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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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martedì, settembre 16

Rassegna Stampa - 16.09.2008


IL RUOLO DELL'INFERMIERE
NELLA GESTIONE DELLA DOCUMENTAZIONE CLINICA

Marketpress del 15/09/2008

Venezia, 15 settembre 2008 - L'assessore alla Sanità della Regione del Veneto, Sandro Sandri, è intervenuto il 12 settembre, presso il Centro Congressi Papa Luciani di Padova, al convegno "La documentazione infermieristica nella Legge regionale 34/07: Opportunità per una migliore assistenza", organizzato dal Coordinamento Collegi Ipasvi del Veneto per approfondire e puntualizzare le responsabilità e le problematiche nella gestione della documentazione clinica alla luce delle nuove disposizioni normative regionali. A questo proposito l'Assessore Sandri ha ricordato che la Regione, disciplinando per legge la conservazione e l'informatizzazione delle cartelle cliniche, ha inteso avviare un processo di omogeneizzazione dei dati clinici, per rendere possibile un dialogo tra tutti gli operatori sanitari operanti in Veneto. Un processo, ha poi aggiunto, nel quale la figura dell'infermiere assume un ruolo importante. "Purtroppo- ha concluso Sandri - attualmente vi è una forte carenza di personale infermieristico, un problema per la soluzione del quale ci attiveremo presso tutte le sedi opportune". .


«Vi svelo i segreti della clinica degli orrori»

