Benevento, scandalo per lavori da record
TgCom del 19.09.2008 sez Cronaca
La prima pietra venne posta nel 1958 per un investimento totale di 24 milioni di euro. Ma i lavori all'ospedale Padre Pio, a San Bartolomeo, nel Beneventano, ancora non sono finiti e si attende ancora l'inaugurazione. La struttura, che nel corso del tempo ha cambiato destinazioni d'uso (ora ospita un centro analisi e alcuni uffici amministrativi dell'Asl), in teoria avrebbe dovuto fornire 150 posti letti.
San Bartolomeno è lontano 70 chilometri da Benevento e in caso di malore, denunciano gli abitanti, per raggiungere l'ospedale più vicino bisogna raggiungere la cittadina di Lucerna, a quasi un'ora di distanza. Il rischio, racconta "Il Giornale", morire per i ritardi nei soccorsi.La struttura, nel 1997 intitolata a Padre Pio, "e ci vorrebbe proprio un suo miracolo", si sussurra in paese, fu, a dire il vero, terminata negli anni '70. Ma l'ospedale non entrava in funzione. I cittadini, riuniti in un comitato, si rivolsero all'allora presidente Pertini.Trascorsi altri anni. L'ospedale venne declassato a centro di riabilitazione per anziani. Pura illusione. Neanche l'ospizio entrò in funzione. I macchinari acquistati per il "Padre Pio" vennero spostati in altre strutture.Ora la vicenda è finita anche in Parlamento, dove alla Camera la deputata Del Pdl Nunzia De Girolamo ha presentato una interrogazione al ministro del Welfare e della Salute Sacconi per chiedere l'avvio di un'indagine e per garantire un servizio di Pronto soccorso.
Alto Adige del 19/09/2008 ed. Nazionale p. 34
MERANO. Mostra fotografica "Diamo un'immagine all'assistenza infermieristica" al Kurhaus di Merano: il vernissage con premiazione sarà oggi alle ore 19, la mostra sarà accessibile domani dale ore 9 alle 18, ingresso libero. Si tratta delle fotografie inviate in occasione del concorso fotografico organizzato dal Collegio degli infermieri, infermieri pediatrici e assistenti sociali Ipasvi, che in questi due giorni sono al Kursaal per un congresso. L'obiettivo di questo concorso fotografico era di portare al centro dell'attenzione il valore dell'assistenza infermieristica.
La Cronaca Di Piacenza del 19/09/2008 p. 14
«Che il dipendente pubblico sia ormai identificato come indagato principale dei malesseri del mondo del lavoro è concetto ormai noto a tutti - e questa è la causa - , gli effetti, conseguenti, sono le modalità con le quali si sono svolti i controlli compiuti l'altro ieri». La riflessione sui controlli in ospedale viene da Stefania Pisaroni ( in foto ), coordinatore Rsu dell'Asl di Piacenza. «Controlli programmati da carabinieri e Nas - spiega strutturati, organizzati, nonché accompagnati e filmati in tempo reale dalle telecamere delle emittenti locali. Trovandomi a vivere in modo diretto l'evolversi dei controlli, l'impressione che ne è scaturita pareva quella di un set cinematografico... ma purtroppo non era un film. E quindi mi chiedo le finalità di questo modo di agire. Possiamo intitolarlo strumentale? Ritengo che i controlli rientrino in un normale rapporto di lavoro, ma in discussione è il metodo, il sistema col quale dovrebbero essere effettuati. In questo clima di "caccia al fannullone" bisogna controllare, inibire, punire, ma bisogna anche stupire, soprattutto a livello mediatico. L'azione di ieri ha colpito profondamente la dignità di tutti coloro, riferendomi a medici, Infermieri, tecnici e, cara presidente del collegio Ipasvi, impiegati, che quotidianamente e responsabilmente lavorano con funzioni e competenze diverse a sostegno dei bisogni sanitari dei cittadini. Nel clima che si sta creando mi è difficile pensare ad una seria riforma della Pubblica Amministrazione che questo Governo tanto sbandierava; la maggior efficienza della macchina pubblica è e sarà affidata al buon senso, alla coscienza, alla serietà di ogni dipendente pubblico, considerate le conseguenze che i provvedimenti legislativi sapranno generare».
