Il Secolo XIX del 11/09/2008 ed. Nazionale p. 05
orari troppo lunghi per gli infermieriMontaldo: «Assurdo colpire il principale ospedale ligure, è colpa dei tagli alla Sanità». Vertice in ospedale11/09/2008
GENOVA. Il caso potrebbe finire alla Corte dei conti, poiché nessuno ha voglia di pagare 250 mila euro per aver fatto lavorare troppo i suoi dipendenti, soprattutto se si tratta d'infermieri specializzati. E però nel giro d'una settimana il nuovo direttore generale del San Martino incontrerà primari e caposala, con l'obiettivo di capire se ci sono i margini per ridurre l'orario di lavoro e non incappare in altre sanzioni. Durissima anche la posizione dell'assessore regionale alla Sanità Claudio Montaldo: «Il principale ospedale cittadino multato perché i suoi infermieri più qualificati lavorano troppo è una situazione limite, frutto delle finanziarie che, negli anni, hanno bloccato l'incremento del personale. Ed è un tema sul quale io stesso avevo già scritto al ministro della Salute Livia Turco». Sono state queste le prime reazioni al blitz della Direzione provinciale del lavoro che nei giorni scorsi ha notificato all'ex direttore generale del San Martino Gaetano Cosenza una multa di 250 mila euro per la violazione della legge che disciplina gli orari di lavoro. In pratica, sostengono gli ispettori, fra l'estate 2006 e quella 2007 una cinquantina di dipendenti - soprattutto "ferristi" di sala operatoria - non ha rispettato i riposi settimanali. Oggi la stessa violazione, dopo che la legge è stata rivista, sarebbe molto più contenuta, ma non c'è dubbio che gli accertamenti dell'Ispettorato sollevino un caso.E il nuovo numero uno del San Martino (Barabino si è insediato al posto di Cosenza dal primo settembre) non si tira indietro. «Un episodio analogo - spiega - era già avvenuto alle "Molinette" di Torino. E non dobbiamo dimenticare che l'ospedale non è catena di montaggio: abbiamo a che fare con malati che hanno bisogno di cure, in sala operatoria lavora personale specializzato e non si può certo interrompere un intervento perchéè finito il turno». Si dice comunque disponibile a studiare soluzioni. «È ovvio che bisogna sempre fare i conti con i vincoli finanziari. E poi in un'azienda grande come il San Martino la gestione è molto complessa, di fatto affiancata dalla Regione sebbene si possa limare un po' di disorganizzazione. C'è comunque da sottolineare che la legge è cambiata: era troppo generica e se sono state previste deroghe, significa che ce n'era motivo». Diverso il ragionamento sul chi dovrà pagare. Responsabile in solido è genericamente il San Martino, che salderà inizialmente il debito. Ma la Corte dei conti potrebbe in seguito intervenire per definire la catena di montaggio e concentrarsi su qualche dirigente.I sindacati confederali chiederanno invece un incontro alla dirigenza e quindi alla Regione per segnalare ancora una volta il problema degli organici ridotti. «Siamo in perenne emergenza - ha rimarcato il segretario regionale sanità della Cgil Renzo Miroglio - da tempo assistiamo a tagli per questioni di bilancio. Ad esempio ci sono decine di infermieri che non possono recuperare le ore di lavoro extra e neppure farsele pagare, in quanto non ci sono i fondi». «La sanzione - insiste il segretario regionale Cisl Antonio Angius - è plausibile, ma teniamo conto che non lavoriamo in un tubificio. Andiamo ripetendo che gli organici sono troppo ridotti. Però se parliamo di sala operatoria, pronto soccorso o neurochirurgia la specializzazione dev'esserci. A volte, finito il turno, i ferristi dei reparti d'eccellenza vengono chiamati per le emergenze, con pronta disponibilità. È una cosa normale. Certo se si ripete con costanza, allora diventa un problema». Per il segretario regionale sanità Uil Michelangelo Librandi «il fenomeno è molto più diffuso e l'episodio di Genova è solo la punta dell'iceberg». Sulla stessa lunghezza d'onda la presidente della Federazione nazionale collegi infermieri, Annalisa Silvestro: «Siamo troppo pochi. E all'appello sul territorio nazionale mancano almeno 30 mila operatori».M. IND.11/09/2008
Superlavoro, ospedale multato
Gazzetta del Sud del 11/09/2008 ed. NAZIONALE p. 5
L'Ipasvi: in tutt'Italia mancano all'appello 30.000 infermieri professionali
GENOVA Ore e ore di superlavoro, tensione, stress. Gli infermieri impegnati nelle sale operatorie dell'ospedale San Martino lavorano troppo e l'ispettorato del lavoro infligge al nosocomio una multa di 250 mila euro. La presidente dei collegi degli infermieri, poi, ripete: mancano all'appello almeno 30 mila infermieri sul territorio.
Gli accertamenti della Direzione provinciale del lavoro iniziano a metà 2006 e proseguono per tutto il 2007. L'indagine si concentra su una cinquantina di infermieri qualificati, soprattutto "ferristi". Obiettivo: scoprire le situazioni di superlavoro che potrebbero produrre insicurezze, sulla base della legge 66 del 2003, che però, nel frattempo, è stata modificata (il 25 giugno scorso) e prevede oggi una serie di deroghe che forse impedirebbero un provvedimento così severo.
Dall'inchiesta emergono violazioni: troppi infermieri hanno "sforato" il monte ore concesso dalla legge. Destinatario del provvedimento l'ex direttore del San Martino, Gaetano Cosenza: «Sapevo degli accertamenti - dichiara - ma non credo proprio che sarò io a rispondere in solido alla sanzione».
Il nuovo direttore Mauro Barabino, insediatosi il primo settembre, si dice disponibile a cercare percorsi innovativi per migliorare la situazione purché «siano compatibili con la primaria missione dell'assistenza ai malati». Una multa analoga, di 110 mila euro, era stata inflitta alle "Molinette" di Torino. «In quel caso come in questo - dice Barabino - bisogna ricordare che l'ospedale non è catena di montaggio. Abbiamo a che fare con malati che hanno bisogno di cure. In sala operatoria lavora personale specializzato, non si può certo interrompere un intervento perché è finito il turno. Se la legge è cambiata vuol dire che ce n'era motivo».
Intanto, i sindacati confederali hanno chiesto un incontro alla dirigenza dell'ospedale per conoscere il merito della contestazione sul superlavoro, e anche alla Regione Liguria per segnalare ancora una volta il problema degli organici ridotti.
«Siamo in perenne emergenza organizzativa e di personale - afferma il segretario regionale sanità della Cgil Renzo Miroglio -. Ci sono decine di infermieri che non possono recuperare le ore di straordinario e neppure farsele pagare perché non ci sono i fondi». «La sanzione è plausibile però teniamo conto che non lavoriamo in un tubificio - osserva il segretario regionale Cisl Antonio Angius -. Andiamo ripetendo che gli organici sono troppo ridotti. Però, se parliamo di sala operatoria, pronto soccorso o neurochirurgia la specializzazione deve esserci. A volte, finito il turno, i ferristi di questi reparti vengono chiamati per qualche urgenza, con pronta disponibilità. È una cosa normale. Certo, se si ripete con costanza, allora diventa un problema». Per il segretario regionale sanità della Uil, Michelangelo Librandi, «il fenomeno è molto più diffuso e l'episodio di San Martino è solo la punta dell'iceberg».
