Eco di Bergamo del 02/09/2008 p. 32
Donna, giovane, dipendente e spesso straniera. Questo l'identikit dell'infermiere di oggi per quanto riguarda la provincia di Bergamo. «La nostra - spiega Beatrice Mazzoleni, presidente provinciale del Collegio Infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia (Ipasvi) - è una professione giovane, dove l'età media si aggira intorno ai 33 anni».A metà 2008 l'albo professionale conta nel dettaglio in provincia di Bergamo 6.058 infermieri, 88 assistenti sanitarie e 42 vigilatrici d'infanzia, per un totale di 6.177 iscritti, dei quali 199 provenienti da Paesi dell'Unione europea e 110 extracomunitari. «Le iscrizioni di cittadini stranieri - sottolinea la presidente - risultano essere in aumento negli ultimi anni, sia per quanto riguarda gli infermieri che esercitano in regime di libera professione, sia per i dipendenti all'interno di strutture pubbliche, private o private accreditate». Solo l'anno scorso si sono iscritti al Collegio orobico 11 extracomunitari (10 donne ed un uomo) e 49 stranieri provenienti da Paesi europei (48 donne ed un uomo).Attualmente la maggior parte dei lavoratori della categoria è occupata alle dipendenze di strutture ospedaliere (Riuniti, Bolognini e Treviglio), di Rsa o strutture private accreditate (Humanitas Gavazzeni e nelle altre cliniche). Gli infermieri che svolgono attività di libero professionista sono invece complessivamente 207.Quello dell'infermiere è un lavoro che occupa un numero sempre maggiore di persone, anche in provincia di Bergamo. Gli iscritti al Collegio, che erano 4.900 alla fine del 1998 sono saliti alla fine del 2007 a quota 6.161. Eppure nonostante la crescita dell'offerta, la domanda è sempre molto alta.«L'infermiere (in Italia sono un esercito di 360 mila unità, ndr) - spiega Mazzoleni - è la figura che presta assistenza al cittadino malato che necessita di cura, coadiuvandosi con l'attività diagnostica del medico. I due professionisti si occupano di ambiti diversi di malattia, ma si integrano per fornire all'utente un servizio che tenga conto della complessità e della totalità della persona».Oggi purtroppo la sanità italiana sta vivendo un periodo storico difficile a causa della carenza di personale infermieristico, situazione questa che talvolta rischia di compromettere un'assistenza adeguata ed efficiente. Solo nella provincia di Bergamo attualmente è stimata dai responsabili del Collegio una «sofferenza» pari a 600 infermieri. «Sono molte le cause alla base di questa criticità - dice la numero uno del Collegio -, non ultima il trattamento economico che, nonostante la formazione richiesta, risulta irrisorio». A questo, si aggiunge poi lo stile di vita infermieristico, caratterizzato da turni lavorativi che non incoraggiano i giovani ad intraprendere una carriera che richiede tanto sacrificio.«Il Collegio - spiega la sua presidente - è impegnato in rapporti di collaborazione con le istituzioni pubbliche: Asl, aziende ospedaliere, istituti privati, Provincia, Regione, ministero della Sanità, università, sindacati, altri ordini professionali. Attraverso l'elaborazione di progetti condivisi, puntiamo a far progredire la professionalità degli iscritti e soprattutto la tutela del cittadino». Una sinergia che mira alla risoluzione delle problematiche inerenti la sanità del territorio e la messa a punto di metodologie organizzative per migliorare la qualità assistenziale.«Negli ultimi anni - sottolinea Mazzoleni - la professione ha fatto numerosi passi avanti, vedendo riconosciuto anche a livello normativo il ruolo fondamentale dell'infermiere, un operatore sanitario che, secondo la legge 739 del 1994, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile dell'assistenza generale infermieristica. Con la legge 42 del 1999, inoltre, la professione infermieristica non è più definita professione sanitaria ausiliaria, riconoscendo l'intellettualità della categoria».E a proposito delle speranze per il futuro la presidente sottolinea: «Il sistema sanitario deve cambiare verso l'erogazione di un'assistenza infermieristica personalizzata per ogni cittadino che possa essere accompagnato durante tutto il processo di cura da professionisti preparati e capaci di rispondere alle richieste del singolo».Vanessa Bonacina(5 - continua)
Infermieri, migrano i contributi
Avvenire del 02/09/2008 p. 20
