«Più controlli o chiediamo il trasferimento»
Castellammare di Stabia. «Più sicurezza o chiederemo il trasferimento in blocco». Allarme all'ospedale San Leonardo dopo l'aggressione subita da un infermiere la scorsa notte. Dipendenti dell'Asl 5 e operatori socio sanitari sul piede di guerra e pronti a chiedere il trasferimento in blocco dal nosocomio stabiese. In circa quaranta hanno lanciato un appello all'assessore regionale alla Sanità, Angelo Montemarano, e ai vertici dirigenziali dell'Asl chiedendo maggiore sicurezza e un aumento del personale all'interno del pronto soccorso ritenuto inadeguato. «Siamo stufi di lavorare in condizioni precarie. Durante la notte - fa sapere il portavoce Carmine Palomba, infermiere del pronto soccorso oltre che assessore alla Sanità del comune di Pimonte - non c'è sicurezza e inoltre, da oltre un mese, noi infermieri siamo costretti a fare anche da centralinisti a causa della mancanza di personale. Nel nostro reparto siamo abbandonati da tutti, anche dal nostro sindacato che dovrebbe tutelarci. Pertanto chiediamo all'assessore regionale alla Sanità e ai vertici dell'Asl che venga aumentato il numero del personale (attualmente circa 40 unità tra infermieri e operatori socio sanitari) come previsto dalle norme vigenti e che ci venga garantita la massima sicurezza, soprattutto durante le ore notturne. Se le nostre richieste non saranno esaudite nel più breve tempo possibile, chiederemo il trasferimento in blocco dall'ospedale San Leonardo». La dura reazione da parte dei sanitari stabiesi è scaturita dopo che un infermiere del pronto soccorso del San Leonardo è stato brutalmente picchiato, nella notte tra venerdì e sabato, da un familiare di una paziente. L'aggressione è avvenuta poco dopo la mezzanotte; subito dopo è stato chiesto l'intervento della polizia che ha raccolto la denuncia del sanitario, che ha subìto lesioni poi giudicate guaribili in sei giorni. Contusioni al collo e all'altezza del bacino provocate dai calci che un uomo di 36 anni ha sferrato all'improvviso dopo aver scaraventato a terra l'infermiere, quest'ultimo accusato di non aver soccorso tempestivamente un suo familiare. L'aggressore, che aveva accompagnato la sua parente al nosocomio stabiese per un malore, è stato successivamente identificato dagli agenti del commissariato di Castellammare e denunciato per lesioni aggravate. Dopo l'episodio il personale dell'ospedale ha diramato un comunicato lanciando un appello all'assessore alla Sanità della regione Campania, Angelo Montemarano, e alla direzione generale dall'Asl Na 5. «L'aggressione subita dal collega - si legge nella nota dei sanitari - è solo l'ultima di una serie di atti di violenza che l'intero personale del pronto soccorso è costretto a subire giorno per giorno. Chiediamo maggiore sicurezza e controlli e soprattutto una migliore organizzazione del reparto, in queste condizioni non possiamo più lavorare».
La Sicilia del 08/09/2008 p. 1
Siracusa non si discosta dal trend regionale che vede l'Isola all'ultimo posto d'Italia nel rapporto tra il numero degli infermieri e quello dei medici. A comunicarlo, attraverso un comunicato stampa, è stato il presidente del coordinamento aretuseo dell'Ipasvi, Sebastiano Zappulla, che sottolinea come la Sicilia sia l'unica regione con due infermieri per medico (1,8% è il dato esatto), mentre la media nazionale si attesta su 2,5%. «In Sicilia esportiamo gli infermieri al Nord - dice Zappulla - e popoliamo le corsie di studenti che non troveranno mai lavoro nella nostra terra per l'inadeguata considerazione nei confronti della qualità assistenziale e del professionista infermiere da parte dei nostri amministratori». Da qui l'invito alla riflessione sulla situazione nelle unità operative ad assistenza intensiva, dalla centrochirurgia al centro ustioni. «In questi reparti - aggiunge Zappulla - il successo terapeutico-assistenziale è determinato dalla qualità dell'assistenza infermieristicam e il malato critico, che frequentemente è ricoverato nelle medicine o nelle chirurgie, poiché i posti nelle unità intensive o semi-intesive è limitatissimo, supera la criticità grazie a un'assistenza infermieristica qualificata e in numero adeguato. Che sia in grado di intervenire tempestivamente nei casi d'urgenza, e di garantire la continuità assistenziale una volta che il malato è stabilizzato».