La presidente della Federazione nazionale dei collegi degli infermieri (Ipasvi), Annalisa Silvestro, denuncia che in Italia si registra una «grave carenza» di personale infermieristico e ciò rende inevitabili «situazioni di superlavoro». «All'appello - avverte - mancano almeno 30.000 infermieri sul territorio». Proprio la «carenza di personale - commenta Silvestro - rende molte volte inevitabili situazioni di superlavoro e quello dell'ospedale di Genova non è il primo caso. Numerose aziende sanitarie sono state infatti già sanzionate in passato, anche in relazione a turni di riposo non effettuati».
«In quasi trent'anni di sala operatoria sono sempre uscita in ritardo. L'ora in più è quotidiana - spiega Marina Calabrò, strumentista e capo sala da 27 anni, sposata, due figlie, in servizio al Monoblocco dove si fanno interventi di chirurgia generale, bilopancreatica, vascolare e toracica -. Di solito si esce alle 15 o alle 15,30 anzichè alle 14, solo raramente alle 18, se un intervento ha avuto delle complicazioni». Secondo la caposala «la domanda d'interventi e la lista d'attesa sono lunghe per cui si cerca di fare il meglio per andare incontro alle esigenze dei pazienti e a volte si mette un intervento breve di un'oretta e poi quello lungo. Finisce così che il secondo magari inizia alle 10 e i tempi tecnici si dilatano».
I compiti dei cosiddetti ferristi non si limitano alla sala operatoria, ma anche al risveglio del paziente: i tempi, perciò, non sono prevedibili.
L'hospice diventa una casa-famiglia
La Libertà del 11/09/2008 , articolo di pat.sof. p. 16
Bando ok: su 30 anni di gestione 29milioni di fondi
L'hospice territoriale di Piacenza non assomiglierà ad un ospedale sostitutivo per malati gravi, ma ad una casa-famiglia dove trascorrere con i propri cari momenti difficili e tuttavia superabili nella condivisione. Ci sarà posto per zone di lettura, per il conforto religioso, dovrà essere contemplata persino la possibilità di consentire ai parenti di trascorrere lì ore non di sola assistenza, per esempio con allacciamenti di computer grazie ai quali lavorare o con aree dedicate dove poter accudire bimbi piccoli. Una casa di vita, non di abbandono o di separatezza dal mondo. L'hospice sarà affidato per 30 anni, può contare su un volume di introiti di 29 milioni di euro, tanto l'Ausl versa in convenzione per 15 posti (a 192euro giornalieri).Il bando per la realizzazione e gestione dell'hospice di Piacenza presenta aspetti sorprendenti, ed è stato illustrato ieri dal sindaco Roberto Reggi e dal manager dell'Ausl Andrea Bianchi. Erano presenti numerosi esponenti delle forze sociali piacentine che lo hanno voluto: Caritas, Provincia, Legacoop, Lega per la Lotta contro i Tumori, Fondazione, Casa di Riposo Vittorio Emanuele, Amop, Svep, Coop sociale Aurora, Cisl, Collegio Infermieri, Ipasvi, Unicoop e Copra.Dopo un lungo percorso iniziato più di due anni fa, questo progetto - diventato il primo di Vision 2020 - finalmente è a una svolta. Si cerca un gestore capace (con precedenti esperienze) che sarà sottoposto per tutti gli anni dell'affidamento ad un'attentissima verifica dell'associazione "Insieme per l'hospice". La struttura disponibile potrà essere già esistente o da costruire. E quindi è ipotizzabile che per aggiudicarsi il bando si uniscano un gestore e chi abbia a disposizione un edificio. Il bando punta più sulla qualità (65 punti) che sulla economicità (35 punti). Vince chi riuscirà a contenere sì i costi - vale a dire la differenza tra quanto dato dall'Ausl e quanto effettivamente costerà l'accoglienza - ma soprattutto il progetto più umanamente ricco e qualitativamente alto. «E' un hospice che fa notizia» dice il sindaco Reggi, orgoglioso. E anche Bianchi palude ad un capitolato che mette al centro la dignità del malato e che rende la comunità piacentina garante del progetto. Perché la convenzione con l'Ausl sarà sempre in capo all'Associazione "Insieme per l'hospice", presieduta dal sindaco e il sodalizio si preoccuperà anche di coprire lo sbilancio annuale della gestione, da mettere in conto, e avrà il potere di revocare il rapporto se la struttura non sarà adeguata.E del resto, nei primi sei mesi l'Ausl stessa terrà strettamente monitorato il funzionamento di questo centro. Le caratteristiche dell'opera fanno pensare che il mondo cooperativo ma anche l'Opera Pia Alberoni che per primi si erano mossi, potrebbero concorrere - insieme? - all'impresa.11/09/2008
Il ruolo dell'infermiere nel prossimo futuro
La Sicilia del 10/09/2008 ed. Nazionale p. 28
(a.g) Da oggi fino a venerdì, Palermo, ospiterà il convegno nazionale sulla tematica «L'infermiere nel prossimo futuro in un percorso sinergico tra etica professionale ed empatia», organizzato dall'Inps, insieme all'Ipasvi ed alla sezione Medicina Legale, Dipartimento Tecnologie Mediche dell' Università di Palermo. La giornata inaugurale di oggi si svolgerà nella Sala Gialla di Palazzo dei Normanni, mentre domani e dopodomani proseguirà in un albergo di via Montepellegrino. L ' evento sarà presieduto tra gli altri dalla professoressa Argo dell'Università di Palermo, con la direzione scientifica del Dottor. Morana, coordinatore medico legale regionale.
Infermieri ed etica esperti a confronto
La Repubblica del 11/09/2008 ed. Palermo p. 08
L'Inps, la federazione dei collegi degli infermieri e l'istituto di Medicina legale del Policlinico organizzano un convegno dal tema "L'infermiere nel prossimo futuro in un percorso sinergico tra etica professionale ed empatia". Il convegno, iniziato ieri, prosegue fino a domani all'hotel Astoria di via Montepellegrino.
"Gli infermieri lavorano troppo"
250 mila euro di multa all'ospedale
La Repubblica del 11/09/2008 ed. Nazionale p. 20
GENOVA - Ore e ore di superlavoro, tensione, stress. Gli infermieri impegnati nelle sale operatorie del più grande ospedale di Genova, il San Martino, lavorano troppo e l'ispettorato del lavoro infligge al nosocomio una multa di 250 mila euro. Gli accertamenti della Direzione Provinciale del Lavoro, che ha anche denunciato alla procura il leader storico della Compagnia dei lavoratori portuali Paride Batini per essersi rifiutato di fornire i registri con il dettaglio di turni e presenze dei "camalli", iniziano a metà 2006 e proseguono per tutto il 2007. L'indagine si concentra su una cinquantina di infermieri qualificati, soprattutto "ferristi". Obiettivo: scoprire le situazioni si superlavoro che potrebbero produrre insicurezze, sulla base della legge 66 del 2003, che però, nel frattempo, è stata modificata (il 25 giugno scorso) e prevede una serie di deroghe che forse impedirebbero un provvedimento così severo. Dall'inchiesta emergono violazioni: troppi infermieri hanno "sforato" il monte ore concesso dalla legge. Destinatario del provvedimento l'ex direttore del San Martino Gaetano Cosenza: «Sapevo degli accertamenti, ma non credo proprio che sarò io a rispondere in solido alla sanzione». Il nuovo direttore Mauro Barabino, insediatosi il primo settembre, si dice disponibile a cercare percorsi innovativi per migliorare la situazione purché «siano compatibili con la primaria missione dell'assistenza ai malati». Intanto, i sindacati confederali hanno chiesto un incontro alla dirigenza dell'ospedale. «Siamo in perenne emergenza organizzativa e di personale - afferma il segretario regionale sanità della Cgil Renzo Miroglio - . All'appello sul territorio nazionale mancano 30.000 infermieri, ci sono decine che non possono recuperare le ore di straordinario e neppure farsele pagare perché non ci sono i fondi».