Il Giornale del 16/09/2008 , art di Luca Fazzo da Milano ed. Nazionale p. 19

Ecco i verbali inediti del pentito: «Pazienti dimessi senza controlli, chirurghi ubriaconi, visite ai malati affidate a un ingegnere» Pipitone, ovvero il notaio e padrone, fumandomi in faccia mi avvisò: «Ricorda chi ti paga lo stipendio»Pazienti dimessi senza visitarli. Medici ubriaconi o che svengono in sala operatoria. Infarti inesistenti diagnosticati solo per gonfiare i rimborsi. Condizioni igieniche surreali, infermieri e medici che circolano sui marciapiede in camice e mascherina. Visite affidate a un ingegnere. Rapporti illeciti con l'Asl. E, su tutto, la legge del «Notaio». Cioè di Francesco Pipitone, azionista unico: bisogna fare più soldi possibile. È il primo racconto dall'interno della Santa Rita, la clinica di Milano finita al centro delle indagini della Procura e passata alle cronache - dopo la retata del 9 giugno - come «la clinica degli orrori». Dei quattordici arrestati di quella mattina di primavera, uno ha deciso di collaborare con gli inquirenti. Si chiama Gianluca Merlano, 38 anni, ex vicedirettore sanitario. LO STIPENDIO Merlano racconta così il suo colloquio con Pipitone per l'assunzione. «Il Notaio stava facendo una lavata di testa incredibile alla dottoressa Galasso, urlava come un pazzo, tanto che io all'inizio dissi: che vengo a fare qua? Finita questa riunione mi fecero parlare col Notaio che nel frattempo si era ricomposto, fumava la pipa e ti fumava in faccia. A lui non gliene fregava niente delle competenze che avevo. Mi ha detto: se lei viene qui a fare il vicedirettore sanitario deve ricordarsi sempre chi le passa lo stipendio. Era il padrepadrone. A questo punto lo dissi al Notaio che avevo capito bene il messaggio. Poi francamente, nel mio intimo, non aderivo». NON PERDERE SOLDI «Ricevetti il passaggio delle consegne. La prima, importante: stai attento a non fare perdere soldi alla clinica, cioè, vai a vedere che ogni volta che c'è codificata un angioplastica venga messo lo stent. Cioè: stai attento a non perder dei soldi perché qualcuno si incazza. E qualcuno era il Notaio, ovviamente». OPERAVA E SPARIVA «Il dottor B. venendo da Genova veniva, faceva il suo intervento e spariva. Poi c'erano gli infermieri che impazzivano a chiamarlo [...] B. addirittura in alcune occasioni manda per fax la lettera di dimissione e non viene neanche a vedere il malato in faccia prima di dimetterlo». Pm: «Perché non è mai stato mandato via?». «Perché evidentemente fatturava bene». FATE SPARIRE LE LASTRE «Il Notaio nel 2006 aveva emesso una circolare che chiedeva direttamente ai caposala, anche quelli della terapia intensiva, e anche quando il malato era deceduto, di insistere con i parenti per portare via tutte le lastre. Ovviamente tra quei malati c'erano anche degli extracomunitari che poi sono spariti, quindi erano irreperibili, quindi la Asl non avrebbe mai recuperato questa cartella. Io sapevo che le lastre vanno conservate nell'archivio dell ospedale per vent'anni» INFARTI INESISTENTI «Un cittadino di Roma si era sentito male a Milano Centrale e lo avevano portato alla Santa Rita. Dopo qualche giorno lo hanno dimesso dicendogli "lei non ha nulla". Lui qualche mese dopo chiese la cartella clinica. Sulla scheda di dimissione c'era scritto: infarto acuto del miocardio. Ne parlai con Anzuini e mi disse che l'indicazione della clinica era: quando gli enzimi sono alterati, siete autorizzati a scrivere "infarti del miocardio"». Pm: «Quanto viene pagato l'infarto dalla Regione?». «Penso sui 4mila». TBC IN SALA OPERATORIA Merlano parla a lungo di Pierpaolo Brega Massone, primario di chirurgia toracica. Brega è tutt'ora in carcere con l'accusa di avere operato decine di pazienti - causando loro danni irreparabili - solo per gonfiare i rimborsi. Merlano conferma che Brega era il chirurgo di fiducia di Pipitone e godeva delle sue coperture. Dal verbale emerge un nuovo dettaglio inquietante. Pm: «Lei sa che Brega ha operato senza avvertire l'équipe che ci fosse la Tbc?». «Lo immagino [...] per fortuna nessuno si è beccato la tubercolosi». LA CACCIATA DI BREGA «Mobilia (Antonio Mobilia, all'epoca direttore generale dell'Asl Città di Milano, ndr ) si dava del tu con Pipitone. Gli disse di mandare via il primario. Quello che dava fastidio al Notaio era che temeva di non trovare un altro che operava tanto come Brega e che gli avrebbe fatto dei buoni guadagni». ALCOLISTI Il dottor V. era stato primario prima di Brega, ne ho sempre sentito parlare malissimo. Addirittura mi dissero che V. abusava dell'alcol [...]. La dottoressa A. soffriva di disturbi mentali. Mi dissero: ha una grave sindrome depressiva, ogni tanto sviene in sala operatoria». LO «SBRAGO» IN AMBULATORIO «Nel poliambulatorio succedeva di tutto, medici che non mettevano più il camice, che insultavano le infermiere. Vedevo medici e infermieri vestiti da sala operatoria attraversare via Vallazze [...] C'era uno sbrago dal punto di vista del personale in quelle che erano le misure igieniche. Gli infermieri non si rendevano conto di essere ridicoli a passare davanti al supermercato con la cuffia in testa e la mascherina chirurgica, in poliambulatorio non mettevano più neanche il camice e stavano in giacca e cravatta a visitare la gente». LE BRONCHITI FASULLE «C'erano queste diagnosi di Bpco, le broncopatie croniche ostruttive. Io guardo il referto della lastra: torace pulito. L'anestesista dice che il torace è perfetto. L'infermiere non segna neanche la tosse. Io dissi: qua mi sembra che queste Bpco sono inventate. La Pedesini ci provava perché erano 800 euro in più». L'INGEGNERE CHE VISITA «Quando chiesi alla caposala se era vero che il malato veniva affidato a un ingegnere, lei mi disse che questo inegnere era l'unico che aveva studiato il software della macchina. La dottoressa D. mi ha detto che lo sapeva e che autorizzava lei l'ingegnere perché era d'accordo con lei che per qualunque cosa era nella zona del poliambulatorio» . GLI AMICI ALL'ASL Pm: «Cosa sa dei rapporti tra il Notaio e Mobilia?». «Semplicemente quello che ho visto, di una grandissima cordialità e amicizia. Quando siamo venuti via si sono baciati, ha baciato anche me Mobilia, cioè mi è saltato al collo e mi ha baciato. Io gli volevo dare del lei e lui mi dava del tu forse scambiandomi per il figlioccio del Notaio. Io ne fui onorato perché era sempre il direttore generale dell'Asl. Mobilia aveva portato Cè, l'assessore, a visitare la Santa Rita come esempio di clinica da sponsorizzare. Il tormentone del notaio con Cè era l'Eas (l'innalzamento di livello del pronto soccorso, ndr ). Puntava a ottenere l'Eas, organizzò un banchetto per Mobilia e Cè ma Cè non poté fermarsi». Pm: «Lei ha notato legami di Pipitone con altri personaggi politici o della pubblica amministrazione? «L'unico che so perché il Notaio mi ha detto che gli ha fatto un favore netto è stato Barillaro che è un funzionario dell'Asl di Milano. Noi avevamo interesse a entrare nel progetto Telecardiologia che era un progetto a numero chiuso per gli ospedali per monitorare gli scompensati cardiaci. Il Notaio mi chiamò in disparte e mi diede dei documenti, mi pare del San Paolo o dell'Auxologico, e mi disse: me li ha dati Barillaro, non li faccia vedere a nessuno perché non può passare i documenti di un'altra azienda ospedaliera. Sono da copiare pari pari ma dobbiamo metterci il logo Santa Rita. E la Santa Rita venne poi accettata nel progetto». SCONTRI IN SALA OPERATORIA «Quando Brega è sparito dalla Santa Rita ed è stato licenziato, nel corridoio era quasi impossibile non sentire "eh, io l'ho sempre detto", Però dopo. Prima, silenzio più totale: perché nessuno è venuto in direzione sanitaria a dire "guardate che quello è uno che spinge gli interventi". Sicuramente c'erano degli scazzi in sala operatoria. Brega quando parlava degli anestesisti diceva che lui aveva salvato Sala e la sua équipe da un caso grave di perforazione della carena tracheale in una paziente peruviana». Pm: «Invece è stato un errore di Brega. Hanno falsificato la cartella clinica». «Un giorno passa il primario di radiologia e Brega inizia a dire: quello poi, adesso mi ha subito voltato le spalle che io - mi disse - gli ho coperto un sacco di casini che hanno fatto nelle Tac, quando mi scrivevano delle cavolate e io andavo giù e gliele facevo correggere. Me le sono tenute da parte quasi come un archivio qualora ci fosse da ricattare qualche d'uno». Pm : «Un bell'ambientino, porca miseria. Un palazzo dei veleni». Sono le 15.20 del 18 giugno scorso quando davanti ai pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano si presenta un giovane medico per essere interrogato. Si chiama Gianluca Merlano è stato arrestato insieme ad altre 13 persone dopo due anni di indagini della Guardia di finanza sulla Santa Rita, la clinica milanese controllata dal notaio Francesco Pipitone. Merlano sceglie di collaborare con la Procura, viene subito scarcerato e il suo verbale viene segretato. Ora il interrogatorio fa parte del materiale depositato in vista del processo, fissato per il prossimo 2 dicembre. Nelle 150 pagine del verbale Merlano racconta dall'interno gli affari della Santa Rita: è il crudo ritratto di una realtà dove i profitti venivano prima dei diritti dei malati, e dove pressapochismo e disorganizzazione non impedivano che - grazie alle protezioni giuste la Santa Rita venisse presentata dalla Asl come un fiore all'occhiello della sanità privata.