Esodo di contributi per gli infermieri professionali. L'Inps e l'Enpapi, la cassa di previdenza dei 15 mila infermieri in libera professione, hanno sottoscritto un accordo che regola uno speciale movimento di contributi, utili per la pensione, posseduti dai due enti. Lo scambio interessa i versamenti che gli infermieri hanno effettuato aU'Inps oppure all'Enpapi, ma che in realtà erano dovuti all'altro ente. In particolare, l'Enpapi riceve i contributi versati in passato dagli infermieri alla gestione Inps dei co.co.co. sia come professionisti senza cassa sia come collaboratori. Nato come ente di previdenza privato nel nuovo sistema contributivo, l'Enpapi, a partire dal 1996, gestisce l'assicurazione obbligatoria degli infermieri che svolgono la libera professione sia in forma autonoma oppure associata sia in collaborazione. Rientrano quindi nella sua competenza le contribuzioni da attività professionale che in questi anni sono state invece versate all'Inps. Restano quindi confermati alla gestione dei collaboratori i vecchi versamenti per collaborazioni che non rientrano nella competenza dell'Enpapi. L'Inps a sua volta riceve dalla cassa professionale i contributi per attività diverse da quella di infermiere, versate impropriamente all'Enpapi. Gli eventuali provvedimenti per il recupero di versamenti omessi o parziali, dovuti dai singoli professionisti, sono adottati dall'ente cui spetta la contribuzione nel rispetto delle nuove competenze. Redditi professionali. Per la prima volta, e negli affanni della ripresa lavorativa, si presenta il 10 settembre un nuovo appuntamento previdenziale degli iscritti Enpapi. Si tratta della scadenza per la comunicazione annuale dei redditi professionali, che ogni anno va effettuata entro il 10 dicembre, ma che a partire da quest'anno viene anticipata al 10 settembre. L'anticipazione permette all'Enpapi di calcolare d'ufficio la misura dei contributi dovuti, sollevando i professionisti da questa laboriosa operazione. La comunicazione dei redditi relativa al 2007 deve riportare il netto professionale ed il volume d'affari lordo ed è obbligatoria per le partite Iva, i collaboratori, i soci di studio professionale o di cooperativa sociale. In questa occasione è richiesto al professionista di indicare il contributo soggettivo a percentuale che sceglie di versare, in un ventaglio tra il 12% ed il 20%, in aggiunta al contributo minimo. Non è più richiesto invece il versamento contestuale, in un'unica soluzione, delle maggiori somme dovute a saldo, che in precedenza dovevano essere calcolate dall'iscritto e versate entro il 30 settembre. La scadenza del 10 settembre si inserisce nel nuovo calendario di versamenti stabiliti dall'Ente, che diluisce i contributi in sei rate annuali. In questo modo, nel gioco dei pagamenti in acconto e a saldo, la rata finale diventa pari, se non inferiore, a quanto già versato in acconto. Un sollievo professionale non da poco.
Organico di qualità per servizi d'eccellenza
Corriere Adriatico del 02/09/2008 p. 1
ANCONA - Il nuovo punto di primo intervento è un progetto al quale Giuseppe De Tommaso, responsabile della struttura, lavorava già dal 1995. "Quello che abbiamo oggi - spiega - è da considerarsi un avanzamento rispetto a quello che già facevamo. I medici che mi seguono da allora, e che oggi sono qui, sono: Claudio Gavetti, Giovanni Nisi, Maria Pina Gasparini, Fabio Giovagnoli e Antonella Scrimieri. A loro si sono aggiunti Elisabetta Marotti, Ilena Macchiati e Francesca D'Onofri". Tutti medici (la più giovane ha 32 anni) specialisti in geriatria o materie equipollenti e provenienti da tutta Italia e con varie esperienze alle spalle. Un organico che vede dieci medici, due dei quali entreranno a far parte dell'équipe nei prossimi giorni. "Oltre a loro - prosegue - nel pratico conto su un caposala, quattro infermieri di turno al mattino ed al pomeriggio e poi tre durante la notte. Per ogni turno si aggiunge anche un operatore sanitario". Anche gli infermieri lavorano da anni insieme al professor De Tommasi. La squadra è dunque più che affiatata ed ora ha le possibilità per poter dare sempre di più il meglio ai propri pazienti. La postazione di primo intervento corona dunque un progetto che, in questo modo, risulta completo e completato. "L'Inrca è un vero gioiello in quanto è un ospedale geriatrico con più specialità - continua -. Qui vi sono infatti racchiuse la cardiologica con l'Utic, la neurologica, diabetologia, nefrologia con servizio dialisi, medicina geriatrica, medicina con orientamento pneumologico e oncologico, chirurgia, urologia, oculistica, dermatologia, reparto riabilitazione, lungodegenza post acuzie, laboratorio analisi e radiologia".