NOSOCOMIO Il San Martino è il più grande ospedale di Genova
Truffa, indagati altri infermieri
Il Resto del Carlino del 11/09/2008 ed. Ancona p. 5
SALE il numero degli infermieri indagati in quanto sorpresi dai carabinieri del Nas di Ancona ad esercitare il doppio lavoro, dividendosi tra le strutture pubbliche (ospedale di Torrette e Inrca) e alcune note cliniche private del capoluogo. Durante l'estate 'attività investigativa dei carabinieri non si è mai fermata. Anzi, si è intensificata poichè dopo l'esplosione del caso sono giunte nuove segnalazioni. A queste ultime i carabinieri del Nas hanno cercato una conferma, che è puntualmente arrivata. Al momento sono una ventina gli infermieri che si ritrovano denunciati alla Procura per truffa e abuso d'ufficio. Sono queste le ipotesi di reato formulate dalla Procura di Ancona, che sulla vicenda ha aperto un fascicolo. All'inizio della stagione estiva gli infermieri indagati erano quattordici, dodici in servizio all'ospedale di Torrette e due all'Inrca. Di lavoro ne facevano sin troppo. I carabinieri hanno seguito i loro movimenti e hanno incrociato orari d'ingresso e di uscita, confrontandoli con quelli raccolti presso alcune cliniche e case di cura. E' subito saltato agli occhi che le persone che si sdoppiavano con il camice da infermiere tra una struttura e l'altra, erano le stesse. Il loro obiettivo è evidente e facilmente immaginabile: arrotondare uno stipendio che spesso non basta. Una paga, quella riservata agli infermieri, che nel nostro Paese non appare ancora consona al livello di professionalità acquisita da questa categoria di lavoratori e che appare molto al di sotto anche in relazione ai rischi che gli infermieri corrono svolgendo le loro mansioni quotidiane. Gli accertamenti dei carabinieri del Nas si stanno intrecciando con i risultati ottenuti anche dalle indagini dei militari della Guardia di Finanza che hanno posto l'attenzione su alcune di queste situazioni di «doppio lavoro». Le indagini avevano preso il via su segnalazione della direzione di «Ospedali Riuniti». Dai primi accertamenti è subito risultato che alcuni degli infermieri coinvolti nelle indagini figuravano presenti nelle cliniche e nelle case di cura private quando in ospedale erano in ferie o anche in malattia. a. mas.
LAVORO NEWS
Il Manifesto del 11/09/2008 p. 8
a cura della red. economia
MORTI BIANCHE /1 Edile sessantenne muore a Grosseto E' morto dopo un giorno di agonia l'operaio edile Agostino Bardelli, 60 anni, precipitato da un ponteggio l'altroieri mentre stava lavorando alla copertura di una piscina in un agriturismo di Campagnatico nella Maremma grossetana. Bardelli era in pensione e collaborava con una ditta edile di Grosseto. L'operaio aveva battuto violentemente la testa, ed era stato ricoverato nel reparto di neurochirurgia del policlinico Le Scotte di Siena.
MORTI BIANCHE /2 PIACENZA, UCCISO DA UNA LASTRA Un altro operaio è morto ieri, schiacciato da una lastra di metallo di dieci quintali che si è staccata dal braccio della gru che stava manovrando. L'infortunio è avvenuto nella ditta «Galezzi Trasporti speciali» di Roveleto di Cadeo, nel piacentino. La vittima si chiamava Sergio Vigevani, aveva 62 anni e abitava a Fiorenzuola d'Arda (Piacenza).
MORTI BIANCHE /3 TRE OPERAI FERITI MENTRE LAVORAVANO Oltre ai due morti di cui abbiamo parlato sopra, sono tre i feriti ieri sul lavoro. Un operaio bergamasco di 37 anni è rimasto ferito nella ditta tessile Martinelli di Casnigo (Bergamo): è rimasto bloccato con un braccio tra due rulli di un macchinario che spalma la colla sulle pezze di stoffa. Un altro giovane è rimasto gravemente ferito alle gambe in un cantiere edile di Acilia (Roma). Infine, un operaio di 19 anni è rimasto gravemente ferito cadendo per 18 metri nella tromba dell'ascensore di un palazzo a Montesilvano (Pescara): indossava un'imbracatura, ha riportato fratture e ferite alle gambe.
RAPPORTO OCSE PIÙ MIGRANTI IN LAVORI SOTTOPAGATI Gli immigrati nei paesi Ocse sono rappresentati in quota sempre più alta nei lavori disagiati e poco qualificati e sono più spesso i meno pagati: lo rileva il rapporto annuale Ocse sulle migrazioni diffuso ieri. Nel 2006, le persone nate all'estero rappresentavano una parte importante della forza lavoro e dell'occupazione nei paesi dell'organizzazione di cooperazione e sviluppo economici, ma c'erano forti disparità. Gli immigrati sono impiegati soprattutto nell'edilizia, in alberghi e ristorazione, in sanità e servizi sociali. La quota di lavoratori immigrati nel settore edile è aumentata considerevolmente in Spagna (dal 10 al 19,7%) e in Italia (dal 9 a oltre il 14%).
GENOVA MULTATO L'OSPEDALE PER IL TROPPO LAVORO Una multa di 250 mila euro per il troppo lavoro: l'ospedale San Martino di Genova ieri è stato sanzionato dall'Ispettorato del Lavoro. Superlavoro, tensione, stress: gli infermieri dell'ospedale lavorano troppo. Gli accertamenti si sono svolti nel 2006 e nel 2007. L'indagine si è concentrata su una cinquantina di infermieri qualificati, soprattutto «ferristì», per scoprire le situazioni di superlavoro che potrebbero produrre insicurezze. Dall'inchiesta emergono violazioni: troppi infermieri hanno «sforato» il monte ore concesso dalla legge. La causa sembra essere la carenza di organici: secondo la presidente dei collegi degli infermieri, nel territorio mancano all'appello almeno 30 mila infermieri. Una multa analoga, di 110 mila euro, in passato era stata inflitta alle Molinette di Torino.