'Siamo infermieri di serie B'

Il Resto del Carlino del 16/09/2008 ed. Faenza p. 6

«UN INFERMIERE dell'ospedale guadagna almeno 1.600 euro all'anno in più rispetto a quanto porta a casa, a parità di mansioni, anzianità e professionalità, un collega di una delle cinque cliniche private della provincia». È questo il grido di allarme lanciato dai sindacati confederali di Ravenna che hanno presentato lo sciopero nazionale degli operatori della sanità privata indetto per giovedì. Il mancato rinnovo del contratto di lavoro, scaduto da oltre 32 mesi, e il rifiuto da parte delle associazioni nazionali di aprire il tavolo della trattativa, hanno spinto Cgil, Cisl e Uil a scendere sul piede di guerra. «Localmente - hanno spiegato Nicola Farina, Roberto Baroncelli e Fabio Tommasoni, rappresentanti provinciali delle tre sigle sindacali - lo sciopero coinvolgerà circa seicento dipendenti delle strutture Villa Maria Cecilia a Cotignola, Domus Nova e S.Francesco a Ravenna, S.Pier Damiano a Faenza e Villa Azzurra a Riolo Terme». Come prescritto dalla legge, saranno garantiti i servizi minimi essenziali, ma qualche disagio si potrà verificare soprattutto per gli interventi e per le prestazioni programmate, che subiranno un prevedibile slittamento. «I lavoratori della sanità privata - hanno aggiunto i sindacalisti - percepiscono lo stesso salario del 2005, mentre i loro colleghi della sanità pubblica hanno già da tempo ricevuto gli aumenti contrattuali dovuti. Nonostante questa palese ingiustizia, i datori di lavoro rifiutano di iniziare la trattativa per il rinnovo, asserendo che le Regioni non pagano in modo sufficiente le prestazioni, commissionate dal pubblico e svolte all'interno delle proprie strutture. Si tratta in realtà di affermazioni di comodo perché a gennaio 2008, proprio con l'Aiop, è stato siglato un regolare accordo dove sono state ricontrattati costi e tariffe delle prestazioni. Tariffe che comprendono anche il costo del personale, oltre che quello tecnologico. Non si giustifica pertanto un atteggiamento così ostile e di chiusura». Al corteo, che si svolgerà a Roma, prenderà parte anche una delegazione di lavoratori - infermieri, fisioterapisti, tecnici sanitari e amministrativi - del Ravennate. Roberto Romin


Autisti, medici e infermieri:
la Caritas a caccia di volontari

Il Giorno del 16/09/2008 , articolo di ELEONORA PISANIELLO ed. Sesto p. 8

QUASI 15 MILA persone a Sesto si rivolgono ai suoi centralini ogni anno. E più di mille volontari lavorano gratuitamente ogni giorno nelle sue strutture. Stiamo parlando della Caritas Ambrosiana di Sesto che dopo due mesi di parziale assenza per ferie è tornata in servizio. Nei dieci centri cittadini, connessi alle parrocchie, dottori, psicologi, infermieri, insegnati e centralinisti sono, infatti, già al lavoro, gratuito chiaramente: «Anche quest'anno - afferma don Giovanni Brigatti, prevosto di Sesto - manterremo fede al nostro impegno di servizio verso gli altri e verso la città, portando avanti le nostre attività storiche: i centri di ascolto, la distribuzione di viveri, i corsi di italiano per stranieri». UN IMPEGNO non facile da mantenere quando il lavoro da fare è tanto e pochi i volontari. Nel centro Caritas Rondinella di viale Matteotti 415, il più grande della città, gli operatori sono appena 137 ma le attività che porteranno avanti anche quest'anno sono addirittura sette, tra quelle di assistenza sanitaria e familiare. Sarà per questo che, solo nel 2007, le richieste di soccorso a cui la sede ha risposto sono state 4 mila, quasi 1.500 in più rispetto al 2006, «mentre i volontari per far fronte alle domande e tenere aperti i servizi sono sempre gli stessi - afferma Gianfranco De Nicolò, responsabile della sede Rondinella - Avremmo bisogno di medici e soprattutto di infermieri specializzati disposti almeno una volta a settimana a spendere un'ora nel centro. Mancano poi volontari per l'ascolto e autisti per il trasporto in ospedale. È questo il problema della riapertura, ma nonostante la carenza di personale i nostri servizi saranno attivi, come sempre, con uno sforzo in più da parte di chi c'è». Oltre ai corsi di lingua per stranieri e allo sportello di assistenza e di ascolto (aperto al mattino, dalle 9 alle 11 e 30, e nel pomeriggio, dalle 15 alle 18, dal lunedì al venerdì) al centro Rondinella, anche quest'anno ci saranno «due ambulatori per le cure sanitarie - spiega Zita Berto, collaboratrice Caritas - uno infermieristico per la misurazione della pressione e le iniezioni, e uno medico per le visite generiche o specialistiche, effettuate da un ginecologo, un pediatra, un dermatologo e un medico generico. Inoltre, abbiamo anche uno sportello psicologico». TUTTO GRATUITO e disponibile ogni giorno al mattino dalle 9 e 30 alle 10 e 30 e nel pomeriggio dalle 15 e 30 fino alle 16 e 30. «Effettuiamo anche la consegna di pacchi viveri su richiesta - prosegue Berto - e il trasporto degli anziani e dei disabili nelle strutture ospedaliere: abbiamo tre macchine e due furgoncini a disposizione, ma chiediamo in questo caso un piccolo contributo per le spese».