Otto ore per gli infermieri protesta Cobas sotto l'Asl
Corriere del Mezzogiorno del 02/09/2008 ed. BARI p. 13
TARANTO - Prosegue il braccio di ferro tra il direttore della Asl di Taranto, Angelo Domenico Colasanto, che ha deciso di uniformare gli orari con il tetto massimo delle otto ore per turno, e i dipendenti turnisti che chiedono invece maggiore flessibilità. Per questo ieri mattina un centinaio di infermieri hanno manifestato sotto la sede della direzione generale di viale Virgilio. La richiesta che non pare abbia raggiunto alcun esito, è quella di permettere a chi lavora di notte nelle corsie di allungare l'orario di servizio per più di otto ore.Questo per consentire una migliore pianificazione lavorativa durante il giorno. Ma anche, se non soprattutto, per permettere ai pendolari la coincidenza con i mezzi di trasporto pubblico o, per chi viaggia con la propria auto, una più agevola e sicura mobilità. Per il manager della sanità ionica, non ci sono scelte. «Dobbiamo necessariamente allinearci alle disposizioni di legge e alla normativa europea - insiste Colasanto - che stabiliscono turni orari che non sforino le otto ore. E mi meraviglio - prosegue il direttore - che certi sindacati si dichiarino d'accordo con questo principio ma poi si rifiutino di rispettarlo: questa è anarchia».Nemmeno a discutere, insomma, ipotesi di flessibilità per determinati reparti così come avviene in altri presidi ospedalieri, anche grandi, della stessa regione. E' l'esempio fatto dal sindacato di categoria degli infermieri, Nursing Up, che in un comunicato elenca i casi di «realtà come il policlinico di Bari (Ematologia e il Centro trapianti di midollo) al Di Venere sempre a Bari, dove si effettuano turni oltre le otto ore» «Solo al San Paolo - prosegue la nota - vengono rispettati i turni con otto ore di servizio. Ma c'è ben altro si aggiunge - , molti presidi ospedalieri di Lecce come lo stesso Vito Fazzi adotta una turistica basata su 10 ore di notte. Potremmo fare ulteriori ricerche - prosegue la nota del sindacato autonomo degli infermieri - ma già sappiamo che in tutte le regioni italiane molti nosocomi effettuano turni di 9-10 ore di notturno». Il direttore Colasanto, da parte sua, si dice scettico. «Sfido chiunque dice - a farsi un giro di telefonate, anche a Bari, e scoprirà che è come dico io: non più di otto ore».Spingendo di più l'acceleratore, il numero uno della sanità in provincia di Taranto espone una sua tesi. «Io dico, e le leggi sono con me, che il lavoro notturno è usurante per cui non può essere fatto per più di otto ore. Se esistono reparti che ne fanno di più allora mi viene un dubbio: forse il loro è un lavoro meno gravoso di quanto non lo sia quello dei loro colleghi delle rianimazioni o delle terapie intensive dove da anni si rispetta questo limite».Comunque sia quella di ieri, la prima manifestazione pubblica contro l'attuale direzione della Asl, è è stata organizzata dai sindacati di base, i Cobas, gli unici, per ora, a scegliere questo tipo di protesta plateale. Molto più morbida, invece, se non assente, la reazione dei sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, che si sono limitati a chiedere lo slittamento del nuovo piano sino a dicembre. Ipotesi accordata da Colasanto ma per un mese (settembre) e solo per i casi in cui il repentino cambiamento comporti problemi nei reparti.Nazareno Dinoi La replica Il direttore dell'azienda sanitaria non molla «Solo un mese di proroga e in casi particolari» La protesta degli infermieri sotto la sede della Asl
"Arancioni" e guardie, tagli all'ospedale.