«Rianimazione, super reparto:
salvato da medici e infermieri»
Il Secolo XIX del 11/09/2008 ed. Imperia p. 22
la testimonianza di un malato Imperia. Reparto di Rianimazione dell'ospedale, un plauso pubblico. A farlo è un malato, Nicola Ferrari, di Pieve di Teco, che ringrazia medici e personale «per essere ancora vivo».«In un paese dove troppo spesso si parla solo di malasanità - scrive Ferrari al Secolo XIX - voglio sottolineare l'ottimo lavoro svolto da un equipe di medici e infermieri che hanno dedicato anima e corpo ad un caso disperato e cogliere ancora una volta l'occasione per ringraziarli ed incentivarli a continuare così. Anche se a volte si può pensare che negli ospedali di provincia capacità e trattamenti non siano di qualità, il Reparto di Rianimazione dell'ospedale di Imperia (direttore responsabile di reparto il dottor Salvi, primario la dottoressa Borello) ha dimostrato il contrario. Personalmente posso testimoniarlo, in quanto qualche mese fa venni ricoverato in condizioni disperate, tali da far pensare a tutti che non ci fosse possibilità di uscita. Al contrario, grazie a capacità, determinazione ed impegno di quei dottori, sono ora in grado di poter scrivere queste poche righe per ringraziarli». «Un elogio particolare - continua Ferrari - va anche al personale infermieristico che con grande professionalità, umanità e dedizione al lavoro si è impegnato affinchè potessi affrontare un lungo periodo di degenza nel miglior modo possibile.Un grazie particolare va al dottor Claudio De Michelis che con il dottor Salvi ha lottato senza mai mollare».«Con tutta franchezza - conclude Ferrari - mi viene da pensare che se fossi capitato nella Rianimazione di un grande ospedale, forse ora non sarei qui. Pur sapendo che purtroppo per me la battaglia verso la guarigione è ancora lunga, ho il coraggio di andare avanti anche perchè ho la speranza di incontrare tante persone come queste».11/09/2008
Tetto agli straordinari? Chiude subito l'ospedale
L Unita del 11/09/2008 ed. NAZIONALE p. 33
VIAGGIO nei pronto soccorso di due nosocomi romani, dove chi è grave viene curato in un corridoio e chi è furbetto si fa visitare anche se sa che non c'è nessuna urgenza. Dove l'infermiere si improvvisa elettricista e chi fa le pulizie poi si dedica alla distribuzione dei pasti «Perché tu pensi che qui ogni tanto hai qualche soddisfazione? Qua non facciamo altro che arrabattarci tra doppi turni e strumenti scarsi e poi veniamo pure additati come gli schiavi dei medici, e invece abbiamo pure la laurea...». Claudio, il nome è di fantasia, 30 anni e un lavoro da infermiere, aspetta il momento in cui anche lui, come i colleghi più anziani dell'ospedale San Giovanni di Roma, potrà lasciare il reparto di III medicina per andare altrove. Magari in neurologia o ematologia, i reparti fiore all'occhiello dell'ospedale. A Claudio, che sta studiando per prendere la seconda laurea, l'azienda ha concesso solo 100 delle 150 ore che spettano a uno studente-lavoratore per il diritto allo studio. Mentre ci parliamo si improvvisa artigiano e costruisce una prolunga per attaccare all'unica presa d'ossigeno della parete un paziente che è due letti più in là. Intanto una pulitrice di una ditta esterna, in barba al contratto fa anche da portantina: abbandona la pulitura dei materassi e inizia a distribuire pasti ai malati. «Che ci vuoi fare: qui tutti fanno un po' di tutto, il personale manca, ci si aiuta, capita anche di stare da soli in turno con 32 malati a cui badare. Sperando che non succeda niente di grave, anche perché qua, non abbiamo neppure un defibrillatore...».È la sanità all'italiana. Nelle corsie degli ospedali romani si fa così: con molto ingegno, tanta buona volontà, scarsi fondi, pochi strumenti, e parecchie sviste soprattutto da parte di qualche dirigente. Succede nei corridoi carta da zucchero del San Giovanni e in quelli blu e gialli del policlinico Umberto I, al Sandro Pertini, nei policlinici Gemelli e Tor Vergata: grandi ospedali, presidi che guardano alla periferia, presidi dove l'utenza è tanta, talvolta maleducata e furbetta, talvolta adirata a ragione.Vittorio, il giorno dopo il suo arrivo al pronto soccorso del San Giovanni, non è stato trasferito in nessun reparto: aspetta da 24 ore nella breve osservazione, su una barella in un corridoio che è tutto un fiorire di sporte, buste con i panni e pazienti vestiti sulle lettighe, pallidi e attaccati alle flebo. C'è anche un'anziana che parla con un filo di voce: è lì dalla mattina e non sa ancora dove la porteranno. Anche il pronto soccorso del Policlinico Umberto I fino a qualche tempo fa era così: i pazienti in attesa di trasferimento al reparto potevano essere anche 40. Un suk chiamato «piazza affari», oggi riorganizzato per merito di un nuovo dirigente: «Certo rimangono i problemi dei mezzi antiquati, del personale, scarso tanto che quest'estate mi è toccato anche di stare per 24 ore consecutive in ospedale, e dei posti letto, che da noi sono solo 18» racconta un medico del Dea del Policlinico. Solo 18 per un Dea di II livello, uno dei più grandi d'Europa, una macchina da 600 persone che va avanti a straordinari: «Per quanto mi riguarda 750 ore dall'inizio dell'anno. Non pagate - racconta il medico - e per lo più generate dalla doppia mansione: medico chirurgo e responsabile delle sale operatorie». Impresa ardua, l'organizzazione del blocco operatorio, talvolta più di operare: «Si rompe un trapano? Te lo dicono solo quando anche tutti gli altri sono rotti e non ce n'è più uno utile. La macchina per il sangue? Fino a poche settimane fa ne avevamo una dell' '87, i mezzi con cui operiamo sono a dir poco antiquati». Al capitolo «razionalità assente» non ci sono solo il defibrillatore che non c'è al San Giovanni e solo 18 posti letto al Dea dell'Umberto I. C'è anche il troppo. Il pronto soccorso pediatrico dell'Umberto I, ad esempio, una struttura accogliente con pareti blu relax e personaggi di Walt Dysney dipinti sul muro, risulta Dea di II livello ma non tratta mai casi acuti perché in reparto non c'è la chirurgia pediatrica. C'è anche una macchina per i raggi X, mai usata perché non c'è il radiologo. I casi gravi vengono dirottati sempre al San Camillo o al Bambin Gesù: «In compenso non siamo mai pazienti facili, soprattutto dalle 17 in poi e nei weekend qui diventa una Porta portese - racconta un'infermiera - Lo diventa anche per il via vai di furbetti, quelli che sanno che il figlio non è grave ma lo portano qui perché trovano scomodi gli orari dei pediatri di base, in genere reperibili la mattina e nelle prime ore del pomeriggio fino al venerdì». Succede in ogni pronto soccorso, anche in quelli dei grandi. Che fare? «Alla fine per la paura di denunce, in ottemperanza al principio di precauzione, si visitano tutti e i costi lievitano - dice un medico».L'economia si fa sul personale e sugli acquisti: al San Giovanni, alcuni reparti danno i farmaci contati agli infermieri e nei corridoi si vocifera di un taglio degli straordinari con tetto a 36 ore mensili, senza deroghe, per tutti i reparti: «Se lo mettono l'ospedale chiude - commenta un centralinista - io 36 ore di straordinario le ho fatte in 4 giorni di doppi turni». E la vita privata? «Che vuoi farci - risponde un infermiere - Siamo abituati e poi lo sapevamo che sarebbe stato così». Così come? «Così che passi la vita ad arrabattarti per fare bene un mestiere che più nessuno vuole fare; con pochi mezzi e scarsi riconoscimenti, tra famigliari maleducati e pazienti adirati, quelli a cui non gli va giù di pagare tasse su tasse per poi passare mezza giornata su una barella di pronto soccorso». di Gioia Salvatori
