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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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lunedì, settembre 8

Rassegna Stampa - 06 - 07- 08.09.2008


Tra medici e sanitari si riapre il dibattito

Il Sole 24 Ore del 08/09/2008 IN PRIMO PIANO p. 9

GLI INFERMIERI Chiedono una magistratura interna che vigili su deontologia e incompatibilà delle cariche interne e sindacali
Paolo Del Bufalo La prima preoccupazione per una riforma delle professioni sono i «riferimenti generici e confusi sulle modalità di costituzione, funzionamento e controlli disciplinari degli organi gestionali di Ordini e Federazioni» che finora tutte le proposte governative hanno delineato. Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (oltre 340mila iscirtti), ricorda che già con lo scorso Governo la Fnom e quindici tra i maggiori sindacati medici hanno preso posizione sulla riforma delle professioni. «I paletti che avevamo indicato e che valgono ancora oggi - spiega - possono riassumersi nel rifiuto che le nostre attività professionali siano ridotte a "prestazioni d'opera" qualificate: il professionista della salute non è una macchina da inserire in cicli produttivi. E respingiamo per questo qualunque prospettiva di aprire un mercato di servizi professionali e di concorrenza sui prezzi e di costituire società "aperte" a soci non professionisti che potrebbero trasformarsi in contenitori-copertura di fenomeni di abusivismo e prestanomismo, particolarmente diffusi soprattutto nell'ambito odontoiatrico».Bianco ricorda anche che i medici hanno sempre respinto la cosiddetta "riserva di attività": non deve essere possibile alcuna sovrapposizione di prestazioni professionali.Un argomento, questo, che alla fine della scorsa legislatura ha bloccato il varo del decreto legislativo con cui si istituivano, secondo la legge 43/2006, gli Ordini delle 22 professioni sanitarie (più di 550mila operatori), in cui i medici hanno letto il rischio di invasioni di campo da parte di infermieri, tecnici sanitari, della riabilitazione eccetera. Ma sugli Ordini le professioni non si arrendono e rilanciano la loro battaglia. «Tra le 22 professioni sanitarie - spiega Angelo Mastrillo, segretario della conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie e responsabile di una di queste - ci sono oggi "riconoscimenti" parziali (hanno gli albi) solo per cinque di queste: infermieri, infermieri pediatrici, ostetriche, tecnici di radiologia, assistenti sanitari. Al nuovo Parlamento sono state già presentate diverse proposte di legge che speriamo non abbiano difficoltà di percorso visto che la legge 43 fu approvata sotto il governo Berlusconi e la sua piena applicazione è stata inserita nel programma elettorale dell'attuale Governo».Tre argomenti invece devono assolutamente esserci in una riforma delle professioni secondo Annalisa Silvestro, presidente della Federazione degli infermieri Ipasvi: una "magistratura interna" alle professioni per garantire la deontolgia degli operatori, il controllo degli Ordini sulla loro formazione e l'incompatibilità assoluta tra cariche ordinistiche e sindacali. «Niente giudici, ma è necessario che si realizzino commissioni provinciali o regionali - spiega Silvestro - formate da iscritti agli Ordini di altre regioni o province e da rappresentanti dei cittadini con poteri sanzionatori pesanti per chi trasgredisce le regole deontologiche. E poteri forti gli Ordini devono averli anche nei confronti di non raggiunge precisi standard di aggiornamento professionale».

Ipasvi, si inaugura la nuova sede
La Nazione del 06/09/2008 ed. Grosseto p. 7

SI INAUGURA oggi alle 9.30 la nuova sede in via Repubblica Dominicana 80 dell'Ipasvi. Dopo il saluto della presidente provinciale Claudia Monaci, il taglio del nastro e la benedizione del vescovo Franco Agostinelli, la cerimonia proseguirà con interventi e consegna di riconoscimenti fino alle 13.



Bimbo annegato:
resta a terra l'infermiere dell'elicottero 118

La Repubblica del 07/09/2008 ed. Torino p. 07

NON presterà più servizio sugli elicotteri Daniele Marchisio, l'infermiere del 118 che il 29 agosto ha soccorso il piccolo Lorenzo Appierto, due anni, annegato nella piscina della sua casa di Rivarossa, dimenticando però nel frigo la busta con i farmaci salvavita. Un errore - rivelato da alcune lettere anonime - dovuto a un eccesso di scrupolo, probabilmente. Nella letteratura medica, infatti, sono discordi le tesi che parlano di un calo di efficacia dell'adrenalina nella rianimazione se tenuta al caldo. Così non esiste un protocollo specifico e ogni squadra sceglie se tenerla nello zaino senza precauzioni, se mettere del ghiaccio nella borsa o tenerla in frigo. «La decisione di sospendere l'infermiere non è un procedimento disciplinare ma di una questione di opportunità - spiega il responsabile della centrale, Danilo Bono - Continuerà a lavorare in centrale, ma non farà più i turni in elicottero. Per quanto tempo è ancora da vedere». Al medico anestesista, invece, Rino Noè, era già stata sospesa la convenzione con il 118. Sua, infatti, la firma sulla scheda di emissione compilata sul luogo del decesso. Forse a causa di una forte emotività, scosso dall'accaduto, il medico ha scritto di aver praticato procedure che non avrebbe potuto fare proprio perché adrenalina e atropina erano rimaste alla base. (f. cr.) L'elicottero sopra la villa della famiglia Appierto


Sospeso il medico del 118

La Repubblica del 06/09/2008 , articolo di FEDERICA CRAVERO ed. Torino p. 05

La Procura indaga sui soccorsi al bimbo annegato
G LI agenti della polizia giudiziaria ieri pomeriggio sono entrati nella sede della centrale operativa del 118 a Grugliasco. Mandato: reperire tutto il materiale che possa aiutare la procura di Ivrea, competente per territorio, a fare chiarezza sui soccorsi portati a Lorenzo Appierto, il bambino di due anni annegato il 29 agosto nella piscina di casaa Rivarossa, nel Canavese. Alcune lettere anonime inviate ai giornali, infatti, avevano accusato il personale dell'elisoccorso di aver dimenticato nel frigorifero adrenalina e atropina, i farmaci salvavita.Il 118 ha avviato delle indagini interne e in sostanza già ammesso l'errore. La direzione generale del Cto, che ha la gestione del sistema provinciale 118 e il coordinamento dell'elisoccorso, ieri ha interrotto la convenzione con il medico anestesista impegnato nel soccorso, che lavora in un ospedale della cintura torinese: «Sono emerse rilevanti incongruenze tra il tipo di intervento effettuato e quanto desumibile dal rapporto clinico redatto dal suddetto sanitario al termine dell'intervento», si legge in una nota. Ovvero il medico ha redatto un rapporto falso.Quanto all'infermiere, invece, trattandosi di un dipendente, potrebbero essere avviati provvedimenti disciplinari interni, fino al licenziamento. E in un secondo momento del loro caso potrebbero interessarsi l'ordine dei medici e il collegio infermieri per eventuali violazioni della deontologia professionale. Sulla professionalità e l'esperienza dei due, in ogni caso, nessuno ha dubbi. «Soffro come se fosse capitato a me - ha detto Laura Taverna, responsabile della base elicotteri di Torino - Sono persone bravissime. E d'altra parte chi sale sugli elicotteri ha una preparazione notevole: almeno due anni di esperienza per avere l'idoneità, un duro corso di abilitazione, un affiancamento sull'elicottero con gli istruttori e un addestramento continuo due volte all'anno». Ieri, intanto, sono iniziati anche gli interrogatori in procura, a Ivrea. Tra i primi ad essere ascoltati Danilo Bono, responsabile della centrale operativa. Uno degli aspetti da chiarire è se i farmaci mancanti avrebbero potuto salvare la vita al piccolo Lorenzo. E a seconda delle conclusioni dell'indagine giudiziaria e medico-legale il fascicolo in mano al procuratore capo Elena Daloiso potrà assumere un peso diverso. La polizia giudiziaria passerà al vaglio le registrazioni delle telefonate con la centrale operativa, le schede di emissione dei pazienti e anche la «check list», ovvero il protocollo obbligatorio che medico e infermiere firmano a ogni inizio turno.Si tratta di un elenco dettagliatissimo di tutta la dotazione che il personale della base (pilota, elicotterista, tecnico del soccorso alpino, infermiere di area critica e medico anestesista-rianimatore) deve avere con sé quando si parte per un intervento. Ogni mattina, dopo aver indossato e ispezionato l'imbracatura, inizia il controllo del mezzo: elicottero, caschi, radio. E poi il materiale sanitario: ossigeno, bende per steccare gli arti, test al defibrillatore, respiratore, aspiratore, forbici, collari, batterie di ricambio per le apparecchiature, una busta di farmaci pediatrici, una per le ustioni, una per le amputazioni. E una che contiene fiale da conservare al fresco: ipnotici, anestetici e curari per intubare i pazienti e adrenalina e atropina, farmaci salvavita. E che quel pomeriggio è stata dimenticata nel frigorifero. C'è anche chi la tiene in uno zaino all'ombra accanto a blocchi di ghiaccio, ma sono scelte personali. Un'altra indagine interna, inoltre, ha dato il via alla caccia al «corvo» che ha inviato le lettere anonime, che secondo il direttore generale del Cto, Alberto Andrion, «è un sintomo di seria patologia di comportamento nei rapporti civili e di lavoro che va combattuto e perseguito alla stessa stregua di eventuali rilevanti inadempienze».