Il Messaggero del 18/09/2008 ed. ABRUZZO p. 45
Centoquindici posti per medici, infermieri, tecnici e personale amministrativo
di LUIGI RICCIARDI
AVEZZANO - Assume ancora la più grande azienda della Marsica: la Asl. Vediamo con ordine come e perchè. Mentre è slittato al 26 settembre (per indisponibilità della Cgil impegnata in lavori di organizzazione) l'incontro che avrebbe dovuto svolgersi l'altro giorno tra Rsu aziendale e vertici della Asl di Avezzano, Sulmona e Castel di Sangro. Nutriti gli argomenti all'ordine del giorno: l'attribuzione delle fasce economiche agli oltre 200 dipendenti rimasti esclusi nella fase della prima applicazione, l'orario di servizio alla luce delle recenti disposizioni emanate dal ministro Brunetta sul pubblico impiego, le posizioni organizzative, l'atto aziendale (approvato alcuni giorni fa dal Comitato ristretto dei sindaci), la nuova dotazione organica e il piano assunzioni 2008 - 2010. Quest'ultimo argomento assume particolare rilevanza in quanto sono previste, entro l'arco di un biennio, 115 nuove assunzioni che interessano un po' tutte le categorie: infermieri, tecnici, amministrativi e medici.Il problema più urgente, e sul quale i sindacati premono da diverso tempo, è la forte carenza di personale che nell'ultimo quadriennio ha visto un consistente decremento per i numerosi pensionamenti pari a 400 unità comprensive anche dei pochi infermieri assunti. E carenza di personale infermieristico si registra in special modo nei cinque presidii ospedalieri che ricadono nel comprensorio della Asl.«Per arrivare alla fine dell'anno con tranquillità servono immediatamente almeno 20 infermieri - afferma il segretario provinciale della Uil fpl Giuseppe De Angelis, che è anche componente della Rsu -. Nel secondo semestre di quest'anno infatti andranno in pensione almeno altre dodici unità infermieristiche. Senza considerare quelle appartenenti ad altre categorie. E di infermieri professionali la Asl finora ne ha assunti trenta rispetto ai 35 che la Regione ci aveva già autorizzato. Da parte nostra stiamo tallonando la Direzione per far scorrere immediatamente la graduatoria già esistente di almeno altre cinque unità in attesa di aprire il confronto dei posti che si renderanno vacanti entro la fine dell'anno. Inoltre la Asl non ha più dirigenti amministrativi. Va da sè che anche questa lacuna va colmata in brevissino tempo».
Il Secolo XIX del 19/09/2008 ed. Imperia p. 24
allarme in ospedaleInfermiere intossicate sale operatorie chiuseImperia. Sette infermiere lievemente intossicate e quattro sale operatorie chiuse, a Imperia, per un'episodio avvenuto al termine di un intervento chirurgico, in una delle sale operatorie dell'ospedale. Le infermiere hanno accusato disturbi respiratori e sono state sottoposte a una terapia con aerosol. La causa potrebbe essere qualche gas entrato nel sistema di condizionamento dell'aria attraverso il tetto, dove sono in corso dei lavori.
INFORTUNIO
Cade da un albero ferita una bambina Imperia. Una bambina di 6 anni è caduta da un albero del parco giochi di largo Ghiglia a Oneglia procurandosi un trauma dorsale, A soccorrere la piccola sono stati i militi della Croce Rossa di Imperia. Le sue condizioni comunque non sono gravi.19/09/2008
La Nuova Sardegna del 19/09/2008 ed. Cagliari p. 6
«Un vantaggio per l'occupazione e per l'Asl che perde 40 posti all'anno»
IGLESIAS. Un corso di laurea triennale in infermieristica nella provincia Carbonia Iglesias. È la proposta che il consigliere provinciale Roberto Olla porta all'esame del presidente e del consiglio, da cui dovrebbe scaturire l'inziativa di avviare un confronto nel territorio. Leggi e finanziamenti ci sono, a cominciare, dice Olla, dalla Finanziaria regionale che li stanzia a favore dei consorzi di comuni.A causa dei pensionamenti, trasferimenti, limitazioni funzioanli ogni anno la Asl del Sulcis Iglesiente perde ogni anno circa 40 infermieri. E le disponiblità professionali sul mercato sono decisamente poche. Ecco la ragione principale che dovrebbe spiengere il consiglio provinciale di Carbonia Iglesias a promuovere le iniziative necessarie all'istituzione del corso di laurea. «È perciò assolutamente necessario mettere la sanità della nostra Provincia in una condizione tale da poter attingere, da nuovi corsi universitari, personale infermieristico laureato», spiega Roberto Olla.