rappresentanti legali o dipendenti di imprese fune­


Racket dei decessi 41 finiti in manette

Metro del 17/10/2008 ed. Milano p. 7

Coinvolti becchini e infermieri di otto ospedali Giro d'affari da 150 mila euro al giornoO Smantellata ieri una vera e propria organizzazione formata da infermieri e dipendenti di pompe funebri che gestivano il racket del "caro estinto". Otto ospedali e 19 imprese coinvolti nell'operazione "Caronte" che ha portato in manette 41 persone. Le accuse sono: corruzione e rivelazione di segreti d'ufficio. Tra gli ospedali interessati ci sono il Pio Albergo Trivulzio, l'ospedale San Paolo, il San Carlo, il Sacco, il Policlinico, l'ospedale San Giuseppe, la clinica Santa Rita e l'ospedale Niguarda. Fra gli arrestati 5 sono titolari o collaboratori di imprese funebri. Altre 36 persone sono invece finite ai domiciliari: 23 infermieri, un dipendente di una struttura sanitaria e 12 rappresentanti legali o dipendenti di imprese funerarie. Tutto è partito dalla denuncia dei parenti delle vittime, riuniti in Comitato, secondo la quale la spartizione del "mercato delle salme" avveniva attraverso la compiacente e retribuita collaborazione dei dipendenti dell'ospedale che segnalando i decessi violavano le regole del libero mercato. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso un vero e proprio tariffario: all'addetto alla camera mortuaria erano garantiti da parte dell'impresa funebre dai 30 agli 80 euro per la vestizione, tra i 150 e i 250 euro invece era il compenso per gli infermieri che favorivano un'impresa piuttosto che un'altra. Coloro che "sgarravano" il "turno" erano emarginati. Una volta avuti i nominativi di parenti dei deceduti, le pompe funebri li contattavano fingendosi dipendenti delle strutture sanitarie. Li inducevano a rimettersi alla presunta volontà della struttura sanitaria anche nella scelta dell'impresa funebre.
Una delle camere mortuarie in cui avvenivano i traffici.


Inaugurato il primo corso di laurea per gli infermieri

Gazzetta del Sud del 16/10/2008 ed. VIBO VALENTIA p. 33

PizzoAl via il primo corso di laurea in scienze infermieristiche che vede collaborare fianco a fianco l'Università "Magna Grecia" di Catanzaro e l'Azienda sanitaria vibonese. Nel corso del primo seminario, "Le nuove sfide dell'assistenza infermieristica", tenutosi nella sala congressi del Centro formazione ospedaliera di Pizzo (nella foto), i fautori del progetto ne hanno illustrati finalità e obbiettivi.
Della nuova iniziativa, che prende il via da una convenzione stipulata da l'ateneo catanzarese con il centro di formazione dell'Asp n. 8 di Vibo Valentia, saranno destinatari circa centocinquanta giovani studenti vibonesi. Il coordinatore del nuovo corso Arturo Pujia ha messo in evidenza come il polo di Vibo abbia risposto positivamente alla proposta di istituire un corso di formazione. «E proprio la formazione - sostiene Antonio Mantella, direttore dell'ufficio formazione dell'Azienda sanitaria - , è quel valore aggiunto per creare le sinergie giuste che consentono alla sanità di diventare competitiva e mettersi al passo con i tempi. L'efficienza delle strutture ospedaliere - aggiunge il direttore - dipende dell'efficienza del personale che ci lavora».
Secondo Domenico Fusca, direttore dell'ufficio comunicazione dell'Asp n. 8, «la formazione di personale capace ed efficiente è uno dei fiori all'occhiello della realtà sanitaria vibonese».
Ha partecipato ai lavori di presentazione anche Giovanbattista De Sarro, preside delle Facoltà di medicina dell'Università "Magna Grecia", il quale ha posto l'accento sull'importanza del ruolo dell'infermiere professionale. «Una figura - ha ribadito - importantissima all'interno di un qualsiasi presidio ospedaliero. Infatti se da una parte il medico ha il ruolo di visitare e diagnosticare, l'infermiere è la figura professionale che più sta a contatto con i pazienti».
L'incontro di ieri mattina è proseguito con altre tre sessioni di approfondimento: "Il corpo e la cura": dalla tecnica alla relazione. "L'infermiere e l'organizzazione del lavoro" e "L'accettazione del paziente in pronto soccorso". Al dibattito hanno partecipato, tra gli altri, anche il commissario dall'Asp Rubens Curia, il referente didattico del corso Luca Gallielli e il referente del tirocinio Antonio Cirillo, oltre a numerosi medici dell'azienda sanitari provinciale.(f.i.)