Multa all'ospedale "Troppi straordinari"
Metro del 11/09/2008 ed. Genova p. 7
Sindacati all'attacco: " perchè c'è poco personale" Il "San Martino" pagherà 250.000 euro MARCO BISACCHI Gli infermieri negli ospedali genovesi e liguri lavorano troppo. E spesso il lavoro straordinario non viene retribuito, e neppure recuperato. E' la denuncia dei sindacati, dopo che la Direzione Provinciale del Lavoro ha dato una multa da 250.000 euro all'ospedale San Martino per un "eccesso di lavoro" di una cinquantina di ferristi di sala operatoria. Multa basata sull'idea che il troppo lavoro mette a rischio la lucidità e l'efficienza di persone che devono compiere un lavoro delicatissimo. Non sarebbe stata rispettata la norma di far passare almeno 11 ore fra un turno e l'altro e di garantire 24 ore di riposo la settimana. «Questa è solo la punta dell'iceberg», ammette Michelangelo Librandi della Uil. Dati alla mano, è fin troppo chiaro Renzo Miroglio della Cgil: «Il problema riguarda soprattutto gli infermieri di sala operatoria. Gli ospedali non riescono a organizzare una presenza continuativa, soprattutto nelle situazioni di emergenza». Criticità che non sono nate oggi. «Sono anni che denunciamo le carenze d'organico - dice Miroglio - Le ultime leggi finanziarie hanno sempre tagliato risorse. E nel 2009 ad ogni 10 infermieri che andranno in pensione, corrisponderà ad una sola assunzione. Il turn over, finora, era garantito al 65%. Adesso andrà anche peggio». Immediato l'intervento del direttore sanitario del San Martino, Mauro Barabino: «In sala operatoria lavora personale specializzato, non si può certo interrompere un intervento perché è finito il turno. Sono disponibile a studiare eventuali soluzioni innovative tenendo conto dei vincoli finanziari». Una maximulta all'ospedale San Martino.
Sanità, per dare sicurezza
Il Centro del 11/09/2008 ed. Teramo p. 6
Sanità, per dare sicurezzaa costi più contenuti
Egregio direttore, dopo «sanitopoli» qualche proposta sensata per ridurre i costi è apparsa sul suo giornale (aziendalizzazione, nuove regole con la sanità privata); proposte provenienti da personaggi illustri d'Abruzzo. Come tecnico della medicina d'emergenza, in ambito extra-ospedaliero (elisoccorso 118) ed intra-ospedaliero (anestesia e rianimazione), butto giù un'ipotesi che, se da un lato può incidere positivamente su qualità, sicurezza e contenimento dei costi, dall'altro è sicuramente impopolare: la chiusura definitiva degli ospedali zonali (almeno sei piccoli ospedali) e la presa in carico del personale medico, infermieristico, tecnico ed amministrativo negli ospedali Dea di secondo livello. Affermando questo sono consapevole di attirarmi l'ira dei cittadini che gravitano attorno ai piccoli ospedali, ma solo perché questi cittadini non conoscono le gravi problematiche che sorgono nel momento in cui un paziente in pericolo di vita viene impropriamente qui ricoverato (e succede abbastanza frequentemente, e solo in un secondo momento e a volte tardivamente, viene poi trasferito in un ospedale Dea), e se questo paziente ha solo qualche chance di sopravvivenza, legata alla tempestività della diagnosi e del trattamento, è un paziente, qui, destinato a morire.questi piccoli ospedali, per l'assenza di strumenti per un corretto e completo iter diagnostico, per l'assenza di un trattamento idoneo e definitivo, e per l'assenza di molte specialità (in alcuni ospedali manca il cardiologo, è presente un solo anestesista rianimatore che non può coprire le 24 ore, il laboratorio analisi e la radiologia non sono disponibili 24 ore, solo per fare un esempio), non solo non sono utili in caso di un'emergenza traumatica (politrauma) o medica (infarto del miocardio, ictus cerebri) ma addirittura sono dannosi perché ritardano la diagnosi ed il trattamento definitivo. Tenerli aperti «a tutti i costi» sta comportando una riduzione della qualità e della sicurezza anche nei cosiddetti «grossi ospedali» poiché, per la carenza cronica di personale medico ed infermieristico, sono vittime dell'accorpamento dei reparti; misura, nelle condizioni attuali di grave deficit economico, necessaria si, ma che mortifica l'alta professionalità degli operatori a scapito della salute dei cittadini.La chiusura dei piccoli ospedali dove, sia chiaro, non è assolutamente in discussione la capacità e la professionalità di medici, infermieri, tecnici ed amministrativi, potrebbe essere la soluzione ai «pericolosi accorpamenti» e al contenimento della spesa. Il cittadino «orfano» dell'ospedale vicino è garantito, per l'emergenza, da una capillare rete territoriale di ambulanze e da due elicotteri (rianimazioni volanti) del 118. Unico problema è l'attuale impossibilità di compiere il volo notturno da parte dell'elicottero per la carenza di elisuperfici illuminate; problema che può essere superato costruendole (con il risparmio derivante dalla chiusura dei piccoli ospedali) lì dove gli ospedali saranno chiusi.Una classe politica nuova, orientata al servizio dei cittadini, ha il dovere, se non l'obbligo, di rompere col passato e assumere le decisioni corrette anche se impopolari.Tiziano Rosafio Dirigente medico Silvi Marina Regione, con le preferenzesceglierà l'elettoreSignor direttore, Luciano D'Alfonso, segretario regionale del Pd, su il Centro del 6 settembre scorso fa un'analisi in molti punti condivisibile ma certamente scontata. Dice: «Una classe dirigente con prerequisiti di moralità, ma anche di competenza, esperienza e passione civile, supportata da un progetto di modernizzazione che sappia difendere l'identità e valorizzare le opportunità per la comunità intera, che sia in grado di prefigurare una regione capace di funzionare e poi di realizzarla davvero». Chi, mi chiedo, può contestare una proposito del genere? Credo proprio nessuno, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. La situazione creatasi nella nostra regione, e che ci porterà alle urne il 30 novembre, è l'occasione giusta per entrambi gli schieramenti di mostrare ai cittadini sfiduciati la reale volontà di cambiamento di cui tutti si riempiono la bocca ma in termini reali ancora non tangibile dall'elettore di entrambi gli schieramenti. Anche al centro, a parte posizioni personali apprezzabili, non si notano segnali innovativi.D'Alfonso dice