«La normativa nazionale nell'ambito di una profonda riforma delle professioni sanitarie attribuendo loro formazione di profilo universitario, ha di fatto sottratto alle aziende sanitarie locali la possibilità di tenere aperte le scuole per infermieri professionali, consegnando tale funzione esclusivamente agli atenei». In questo scenario - spiega Olla - con l'istituzione dei corsi di laurea nelle sole sedi universitarie, per gli studenti del nostro territorio, si è ridotta non solo la possibilità di avere la sede vicina al proprio comune di residenza, ma anche la reale possibilità di accedere al corso di studi dell'università di Cagliari, in quanto i corsi sono ormai quasi tutti a numero chiuso». A questo va aggiunto lo sforzo economico estremamente oneroso che le famiglie devono sostenere per consentire la frequenza al corso di studi ai propri figli.«Per la nostra asl - ossetva ancora Roberto Olla - potrebbero prospettarsi scenari sempre più incerti e la ricerca di soluzioni adeguate alla sempre maggiore complessità organizzativa dell'assistenza infermieristica diventa una necessità improcrastinabile».Un'opportunità in più per il territorio, dice il consigliere provinciale, che risponderebbe alle esigenze del sistema sanitario. «Le prospettive e opportunità che conseguirebbero dall'istituzione del corso di laurea in infermieristica si tradurrebbero positivamente sia in termini occupazionali che sociali; in particolare, la sua attivazione darebbe una concreta risposta al problema occupazionale nel territorio della nostra Provincia, introdurrebbe nuovi elementi di motivazione, contribuirebbe al ringiovanimento della popolazione infermieristica, e grazie all'attività di tirocinio degli studenti durante il corso di studio, favorirebbe il miglioramento del servizio ai pazienti».
La Sicilia del 18/09/2008 ed. Nazionale p. 38
Da ieri pomeriggio il coordinamento provinciale dei Cobas ha dato il via ad una manifestazione sindacale con presenza a singhiozzo per rivendicare il diritto al lavoro degli infermieri precari dell'Asl 2 licenziati il 30 giugno scorso. Davanti alla sede Asl di via Cusmano si è formato un presidio permanente che stazionerà fino al raggiungimento dell'accordo che porti all'adozione della nuova delibera per la selezione pubblica per titoli alla figura professionale di infermiere per la formazione della nuova graduatoria di merito per incarichi a tempo determinato avente la durata di tre anni. Il sindacato Cobas non esclude di intraprendere altre iniziative.
Intimita del 18/09/2008 N.38 - 25 SETTEMBRE 2008 p. 8
ANTONELLA FATTORI, 45 ANNI , LA DOTTORESSA CRISTIANA GANDINI IN TERAPIA D'URGENZA
Per l'attrice, pur non essendo la prima volta che recitava da medico, non è stato facile. «Soprattutto - racconta - usare con precisione, come ci si attende da un chirurgo esperto, i termini medici. Per questo abbiamo frequentato un corso ospedaliero di una ventina di giorni e siamo stati in un vero ospedale per alcuni giorni, parlando con medici, infermieri. E alla fine credo d'essermi guadagnata la laurea ad honorem in medicina». Tanto impegno, ma i medici veri non hanno lesinato critiche alle fiction ospedaliere. Compresa Terapia d'urgenza... «La fiction, lo dice la parola stessa, non ha il compito di rappresentare esattamente la realtà. Per quello, ci sono altri mezzi, i giornali, i rotocalchi televisivi. Noi abbiamo voluto dare la visione più bella della realtà sanitaria, che poi si riscontra anche in molti ospedali italiani». Non ci sono un po'troppo storie rosa nelle vostre corsie d'ospedale? «Non credo, lo ho amici e parenti che svolgono la professione medica. E nella realtà mi confermano che ci sono molte storie di amore e di sesso. Perché non c'è luogo come un ospedale dove vale il rapporto tra eros e thanatos, dove si sprigionano le pulsioni tra il dramma delia morte e la vitalità della vita...».