Preoccupati infermieri e medici
La Prealpina del 02/09/2008 ed. VARESE p. 10
Via tra i sei e gli otto "arancioni", gli addetti la trasporto di pazienti se non gravi e di materiale organico, e dimezzato il servizio di vigilanza affidato alle guardie armate all'interno dell'ospedale di Circolo. Il primo provvedimento anti-emorragia finanziaria (l'azienda ospedaliera deve rientrare di un paio di milioni di euro e ha deciso di fare alcune riduzioni sui servizi esterni) decollerà a partire dal 10 settembre, il secondo è scattato ieri (mentre la sostituzione di guardie con personale dipendente dell'ospedale al bancone di accoglienza in via Guicciardini è già stato attuato). La riduzione degli "arancioni" causerà l'inevitabile "uscita" dai reparti di operatori sociosanitari e di infermieri: questo è il timore, per ora solo un timore, dei lavoratori, visto che il piano non è ancora partito. Basti pensare che per portare le sacche di sangue da un punto all'altro dell'ospedale, è fondamentale avere a disposizione gli addetti, così come per trasportare provette e altro materiale organico dal vecchio al nuovo ospedale (nel nuovo è attivo un servizio di "navicelle" elettronico). Sul fronte della sicurezza (due gli istituti che hanno gli appalti) è stata decisa una riduzione del personale, da due agenti armati presenti di giorno e due di notte, si passa a uno. Grande malessere tra gli operatori, in particolare tra quelli del pronto soccorso, tra medici e infermieri, soprattutto quelli che operano al triage del pronto soccorso, dove in passato si erano verificati aggressioni e dove spesso arrivano personaggi "pericolosi", soprattutto la notte, quando le guardie giurate sono impegnate nel "giro" di tutto il presidio per ore e ore. «Sono timori malriposti - dice il direttore generale del Circolo, Walter Bergamaschi - perché le nostre guardie interne daranno il cambio alle guardie giurate e saranno in comunicazione con loro». Anche i sindacati si dicono preoccupati, come alla Fials. E Cinzia Bianchi, della rsu della Cgil, sottolinea: «L'intervento non riguarda i dipendenti diretti dell'ospedale ma rimaniamo in attesa di una comunicazione, tanto più che la questione sicurezza ci sta molto a cuore». B.Z.
Centro di medicina del dolore:
«Servono medici e posti letto»
Unione Sarda del 02/09/2008
Cresce l'esercito di pazienti che si rivolge al centro di Medicina del dolore, confinato in un ambulatorio dove operano tre medici e tre infermieri: i quattro posti letto sono ospitati in altri due reparti.Tre medici, altrettanti infermieri e un piccolo ambulatorio. Troppo poco per far fronte a un esercito di 700 pazienti che, con il passare dei mesi, ingrossano una lista d'attesa che rischia di diventare infinita. È quanto accade al reparto di Medicina del dolore dell'ospedale Oncologico (anche, e soprattutto, per malati non oncologici), centro di riferimento per l'Isola e struttura inserita nel piano sanitario regionale. Dopo alcuni anni di impegni da parte delle istituzioni, Regione in prima linea, la situazione è rimasta invariata: tante promesse ma nessun passo avanti.LA PROTESTA Sono i pazienti, esasperati per i lunghi tempi d'attesa, a protestare con il primario, Sergio Mameli, impossibilitato a dare risposte. «Ci sono oltre 700 persone», attaccano i pazienti, «che aspettano un trattamento antalgico in un centro che ha tecniche all'avanguardia nella medicina del dolore. I tempi d'attesa però sono lunghissimi». L'ambulatorio occupa una stanza al pianoterra dell'Oncologico, ma i quattro posti letto sono sparsi in altri reparti: due posti in Ginecologia (per le donne) e altri due in Chirurgia (per gli uomini). Il personale ridotto, tre medici (uno arrivato da poco e ancora a mezzo servizio), tre infermieri e una volontaria che ricopre il ruolo di