Grazie alle infermiere trasferite del Gaslini

Il Secolo XIX del 16/09/2008 ed. Nazionale p. 24

"Ai bambini e ai fiori lo splendore del sole". Questa frase simbolo e cavallo di battaglia dell'Istituto G. Gaslini, è sempre stata sentita da noi infermiere vera e veritiera aiutata dalla felice ubicazione del nostro reparto e dal clima sereno che abbiano cercato di costruire in questi anni. Dopo 12 anni di attività, il reparto Nefro­trapianti dell'I.G.G. è stato chiuso il 14 agosto 2008 per vari motivi di organizzazione aziendale e per la carenza di personale infermieristico. Tale chiusura ha comportato un accorpamento con il reparto di Nefrologia e lo spostamento in altri reparti di cinque infermiere che andranno a sopperire alle carenze di personale infermieristico. Per tale motivo questa lettera vuole esprimere il nostro ringraziamento e la nostra gratitudine alle nostre colleghe con cui per tutti questi anni abbiamo lavorato creando un gruppo affiatato, serio e amico, che ha saputo trasmettere ai bambini, ai ragazzi ricoverati e alle loro famiglie serenità, nonostante i lunghi periodi di degenza che le patologie renali richiedono; il tutto cercando sempre di fornire un'assistenza di alta qualità. Grazie ragazze! Grazie per quello che abbiamo vissuto professionalmente e non verrà cancellato da ciò che vivremo in futuro, grazie per tutte le volte che oltre ad essere colleghe siete state amiche capaci di ridere e piangere insieme. Infermiere Padiglione Nefro post trapianto Genova


Racket caro estinto, 51 indagati

Corriere del Mezzogiorno del 16/09/2008 ed. BARI p. 6

Gli inquirenti: scoperta un'opera di sciacallaggio

BARI - Chiusa l'inchiesta sul «caro estinto» che lo scorso aprile ha portato all'arresto di 33 persone: nelle scorse settimane agli indagati è stato notificato l'avviso di conclusione indagini e i reati contestati a vario titolo sono di associazione per delinquere, aggravata dall'aver favorito un'associazione mafiosa, concussione, corruzione, falso ideologico e rivelazione di segreti d'ufficio.Le indagini dei carabinieri del reparto operativo hanno portato alla luce quella che è stata definita un'opera di «sciacallaggio istituzionalizzata a più livelli» e gestita da un'organizzazione che ha fatto «affari d'oro» con la vestizione, il trasporto delle salme e i funerali di pazienti morti in ospedali e in case di cura e che non ha fatto un passo indietro neppure davanti alla salma di una ragazza di 16 anni, a quelle di parenti di ufficiali dei carabinieri o di note famiglie di avvocati.Complessivamente le persone iscritte nel registro degli indagati sono 51 e si tratta principalmente infermieri necrofori che lavorano negli obitori del Policlinico e degli ospedali Di Venere e San Paolo , ma ci sono anche infermieri professionali, una quindicina in tutto, di tre cliniche: Mater Dei, San Giovanni e Villa Del Sole. Ed anche i titolari e collaboratori di nove ditte di onoranze funebri (Santa Rita, L'Umanità, Iof e Humanitas del gruppo Pacucci, Porcelli Rosa, La Cattolica, Funeral Center e Funeral Service e Abatantuono- Mitola). Secondo quanto accertato dalle indagini dei carabinieri negli ospedali finiti sotto indagine (ad esclusione della Mater Dei) operavano 5 associazioni per delinquere composte da infermieri e da titolari di ditte di pompe funebri che riuscivano a gestire in modo esclusivo i funerali dei pazienti morti in ospedale che costavano tra i 1500 e 5mila euro. Nell'inchiesta sarebbe coinvolto anche il boss Antonio Di Cosola.An. Ba.Il blitz I magistrati inquirenti e gli investigatori illustrano i dettagli dell'operazione condotta nell'aprile scorso che portò a 33 arresti


Infermieri, 13 posti in Toscana

La Citta di Salerno del 16/09/2008 ed. Nazionale p. 13

Il concorso indetto dall'Azienda sanitaria di Livorno• Dopo il concorso indetto dall'ospedale "Careggi" di Firenze per l'assunzione di oltre duecento infermieri, ancora la Toscana, per la precisione Livorno, e ancora in ambito sanitario, è bandito un concorso pubblico riservato, per titoli ed esami, a tredici posti di collaboratore professionale sanitario - infermiere - cat. D, in applicazione della L.R.T. 1 febbraio 2008, numero due, presso l'azienda Usl numero 6 (GU n. 71 del 12-9-2008 ).• Il bando relativo al concorso suddetto è pubblicato integralmente nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana, parte seconda, numero 34 dello scorso 20 agosto 2008. Il termine per la presentazione delle domande, redatte su carta semplice e corredate dai documenti prescritti, scade il trentesimo giorno non festivo successivo alla pubblicazione del presente avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi all'Ufficio assunzioni e concorsi dell'Azienda Usl numero 6 di Livorno in via di Monterotondo n. 49 - 57128 Livorno; oppure telefonando ai seguenti numeri 0586.223713 - 223848 dal lunedì al venerdiì dalle ore 10 alle 12. Altre informazioni è possibile reperirle sul sito internet dell'Usl all'intirizzo Usl6.toscana.it.• Tra i requisiti richiesti diploma universitario di Infermiere (o corrispondente laurea in Infermieristica), o titolo dichiarato equipollente, o ancora titolo estero riconosciuto dal Ministero della Salute oltreché l'Iscrizione al relativo albo professionale.