ANNA MARIA FERRARI, 55 ANNI, PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA D'EMERGENZA E URGENZA (SIMEU) E RESPONSABILE DEL PRONTO SOCCORSO ALL'ARCISPEDALE SANTA M A R I A NUOVA DI REGGIO EMILIA
Che cosa pensa delle scene girate nei pronto soccorsi delle fiction tv? «Che nella realtà non funziona così. Ho seguito la prima puntata di Terapia d'urgenza per curiosità. Le dico subito che non sono contraria alle fiction che portano alla conoscenza del grande pubblico quello che accade negli ospedali e permettono di vedere con meno distacco e in modo più amichevole il personale sanitario. Però mi sembra che ci sia un po' troppa lontananza dalla realtà quotidiana di un pronto soccorso. E anche troppo spazio ai rapporti personali. Mi creda, nelle corsie non c'è tempo per tutte queste storie d'amore!». Quali sono gli errori più grandi delle serie tv? «L'atmosfera del pronto soccorso di Terapia d'urgenza mi è sembrata troppo calma, rilassata. Per certi aspetti, pur con le esagerazioni tipiche degli americani, sono più reali le scene di £R. Mi sembra che non sia stata riprodotta la vera atmosfera di un servizio d'emergenza, dove si vive sovraffollati, si deve far fronte alla mancanza di personale e ci sono tanto stress e tensione ma anche tanta umanità. Ecco, mi sembra che alcune fiction diano un'immagine un po' troppo asettica della realtà ospedaiiera come non sono reali alcune rappresentazioni della nostra attività: un chirurgo che si trasferisce con tutta l'equipe in sala operatoria non succede in un pronto soccorso». Ma esistono davvero medici eroi? «Non alla D r House, perché è fuori dagli schemi ormai il medico genialoide che risolve t u t t o da solo. Oggi si lavora in squadra tramite una diagnostica molto accurata e complessa. Diverso è il caso dell'intervento d'urgenza, dove il medico con poco tempo a disposizione quando fa il suo lavoro con competenza e dedizione può fare la differenza tra la vita e la morte». È vero che ormai ci sono sempre più donne in camici bianchi come nelle fiction? «Sì, in questo caso la tv riproduce un fenomeno reale. La mia equipe è composta in maggioranza da donne. Del resto la natura femminile è molto adatta per questa professione la cui importanza, nonostante tutto, continua a essere riconosciuta dalle persone. Perché un medico può essere decisivo nel salvare una vita ed essere orgoglioso per questo del suo lavoro».
ROSANNA BANFI , 45 ANNI, ATTRICE E INTERPRETE DEL PERSONAGGIO DELL'INFERMIERA TEA IN UN MEDICO IN FAMIGLIA
Sul set di Un medico in Famiglia Rosanna Banfi indossa i panni dell'infermierascrittriceTea,al fianco di papa Lino, in arte nonno Libero. E si prepara a riprendere la parte per la sesta serie. «Dovremmo ripartire con le riprese a metà ottobre e Tea, diventata ricca e famosa con i libri, annoiata dalla scrittura, ritorna a fare l'infermiera. Ma di ritorni ce ne saranno tanti, da Scarpati a Sermonti e forse anche Brignani e Ugo Dighero che nella prima serie impersonava l'amico di Lele». Come si sente nei panni di infermiera? «Diciamo che Un medico in famiglia, pur parlando di sanità e pur con personaggi che indossano camici bianchi e usano gli stetoscopi, gravita soprattutto attorno alla storia della famiglia Martini. In questo è diverso dalle fiction ospedaliere anche perché da noi prevale il sorriso, la sdrammatizzazione. Però, quando si rappresentano episodi sanitari, bisogna farlo sempre al meglio. Per questo mi ricordo le critiche ricevute per la scena di un parto fatta con un bambolotto. Finimmo anche su Striscia la notizia». Perché, secondo lei, c'è così tanto interesse verso i medicai drama? «Perché la figura del medico è rassicurante. Chi non ha un amico medico oppure un problema di salute risolto? E sono contenta che dopo tante serie americane, si producano anche da noi fietion ospedaliere dando così lavoro a tanti e bravi attori italiani. E al di là del fatto che bisogna ricordarsi che si tratta di fietion, di tv, è importante rispettare i ruoli, la professione. Perché poi il pubblico si immedesima e confonde fietion e realtà. Pensi che un giorno ero al bar del Policlinico. E entrata una dottoressa e mi ha salutato con un ciao come se fossi davvero una collega in camice bianco!». NORA MANNELLI , 49 ANNI, MEMBRO DEL DIRETTIVO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE INFERMIERI DI AREA CRITICA (ANIARTL) E COORDINATRICE DELLA RIANIMAZIONE DELL'OSPEDALE SILVESTRINI DI PERUGIA