Un osservatore anti-errore con i soccorritori del 118

La Stampa del 08/09/2008 ed. TORINO p. 56

Il 118 piemontese verificherà le procedure di emergenza, per comprendere se esistono «falle» nel sistema di pronto intervento, o se l'errore compiuto dal medico e dall'infermiere dell'elisoccorso giunto il 29 agosto scorso a Rivarossa senza farmaci salvavita sia legato a sola e pura negligenza.Da oggi, e per un periodo limitato di tempo, su ambulanze ed elicottero viaggerà a turno un osservatore. Non interverrà direttamente nelle manovre, ma avrà il compito di verificare se i protocolli previsti vengono seguiti o se qualcosa non viene rispettato. E perché.Anche sulla strada o in volo, insomma, sarà adottato un più rigido metodo di segnalazione di errori e quasi-errori, come accade ormai da tempo in molti ospedali italiani che hanno importato la prassi dall'aeronautica americana.Mai più un caso-Lorenzo, dunque. Sembra questo il messaggio che arriva dal 118, che in questi giorni ha sempre trattato la vicenda di Rivarossa con la massima trasparenza nei confronti dell'opinione pubblica. Benché sia ancora da verificare se l'iniezione di adrenalina avrebbe potuto o meno rianimare il bimbo di due anni e mezzo caduto in piscina sotto gli occhi dei quattro fratellini mentre la mamma stirava, non c'è dubbio che il contenitore con i medicinali salvavita da conservare in frigo era stato dimenticato proprio lì, in frigo, anziché esser portato sull'elicottero pochi istanti prima del decollo da corso Marche a Rivarossa.Continua intanto, al cimitero nel Canavese, la piccola processione di chi depone un fiore davanti al loculo di Lorenzo Appierto. Segno che quanto denunciato da una «talpa» del 118 ha toccato - comunque andranno a finire le cose - la sensibilità e il cuore di molti.L'anestesista sospeso dal 118 e l'infermiere lasciato a terra dal servizio di elisoccorso, preferiscono continuare a non parlare. «Tutto ciò che dovevamo spiegare - ribadiscono con cortesia e fermezza - lo abbiamo scritto su una relazione interna. Relazione che la procura ha già in mano, dopo aver ascoltato e verbalizzato la ricostruzione dell'accaduto fatta dal responsabile del 118, Danilo Bono.Da quanto trapela da questa inchiesta, l'anestesista e l'infermiere professionale non avrebbero falsificato la cartella dell'intervento. Non avrebbero, cioè, scritto di aver iniettato adrenalina o altri medicinali, quando invece quei farmaci non erano a bordo. «Il problema - dichiara il dottor Bono - è che però non hanno neppure segnato in nota l'accaduto. Cosa che avrebbero invece dovuto fare». Cosa che ha portato il direttore generale del Cto a segnalare il comportamento sia dell'anestesista sia dell'infermiere all'Ordine e al Collegio professionale di cui fanno parte.www.lastampa.it/accossato


Bimbo annegato in piscina Sospeso anche l'infermiere

La Stampa del 07/09/2008 , articolo di GIANNI GIACOMINO ed. TORINO p. 55

E' stato sospeso dai voli del 118 anche l'infermiere professionale Daniele Marchisio che, insieme all'anestesista, il dottor Gennaro Noè, era a bordo dell'elisoccorso atterrato senza farmaci salvavita a Rivarossa. Anche lui faceva parte dell'équipe che, il 29 agosto scorso, è intervenuta per cercare di strappare alla morte Lorenzo Appierto, un bambino di 2 anni caduto nella piscina di casa, in Borgata Paradiso. L'infermiere professionale non volerà più per le emergenze sanitarie, ma resterà alle dipendenze del Cto, che gestisce il servizio per l'emergenza sanitaria in Piemonte. Come il dottor Noè che continuerà il suo lavoro all'ospedale Santa Croce di Moncalieri, dopo che per lui è stata annullata la convenzione con il 118. «Questo in attesa di altre sanzioni che potrebbero prendere le direzioni generali» puntualizza, però, Danilo Bono, il coordinatore del 118 piemontese.L'indagine interna, avviata subito dopo la lettera anonima, probabilmente ha stabilito che le responsabilità per la dimenticanza dei farmaci non si possano solo accollare al medico, ma anche all'infermiere. Perché anche lui controfirma la documentazione e deve - sempre insieme al medico - verificare il rispetto della check-list all'uscita della base dell'elisoccorso. In pratica è un foglio sul quale c'è una lista precisa di tutto quello che deve essere caricato sull'elicottero prima del decollo verso l'emergenza. Sulla cartella di fine intervento non c'è poi nessuna annotazione riguardo ai farmaci dimenticati. Quindi, il medico non avrebbe mentito, ma non avrebbero riportato la verità. Un aspetto che potrebbe essere molto importante nel corso delle indagini. Intanto, in queste ore, si attendono anche delle decisioni da parte dei magistrati di Ivrea che, l'altro giorno, hanno sentito a lungo il dottor Bono. Probabilmente la Procura intende verificare se il piccolo Lorenzo poteva essere salvato con l'impiego dei farmaci dimenticati in centrale. «Io ho visto tutto quello che hanno fatto e ho piena fiducia il loro», ha detto la mamma del bambino che, in collegamento telefonico con il 118, aveva tentato lei stessa di rianimare il più piccolo dei suoi sei figli. In questa brutta storia, però, le indagini vanno anche in un'altra direzione. La direzione del Cto, infatti, ha chiesto agli inquirenti se sia possibile, in qualche modo, risalire alla «talpa» che ha scritto e spedito la lettera senza parlarne prima con i responsabili del servizio o direttamente con l'autorità giudiziaria. «Lo strumento della segnalazione anonima va combattuto e perseguito alla stessa stregua di eventuali rilevanti omissioni od inadempienze nello svolgimento della prestazione lavorativa» ha sottolineato il dottor Alberto Andrion, direttore generale del Cto. Dall'altra parte, quella del dolore, la famiglia di Lorenzo Appierto è chiusa nel suo dramma nella villa di Borgata Paradiso, immersa nella tranquillità della campagna di Rivarossa. Non si sa, se dopo tutto quello che è successo, mamma e papà abbiano deciso di presentare una denuncia. «Lasciateci in pace - dicono ai cronisti - rispettate la nostra sofferenza».