segretaria, non riesce a gestire più di cinque, massimo sei, visite nell'unico giorno di apertura.SERVIZIO RIDOTTO Soltanto la disponibilità dei medici, che effettuano anche visite a domicilio, permette di dare qualche risposta in più. Basterebbe il potenziamento dell'organico (con due o tre medici e altrettanti infermieri) e una nuova sistemazione logistica per riuscire ad arrivare a operare almeno tre volte alla settimana. Già nell'ottobre del 2005, durante una visita della commissione regionale Sanità, era stato lanciato l'allarme. «I sanitari», avevano rilevato i consiglieri della commissione, «chiedono il reparto di terapia antalgica. Per ora funziona come struttura semplice, ma ha una grande attività, unico caso in Sardegna, anche per le tecniche di avanguardia. E soprattutto ha un'enorme lista d'attesa». Da allora, nonostante le promesse arrivate anche dall'assessorato alla Sanità, non è cambiato niente.LE PATOLOGIE Le persone che hanno bisogno di terapie antalgiche non sono soltanto i malati oncologici, che rappresentano il dieci per cento dei casi, ma soprattutto persone che, per altre malattie o in seguito a interventi, devono convivere con il dolore cronico e che non possono più curarsi solo con i farmaci ma che hanno bisogno di un intervento chirurgico. È il caso di patologie dovute a ernia del disco, nevralgia del trigemino, artrosi e sclerosi multipla.MATTEO VERCELLI 02/09/2008
Sprechi al Nuovo Regina: Tac digitale non legge cd
EPolis Roma del 02/09/2008 p. 26
■ Una piccola storia di sprechi al Nuovo Regina Margherita, l'ospedale di Trastevere oggetto dal novembre scorso di una profonda ristrutturazione, con il taglio di un centinaio di posti letto, la chiusura del pronto soccorso e la trasformazione in presidio di prossimità territoriale. L'ospedaleè già stato ridimensionato, con lo spostamento negli ultimi mesi di decine di medici, fra cui diversi chirurghi. Che nella migliore delle ipotesi sono approdati altrove, se non sono andati in pensione, per la chiusura dei reparti. Oggi il presidio accetta solo codici bianchi, i pazienti più gravi sono trasportati in ambulanza in altri ospedali. A E E il ridimensionamento - dice un infermiere del Nuovo Regina Margherita - ma mi devono spiegare perch da poco tempo è stata acquistata un'apparecchiatura nuova di zecca, avanzata dal punto di vista tecnologico, per la realizzazione di Tac in digitale, che non si può utilizzare come si deve». L'apparecchiatura permette di fotografare immagini su cd, è idonea per studi vascolarie cardiaci. Un macchinario che però non può essere utilizzata in digitale, perch il dispositivo necessario alla lettura dei cd non l'hanno comprato. ES A EC OLOGIA permetterebbe di non stampare più su pellicola, con un netto contenimento dei costi - spiega l'infermiere - Ma a tutt'oggi la stampa avviene ancora su pellicola (10 euroa stampa) perch insieme alla nuova apparecchiatura non è stato acquistato l'accessorio necessario per la stampa in digitale (15 centesimi a stampa)». quindi c'è a tutt'oggi uno spreco di pellicole, come si faceva con la vecchia Tac. «Ma perch se la tecnologia ci permette di risparmiare, si buttano viai soldi cos Al san Camillo e al Sant'Andrea le Tac sono tutte sul cd», chiude l'infermiere. «Non capisco perch quando si parla dei tagli degli ospedali nel quadro del piano antideficit si cita anche il Nuovo Regina Margherita - dice Gianni Romano, segretario della Fials - Il Nuovo regina Margherita è già passato sotto la scure dei tagli».
Il dato
truttura ridotta a poliambulatorio Nel quadro del piano di rientro del deficit sanitario,è prevista il ottobre la cessazione dell'attività ospedaliera del Nuovo Regina Margherita, cui resta l'offerta territoriale Rsa, poliambulatori
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