Manette ad Alcide Cerato

Il Mattino di Padova del 17/10/2008 , art di LIVIO FORNASIERO ed. Naz. p. 36

Nei guai il presidente del Consiglio del Ciclismo - NATO A LEGNARO L'imprenditore, oggi ha 69 anni, da giovane è stato un discreto corridore professionista
MILANO. Alcide Cerato, 69 anni, ex ciclista professionista di Padova, è finito in manette insieme ai figli Massimo e Andrea, titolari dell'impresa di onoranze funebri San Siro. In carcere anche Riccardo D'Antoni, titolare della Varesina, altra azienda del settore, e Vito Lo Verde, dipendente della stessa Varesina. In tutto sono stati arrestati 41 persone, molti gli infermieri, con l'accusa di aver elargito o incassato bustarelle per aver segnalato decessi avvenuti negli ospedali del milanese.Le imprese di pompe funebri coinvolte sono 19, comprese molte delle più conosciute di Milano. Il business era perfettamente organizzato: le numerose imprese di pompe funebri erano divise in fasce orarie della giornata nelle quali dovevano essere contattate dagli infermieri corrotti. Gli infermieri che non rispettavano le direttive e magari cercavano tangenti più cospicue «venivano di fatto emarginati e - affermano gli investigatori - quando possibile allontanati dalle camere mortuarie». Esisteva di fatto anche un tariffario. Le imprese di pompe funebri, per ingraziarsi quello che si ritiene il miglior anello di congiunzione con le famiglie, riconoscevano una mancia tra i 30 e gli 80 euro all'addetto per la vestizione del deceduto, anche se si trattava di una sua mansione di servizio. A questo si aggiungevano dai 150 ai 250 euro se l'impresa otteneva l'incarico di fornire i servizi funebri. Qualche impresario, anche con schede telefoniche intestate a terze persone procurate dagli organizzatori del sistema, si spacciava invece per dipendente dell'ospedale e instaurava così il primo rapporto, spesso decisivo, con le famiglie. Secondo gli investigatori, il sistema forniva tra i 10 e 15 mila euro al giorno agli addetti delle camere mortuarie, con costi evidentemente crescenti per le famiglie.Alcide Cerato, presidente del Consiglio del Ciclismo Professionistico, è nato a Legnaro l'11 febbraio del 1939. E' sempre stato un grande appassionato di ciclismo, il suo vero amore sportivo di gioventù e di lui ci si ricorda le grandi imprese da dilettante con un palmares di un'ottantina di corse. Si mise in evidenza anche da professionista difendendo i colori della Molteni dal 1961 al 1964 e poi nella Gs Citè. Nessuna vittoria per lui ma alcuni piazzamenti di prestigio come il secondo posto nella Coppa Placci nel 1962 ed il terzo nel Giro di Lombardia, sempre nello stesso anno. L'anno dopo, ancora nella Coppa Placci salì sul secondo scalino del podio. Concluse le sue avventure ciclistiche non abbandonò definitivamente lo sport delle due ruote, ma formò uno squadrone dilettantistico, il Gs Baggio San Siro, con lo stemma della ghirlanda sulle maglie, per pubblicizzare l'impresa funebre che fondò. Il gruppo ebbe tra le sue file anche Moreno Argentin e tanti altri corridori di spicco.