Festa per i cento anni delle "crocerossine"

La Stampa del 06/09/2008 ed. CUNEO p. 61

Concerto, sfilata, consegna delle onorificenze e presentazione di un libro. Il Comitato di Mondovì delle infermiere volontarie della Croce Rossa ha fatto le cose in grande per celebrare il centenario della nascita del Corpo ausiliario delle Forze Armate. Oggi a Piazza, nel «salotto buono» della città, le divise delle infermiere (graduate delle forze armate che in tempo di pace si occupano di assistenza sociosanitaria agli infermi e malati terminali, servizi socioassistenziali, corsi di soccorso ed educazione sanitaria per la popolazione, scuole) saranno protagoniste.Le prime crocerossine, a Mondovì, sono presenti dal 1915, un anno dopo la costituzione del Sottocomitato, avvenuta il 7 ottobre 1914, uno dei primi nati in Italia. Il primo presidente fu Brigida Albertina Catarsi, oggi le volontarie sono guidate da Maria Teresa Roberi Blengini. Sette le ispettrici che si sono succedute da allora, decine i corsi di formazione, circa 200 i diplomi distribuiti per le volontarie che hanno superato i severi esami per diventare crocerossine.Il programma prevede alle 15,15 il concerto della Fanfara della sezione Ana di Mondovì. Alle 16 la crocerossine sfileranno dall'ex caserma alla Sala Ghislieri, attraversando piazza Maggiore. Nella sala affrescata accanto al Vescovado avverrà la consegna delle onorificenze alle infermiere con 25 o più anni di servizio. Alle 17 sarà presentato il libro di cartoline d'epoca «Cento anni in cartolina», curato da Virginia Brayda e Maria Teresa Blengini.


Bimbo annegato sospeso il medico "Nascosto l'errore"

La Stampa del 06/09/2008 , articolo di MARCO ACCOSSATO ed. TORINO p. 48

E' stato sospeso dal 118 il medico anestesista che era a bordo dell'elisoccorso giunto senza farmaci salvavita a Rivarossa, il 29 agosto scorso, per tentare di salvare un bimbo di 2 anni caduto nella piscina di casa. Il dottor Gennaro Noè, in forza all'ospedale Santa Croce di Moncalieri, da ieri non fa più parte dell'équipe dell'emergenza sanitaria. Un provvedimento lampo. Gli viene contestata - secondo quanto trapela dalla serratissima indagine interna - non solo la negligenza di non aver caricato quei farmaci a bordo, ma anche di non aver segnalato l'accaduto al termine di un intervento purtroppo inutile. Non una riga sull'«incidente» comparirebbe sulla cartella dell'intervento. «Rilevanti incongruenze - dice un comunicato della direzione generale del Cto, che gestisce il sistema provinciale del 118 - sono emerse tra il tipo di intervento effettuato e quanto desumibile dal rapporto clinico redatto al termine dell'intervento». Stando a quel foglio, l'équipe di «Tango Eco» avrebbe seguito le procedure previste. Medico e infermiere sull'elicottero avrebbero fatto tutto il possibile per strappare alla morte Lorenzo Appierto. Senza l'ombra di un dubbio che invece, ora, sorge. Sospeso il medico, resta invece in servizio l'infermiere professionale Daniele Marchisio che, insieme all'anestesista, controfirma la documentazione e deve - sempre insieme al medico - verificare il rispetto della check-list all'uscita della base dell'elisoccorso: su un foglio bianco è indicato che cosa deve esserci a bordo dell'elicottero in partenza.I responsabili del «118» ritengono evidentemente più grave il comportamento dell'anestesista, poiché la documentazione è un «atto medico» compilato sotto la responsabilità diretta del dottore. Ma è giudicato «gravissimo alla stessa stregua» anche il comportamento della «talpa» che ha denunciato la cosa spedendo una lettera persino ai genitori del bimbo, anziché segnalare l'accaduto ai responsabili del servizio o alla procura.La procura di Ivrea ha acquisito la lettera anonima che ieri ha scatenato il terremoto nel 118. La direzione del Cto intende procedere anche contro la «talpa», e ha chiesto di verificare se sia possibile risalire a un responsabile: «Lo strumento della segnalazione anonima è sintomo di seria patologia di comportamento nei rapporti civili e di lavoro che va combattuto e perseguito alla stessa stregua di eventuali rilevanti omissioni od inadempienze nello svolgimento della prestazione lavorativa», dichiara in una nota il dottor Alberto Andrion, direttore generale del Cto.Medico e infermiere coinvolti preferiscono non rilasciare dichiarazioni nel merito. Indipendentemente dalla conferma o meno della relazione causa-effetto tra la dimenticanza dei farmaci e la morte del piccolo Lorenzo, il dottor Andrion annuncia comunque possibili provvedimenti disciplinari. L'errore c'è stato.www.lastampa.it/accossato


Ecco la moto-ambulanza: arrivano i vigili infermieri

Il Giornale del 06/09/2008 ed. Nazionale p. 20

Attrezzati per prestare le prime cure alle vittime di incidentida Napoli Non solo multe. Ora arriva anche il vigile infermiere. A Cicciano, centro in provincia di Napoli, i poliziotti municipali presteranno i primi soccorsi ai feriti. Due le «moto-ambulanza» acquistate appositamente dall'amministrazione comunale. L'agente presterà il primo soccorso alle persone coinvolte in incidenti stradali e domestici e attiverà la catena dei soccorsi, con l'obiettivo di preservare le funzioni vitali del ferito. Si sa, spesso in caso d'incidenti o malori, è proprio la celerità del soccorso l'arma in più per salvare una vita. La strumentazione in dotazione alla pattuglia di questi vigili «in prima linea» comprende un pallone per la rianimazione, un respiratore, una piccola bombola di ossigeno, un defibrillatore e bendaggi vari per svariati tipi di traumi: per questo tutti i poliziotti municipali da giorni stanno seguendo un corso di assistenza medica tenuto dagli esperti della Croce Rossa Italiana. Secondo il sindaco Giuseppe Caccavale «questo è un modo diverso per far sentire ai cittadini la presenza dell'amministrazione in tutte le ore del giorno e sotto tutte le forme». «L'innovativa figura del vigile infermiere - prosegue il primo cittadino - garantirà ancora più sicurezza alla comunità e un controllo ancora più mirato alle strade del nostro territorio e permetterà di intervenire in maniera tempestiva in situazioni difficili: dopo il vigile di quartiere questa è la testimonianza di come i cittadini non siano mai soli». Iniziativa da esportare. Prove di rianimazione


«Servono psicologi per assistere chi cura gli ammalati gravi»