Accreditamento Joint
Commission International e blocco operatorio

Management della Sanita del 15/09/2008 N.35 SETTEMBRE 2008 DOSSIER p. 37

L'applicazione degli standard JCI nel blocco operatorio dell'Ospedale di Monza si rivela, insieme al comune sforzo culturale da parte di tutti gli attori coinvolti, uno strumento idoneo a rendere più efficace e sicura la struttura sanitaria L'esperienza del Presidio San Gerardo di MonzaPer ottenere l'accreditamento Joint Commission International (JCI), una struttura sanitaria (ospedale, poliambulatorio, laboratorio, struttura di lungo degenza, assistenze domiciliari...) deve soddisfare completamente i 314 standard e i 6 "Obiettivi internazionali per la sicurezza" previsti nel manuale dell'organizzazione. Gli standard sono relativi a tutte le attività, sanitarie e non, che si svolgono in una struttura, in modo da garantire a ogni paziente il percorso terapeutico/assistenziale più sicuro, minimizzando il rischio di errore nell'ottica del miglioramento continuo della qualità delle prestazioni erogate. In un ospedale, il blocco operatorio è l'organizzazione più complessa, in quanto si interfaccia con una molteplicità di operatori e di servizi con esigenze molto diverse tra loro. Ciò comporta che, oltre agli standard specifici sulle attività che vi si svolgono, il blocco operatorio deve rispondere a molti altri standard che lo riguardano, anche se indirettamente. Gli standard JCI specifici del blocco operatorio sono riuniti nella famiglia ASC-Assistenza anestesiologica e chirurgica, che sono applicabili in tutti i contesti dove si faccia uso di anestesia/sedazione o si svolgano procedure chirurgiche (ambulatori chirurgici e odontoiatrici, unità di day surgery, pronto soccorso, terapie intensive...). L'attenzione viene posta su: • valutazione completa ed esaustiva del paziente; • pianificazione delle cure e dell'assistenza; • monitoraggio continuo del paziente; • individuazione dei criteri per il trasferimento del paziente tra le diverse aree per il prosieguo del processo di cura (altre unità operative, riabilitazione, dimissione). Tra gli obiettivi per la sicurezza del paziente, l'obiettivo 4 "Garantire l'intervento chirurgico in paziente corretto, con procedura corretta, in parte del corpo corretta" è specifico dell'attività chirurgica, che si svolge soprattutto nel blocco operatorio. Al fine di rispondere a tutti gli standard della JCI, presso il Presidio Ospedaliero San Gerardo di Monza è stato deciso di modificare l'organizzazione del blocco operatorio, che è stato fatto afferire alla Direzione Sanitaria. Inoltre, è stato individuato uno specifico organo di governo, denominato Coordinamento delle Attività Chirurgiche (Co.A.Ch.) e formato da: • un medico di Direzione Sanitaria, con il ruolo di coordinatore; • il responsabile degli anestesisti; essere sottoposto ad intervento chirurgico l'assoluta sicurezza riguardo l'applicazione della migliore pratica clinico-assistenziale, mantenendo un controllo costante dei dati di rilievo affinchè non si verifichino errori e/o omissioni che possano pregiudicarne il risultato. La compilazione della check list peri-operatoria permette di verificare: • l'avvenuta identificazione del paziente; • la presenza in cartella clinica di tutta la documentazione clinico-assistenziale, debitamente compilata, durante il suo percorso dalla U.O. di ricovero alla Sala Operatoria e viceversa; • la permanenza dell'indicazione all'intervento chirurgico; • la lateralità dell'intervento; • l'assenza di fattori clinici che controindicano temporaneamente l'intervento chirurgico; • la corretta esecuzione della preparazione all'intervento; • la prescrizione della profilassi antibiotica; • la presenza del consenso informato, debitamente compilato, sia all'intervento chirurgico che all'anestesia. La procedura si applica a tutti i pazienti ricoverati sia in regime ordinario, sia di day hospital che accedono alle sale operatorie delle diverse specialità chirurgiche per un intervento programmato. Non è applicabile per i pazienti urgenti provenienti dal pronto soccorso e per i pazienti che vengono operati nelle sale operatorie di reparto. La "check list peri-operatoria" è suddivisa in sei parti distinte, ognuna delle quali coinvolge diverse responsabilità professionali nei differenti ambiti operativi ed è concepita per una facile e rapida compilazione da effettuare attraverso la spunta dei vari "item" previsti per ciascuna parte. Pertanto, ogni professionista coinvolto nelle diverse fasi di preparazione e di esecuzione dell'intervento chirurgico deve compilare la check list per la parte di propria competenza, intervenendo attivamente per risolvere eventuali problemi, come la mancanza di documentazione sanitaria o la mancata esecuzione di procedure preliminari all'intervento. Nel caso in cui le problematiche rimangano aperte, ogni singolo professionista può sospendere l'intervento chirurgico non essendo garantito il suo svolgimento nella massima sicurezza per il paziente. Il medico chirurgo in reparto verifica l'identità del paziente, conferma l'indicazione chirurgica e l'idoneità clinica all'intervento, segna la lateralità con la penna dermografica, oltre a verificare la corretta compilazione della modulistica per il consenso informato e dei moduli per le eventuali trasfusioni. L'infermiere dell'unità operativa di ricovero ha il compito, prima che il paziente venga trasportato in blocco operatorio, di procedere alla sua identificazione, di controllare che la documentazione sia completa, di verificare che le condizioni clinico-assistenziali siano ottimali • il responsabile d'area degli infermieri del blocco operatorio. I compiti del Co.A.Ch. non si limitano a governare l'attività interna del blocco operatorio, ma l'intero percorso del paziente una volta data l'indicazione all'intervento, così da avere una visione complessiva di tutte quelle componenti, quali il prericovero centralizzato e la centrale di sterilizzazione, che influiscono sulla corretta esecuzione dell'intervento chirurgico. Inoltre, il Co.A.Ch. gestisce i rapporti con l'ingegneria clinica, la farmacia e il magazzino presidi, l'ufficio tecnico, al fine di governare gli approvvigionamenti, le manutenzioni ordinarie e straordinarie, le apparecchiature in dotazione. Ogni giovedì il Co.A.Ch. incontra i chirurghi e i capo sala dei reparti di degenza per quantificare il fabbisogno di letti