Ogni "segnalazione" valeva 200 euro

La Prealpina del 17/10/2008 ed. VARESE p. 9

Oltre 200 euro per la segnalazione di un decesso in ospedale a un'impresa di pompe funebri: è quanto potevano incassare gli infermieri addetti alle camere mortuarie degli ospedali milanesi coinvolti nell'inchiesta dei pm Grazia Colacicco e Fabio Napoleone sul racket dei decessi, che ha portato all'emissione di 41 provvedimenti di custodia cautelare da parte del gip Giuseppe Vanore (cinque in carcere e 36 agli arresti domiciliari), nei confronti di infermieri e titolari o dipendenti di imprese funerarie. Dalle indagini è emerso che c'era un tariffario per la retribuzione degli infermieri che fornivano le informazioni alle pompe funebri, permettendo loro di battere la concorrenza. La somma complessiva delle tangenti arrivava fino a 15 mila euro al giorno, mentre il fatturato complessivo per le imprese superava i 150mila euro al giorno, di cui il 5-10 per cento finiva nelle tasche degli "avvoltoi in camice bianco", coinvolti «in una vera e propria associazione a delinquere finalizzata a una vasta, sistematica ed estesa attività capillare di corruzione e di rivelazioni di segreti di ufficio». Nelle intercettazioni un indagato, parlando al telefono, spiega: «Stanotte ne ho fatti fare due». La frase è riportata nella richiesta d'arresto di un infermiere, dipendente dell'ospedale Niguarda. Dalla conversazione telefonica con la moglie «risulta che è in disaccordo con i colleghi della camera mortuaria, in quanto pretende di ricevere compensi anche per "pratiche" svolte da altri infermieri». «Poi passa di qua prima che te ne vai a casa», dice ancora al telefono l'infermiere a un collega. «Sì, sì», risponde l'altro. «E io ti aspetto» - continua il primo - che poi ti faccio anche due regali». «Va bene», risponde l'altro, e l'intercettato conclude: «Ti faccio un pupo e un pupazzino». l.t.


Allerta Oglio Po

La Provincia di Cremona del 17/10/2008 p. 29

C'è carenza di infermieri Medicina, 20 posti in menodi Andrea Costa VICOMOSCANO (Casalmaggiore) - Manca il personale infermieristico, resta chiusa la sezione specialistica 1 dell'Unità Operativa di Medicina generale dell'Oglio Po. E' allerta tra gli operatori sanitari del Casalasco-Viadanese per la chiusura di 20 posti letto nell'ospedale di Vicomoscano scattata il 26 maggio in previsione del periodo estivo e non ancora terminata.Ai medici di base della zona è arrivata nelle scorse settimane la comunicazione che la sezione non avrebbe riaperto i battenti come previsto, e che la chiusura sarebbe proseguita almeno fino a novembre. A tutt'oggi, tra l'altro, il personale mancante non è ancora stato trovato anche se il direttore sanitario del presidio, Rosario Canino (che ieri abbiamo contattato telefonicamente e che non ha rilasciato altre dichiarazioni), ha confermato che l'azienda sta provvedendo alla ricerca. La questione, comunque, crea allarme non tanto per il presente, quanto per le conseguenze future che potrebbe avere. Attualmente, infatti, l'Oglio Po è accreditato per 228 posti letto, 200 effettivi più altri 12-13 del Day Hospital e della Day Surgery: togliendo i 20 posti letto dell'Unità operativa di Medicina, si scende a soli 180 posti e con qualche piccolo taglio si potrebbe passare rapidamente a circa 160 posti. Se si arrivasse ad una quota così bassa, allora l'esistenza dell'ospedale stesso potrebbe venire messa in discussione. Insomma, l'attuale carenza di personale infermieristico, e la conseguente permanente chiusura di una parte del reparto di Medicina, rischia di provocare una pericolosa reazione a catena. C'è di che preoccuparsi. Tra l'altro, diversi operatori medici locali hanno rilevato che nei mesi estivi la sezione attualmente chiusa ha sempre registrato il 'tutto esaurito', a dimostrazione che la necessità di quei posti letto a livello territoriale c'è tutta. La riapertura ai primi di novembre sembra già ora difficile e quindi molto facilmente si sarà costretti a prorogare ulteriormente la chiusura creando nuovi disagi. Insomma, l'allarme è innegabile anche perché più volte negli anni l'ospedale Oglio Po è stato messo in discussione e solo grazie al fatto di essere una struttura perfettamente efficiente e in grado di erogare servizi di alta qualità - oltre al costante interessamento delle autorità locali e provinciali - lo ha messo al riparo da tagli e ridimensionamenti che hanno colpito altrove.