un'altra cosa giusta: «Penso agli onesti che voltano la testa dall'altra parte ma sono pronti a condannare. Penso a chi ha i numeri per farsi avanti e partecipare assumendo responsabilità, eppure si defila per paura di sporcarsi le mani». Ma, chiedo al dottor D'Alfonso, quanti e quali partiti, a parte i «minori» (numericamente minori), sono disponibili a concedere spazio a «chi ha i numeri»? Già questo sarebbe una vera rivoluzione in entrambi gli schieramenti.Per concludere dico che questa volta anche il cittadino elettore non dovrà rimanere scevro da responsabilità, perchè alle elezioni regionali, oltre al presidente della coalizione ed al partito, esiste la possibilità di scegliere i consiglieri con le preferenze. E' una bella arma, i cittadini ne facciano buon uso.Nicola Di Federico Responsabile regionale Pri Il potabilizzatoreche non serve a nienteQuattordici dirigenti di enti pubblici, tra cui la Regione, la Asl, l'Azienda consortile acquedottistica (Aca) che comprende 64 Comuni e il cui presidente Bruno Catena (Pd) è indagato nell'inchiesta sulla discarica chimica di Bussi (la più grande d'Europa) e l'Ente d'Ambito pescarese (Ato), commissariato, si ritrovano sotto accusa per aver speso 25 milioni di euro (erogati dal ministero del Lavori pubblici e dalla Ue) per un potabilizzatore che non serve a niente perché l'acqua del fiume Pescara è talmente inquinata da rendere inutili i macchinari che dovrebbero trasformala in bevanda potabile.Se il livello massimo di idrocarburi consentito nell'acqua è pari a 1, nel fiume da potabilizzare, il Pescara, si arriva a 67. Le analisi rilevano che «bere l'acqua del Pescara significa rischiare il cancro». Incredibilmente, assurdamente, tragicamente vero.Lucio Di Nisio Montesilvano
L'infermiere ha scarso appeal
Il Tirreno del 11/09/2008 ed. Nazionale p. 11
Stress, rischi e responsabilità: fuga dalla sala operatoria - C'è bisogno anche di anestesisti e di esperti in tecnologieIn campo sanitario spazi vuoti ce ne sono parecchi. Nelle strutture pubbliche toscane oggi operano 20mila infermieri ma ne servirebbero di più. Mancano d'estate e nelle zone "difficili", prima di tutto all'Elba, poi in provincia di Grosseto (per esempio all'ospedale di Castel del Piano), a Massa e nel Mugello. La carenza è storica ma fino a qualche anno fa il Mezzogiorno costituiva un importante bacino in cui pescare: a Careggi gli infermieri arrivavano da Puglia e Campania. Ora che anche al Sud hanno aperto i concorsi, questa ruota di scorta è venuta meno. Ma perché ai ragazzi la professione non piace?«In passato l'infermiere era visto come un aiuto-dottore e non godeva di un'alta considerazione sociale - nota Patrizia Giuliani, responsabile sanità della Cgil - oggi è richiesta una laurea ma lo stipendio non si è adeguato: all'inizio si guadagnano sui 1200-1300 euro. Intanto gli orari restano disagevoli, e grandi possibilità di carriera non ce ne sono».«In più - aggiunge la sindacalista - i giovani si entusiasmano con le serie tv, e chiedono tutti di lavorare in sala operatoria o al 118: in medicina non ci vuole più andare nessuno».E poi nonostante la laurea, i professionisti mantengono mansioni in comune con gli operatori socio-sanitari, come fare i letti. Anche questo scoraggia. «Bisogna trovare nuovi modelli organizzativi per "sprecare" meno infermieri, liberandoli da funzioni che non dovrebbero essere loro, anche sul piano amministrativo», nota la Giuliani. Ma la svolta vera, dice, si avrà quando anche nel pubblico si potranno assumere gli stranieri extra-Ue, come succede da tempo nel privato: «la Cgil si batte per questo».Ingegneri. Nella sanità mancano poi altre figure specializzate, per esempio gli ingegneri. Le tecnologie si evolvono in modo rapidissimo e per curare la manutenzione di macchine sempre più sofisticate questo "profilo" è diventato indispensabile. Ingegneri sanitari però ce ne sono pochi e di solito non sono dipendenti degli ospedali.Chirurghi. Tra le professionalità mediche c'è invece da sempre carenza di anestesisti. «Forse ci sono poche cattedre - nota la Giuliani - perché la programmazione universitaria non tiene conto del fabbisogno reale». Eccolo, il solito ritornello: la mancanza di dialogo tra scuola e mondo del lavoro.Per spiegare la fuga dalla sala operatoria, però, non può essere tirata in ballo l'università. L'offerta di corsi ci sarebbe, eppure i posti restano liberi. A Pisa nel 2007 18 borse di studio nell'area chirurgica non sono state assegnate per mancanza di candidati. E all'ospedale di Massa i chirughi sono costretti al superlavoro. Ora che si cerca di rinforzare il reparto vengono fuori i problemi: «purtroppo è molto difficile reperire professionisti», ha ammesso il primario Giorgio Uggeri. Perché?Il fenomeno non è certo solo italiano, anzi da noi l'addio al bisturi arriva più tardi che in altri paesi (Usa e Gran Bretagna ricorrono molto a chirughi asiatici). Il fatto è che la "prima linea" della medicina probabilmente spaventa. Troppi rischi, troppa responsabilità, e soprattutto la paura di grane giuridiche: i contenziosi con i pazienti sono in spaventoso aumento e se qualcosa va storto durante un'operazione - o si ritiene che sia andato storto - le richieste di risarcimenti possono essere salatissime. Tutti i medici oggi hanno polizze assicurative ma i chirurghi più degli altri, anche se non siamo ancora al livello dell'America dove le assicurazioni assorbono buona parte del guadagno. Da noi oltretutto gli stipendi non sono poi così allettanti. A rendere poco appetibile la professione, c'è infine il fattore emotivo: fare il chirurgo è stressante, psicologicamente e fisicamente. I giovani scelgono altro.
Notizie In Breve
La Gazzetta di Parma del 11/09/2008 p. 2
Sempre più stranieri nei lavori più duri-- NotizieInBreve
ARRESTATI DUE 20ENNI Tentano di uccidere con una balestra Hanno tentato di ucciderlo con una freccia sparata da una balestra ma il dardo, scagliato da lontano, ha perso forza e si è conficcato nel ventre della vittima che è rimasta solo ferita. è successo ad Albenga. Il movente del tentato omicidio (sono stati arrestati due 20enni) è riconducibile al mancato pagamento di una dose di cocaina.
GENOVA Infermieri sotto stress Multato l'ospedale Ore e ore di superlavoro, tensione, stress. Gli infermieri impegnati nelle sale operatorie dell'ospedale San Martino di Genova lavorano troppo e l'ispettorato del lavoro infligge al nosocomio una multa di 250 mila euro. E la presidente dei collegi degli infermieri ripete: mancano all'appello almeno trenta mila infermieri sul territorio.
LECCO Ospita clandestino: Azouz torna in carcere Non solo una volta ha violato gli arresti domiciliari disposti nell'ambito di un'inchie sta per spaccio di droga, non facendosi trovare a casa negli orari prestabiliti. Ma Azouz Marzouk, il tunisino cui vennero uccisi moglie, figlio e suocera nella strage di Erba, ha ospitato un cugino con precedenti penali. Per questo Azouz è tornato in carcere.