di terapia intensiva e l'utilizzo dei letti di degenza ordinaria e di week hospital, in modo da poter definire le liste operatorie della settimana successiva. Nell'ottica dell'accreditamento JCI, è stato necessario rendere evidente la presenza e l'applicazione di molte procedure in tutti i settori dell'Azienda, che il più delle volte non erano state formalizzate. Pertanto, è stato fatto un massiccio lavoro di revisione per aggiornarle, rispondendo anche agli standard JCI, per poi pubblicarle in un server aziendale dedicato per renderle immediatamente disponibili a tutti gli operatori. In blocco operatorio sono state aggiornate numerose procedure/istruzioni operative, soprattutto relative a: • identificazione del paziente, con l'introduzione del braccialetto di riconoscimento per tutti i pazienti ricoverati o che accedono in PS; • identificazione del sito chirurgico, come peraltro richiesto dalle raccomandazioni del Ministero della Salute sulla prevenzione dei rischi in ospedale; • gestione del registro operatorio informatizzato, con la definizione delle responsabilità dei singoli operatori; • check attrezzature anestesiologiche, check carrello intubazione difficile, check carrello fibroscopia, check carrello pediatrico e sterilizzazione fibroscopi, per semplificare e standardizzare il lavoro degli infermieri, riducendo il rischio di errori da parte degli infermieri; • lavaggio chirurgico delle mani, accompagnato dalla diffusione di appositi manifesti affissi in tutte le sale operatorie e da focus group per tutto il personale; • vestizione in sala operatoria, con la riorganizzazione degli spogliatoi e la ridefinizione delle aree filtro; • preparazione preoperatoria e profilassi antibiotica, con l'obiettivo di standardizzare tali procedure in tutti i reparti di degenza e ridurre i costi dei farmaci utilizzati; • prericovero chirurgico centralizzato, che ha consentito la riduzione delle giornate di degenza e l'abbattimento degli esami preoperatori. Check list perioperatoria In particolare, è stato introdotto l'uso della check list perioperatoria, che vuole rispondere alla necessità di garantire al paziente che deve per l'esecuzione dell'intervento stesso e di controllare che la preparazione sia avvenuta come da protocollo. L'infermiere del blocco operatorio deve nuovamente procedere all'identificazione del paziente e alla verifica della completezza della documentazione. Inoltre, deve eseguire le prescrizioni riportate sulla cartella anestesiologica, accertandosi dell'avvenuta somministrazione dei farmaci prescritti e della lateralità dell'intervento. Il medico chirurgo in blocco operatorio verifica l'identità del paziente, conferma l'indicazione chirurgica, la lateralita e l'idoneità clinica all'intervento, oltre a verificare la corretta compilazione della modulistica per il consenso informato e dei moduli per le eventuali trasfusioni. Il medico anestesista, dopo l'identificazione del paziente, verifica di nuovo la documentazione e la corretta compilazione della cartella anestesiologica con particolare riguardo alla rivalutazione del paziente. L'infermiere del blocco operatorio, prima che il paziente ritorni in reparto, procede a una ulteriore verifica sulla sua identità, controlla che la cartella clinica sia completa, soprattutto riguardo la descrizione dell'intervento, la cartella anestesiologica, le prescrizioni farmacologiche e la compilazione della modulistica per le eventuali trasfusioni effettuate. L'infermiere dell'unità operativa che accetta il paziente al rientro dal blocco operatorio verifica che la documentazione clinica sia completa di tutti i documenti necessari a programmare l'assistenza post-operatoria. La check list perioperatoria da evidenza anche al time out in sala operatoria, che è la verifica finale effettuata all'interno della sala operatoria, coinvolgendo l'intera equipe mediante una comunicazione attiva e partecipata con lo scopo di controllare la corretta identificazione del paziente, la corretta procedura, il corretto sito chirurgico, la presenza di tutta la documentazione clinica e di tutti i dispositivi necessari per l'intervento. È l'anestesista di sala che dichiara il nome del paziente, la procedura da effettuare, la posizione del paziente, la sede dell'intervento e la lateralità (quando richiesta). Quindi, verifica la presenza dei dispositivi necessari all'intervento e della cartella clinica completa, ponendo particolare attenzione alla cartella anestesiologica, al consenso informato all'intervento chirurgico, ai moduli per la trasfusione. Nel caso in cui l'anestesista non sia presente in sala (ad esempio durante interventi in anestesia locale), è il chirurgo ad effettuare la procedura di time out. Se la verifica si conclude positivamente, si può procedere all'intervento. Se la verifica si conclude negativamente o vi sono dei dubbi, non si può procedere all'intervento fino alla risoluzione di tutte le problematiche emerse, considerando anche la possibilità di sospenderlo e rinviarlo ad altra data. In conclusione Nel momento in cui un ospedale sceglie di accreditarsi all'eccellenza, il blocco operatorio viene pesantemente coinvolto nell'adozione e applicazione di molte procedure relative alla sua attività. Tuttavia ciò non è sufficiente, in quanto è anche necessaria una straordinaria evoluzione culturale di tutti gli operatori, ottenibile solo con una assidua formazione del personale, orientata a ridurre al minimo il rischio di errori a danno dei pazienti e dei lavoratori, ad assicurare una struttura sicura ed a lavorare nell'ottica di un miglioramento continuo della qualità. Luca Bresolin Medico di Direzione Sanitaria Presidio Ospedaliero San Cerardo di Monza
Joint CommissionLa Joint Commission nasce come Agenzia non profit nel 1951 negli Stati Uniti come Joint Commission on Accreditation of Hospitals Organization (JCAHO) e nel 1953 pubblica i primi standard per l'accreditamento degli ospedali. Oggi la certificazione Joint Commission è un requisito fondamentale per tutte le migliori strutture sanitarie Americane. L'esperienza di "accreditamento per l'eccellenza" sviluppata negli Stati Uniti sì incentra essenzialmente su un sistema che si propone di attribuire alle strutture sanitarie dei giudizi di valore sulla qualità del servizio al paziente. Per maggiori info-.www.jcrìnc.com
Luca Bresolin Medico di Direzione Sanitaria Presidio Ospedaliero San Gerardo di Monza