A Nora Mannelli, una vita da infermiere dell'emergenza da conciliare con quella di moglie e mamma, i "colleghi" delle fietion proprio non piacciono. «Chi le critica ha ragione - esordisce. - Nelle fietion ospedaliere la figura dell'infermiere o è svilita o addirittura non c'è proprio. Invece, nell'area c r i t i ca, un medico senza infermiere non fa p r o p r i o nulla!». lnsomma,le fietion sono da bocciare? «Non dico questo, ne guardo anch'io alcune, soprattutto quelle americane come E.R. e Dr House, per vedere se i percorsi clinici sono corretti e coerenti anche se poi un medico come House fa sorridere perché non esiste un dottore che faccia così, tutto da solo! Quello che non vanno non sono tanto gli errori, l'infermiere che fa il drenaggio toracico, cosa che nella realtà non avviene, ma come viene rappresentata questa professione. L'infermiere professionale non è un operatore di serie B che sogna solo di fare il medico o di sposarlo, ma un professionista, con laurea e master, che ha un suo ruolo specifico e insostituibile all'interno dell'ospedale». Niente amori quindi tra medici e infermiere? «Ma figuriamoci! Queste sono belle storie di una volta. Òvvio, l'eccezione può esserci, non siamo mica tutti santi. Ma le storie d'amore non si avvertono dentro gli ospedali, nascono fuori e quando scoppiano si decide di lavorare in realtà separate. Anche tra marito e moglie. Guardi, coi medici lavoriamo insieme t u t t i i giorni. Ci rispettiamo e collaboriamo ma non mancano le divergenze. Più che innamorarci è già tant o che non litighiamo!».
PAOLA BRINA, 60 ANNI, ANESTESISTA E CONSULENTE MEDICO- SCIENTIFICO DI TERAPIA D'URGENZA
Dopo una lunga carriera da anestesista, lavoro che ancora svolge come libera professionista, Paola Brina non avrebbe mai immaginato di finire davanti a una telecamera e in tv. Invece è proprio lei, con guanti e mascherina, che interpreta la parte dell'anestesista in Terapia d'urgenza, serie per cui ha fatto da consulente medico-scientifico. E ai colleghi medici che criticano le fietion perché troppo lontane dalla vera realtà d'un ospedale, risponde con cognizione di causa. «Ho fatto 31 anni di ospedale duro, rianimazione, interventi tra la vita e la morte e, mi creda, non ho mai corso in un pronto soccorso. Lì c'è già così tanta tensione, così tanta gente, che correre proprio non serve. Certo, la prima puntata di Terapia d'urgenza può essere sembrata un po' troppo calma, ma ce ne saranno di molto più vivaci». Tutto ok quindi l'ospedale in tv? «No, sono d'accordo con chi rileva alcuni errori tecnici, ma bisogna tenere conto che si tratta di una fietion e non di un documentario scientifico e tanto meno di una vera sala operatoria. Per esempio, che fare una vera defibrillazione toràcica a una donna presuppone di mostrare il seno! Insomma, non possiamo prescindere dalle esigenze televisive». Esigenze che impongono anche troppe storie d'amore in corsia... «Guardi, magari qualche storia può essere esagerata ma sulla mia pelle le dico che eros e amore ci sono negli ospedali. Del resto, ci sono medici bacchettoni, che curano la dieta e la salute, ma anche persone che vivendo tutti i giorni la sofferenza e la morte hanno bisogno proprio della vitalità affettiva e sessuale per superare lo stress». Tra vite salvate e cuori infranti, insomma, il fascino del camice bianco c'è ancora? «Certamente. Nella realtà ci sono medici dotati di grande umanità e altri no, ma resta una professione che suscita grandi emozioni e per questo funziona in tv. Se vuole, è vero però che qualcosa delle fietion non esiste nella realtà. Per esempio, che medici e dottoresse siano tutti così belli e affascinanti!Tra le corsie girano camici bianchi magari bravissimi ma normali e a volte anche un po' bruttini...».