Il Resto del Carlino del 07/09/2008 ed. Reggio Emilia p. 6

La direttrice Usl Martini: «Abbiamo messo nell'intranet aziendale la lettera degli amici di Luca Lotti. Ci ha commosso»
LA LETTERA degli amici della famiglia di Luca Lotti è subito stata inserita nell'intranet aziendale dell'Usl. Danno una fortissima motivazione, messaggi come quello pubblicato dal nostro giornale l'altro giorno. Ringraziando la medicina di base, le infermiere a domicilio e l'Hospice di Montericco di tutto quanto avevano fatto per aiutare tra la mura di casa il dodicenne di Canali stroncato da una gravissima malattia, gli amici di Luca si rivolgevano così alla direttrice generale dell'Ausl Mariella Martini (foto a destra): «Riteniamo che l'offerta di questi servizi sia espressione di una grande sensibilità e senso civile: le chiediamo pertanto di favorirne il consolidamento e lo sviluppo affinchè altre persone sofferenti possano usufruirne». Ieri la dottoressa Martini ha accettato di approfondire con noi un tema che tocca la dignità umana ed è spia del nostro grado di civiltà. Dottoressa Martini, quale è stata la sua reazione nel leggere la lettera degli amici di Luca? «Ho provato commozione. Il nostro obiettivo è accompagnare la sofferenza in modo che non sia disperata, come mi pare sia accaduto nella famiglia di Luca e di coloro che l'hanno sostenuta. Abbiamo molto apprezzato la lettera: l'abbiamo messa nell'intranet aziendale perchè pensiamo sia un riconoscimento importante per gli operatori. Ed è uno sprone a tutti noi per migliorare per quanto è possibile l'assistenza». La lettera è chiara: gli amici di Luca chiedono di consolidare e sviluppare l'assistenza a casa grazie a queste splendide professionalità. «Non ci sono domande inevase di assistenza domiciliare integrata per casi di malattia di media e alta intensità. Un dato provinciale complessivo per bassa, media e alta intensità di assistenza: dalle 9.730 persone assistite a casa del 2005 siamo passati alle 11.890 del 2007 e nel 2008 il numero è ancora in crescita. I casi di media intensità assistenziale sono stati nel 2007 3.551. Quelli di alta intensità, molti dei quali pazienti oncologici, 2.066: tre anni fa erano 1.549. Abbiamo dato la priorità ai casi più complessi e gravi, che hanno bisogno di assistenza continuativa: tumori, ma anche la Sla che è in crescita, malattie neurologiche, scompensi cardiologici avanzati. Figure portanti sono gli infermieri, novanta, e i 350 medici di medicina generale». Ma in tempo di economie per potenziare un servizio bisogna ridurre da altre parti. «A domicilio abbiamo ridotto le cosiddette prestazioni spot, per esempio i prelievi. Avremmo bisogno di più infermieri. E c'è bisogno di aumentare il supporto psicologico, alle famiglie e agli operatori. La Fondazione Manodori ci ha dato 250 mila euro in tre anni per lo sviluppo dell'assistenza domiciliare. Una parte l'abbiamo usata per fare contratti con gli psicologi». Un lavoro estremamente duro. Come avviene la selezione? «Il principio è che chi fa assistenza domiciliare di questo tipo la deve scegliere. In genere chi fa questa esperienza non è un giovane assunto da poco. Ha una lunga storia professionale alle spalle ed è motivato dal desiderio di mettere in gioco la capacità di sostenere le sofferenze altrui che ha conosciuto prima». C'è chi si arrende? «Sì, qualcuno rinuncia e non c'è nulla di male. Capire il dolore degli altri e riuscire a essere di sostegno è fonte di gratificazione ma anche di turbamento. E c'è bisogno di supporto psicologico per gli operatori». Gli amici della famiglia Lotti esaltano le cure palliative. «Sono un diritto dei cittadini e un dovere del servizio sanitario nazionale. Quando non si può più guarire perchè si deve soffrire? Servono per evitare la sofferenza fisica e anche interiore. Semmai occorrerebbe utilizzare gli oppiacei. La morfina da noi è troppo poco utilizzata. C'è forte resistenza dei medici». E' favorevole all'eutanasia? «Non la condivido. Occorerebbe fosse disciplinato in Italia il testamento biologico che significa: 'Non voglio accanimento terapeutico'. Credo sia uno strumento importante per definire il tipo di cure che si vuole ricevere. C'è in numerosi altri paesi: è un'esperienza a cui fare riferimento». E se l'ammalato cambiasse idea? «Nella maggior parte dei casi posso esprimermi. Ma quando si è in condizioni di impossibilità di contatto con il mondo esterno credo sia impossibile cambiare idea». Ma è davvero possibile curare a casa gli ammalati gravi? «Sì. C'è anche una rianimazione che si fa in casa. Ci sono percorsi di dimissione protetta: l'ospedale avvisa il servizio infermieristico domiciliare giorni prima perchè si organizzi». Sono aumentati i casi di tumore nei bambini? «Non tanto tumori, ma altre gravi patologie. Questo perchè si riesce a mantenere in vita bambini che in passato morivano. Ma per tenerli in vita hanno bisogno di forte impegno assistenziale: su questo abbiamo un coinvolgimento particolare, i nostri casi sono il 24 per cento di tutti quelli seguiti in regione». Ci sono differenze tra mortalità infantile tra italiani e stranieri? «Negli ultimi anni abbiamo osservato una mortalità infantile più elevata degli stranieri nel primo anno di vita, e questo è legato alle condizioni di vita più precarie che conducono». m.s.


Ospedale, tornano i letti a Medicina 1

Il Giorno del 06/09/2008 , articolo di GIULIO DOTTO ed. Milano p. 19

In giugno i posti erano stati tagliati per la mancanza di infermieri di GIULIO DOTTO - GARBAGNATE MILANESE - INFERMIERI professionali, in buona parte stranieri, mandati a seguire ulteriori corsi di specializzazione prima di ritornare nei reparti. Una scelta obbligata per la direzione sanitaria dell'Azienda ospedaliera Guido Salvini che all'inizio di quest'estate ha rischiato addirittura di trovarsi senza l'accreditamento regionale di un reparto di medicina e che ora, dopo l'accorpamento con un'altra medicina riaprirà il 15 settembre. E' il risultato dei problemi causati dalla soppressione delle scuole infermieri e l'apertura, con numero chiuso, dei corsi universitari della durata di tre anni che preparano personale paramedico. Nella sola azienda Salvini che accorpa gli ospedali di Garbagnate, Rho, Passirana e Bollate, ne mancano circa 200 e per questo motivo in molti casi si è dovuto ricorrere alle cooperative molte delle quali impiegano personale straniero. «NEL GIUGNO scorso, anche in arrivo dell'estate, avevamo deciso la riduzione dei posti letto in parecchi reparti e delle attività nei distretti, afferma il professor Paolo Moroni, direttore sanitario della Salvini. Il problema maggiore si era presentato nel reparto di medicina 1 dove c'erano delle situazioni con il personale della cooperativa. Per questo motivo e per consentire ai responsabili della cooperativa stessa di preparare i suoi infermieri, avevamo deciso di accorpare le due medicine dell'ospedale di Garbagnate. Il 15 settembre la situazione ritornerà normale in quanto medicina 1 passerà dagli attuali 12 posti letto a 30 mentre la 2 conserverà i suoi 40 letti. Il problema del personale poco preparato era stato più volte denunciato dagli stessi addetti ai lavori e da alcuni malati che avevano segnalato anche degli errori fatti dagli infermieri stranieri nel somministrare dei medicinali. La situazione era stata parzialmente risolta affiancando al nuovo personale quello «vecchio» che, andando in pensione, ha lasciato ancora altri problemi. «LAVORARE in un reparto di medicina non è certamente facile: qui bisogna fare di tutto e adattarsi a ogni situazione, cosa che molti non vogliono fare. È per questo che preferiscono farsi trasferire in settori ospedalieri meno impegnativi», afferma un infermiere professionale prossimo alla pensione. La situazione creatasi nel reparto garbagnatese, fortunatamente in via di soluzione con l'arrivo del personale più specializzato, aveva fatto scattare il campanello della Regione e in extremis la Salvini aveva scongiurato di farsi togliere l'accreditamento della Medicina 1.