Ismett: eccellenza al Sud

Management della Sanita del 15/09/2008 N.35 SETTEMBRE 2008 p. 16

Nato con robbiettivo di offrire l'opzione terapeutica del trapianto ai siciliani, prima costretti ai "lunghi viaggi della speranza", oggi Ismett è un fiore all'occhiello della Sanità del Sud Italia. Il centro, nato da una partnership internazionale fra la Regione siciliana e l'University of Pittsburgh Medicai Center, è un modello gestionale all'avanguardia, che sa rispondere in modo efficace alle esigenze della nostra Sanità. Lo racconta il suo DG: Gabriele CappellettiA quali intenti risponde la nascita del vostro Centro, frutto di una partnership internazionale fra la Regione siciliana e l'University of Pittsburgh Medicai Center? Ismett nasce circa dieci anni fa con l'obiettivo di offrire l'opzione terapeutica del trapianto, soprattutto quella del fegato, in primo luogo ai pazienti siciliani, poi anche a tutti gli altri che necessitano cure di alta specialità. Prima della nascita del nostro Istituto, infatti, non esisteva nemmeno un centro attivo nel settore dei trapianti di fegato in tutta l'Isola. I pazienti siciliani erano costretti a intraprendere lunghi e costosi viaggi verso i centri del nord Italia o addirittura in altre nazioni. L'Ismett è assolutamente innovativo per il rapporto tra pubblico e privato, trattandosi di uno dei progetti di sperimentazione gestionale attualmente in corso in Italia. Quali sono gli obbiettivi di un tale modello? Il centro nasce come progetto di sperimentazione gestionale che realizza un modello gestionale unico, avente come punto qualificante la separazione tra "attività indirizzo", riservate al socio pubblico, e "attività di gestione", affidata in esclusiva al partner privato Upmc. Ismett è un ospedale inserito a pieno titolo all'interno del Sistema Regionale Sanitario Siciliano, ma che viene gestito - da un punto di vista clinico e amministrativo integralmente da Upmc. L'idea del legislatore è stata quella di avviare una sperimentazione con l'obiettivo di elaborare soluzioni innovative, destinate a divenire modelli per la gestione della sanità pubblica nazionale. Per quanto concerne la nostra realtà, l'obiettivo in materia di politica sanitaria consisteva nel potenziamento e riqualificazione del sistema dei trapianti d'organo e terapie ad alta specializzazione nella regione siciliana e nell'acquisizione, in tempi brevi, di tecnologie, competenze medico-tecniche e conoscenze particolarmente rilevanti anche in campo manageriale. Pensiamo - a distanza di dieci anni dall'avvio del progetto - di aver dimostrato che il sistema funziona. In pochi anni Ismett è diventato un punto di riferimento per i pazienti siciliani e non solo. Abbiamo eseguito oltre 500 trapianti di fegato ed avviato tutti i programmi di trapianto di organi solidi. Inoltre, la nostra realtà è competitiva anche in termini di qualità e sopravvivenza. La curva di sopravvivenza è sopra la media italiana per qualsiasi programma di trapianto. Che ruolo gioca l'Upmc? E la Regione? Upmc fornisce le competenze mediche, scientifiche, gestionali ed amministrative attraverso la presenza diretta di proprio personale e come tale assume direttamente la responsabilità di tutti questi aspetti. Grazie al coinvolgimento di professionisti di altissimo livello, Upmc ha anche il compito di trasferire il know-how tecnico, la formazione clinica, la consultazione medica e di affiancare la Regione nella realizzazione di un programma per il reperimento degli organi e per la formazione del personale destinato a svolgere tale attività. Da parte sua la Regione partecipa finanziando l'attività e monitorando i risultati della sperimentazione gestionale. Che impatto ha avuto da un punto di vista economico gestionale sulla Regione Sicilia? Riteniamo che sia da un punto di vista occupazionale, sia economico l'impatto in questi anni sia stato molto positivo. Consideri che presso il nostro Istituto lavorano circa 650 dipendenti. Nell'ottica di uno sviluppo a Palermo di professionalità di alto profilo è stato stabilito un programma si scambi internazionali, grazie ai quali i nostri medici e gli infermieri trascorrono periodi di training presso Upmc. Inoltre, Ismett ha creato un vero e proprio indotto della salute nell'Isola, favorendo l'attrazione di pazienti anche da fuori regione. Ha inoltre messo un freno ai cosiddetti viaggi della speranza. Pensi che - stando ai dati dell'assessorato alla Sanità - la Regione Siciliana ha autorizzato e pagato tra il 1994 e il 1995 (i due anni prima che si desse avvio al progetto Ismett) 442 viaggi all'estero per pazienti candidati al trapianto di fegato e 681 viaggi all'estero (soprattutto in Belgio e Francia) per pazienti affetti da malattie renali curabili con un trapianto di rene. Nel 1995 soltanto, il costo totale dei "viaggi della speranza", interamente sostenuto dalla Regione Siciliana, ha superato la cifra di 252 miliardi delle vecchie lire, par arrivare nel 1998 a circa 400 miliardi. Oggi per i pazienti siciliani non esiste più la necessità di recarsi all'estero per essere sottoposto a trapianto e questo è un notevole vantaggio sia per i pazienti che per le casse della Regione. Da dove provengono i vostri pazienti? Nella maggior parte dei casi sono pazienti siciliani affetti da insufficienze terminali d'organo, ma si sono rivolti al nostro centro anche persone provenienti da altre regioni d'Italia e in alcuni casi da altri Paesi. Abbiamo curato, in prevalenza nell'ambito di programmi umanitari promossi dal Ministero della salute e dalla stessa regione siciliana, pazienti provenienti, ad esempio, dai Paesi del bacino del Mediterraneo o dal Sud America. La vostra realtà è fra le più avanzate da un punto di vista tecnologico. Dalla diagnostica per immagini e della radiologia interventistica, alla tracciabilità tramite il sistema Rfid fino alla Telepatologia... quanto conta l'informatizzazione per una struttura sanitaria? Molto. Conformemente all'impostazione di Upmc, secondo la quale l'utilizzo di strumenti informatici contribuisce a