Cadde in una buca a Careggi:
« Identificare i medici e gli infermieri che lo seguivano»

Il Giornale della Toscana del 17/10/2008 p. 7

Il gip ha respinto la richiesta d'archiviazione della Procura e ha chiesto al pm di accertare chi aveva in custodia il paziente L'avvocato Cosmai: «È emerso un possibile profilo colposo»Il gip del tribunale di Firenze, David Monti, ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dall'avvocato Sandro Cosmai sulla vicenda di paziente dell'ospedale di Careggi che nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 2006 morì cadendo nella buca di un cantiere dell'ospedale. Il gip Monti ha chiesto al pm Giulio Monferini di procedere ad altre indagini per identificare in concreto chi, fra infermieri e medici del reparto di chirurgia aveva in custodia la vittima. È la terza volta che la procura della Repubblica propone l'archiviazione, ma i familiari del paziente, Carlo Trentanovi, 72 anni, assistiti dall'avvocato Sandro Cosmai, si sono sempre opposti, ottenendo vari supplementi di indagini. Il gip Monti, stavolta, ha rilevato che le perizie disponibili negli atti dell'inchiesta fanno emergere un dato convergente, e cioè che il paziente era affetto da sindrome «sundowning» la quale comportava uno stato di forte agitazione psicomotoria e confusionale, che fu annotato nella cartella clinica. Il gip ha evidenziato per la prima volta nella vicenda rileva l'avvocato Cosmai - un possibile profilo colposo, dovuto ad una serie di concause che portarono al decesso, di quanti avrebbero dovuto sorvegliare e somministrare trattamenti tali da impedire la libertà di movimento del paziente in considerazione del suo stato di salute. «Dall'atto peritale del dottor Rolando Paterniti e dalla consulenza tecnica di parte conseguente emerge un dato convergente che comunque impone una rimeditazione sulla richiesta d'archiviazione» si legge nel decreto di non accoglimento allo stato di richiesta d'archiviazione. Il gip dispone che il pm proceda ad indagini «volte ad identificare chi concretamente quella notte aveva in custodia fra il personale infermieristico e medico il paziente Trentanovi Carlo prosso l'ospedale di Careggi e, secondo le qualifiche, ne poteva essere in qualsiasi modo responsabile quanto allo stato ed alla sindrome di cui sopra ed alla sua corretta gestione dei suoi movimenti connessi allo stato di salute ed all'insorgenza della sindrome indicata». Adesso il pm ha trenta giorni per svolgere i nuovi accertamenti e prendere decisioni. Soddisfazione è stata espressa ieri dall'avvocato Sandro Cosmai che sta portando avanti una vera e propria battaglia legale per fare doverosa chiarezza sull'accaduto. «É sicuramente un passo avanti - ha detto l'avvocato Cosmai - anche se la strada è ancora tutta in salita». Trentanovi si allontanò nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 2006 dal reparto di chirurgia generale dov'era ricoverato per un intervento. La mattina dopo il suo cadavere fu trovato nella buca del cantiere. Trentanovi era un agente di commercio in pensione. Era stato sottoposto a un intervento chirurgico poche ore prima ma durante la notte riuscì ad uscire dal reparto. Quando la sua assenza fu notata era ormai troppo tardi. Sul posto intervennero polizia, vigili urbani e vigili del fuoco e scattarono i primi accertamenti sull'esatta dinamica dell'incidente. L'episodio suscitò le critiche dell'opposizione che puntarono il dito su un episodio definito da alcuni esponenti politici un caso di malasanità. Critiche giunsero dal presidente del gruppo consiliare di An Maurizi Bianconi che insieme alla vicepresidente Giuliana Baudone e a tutti i membri del gruppo consiliare in Regione annunciò un'interrogazione urgente a risposta scritti.
l'avvocato Sandro Cosmai che rappresenta i parenti dell'anziano morto all'ospedale di Careggi dopo essere finito in una buca. Il legale aveva fatto opposizione contro la richiesta di archiviazione del pm Monferini

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