Tutti guariti negli ospedali Le assenze calano del 40%

Libero del 06/09/2008 , articolo di ELIANA GIUSTO p. 43

Effetto Brunetta a luglio e agosto nei nosocomi milanesi I fannulloni della sanità si sono fatti furbi. Da quando Brunetta gli ha dichiarato guerra, con i giorni di malattia ci vanno piano. Dati alla mano, le assenze di medici, infermieri e amministrativi, dal mese di luglio a oggi, sono diminuite di poco meno del quaranta per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Almeno per quanto riguarda i quattro ospedali milanesi esaminati: Fatebenefratelli, Niguarda, Policlinico e San Carlo. Sembra insomma che da quando il ministro della Funzione pubblica ha reso noto il contenuto della circolare che prevede il giro di vite sulle assenze dei dipendenti statali, i "sanitari" si siano dati una regolata. La verifica sulle assenze messe a confronto con quelle dell'anno precedente parla chiaro: meno 37 per cento di personale in malattia al Policlinico, meno 35 per cento al Fatebenefratelli, meno 41 per cento all'ospedale San Carlo e al Niguarda. Per quest'ultimo è stato preso in considerazione anche il mese di giugno: 5.915 giorni di malattia contro i 5.954 del 2007. Una differenza minima - dello 0,66 per cento - che dà bene l'idea del ciclone Brunetta. IL CROLLO IMPROVVISO Da luglio, infatti, la forbice si allarga in modo esponenziale. I giorni di malattia si riducono a 1.904, contro i 3.282 registrati nel 2007 (il calo è addirittura del 42 per cento) e ad agosto si crolla a 893 assenze, a fronte delle 1.517 del 2007 (meno 41,13 per cento). Stesso calcolo è stato fatto all'ospedale Fatebenefratelli, prendendo in esame periodi "pre e post" Brunetta. «Nel bimestre che va dal 24 aprile al 24 giugno 2008 - fa sapere l'ufficio stampa dell'ospe dale - avevamo già osservato un calo delle assenze che si aggirava intorno al venti per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (da 4.304 a 3.402)». Ma nel bimestre 25 giugno-24 agosto «la riduzione è stata ancora più consistente, spingendosi fino a un meno trentacinque per cento (passando cioè da 3.038 a 1.968 giorni di malattia)». Al Policlinico, con i suoi tremila e duecento dipendenti fra medici, infermieri, tecnici e amministrativi, lo scenario non cambia: 6.029 giornate di malattia registrate dal primo luglio al 31 agosto 2007, 3.684 nello stesso periodo di quest'anno. Una riduzione del 37 per cento. Che però, comunicano dall'ospe dale, «ha riguardato per lo più il personale amministrativo, meno invece i medici e gli infermieri tra i quali l'incidenza dei "fannulloni" è sempre stata molto più bassa». Il conteggio al San Carlo Borromeo, a differenza degli altri tre ospedali, è stato eseguito soltanto sulle malattie "brevi", ovvero quelle finite nel mirino del ministero. Anche in questo caso a parlare sono i numeri: nei mesi di luglio e agosto si sono sommate 2.430 assenze. L'anno scorso erano 4.120 (ovvero il 41 per cento in più). LE REAZIONI Di fatto, quindi, l'andamento dei giorni di malattia richiesti nei quattro ospedali milanesi conferma i dati emersi dal monitoraggio condotto dal ministero dell'Innovazio ne e della Funzione pubblica su un campione di settanta amministrazioni centrali e periferiche alle quali fanno capo 210 mila lavoratori. Il calo rilevato era anche in questo caso vicino al trentasette per cento. Gli uffici del personale degli ospedali sollevano però un dubbio: posto che molti assenteisti, per paura di vedersi decurtato lo stipendio o la visita fiscale a casa, si sono per così dire redenti, è anche vero che molto probabilmente ci sono dei dipendenti che hanno rinunciato al giorno di riposo pur di non ritrovarsi tagli in busta paga. Che il giro di vite di Brunetta sia quindi un'arma a doppio taglio? Per l'assessore regionale alla Sanità, Luciano Bresciani, è semplice: «Quando si pone l'attenzione su un fenomeno inappropriato, le inappropriatezze si riducono». Basti pensare che quando la Lombardia ha annunciato controlli più severi sui medici che prescrivevano esami inutili le prescrizioni si sono ridotte del quindici per cento. Quindi, per Bresciani, «sicuramente un effetto Brunetta c'è stato», ma, sottolinea l'assessore: «La Regione da anni riscontra un sempre maggiore senso di partecipazione e di corresponsabilità nell'ambito del sistema sanitario lombardo. Questo concerto, questo senso della squadra, uniti all'abbattimento dei costi ci ha permesso inoltre di tagliare il ticket, di aumentare il tetto delle esenzioni e di offrire più servizi al cittadino, che è la cosa più importante».
Foto: SOTTO LA LENTE Sono quattro i grandi ospedali milanesi esaminati nei mesi di luglio e agosto. La verifica sulle assenze messe a confronto con quelle dell'anno precedente parla chiaro: meno 37 per cento di personale in malattia al Policlinico, meno 35 per cento al Fatebenefratelli, meno 41 per cento all'ospedale San Carlo e al Niguarda Olycom



San Camillo, il Dea rischia il collasso

Il Tempo del 07/09/2008 ed. Nazionale p. 44

Viviana Spinella Tra i corridoi e la sala d'attesa, quasi tutti ricordano quello che è successo tre mesi fa: il Pronto Soccorso dell'ospedale San Camillo ha sfiorato il collasso. «Per cinque giorni l'afflusso è stato più alto del solito», spiegano, più dei 150-200 pazienti che si presentano in media nei giorni "tranquilli". «E così le persone continuavano ad affollare il pronto soccorso finché, saturi gli spazi, li rimandi indietro allo smistamento». La paura è che la stessa situazione si possa ripresentare in questi giorni. «Beh, d'estate di norma la domanda diminuisce paradossalmente in termini quantitativi - racconta un infermiere che da 10 anni lavora al DEA di II livello che si affaccia sulla Circonvallazione Gianicolense - ma aumenta, diciamo, qualitativamente, con gli anziani che vengono da noi perché le loro badanti sono andate in ferie». E i problemi si fanno sentire perché è proprio in estate che la carenza di personale è più forte. «C'è una rilevante riduzione di dottori nelle Medicine e negli altri dipartimenti, ma non solo. È che mancano le strutture territoriali che assorbano la domanda di assistenza». Un esempio pratico? «Beh, lo scorso anno nei reparti di Medicina sono stati aggiunti letti nelle corsie: senza campanello, senza ossigeno... mi dica lei». Per la verità uno sforzo, per quanto possibile, la direzione generale l'ha fatto: raccontano i lavoratori che è stato attivato un pool di colleghi che, tra ospedale e pronto soccorso, si mobilitano per rendere più rapido il ricovero del paziente: «Ma se non hai posti letto né personale diventa un'impresa». I numeri del primo trimestre 2008 dell'Agenzia di Sanità Pubblica confermano questa tendenza: 24.718 gli accessi totali al DEA di II livello del San Camillo Forlanini (secondo in Regione, con il 4,46 per cento, dopo il policlinico Umberto I al 6,5 per cento); quasi 17mila giunti al dipartimento centrale, 5.300 a quello pediatrico e poco al di sotto dei 2.500 all'ostetrico. Tremila sono stati trasportati dalle ambulanze del 118, oltre 13mila si sono recati in modo autonomo. Al triage, netta prevalenza dei codici verdi: 11.782 casi (il 69,7 per cento), seguiti da gialli (3.438, ovvero il 20 per cento circa), bianchi (1.222 con il 7,23 per cento), e infine rossi (459 accessi, ovvero il 2,7 per cento). Oltre 3.700 i ricoveri disposti, 300 i trasferimenti ad altro istituto, 38 i pazienti morti in pronto soccorso. La struttura resta uno dei principali dipartimenti di emergenza della Capitale: con l'ultimo piano della Regione Lazio viene identificato come uno dei centri specializzati per i pazienti con traumi da incidenti stradali. Già dal Giubileo sono stati potenziati gli investimenti nel Pronto soccorso e in tutta l'area di emergenza. Ma, nel piano di rientro dal deficit, è prevista una forte riduzione di personale. Prima erano 80 gli infermieri impiegati al DEA, negli ultimi tre anni se ne contano 30 in meno. L'ospedale stesso si sta rifacendo il look, con la ristrutturazione di alcuni padiglioni. L'obiettivo, ribadito dallo stesso presidente della Regione Piero Marrazzo, è chiudere il Forlanini e ridurre i posti letto. Già, lamentano gli addetti ai lavori, tutta l'area della Medicina (che registra come accessi un maggior numero di anziani) e per qualche verso anche Chirurgia sono in difficoltà. «Spesso dal Pronto soccorso si viene trasferiti altrove se nell'ospedale non c'è disponibilità. Tutto questo fino a qualche anno fa era impensabile». Lo stesso piano regionale prevede che nelle strutture di pronto soccorso vengano attivate «brevi osservazioni», strutture che permettano di decongestionare il DEA e dove sia fornita assistenza prima del ricovero con un livello di comfort essenziale ma qualitativamente superiore alla «barella» del corridoio. «Di tutto questo al San Camillo non c'è nulla. C'è sì uno spazio più dedicato - racconta un infermiere - ma sempre di barella parliamo».