migliorare la qualità dell'assistenza ai pazienti, Ismett è dotato delle tecnologie più avanzate. Ciò ci assicura una maggiore qualità e sicurezza nell'erogazione delle cure che offriamo ai pazienti. Nel caso della radiologia interventistica, ad esempio, la nostra dotazione di apparecchiature nel campo della diagnostica per immagini, ci permette di eseguire in maniera meno invasiva molte procedure cliniche che - in assenza di queste attrezzature - si devono effettuare in sala operatoria. Un vantaggio per il paziente che può essere sottoposto a interventi meno invasivi e quindi meno rischiosi. Dal 2006 avete per primi adottato un nuovo modello di formazione clinica con l'apertura del Centro di simulazione medica realizzato secondo il modello del Peter M. Winter Institute for Simulation, Education and Research (WlSER) dell'Università di Pittsburgh. In cosa consiste ed a quali obiettivi risponde? L'obiettivo primario del Centro di simulazione è quello di ridurre gli errori in medicina, attraverso un modello formativo che si basi sulla simulazione. I partecipanti ai nostri corsi hanno l'opportunità di ricevere formazione pratica "sul campo" per migliorare le loro competenze professionali nel settore della medicina d'urgenza, dell'anestesia e della chinirgia. Si tratta di corsi rivolti a medici, infermieri, operatori sanitari della medicina d'urgenza, ma anche studenti in medicina o specializzandi. Il modello formativo adottato si basa sulla simulazione. Il centro è dotato di manichini robot in grado di simulare segni e lamentare sintomi come un paziente reale e, grazie all'aiuto di un software, mostrano dei parametri vitali che possono essere modificati automaticamente o manualmente da un istruttore, secondo le necessità educazionali del caso. I vantaggi nell'utilizzo della simulazione come metodica per l'educazione e il training in medicina sono molteplici, perché consente di far pratica su manichini e non su pazienti veri. Altro step significativo è la nascita della "Celi Factory", i primi laboratori di produzione cellulare operanti secondo le norme internazionali Gmp (Good Manufacturing Practices), interamente dedicati alla terapia cellulare per la cura dell'insufficienza funzionale terminale d'orgaGiovanna Canzi no. In cosa consiste questo progetto innovativo? La Celi Factory è una vera e propria fabbrica di cellule, il cui scopo principale è quello di avviare un programma di medicina rigenerativa che abbia come principale obiettivo quello di sperimentare nuove terapie per la cura delle insufficienze terminali d'organo, attraverso l'utilizzo di prodotti cellulari. E' costituita da tre laboratori GMP che si estendono su una superficie di 250 metri quadrati di camere bianche, al cui interno è possibile processare, conservare, e successivamente distribuire, cellule umane in grado di aiutare a rigenerare organi danneggiati. Siamo convinti che la medicina rigenerativa sia una delle aree più promettenti per il futuro della scienza medica e che attraverso la Celi Factory Ismett potrà contribuire con nuove tecniche alla cura delle patologie che affliggono gli organi vitali. Fra i filoni di ricerca avviati: produzione e trapianto di cellule pancreatiche con l'obiettivo di curare i pazienti affetti da diabete di tipo 1; infusione di staminali adulte per riparare i danni nel muscolo cardiaco o nel rene; produzione e trapianto di epatociti nel caso di gravi insufficienze epatiche; lo sviluppo di bioreattori specifici applicati alla terapia cellulare; produzione e trapianto di cellule cutanee per la riparazione di gravi lesioni della pelle. Per un centro come il vostro, dedicato completamente ai trapianti, una gestione efficiente e sicura della sala operatoria è un dictat, a cui non potersi sottrarre. Quali strumenti vi permettono di raggiungere gli obbiettivi preposti? La sicurezza delle procedure eseguite nelle nostre sale operatorie si fonda su caratteristiche strutturali e dotazioni tecnologiche di elevatissimo livello. Ma, ancora più importanti, sono le qualificazioni professionali dei medici e degli infermieri che vi lavorano. Chirurghi e anestesisti sono tutti selezionati secondo i processi e gli standard di Upmc, che ha la maggiore esperienza al mondo nei trapianti. L'istituto è inoltre molto attivo nel campo della formazione continua e della gestione del rischio clinico con particolare riguardo alla chirurgia di altissima specializzazione e complessità.
Ismett in numeri// progetto Ismett nasce nel 1997, grazie ad un accordo fra Regione Siciliana e I'University of Pittsburgh Medicai Center. Sono 70 i posti letto (44 in degenza, 14 in terapia intensiva, 12 in sala risveglio) e 4 sale operatorie in un edificio di 4 piani sopraelevati più un seminterrato. All'lsmett sono stati avviati tutti i programmi di trapianti di organi solidi (fegato, rene, cuore, polmone, pancreas ed isole pancreatiche), compresi i trapianti pediatrici nel caso del fegato e rene. A lavorare ad Ismett sono più di 600 persone in dettaglio sono 70 i medici, 9 biologi, 9 farmacisti, 2 psicologi, 241 infermieri, 60 tecnici sanitari (laboratori, radiologia, fisioterapisti, terapisti della respirazione, perfusionisti, dietisti), 50 segretari clinici, 72 tra operatori socio sanitari e ausiliari e 119 amministrativi di vario livello. Da giugno del 1999, data dell'avvio dei programmi di trapianto, al 30 giugno 2008 ad Ismett sono stati eseguiti 743 interventi (502 di fegato, 140 di rene, 41 di polmone e 43 di cuore, 13 trapianti combinati e 4 di pancreas).IGabriele Cappelletti è nato a Seregno (Milano). Nel 1956, ha conseguito la laurea in ingegneria. Ha un forte background in business management e ha lavorato con posizione di leadership in diverse multinazionali. Prima di arrivare ad Ismett, ricopriva il ruolo di Senior Vice President di Visa Europe a Londra. Precedentemente, ha lavorato per molti anni come consulente responsabile di progetti del settore finanzìario-bancario e della Sanità. Dal 2006 è Direttore Generale dì Ismett.

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