MILANO Intervento record al cuore di un neonato A sole otto settimane di vita un bimbo del Camerun rischiava la morte a causa di una rara malformazione cardiaca mortale nella quale il cuore si trova a pulsare all'esterno del corpo e non al sicuro, dentro il torace. Il bambino è stato però salvato grazie a un intervento record messo in atto al Policlinico San Donato di Milano.
RAPPORTO OCSE Sempre più stranieri nei lavori più duri I lavoratori stranieri sono sempre più presenti nel mercato del lavoro italiano, ma sono «sovrarappresentati» nei lavori più duri. Lo dice il Rapporto internazionale sulle migrazioni 2008 dell'Oc se, pubblicato oggi a Parigi, che indica l'Italia come uno degli Stati membri con la maggiore crescita dell'occupazione straniera.
Un corso di specializzazione per i medici e gli infermieri
La Nuova Sardegna del 11/09/2008 ed. Nazionale p. 28
Fra i temi trattati i sistemi di gestione per la qualità
OZIERI. Medici e infermieri a lezione di qualità. Il pronto soccorso dell'ospedale "Antonio Segni" ospiterà alla fine del mese un corso di specializzazione sui sistemi di gestione per la qualità riservato a medici e infermieri professionali dell'ospedale di Ozieri. Il ciclo di insegnamenti, dal titolo «Progetto formativo per la progettazione, realizzazione e messa in atto del sistema di gestione per la qualità», nasce dalla necessità di stimolare negli operatori del servizio sanitario la cultura della qualità nel campo delle emergenze. Si tratta di un tema estremamente importante e strategicamente rilevante per la gestione dei percorsi in ambito sanitario. «Il settore dell'emergenza - si legge in un comunicato diramato dall'Asl - registra infatti ancora un certo ritardo rispetto ad altri settori, quali ad esempio la patologia clinica». Le esigenze di qualità in ambito sanitario (servizi, ospedalieri, studi medici, laboratori analisi cliniche, farmacie, servizi di assistenza sociale etc.) rientrano nella categoria dei beni fondamentali, quali la sicurezza e la salute delle persone e come tali sono tutelate. Nello specifico, la qualità dei servizi sanitari è il risultato di un insieme di elementi scientifici, tecnici e tecnologici, organizzativi, procedurali, relazionali e di comunicazione, ma in essa un ruolo determinante è svolto dalle variabili umane. «La rilevazione del fabbisogno formativo - si legge ancora nel comunicato - ha evidenziato la necessità da parte del personale di migliorare le proprie competenze nel gestire i processi secondo un'ottica di miglioramento continuo con una chiara definizione di percorsi e processi. In particolare: creare un linguaggio comune sui temi della qualità, trasmettere le nozioni necessarie a comprendere i principi che sono alla base del "sistema di gestione per la qualità", far comprendere i requisiti della norma, mettere il personale nelle condizioni di gestire nel tempo coscientemente la documentazione del sistema di gestione per la qualità e presentare le procedure e la modulistica del sistema di gestione per la qualità». Ed è proprio a questo obiettivo che si rivolge la formazione prevista dal corso. In esso saranno affrontati tutti i temi relativi al sistema qualità secondo la norma Uni-En Iso 9001/2000. Le lezioni saranno suddivise in una parte teorica e una pratica, nella quale i partecipanti saranno chiamati a dare un contributo originale in maniera attiva. La metodologia utilizzata nella parte teorica sarà quella delle lezioni e relazioni frontali, con analisi di casi e simulazioni, utili per facilitare l'apprendimento attivo e quello ancorato al vissuto e all'esperienza quotidiana di ogni operatore sanitario nell'ambito dell'emergenza. Al termine delle lezioni i corsisti avranno acquisito le competenze necessarie per gestire tutte le attività in maniera razionale, come se fossero processi, e per impostare un maniera razionale la documentazione gestionale in una struttura sanitaria. Il numero di partecipanti per edizione sarà di un massimo di dodici, di cui 8 medici specializzati in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza e 4 infermieri professionali. (b.m.)
Troppo lavoro, ospedale multato
La Prealpina del 11/09/2008 ed. VARESE p. 4
GENOVA - Ore e ore di superlavoro, tensione, stress. Gli infermieri impegnati nelle sale operatorie dell'ospedale San Martino lavorano troppo e l'ispettorato del lavoro infligge al nosocomio una multa di 250 mila euro. E la presidente dei collegi degli infermieri ripete: mancano all'appello almeno 30 mila infermieri sul territorio. Gli accertamenti della Direzione Provinciale del Lavoro iniziano a metà 2006 e proseguono per tutto il 2007. L'indagine si concentra su una cinquantina di infermieri qualificati, soprattutto "ferristi". Obiettivo: scoprire le situazioni di superlavoro che potrebbero produrre insicurezze, sulla base della legge 66 del 2003, che però, nel frattempo, è stata modificata (il 25 giugno scorso) e prevede oggi una serie di deroghe che forse impedirebbero un provvedimento così severo. Dall'inchiesta emergono violazioni: troppi infermieri hanno "sforato" il monte ore concesso dalla legge. Destinatario del provvedimento l'ex direttore del San Martino Gaetano Cosenza: «Sapevo degli accertamenti ma non credo proprio che sarò io a rispondere in solido alla sanzione». Il nuovo direttore Mauro Barabino, insediatosi il primo settembre, si dice disponibile a cercare percorsi innovativi per migliorare la situazione purchè «siano compatibili con la primaria missione dell'assistenza ai malati». Una multa analoga, di 110 mila euro, era stata inflitta alle "Molinette" di Torino. «In quel caso come in questo - dice Barabino - bisogna ricordare che l'ospedale non è catena di montaggio. Abbiamo a che fare con malati che hanno bisogno di cure. In sala operatoria lavora personale specializzato, non si può certo interrompere un intervento perchè è finito il turno. Se la legge è cambiata vuol dire che ce ne era motivo». Intanto, i sindacati confederali hanno chiesto un incontro alla dirigenza dell'ospedale per conoscere il merito della contestazione sul superlavoro, e anche alla Regione Liguria per segnalare ancora una volta il problema degli organici ridotti. «Siamo in perenne emergenza organizzativa e di personale - afferma il segretario regionale sanità della Cgil Renzo Miroglio -. Ci sono decine di infermieri che non possono recuperare le ore di straordinrio e neppure farsele pagare perchè non ci sono i fondi». «La sanzione è plausibile però teniamo conto che non lavoriamo in un tubificio - osserva il segretario regionale Cisl Antonio Angius -. Andiamo ripetendo che gli organici sono troppo ridotti. Però se parliamo di sala operatoria, pronto soccorso o neurochirurgia la specializzazione deve esserci. A volte, finito il turno, i ferristi di questi reparti vengono chiamati per qualche urgenza, con pronta disponibilità».