Il Piccolo di Alessandria del 19/09/2008 p. 3
ALESSANDRIA - Milioni di euro per nuove attrezzature diagnostiche di avanguardia, risanamento dei reparti del monoblocco e climatizzazione globale del monoblocco entro due anni, ristrutturazione della sede della Scuola per Infermieri (utilizza alcuni locali del complesso che ospita l'ospedale infantile) che entro metà ottobre sarà operativa: i posti disponibili sono 74, ma le domande hanno superato quota 80 a dimostrazione dell'importanza del corso di laurea dell'Avogadro che può contare sulla presenza di una azienda ospedaliera di rilevanza nazionale e della rete di nosocomi in provincia. Pur non negando le criticità ancora presenti, Maria Teresa Flecchia , direttore generale dell'azienda "Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo", guarda al futuro con pacato ottimismo perché le risorse stanno arrivando, il bando per la Pet (Tomografia a emissione di positroni) è stato pubblicato e intorno a marzo potrebbe essere consegnato il cantiere; fra le novità non manca poi quella della ripresa del corso per infermieri grazie all'ampliamento della sede e al potenziamento della teledidattica (l'investimento è stato di 160.000 euro). Annegata in una mare di polemiche politiche (molte parole per anni, pochi i fatti, anche se da domani tutti faranno a gara per dire che il merito è loro: le elezioni si avvicinano), la Pet di cui sarà dotato l'ospedale civile vale oltre tre milioni di euro, comprende una Tac (Tomografia assiale computerizzata) che consentirà di alzare il livello della diagnostica (« Il risultato dell'esame fa cambiare la strategia terapeutica nel 40 per cento dei casi » sottolinea Ornella Testori , direttore di Medicina Nucleare). L'apparecchiatura, fornita "chiavi in mano", sarà collocata vicino alla Medicina Nucleare (lato su via San Pio V). Prima l'acceleratore nucleare, poi la nuova Tac a 32 strati, fra qualche mese la Pet. Ma la sostituzione delle attrezzature più vecchie non si ferma. L'anno prossimo toccherà alla Risonanza magnetica (le due attualmente operative sono obsolete) con un investimento di due milioni di euro e agli ecografi (saranno 4 o 5 quelli nuovi, il più caro costerà 600.000 euro) che verranno centralizzati per ottimizzare le prestazioni in stretto collegamento con la Chirurgia. Nel 2010 verrà infine sostituita la Tac a quattro strati attualmente in servizio e l'apparecchiatura sarà a 64 strati (se non a 120 se la tecnologia lo consentirà). Investimenti e Arrigo Circa un milione di euro per l'umanizzazione di Psichiatria (la somma faceva parte degli oltre 4 milioni stanziati dalla Regione Piemonte e utilizzati anche per la Pet), un preciso piano per la climatizzazione e risanamento, entro due anni, dei reparti del monoblocco, la soprelevazione del Dea (Pronto Soccorso) con la realizzazione del nuovo blocco chirurgico (10 milioni), la produzione di energia pulita grazie all'impianto fotovoltaico (vale oltre 80 milioni di euro di canone fisso decennale) che consente, con il risparmio energetico, un autofinanziamento di nove milioni per il miglioramento ambientale: sono solo alcuni degli interventi messi a punto dall'azienda ospedaliera che si affiancano a quelli mirati sull'ospedale Infantile: « La valorizzazione della struttura (è il secondo polo regionale insieme al Regina Margherita di Torino) è al centro di iniziative specifiche come l'istituzione della struttura complessa di Neonatologia - Terapia intensiva neonatale » precisa ancora il direttore Flecchia. Specialità Entro il 2009 tutti i reparti otterranno la certificazione di qualità (« Non burocratica, ma funzionale ») a garanzia « delle eccellenze, a partire dalla chirurgia oncologica a tutti i livelli, dalla neurochirurgia e dalla cardiochirurgia: in ospedale operano professionisti che utilizzano le più moderne tecnologie ». Robot a parte... « Le riferisco il giudizio del gruppo di tecnici ed esperti della rete oncologica di Piemonte e Valle d'Aosta: "La chirurgia robotica è sconsigliata nella routine a causa dei costi elevati. Ma la Regione Piemonte ha anche dato un preciso indirizzo alle aziende ospedaliere per l'uso sperimentale" ». Enrico Sozzetti
Nessun commento:
Posta un commento