Quattro trapianti in 18 ore

La Nazione del 06/09/2008 ed. Pisa p. 8

Record in sala operatoria per l'equipe del professor Filipponi
BEN SEI INFERMIERI erano in ferie. E fuori Pisa, per qualche giorno di vacanza era pure il professor Franco Filipponi (nella foto tonda), direttore dell'unità operativa di trapiantologia epatica della clinica di Cisanello. Sarebbe rientrato solo stamani, se giovedì sera il suo cercapersone non si fosse messo a squillare, accendendo la speranza per quattro pazienti gravi in attesa di trapianto. Proprio giovedì sera, infatti, all'ospedale fiorentino di Careggi tre famiglie avevano firmato il consenso all'espianto del fegato da tre donatori clinicamente morti. E nelle stesse ore, a Taranto, un'altra famiglia segnata dal lutto compiva lo stesso gesto di solidarietà. La corsa contro il tempo è iniziata così, alle 21 di giovedì, col professor Filipponi che in quattro e quattr'otto rientrava in città, organizzando la maratona notturna in sala operatoria, con chirurghi, anestestisti-rianimatori ed infermieri a darsi il cambio per compiere un'impresa dei quattro trapianti consecutivi, per non rendere vano il gesto dei donatori e restituire la vita ai quattro ricoverati: il quarantanovenne della Sierra Leone residente a Lucca, il parmense di 43 anni, la trentanovenne romana e il cinquantunenne napoletano fino a giovedì erano spacciati. Da ieri sono tutti svegli, estubati e, salvo complicazioni, presto potranno tornare a casa. «Senza donazione - ha ricordato l'assessore regionale alla sanità Enrico Rossi, giunto a Pisa per congratularsi personalmente con le due equipe che hanno compiuto l'impresa - non c'è trapianto e l'Organizzazione Toscana Trapianti dimostra l'efficienza del meccanismo, coinvolgendole famiglie e con la dedizione di tutti gli operatori. Il servizio sanitario diventa così lo strumento per dare compiutezza ad un atto d'amore fra cittadini». «Ringrazio tutti gli operatori - ha concluso il direttore generale Vairo Contini - ma riservo una menzione speciale per gli infermieri, che hanno garantito un giorno intero di sala operatoria pur con personale ancora in ferie. Non è un caso che un evento così eccezionale si sia verificato in un'azienda ospedaliero universitaria che è l'unica in Italia ad avere ben due Unità operative dedicate interamente ai trapianti». Paola Zerboni


Pronto soccorso, proteste e querele

Corriere Adriatico del 06/09/2008 , articolo di bruno luminari p. 11

la sanita' nel mirino JESI - Aumenta l'afflusso al pronto soccorso, mentre l'organico medico-infermieristico rimane invariato. Aumentano le attese estenuanti dei pazienti, e si verificano casi al limite del sopportabile. Raccontiamo due storie emblematiche che avranno sviluppi legali. Con una premessa: oltre il 90 per cento delle prestazioni effettuate dal pronto soccorso dovrebbe essere svolto da altri medici in altri luoghi.Venerdì 29 agosto, ore 18.30. Al pronto soccorso arriva un bambino di 10 anni accompagnato dai genitori, con una ferita lacero contusa al mento per una caduta dalla bici. Il triage dice ai genitori di attendere. Il bambino lamenta dolori al mento e più in generale alla testa. "Alle 01,35 e quindi dopo sette ore di attesa - affermano i genitori - un infermiere ci dice di portare nostro figlio in un altro ospedale perché loro hanno molto da fare�?. I genitori lo portano al Salesi di Ancona dove viene subito assistito e curato. I genitori, dopo qualche giorno, si sono rivolti al loro avvocato dandogli mandato di procedere contro la struttura sanitaria jesina. E dopo il danno anche la beffa: sul brogliaccio del triage risulta che il bambino, chiamato alle 01,45 "non risponde alla chiamata�?.Sabato 30 agosto, ore 11. Un'anziana donna, diabetica e cardiopatica, accusa un malore e perde coscienza. "Chiamo il 118, arriva subito�? dice la figlia. E prosegue: "Nonostante la forte affluenza di persone, il medico del pronto soccorso visita subito mia madre e ne dispone il ricovero presso l'Unità terapia intensiva cardiologica (Utic)�?. L'anziana viene dimessa martedì scorso. Ma lo stesso pomeriggio sta nuovamente male, accusa forti dolori alle gambe, tempo prima le avevano amputato alcune dita causa il diabete. Dopo peripezie viene visitata da un medico di guardia che ne dispone il ricovero urgente in ospedale. La figlia e suo marito giungono al pronto soccorso una manciata di minuti dopo l'autolettiga. "Erano le 21.39 e ho trovato il medico che inveiva contro mia madre dicendole di farla finita di scambiare il pronto soccorso per un ambulatorio, di venire qui anche per sciocchezze�? racconta la figlia. "Mamma piangeva e chiedeva di darle qualcosa per quel forte dolore alle gambe. Il medico gli ha risposto che l'antidolorifico glielo avrebbe dato dopo 4 ore, perché lui aveva casi più urgenti di cui occuparsi�?. Passano 90 minuti e l'anziana donna inizia ad avere conati di vomito, dolori al petto e sudorazione. "Ho lavorato come infermiera per 30 anni all'ospedale di Jesi�?, afferma la figlia, "ho intuito che mamma stava aggravandosi e ho chiamato il medico, lo stesso di prima. Ciò che ha detto a me non importa, ma ha ricominciato con mia madre, mentre s'apprestava finalmente a visitarla�?. Dopo qualche controllo la dimette. Sono le 23,32. La diagnosi: "Algie arti inferiori da probabile neuropatia diabetica�? e prescrive il controllo domiciliare del medico di base. Alle 8 del mattino di mercoledì scorso, il medico di famiglia visita l'anziana e dice che dev'essere subito ricoverata all'Inrca di Ancona�?. Siamo a ieri. "Mia madre è ricoverata all'Utic dell'Inrca per infarto. Oggi (ieri per chi legge) sarà sottoposta ad angiografia per occlusione totale di una vena della gamba destra e parziale della sinistra. Voglio ringraziare i medici e gli infermieri che nonostante le difficoltà, hanno conservato la loro umanità nel rapporto con i pazienti�?. La donna si è rivolta al proprio legale di fiducia dandogli mandato di tutelare il rispetto e i diritti della madre in ogni sede, nessuna esclusa. A destra la sala di aspetto del pronto soccorso prima del triage come al solito gremita A sinistra l'esterno dell'ingresso anche qui persone in attesa Dopo sette ore d'attesa un infermiere diceai genitori di un bambino ferito al volto di portarlo altrove. Un'anziana cardiopatica e diabetica sarebbe stata aggredita verbalmente da un medico