'Nato' il nuovo reparto di ginecologia,
c'è carenza d'infermiere
La Voce di Romagna del 11/09/2008 ed. Rimini p. 26
SAN MARINO - La risposta alla disoccupazione ha un mestiere su cui puntare: infermiere. A San Marino come nella vicina Italia il problema è lo stesso: la categoria ha bisogno di nuove leve. L'occasione per tornare sul problema è stata data ieri pomeriggio dall'inaugurazione del nuovo reparto di ginecologia dell'ospedale di Stato. Si tratta di una struttura all'avanguardia, con 14 posti letto disposti su sette stanze, ognuna munita di citofono per comunicare con il personale, dotate di bagno e con televisore Lcd donato dalle giunte di Castello della Repubblica. E' lo stesso Mauro Chiaruzzi, Segretario di Stato per la Sanità del Titano, ieri pomeriggio all'inaugurazione, ad ammettere che l'Iss è a corto di personale infermieristico. "Il problema infermiere c'è ed è diffuso anche in altri Paesi- conferma il Segretario- stiamo cercando delle soluzioni a livello politico e crediamo che il primo passo da fare sia di convincere i giovani ad intraprendere questa strada". Il nuovo reparto di Ginecologia è costato allo Stato 500 mila euro, mentre l'intera somma spesa per la modernizzazione dell'ospedale è di 2 milioni e 750 mila euro. A margine del taglio del nastro anche una nota di politica. "La realtà è che penso seriamente di ricandidarmi", ha precipato Chiaruzzi, esponente del Psd, smentendo le indiscrezioni emerse nei giorni scorsi che lo definivano perplesso sul suo futuro politico, e in particolare indeciso se e con quale schieramento ripresentarsi alle elezioni del prossimo 9 novembre. "Le mie parole sono state male interpretate- chiarisce il Segretario - tentennavo perché credo che la politica sammarinese necessiti di un ringiovanimento e inoltre volevo riordinare la mia vita professionale".
Distretto, congelata la nomina del direttore
Messaggero Veneto del 11/09/2008 ed. Udine p. 7
CODROIPO. La direzione generale dell'Ass 4 Medio Friuli, che vedrà a breve l'avvicendamento al vertice, lascia il Distretto di Codroipo in una situazione migliorata rispetto all'inizio del periodo di competenza; congelata al momento la sostituzione del responsabile dimissionario. É quanto emerso dall'incontro dei sindaci facenti capo al Distretto, come riferisce il primo cittadino di Codroipo, Vittorino Boem, con il direttore generale dell'Azienda dottor Paolo Basaglia. Il quale, come informa dunque Boem, ha evidenziato con dati la situazione della dotazione organica e lo stato attuale delle risorse attivate per i servizi, nonché i buoni risultati raggiunti negli ultimi tre anni. L'incremento dei servizi, descritto dal direttore, si riferisce alle prestazioni infermieristiche, all'apertura degli ambulatori dell'infermiere di comunità in alcuni Comuni, all'aumentato numero degli assistiti in Rsa e in Adi. Quest'ultimo servizio è ora attivo sette giorni su sette, con incremento dell'orario e dei giorni di apertura.Il capitolo riguardante le assunzioni di personale, nota dolente a causa dei lunghi tempi tecnici necessari per l'ingresso in organico, sta tuttavia registrando, come ha evidenziato il direttore generale nella sua relazione ai sindaci, un aumento di 10 unità, da 95 a 105. É un tema sensibile quello dell'infermiere di Comunità, che, dopo pressanti richieste dei sindaci, è stato accordato in alcuni Comuni, come Bertiolo, Lestizza e Varmo. Ma altre amministrazioni lo richiedono e Basaglia ha annunciato che il servizio sarà esteso anche presso altri Comuni.Sembra assodato che il dottor Basaglia, nell'ambito di un avvicendamento programmato dall'amministrazione regionale, sarà promosso alla direzione dell'Arpa. Nella prospettiva della successione al vertice dell'Azienda, è stato concordato tra sindaci e direzione generale di rinviare a tempi successivi la nomina del nuovo responsabile di distretto, ruolo vacante per le dimissioni del dottor Gianfranco Napolitano (per questioni, come abbiamo a suo tempo riferito, attinenti al rapporto con la direzione dell'Ass). La rinuncia di Napolitano all'importante funzione, provvisoriamente vicariata dal dottor Giuseppe Bazzo, ha lasciato sorpresi e amareggiati i sindaci, che con il responsabile si erano trovati bene e avevano avviato iniziative importanti, in primis quella dell'infermiere di comunità. (p.b.)
Il boom delle professioni sanitarie: quasi 5mila al quiz
Il Roma del 10/09/2008 p. 4
NAPOLI. Continua la "lotteria" dei test di ammissione all'università, e non mancano le polemiche, anche di chi considera questa formula necessaria ma con molti difetti. Per accaparrarsi uno dei 26mila posti disponibili in tutta Italia, il 4,1% in più rispetto allo scorso anno, sono in corsa in tutti gli atenei della nazione più di 100mila studenti, con un trend in netto aumento rispetto al 2007. In palio c'è l'opportunità di entrare a far parte degli oltre 500mila profili del Servizio sanitario nazionale. Tra questi c'è Benny Berisi, poco più della metà delle domande risposte per giocarsi la chance di entrare a far parte del corso in scienze infermieristiche. «È il secondo anno che provo ad entrare a Medicina - racconta - ho tentato anche questo quiz, se non lo supero non so che farò, per ora non ho alternative valide. La prova si è svolta in maniera rigorosa, all'apparenza era tutto tranquillo, ma quando si tratta di test molto affollati come questo è possibile che qualche piccolo imbroglio sfugga». Per tanti giovani che non possono accedere alla laurea specialistica in Medicina e Chirurgia la laurea triennale nell'ambito delle professioni sanitarie rappresenta un valido sbocco professionale, sia in considerazione dell'insufficienza denunciata dalle aziende sanitarie di infermieri e di tecnici, sia in considerazione delle prospettive che offre il mercato privato. La selezione è stata molto severa e non solo per l'ostacolo rappresentato dal test, quanto per l'elevato rapporto tra candidati e posti disponibili, che innalza il livello del punteggio necessario per entrare. Sono in tanti quelli che tra le alternative hanno indicato scienze infermieristiche. Tra questi c'è Annagiulia Andreotti, un'estate intera trascorsa a prepararsi sui test degli scorsi anni e Giuliano Paolino, che nonostante il caldo patito afferma: «È andata abbastanza bene, ho risposto ad una sessantina di domande anche se eravamo tantissimi. Ora, per fortuna, possiamo riposarci un po' ed andare a mare». Hanno puntato sul sogno di diventare fisioterapisti, invece, i due amici Enzo Zarra e Marco Reccia. Per il primo non solo fisioterapia tra le alternative, ma anche tecnico di radiologia e scienze infermieristiche, mentre il secondo è fiducioso per i risultati della prova, perché ha risposto a più della metà delle domande comprese quelle di matematica, contro tutte le aspettative. Anche per Vincenzo De Rosa la strada intrapresa è quella di fisioterapia con quasi tutti i quesiti risposti. All'uscita dall'aula confrontano le risposte, invece, le amiche Alessia Giuliano e Silvia Noschese. «È andato tutto bene - assicura Alessia ci hanno fatto mettere i telefonini sul banco senza la batteria». Le domande più difficili? «Quelle di matematica e fisica» le fa eco Silvia. Non sono mancati, per l'ennesima prova a Monte Sant'Angelo, problemi di logistica e gestione, causati, principalmente, dal grande numero di partecipanti, ben 4566 ed, a complicare le cose, ci si è messo di mezzo anche un traffico snervante ed un caldo eccezionale. Andrea Acampa
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