Pronto soccorso, aumentano le cure: +5%

Il Piccolo di Trieste del 08/09/2008 ed. Nazionale p. 16

CATTINARA - Nuove assunzioni in ospedale: potenziati Cardiologia e Chirurgia - SANITÀ - Lattuada: «Aumenteremo il numero degli specialisti in chirurgia plastica, è sempre crescente la richiesta di interventi» - Per la prima volta dirigente infermieristico sarà una donna: Fabia Bassan arriva dall'Azienda udinesedi GABRIELLA ZIANISempre più triestini al Pronto soccorso. Ma intanto in ospedale aumenta l'organico dei medici dopo un lungo periodo di «astinenza da assunzioni» e arriva un nuovo dirigente infermieristico: per la prima volta è donna.Si avvia così la prossima stagione dell'assistenza ospedaliera dopo il periodo estivo che ha visto solo la contrazione dell'attività chirurgica su prenotazione e i reparti di Medicina, stavolta, non sovraffollati. L'assetto consueto sarà riattivato col primo ottobre.Continua dunque a salire il numero di cittadini che entrano quotidianamente al Pronto soccorso di Cattinara e, solo durante il giorno, a quello del Maggiore (di notte presidiato dalla Guardia medica). Nell'ultima settimana di agosto la media è stata di 223 persone rispetto alle 212 dello scorso anno.Altissimo di conseguenza anche il numero di malati nell'annesso nuovo servizio di osservazione temporanea dove i circa 20 medici del reparto prestano le cure urgenti e spesso possono far rincasare le persone che non hanno bisogno di ricovero lungo (si tratta di piccole fratture, malori e dolori non gravi, specie di persone anziane). Sui 20 letti a disposizione sono passati nei mesi estivi 45 pazienti al giorno, contro i 33 di media del 2007. La «sosta» per le cure intensive è di circa 12 ore.Il risultato è che nelle Medicine, nelle scorse estati tristemente affollate e con tanti malati impropriamente messi a letto fuori dal proprio reparto, stavolta si è mantenuto uno standard di normalità assistenziale, molti letti sono rimasti addirittura liberi.È con questo bilancio che a fine settembre l'ospedale cesserà l'organizzazione estiva. Il regime normale riprenderà ma con alcune variazioni: faranno ingresso non solo il nuovo responsabile infermieristico che sovrintende al personale sanitario di entrambi gli ospedali ma anche circa 40 operatori socio-sanitari preziosissimi per supportare il lavoro dei sempre troppo pochi infermieri. Sono andati poi a compimento parecchi concorsi per medici, che in molti casi hanno ufficialmente stabilizzato posizioni altrimenti provvisorie o precarie, ma che in altre rinforzano gli organici di alcuni settori importanti.La previsione è di assumerne ancora degli altri (specialmente anestesisti) a supporto della più intensa attività operatoria che ci si aspetta con l'attivazione delle appena inaugurate sale chirurgiche.In particolare, l'organico di Cardiologia ha acquisito un nuovo medico, «ma nell'arco di sei mesi - riferisce il direttore sanitario Luca Lattuada - ne sarà assunto un altro, perché la Cardiologia è un reparto che vogliamo rinforzare». Altrettanto è accaduto alle Chirurgie, dove alcuni medici sono stati stabilizzati dopo il concorso ma dove la Chirurgia vascolare aumenta l'organico di una unità. Stesso discorso per la Chirurgia toracica, dove è stato coperto il posto rimasto vacante all'indomani della nomina di Maurizio Cortale a primario. Anche Neurochirurgia si arricchisce di un nuovo medico e amplia così l'organico, mentre un'altra unità andrà entro l'anno ad aggiungersi al «team» della seconda Medica del Maggiore, reparto specializzato in Ematologia. Solo «stabilizzazioni» a Chirurgia plastica, «nel tempo dobbiamo però aumentare il numero di specialisti - conferma Lattuada -, perché la complessità crescente della ''ricostruzione'' chirurgica lo richiede». Così si proietta nel tempo (occorre avere l'autorizzazione della Regione) il bando di concorso per quattro nuovi anestesisti.Quanto al dirigente infermieristico, si tratta di Fabia Bassan, già dirigente di servizio infermieristico all'Azienda sanitaria 4 di Udine. Il suo contratto, «di tipo privatistico come il precedente ma deciso dopo selezione» precisa Lattuada, avrà come sempre durata triennale. La Bassan sostituisce Enrico Cavana, che proveniva da Genova e a contratto scaduto è tornato nella propria sede.Il compito di questo dirigente, dati i nuovi ruoli di responsabilità attribuiti agli infermieri, è cruciale nell'organizzazione dell'assistenza, ma anche della formazione e della carriera del personale sanitario. Resta comunque confermato che l'unica cosa che per adesso non cambia e non migliora è proprio il numero di questi indispensabili professionisti. L'organico, conclude Lattuada, «è ancora sotto i livelli ottimali».



Sanità, vigili infermieri nel Napoletano

La Nuova Ferrara del 06/09/2008 ed. Nazionale p. 5

Sanità, vigili infermieri nel Napoletano NAPOLI. E ora arriva anche il vigile infermiere. Nel Napoletano i poliziotti municipali presteranno i primi soccorsi a persone colpite da malori. Due le moto acquistate. L'agente presterà il primo soccorso alle persone coinvolte in incidenti stradali e attiverà la catena dei soccorsi. La strumentazione in dotazione: un pallone per la rianimazione, un respiratore, una piccola bombola di ossigeno, un defibillatore.


Sanità, vigili infermieri nel Napoletano

La Provincia Pavese del 06/09/2008 ed. Nazionale p. 6

Sanità, vigili infermieri nel Napoletano
NAPOLI. E ora arriva anche il vigile infermiere. Nel Napoletano i poliziotti municipali presteranno i primi soccorsi a persone colpite da malori. Due le moto acquistate. L'agente presterà il primo soccorso alle persone coinvolte in incidenti stradali e attiverà la catena dei soccorsi. La strumentazione in dotazione: un pallone per la rianimazione, un respiratore, una piccola bombola di ossigeno, un defibillatore.



Si schianta in via Volta e poi devasta l'ambulanza

La Provincia Pavese del 05/09/2008 ed. Nazionale p. 14

Guidava senza patente, l'incidente ieri mattina poco dopo le otto L'uomo poi se l'è presa con quattro infermieri del Pronto Soccorso - Denunciato l'amico che gli ha prestato l'auto, poi distrutta nell'incidente
PAVIA. Ha imboccato via Volta con il piede premuto sull'acceleratore. Ha sfiorato qualche macchina in sosta, poi ha perso il controllo e si è schiantato contro la vetrina di un negozio. La Citroen C3 - prestata da un conoscente - si è fermata accartocciandosi contro il portone di legno di un palazzo. Cinque minuti più tardi un bambino è uscito, per mano alla mamma, diretto alla scuola materna. E solo una settimana più tardi sulla quella strada Italo Fiorito si sarebbe imbattuto in decine di studenti della scuola media Casorati. Ieri mattina, alle 8, per un soffio non ha investito qualcuno. Ma l'incidente non si è chiuso lì: l'uomo ha devastato l'ambulanza della Croce Rossa che l'ha trasportato in ospedale e, al Pronto soccorso, ha aggredito 4 infermieri.Ore 8, via Volta. I residenti del civico 4 e dei palazzi vicini sentono un colpo che fa tremare le pareti. Si affacciano alle finestre e vedono una Citroen grigia messa di traverso, con il muso devastato, la ruota anteriore destra sbilenca. E un uomo sdraiato in mezzo alla strada. Arriva l'ambulanza della Croce Rossa e l'automedica del 118, poi i vigili urbani.Il primo pensiero è occuparsi del ferito che si lamenta, sul momento non si fa caso ai danni.Italo Fiorito, 33 anni, di Pavia - che guidava senza patente perché gli era già stata sospesa - viene accompagnato sull'ambulanza e gli vengono prestate le prime cure. Ma lungo il tragitto si riprende e comincia a sferrare pugni e calci agli operatori. Quando arriva al Pronto Soccorso del San Matteo l'interno del mezzo sembra un campo di battaglia. La lotta continua anche in ospedale.Gli infermieri cercano di contenere la sua esuberanza. Ma lui reagisce e li colpisce con violenza. E' fuori controllo, tanto che per fermarlo devono legarlo. Viene sottoposto ai test per misurare il consumo di alcol e di sostanze stupefacenti. Gli agenti del posto di polizia e la guardia giurata del San Matteo hanno un bel da fare a calmarlo.Anche gli infermieri vengono medicati. Qualche giorno di prognosi ciascuno. Non è la prima volta che in Pronto Soccorso devono affrontare l'emergenza di pazienti violenti, fuori controllo.La scorsa estate il problema si è riproposto in più occasioni: ubriachi sopra le righe che hanno picchiato il personale, danneggiato vetrate e arredi. E ogni volte si materializza lo spettro dell'uomo che una dozzina di anni fa accecò un infermiere con un punteruolo.Per Fiorito è scattata la denuncia per danneggiamenti. La patente, che gli era già stata sospesa, è stata revocata definitivamente. Dovrà sostenere di nuovo gli esami di idoneità per riaverla. E passerà dei guai anche l'amico che gli ha prestato l'auto, denunciato dalla polizia municipale per incauto affidamento.Via Volta ieri mattina è rimasta chiusa al traffico per oltre un'ora, per consentire al carro attrezzi di spostare la macchina distrutta. Intanto sulla strada si contano i danni: la cornice in marmo di un negozio di tatuaggi divelta come burro, il portone di legno del palazzo confinante sfondato. «Su questa strada le auto sfrecciano sempre veloci - spiega una residente - Uscire dai portoni è sempre una roulette russa. Si rischia la vita ogni volta: passano veloci, salgono sul marciapiedi e sfiorano i portoni. E' davvero pericoloso».



Arriva in moto il vigile infermiere

Virgilio.it del 05/09/2008

(ANSA) - NAPOLI, 5 SET - A Cicciano, centro in provincia di Napoli, e' arrivato il vigile infermiere. I poliziotti municipali presteranno i primi soccorsi a persone colpite da malori, coinvolte in incidenti stradali e domestici e attiveranno la catena dei soccorsi per preservare le funzioni...(ANSA) - NAPOLI, 5 SET - A Cicciano, centro in provincia di Napoli, e' arrivato il vigile infermiere. I poliziotti municipali presteranno i primi soccorsi a persone colpite da malori, coinvolte in incidenti stradali e domestici e attiveranno la catena dei soccorsi per preservare le funzioni vitali. La strumentazione in dotazione comprende un pallone per la rianimazione, un respiratore, un defibrillatore.



Sul bimbo è giallo Il 118 ha ammesso «Abbiamo sbagliato»

Cronaca Qui Torino del 06/09/2008 p. 2

Primo provvedimento: sospeso il medico «Ma Lorenzo non poteva essere salvato»Claudio Neve Ô Errore, inganno, dubbio. Eccola, in tre parole, la vicenda del piccolo Lorenzo, morto a due anni nella piscina di famiglia. L'errore: il farmaco salvavita della dotazione d'emergenza viene dimenticato nel frigorifero della base dell'elisoccorso. L'inganno: l'équipe si accorge dell'errore, chiama la base, ma attacca il telefono senza comunicare nulla. Il dubbio: Lorenzo si sarebbe salvato con quel farmaco? Nell'attesa che la Procura risponda a questa domanda, ieri il 118 ha cacciato il medico considerato responsabile dell'errore. «ABBIAMO SBAGLIATO» «Sì, è vero: l'adrenalina è stata dimenticata nella base di corso Marche». Ad ammettere il terribile errore degli uomini intervenuti a Rivarossa per cercare di salvare la vita del piccolo Lorenzo, è Danilo Bono, direttore del servizio 118 di Torino. La vicenda è venuta a galla con una denuncia anonima giunta giovedì ai giornali: il farmaco che avrebbe dovuto salvare il bambino non era sull'elicottero intervenuto sul posto. «Appena saputo di quella lettera abbiamo verificato - spiega Bono - ed effettivamente era così. Ora partirà un'indagine interna per accertare le responsabilità. Abbiamo anche preso contatto con la Procura di Ivrea che deciderà se procedere. Ho parlato con il medico e l'infermiere - continua Bono - hanno piena consapevolezza dell'errore ma sono convinti che non ha influenzato l'esito dell'intervento. Secondo loro, quel bambino non si poteva salvare e, in base ai dati in nostro possesso, anche io la penso così». Ma quando si sono accorti dell'errore cosa hanno fatto? «Hanno chiesto in centrale l'intervento di un'ambulanza con a bordo i medicinali ma poi si sono accorti che ormai non c'era più nulla da fare e hanno annullato la richiesta». Ma allora voi eravate a conoscenza del fatto che erano senza adrenalina? «No. Hanno telefonato in centrale ma poi si sono interrotti subito, prima di chiedere l'intervento del mezzo di soccorso. E hanno messo giù». CACCIATO IL MEDICO Con un apposito comunicato, ieri pomeriggio la Direzione generale dell'Azienda ospedaliera CtoMaria Adelaide, cui è affidata la gestione del sistema provinciale 118, ha annunciato «l'interruzione del rapporto di convenzione con il medico anestesista, dipendente di altra azienda sanitaria, impegnato nel soccorso. Infatti, sono emerse rilevanti incongruenze tra il tipo di intervento effettuato e quanto desumibile dal rapporto clinico redatto dal suddetto sanitario al termine dell'intervento». CHI È LA TALPA? La centrale operativa del 118 ha sede a Grugliasco, nell'ex manicomio. Circondata dal verde, all'esterno dell'edificio regna la pace. Ma all'interno si respira un clima ben diverso. Nei corridoi, gli impiegati si aggirano con in mano i quotidiani, leggono, poi si fermano a parlottare a bassa voce. Solo dal piano di sotto giunge qualche sporadica risata. «E' partita la caccia alla talpa», ci confessano. Tutti si chiedono chi abbia spedito quelle lettere, con la consapevolezza che è stato uno di loro: qui lavorano una cinquantina di persone tra dottori, infermieri, impiegati e operatori tecnici. Ma chi ha spedito la lettera ha accesso alle cartelle cliniche e sa leggere un elettrocardiogramma, e questo restringe notevolmente il campo. «Quanto è accaduto, usando un eufemismo, è perlomeno spiacevole - spiega Laura Taverna (nel tondo), responsabile della base elisoccorso di Torino - Ma più che della talpa io mi preoccupo per le persone che sono state colpite: la famiglia di quel povero bambino e i nostri colleghi». L'ADRENALINA ERA IN FRIGO La stessa responsabile spiega come è organizzato il servizio: «La chiamata di soccorso arriva qui, in centrale, dove viene valutata da un infermiere che decide il tipo di mezzo da utilizzare. A quel punto parte l'avviso per l'elicottero». I mezzi decollano dal campo volo di corso Marche, da qui cinque persone (pilota, tecnico, medico, infermiere e un uomo del soccorso alpino) sono pronte a partire in ogni momento: «Le procedure sono strettissime - spiega ancora Taverna - A ogni cambio turno viene fatto un check completo dei medicinali, per verificare che ci sia tutto. La gran parte dell'attrezzatura resta sempre a bordo dell'elicottero mentre alcune medicine, tra cui l'adrenalina, vengono conservate in un sacchetto in frigo, nella base. Quando parte l'allarme, l'infermiere deve prendere il sacchetto e il medico verificare che l'abbia fatto, poi si decolla». A questo punto capire cosa è successo quel giorno diventa abbastanza facile: arriva la telefonata, c'è un bambino da salvare e pochi minuti per farlo. Nella fretta di correre in suo aiuto, il sacchetto resta a terra. E nel sacchetto - tragico scherzo del destino - ci sono proprio le fiale di quell'adrenalina che scorre a mille nel sangue dei soccorritori ma che invece servirebbe a tentare di rianimare Lorenzo. «Quel giorno - conclude Taverna - erano al quinto intervento, il secondo su un bambino. Ogni turno dura 12 ore, durante le quali non ci si può mai rilassare: devi essere sempre pronto, devi dare tutto in mezz'ora. A bordo degli elicotteri ci sono persone con almeno due anni di esperienza, con alle spalle appositi corsi di formazione. Ma restano uomini, e possono sbagliare. Non è un tentativo di trovare scusanti, ma la realtà della nostra professione». Ora sarà la magistratura a chiarire se quell'errore è costato la vita a un bambino o se, come al 118 sostengono tutti, davvero Lorenzo non si poteva salvare e quei due medici hanno "solo" avuto paura di ammettere uno sbaglio che, professionalmente, poteva costare caro.

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