Siracusa non si discosta dal trend regionale che vede l'Isola all'ultimo posto d'Italia nel rapporto tra il numero degli infermieri e quello dei medici. A comunicarlo, attraverso un comunicato stampa, è stato il presidente del coordinamento aretuseo dell'Ipasvi, Sebastiano Zappulla, che sottolinea come la Sicilia sia l'unica regione con due infermieri per medico (1,8% è il dato esatto), mentre la media nazionale si attesta su 2,5%. «In Sicilia esportiamo gli infermieri al Nord - dice Zappulla - e popoliamo le corsie di studenti che non troveranno mai lavoro nella nostra terra per l'inadeguata considerazione nei confronti della qualità assistenziale e del professionista infermiere da parte dei nostri amministratori». Da qui l'invito alla riflessione sulla situazione nelle unità operative ad assistenza intensiva, dalla centrochirurgia al centro ustioni. «In questi reparti - aggiunge Zappulla - il successo terapeutico-assistenziale è determinato dalla qualità dell'assistenza infermieristicam e il malato critico, che frequentemente è ricoverato nelle medicine o nelle chirurgie, poiché i posti nelle unità intensive o semi-intesive è limitatissimo, supera la criticità grazie a un'assistenza infermieristica qualificata e in numero adeguato. Che sia in grado di intervenire tempestivamente nei casi d'urgenza, e di garantire la continuità assistenziale una volta che il malato è stabilizzato».
A VOI LA PAROLA
LA FACCIA NASCOSTA DELL'OPERAZIONE ALITALIA
Caro Direttore, alcuni dati già si conoscono sull'operazione Fenice, che dovrebbe salvare la nostra compagnia di bandiera. Gli imprenditori della cordata hanno imposto condizioni che scaricano sui contribuenti tutti i costi (e i rischi) dell'operazione; il decreto esonera gli amministratori, i sindaci e i manager di Alitalia da qualunque responsabilità per qualsiasi illecito eventualmente commesso nello sciagurato ultimo anno di vita della società; le compagnie straniere cacciate dalla porta rientrano ora dalla finestra. Con Prodi al governo si sarebbe probabilmente urlato al furto nelle tasche degli italiani.
«LAVERÀ QUESTUA»: PRECISAZIONI
Caro Direttore, mi associo agli apprezzamenti espressi da alcuni lettori per il puntuale e documentato lavoro «La vera questua» svolto da Umberto Folena. A lettura ultimata non si può non convenire sulla modesta statura umana e professionale di quanti hanno contribuito alla elaborazione e alla pubblicazione di una inchiesta giornalistica di così basso livello. A questa conclusione ero peraltro già pervenuto quando le tempestive puntualizzazioni di Avvenire mi avevano allertato sul contenuto delle prime puntate dell'inchiesta. Prendendo spunto dalla mia personale esperienza, non posso quindi non formulare una domanda: per chi e per cosa un lavoro tanto impegnativo da parte di Folena? Escludo che sia stato dettato dalla sola preoccupazione di dare conferme ai lettori del nostro quotidiano. Se così fosse se ne potrebbe ricavare l'impressione che si continua a giocare in casa, in posizione difensiva per una vicendevole esigenza di conforto e gratificazione, lo escludo. Presumo, quindi, che i veri destinatari della pubblicazione siano tutti coloro che non leggono Avvenire; in particolare l'ampia rascia di lettori di Repubblica, bersagliati da un prolungato indottrinamento scorretto, reticente ed impoverito dalla mancanza di contraddittorio. Se le tempestive repliche di Avvenire sono state puntualmente ignorate, migliore sorte non avrà il documentato lavoro di Folena che ben difficilmente arriverà nelle mani dei lettori di Repubblica, sempre che ci sia qualcuno di loro interessato a riesaminare l'argomento in modo più equilibrato e sereno. Un ultimo interrogativo suggeritomi da un buon grado di ingenuità: le precisazioni e le repliche di Avvenire non potevano essere fatte proprie e portate avanti da altri (penso allo stesso servizio che sovrintende alla promozione del sostegno economico alla Chiesa) divulgate su pagine a pagamento di altri quotidiani nazionali e magari della stessa Repubblica? A questo punto mi fermo perché non vorrei essere scivolato in una imperdonabile semplicistica considerazione. Rocco Sansone Parma Risponde Umberto Folena Caro Sansone, quando la Direzione mi ha chiesto di replicare a un cattivo libro con un buon libro, ho accettato con entusiasmo. Era come raccogliere finalmente in volume un piccolo romanzo pubblicato a puntate, correggendo le inevitabili imprecisioni, colmando le lacune, aggiornando i dati e smascherando i ritocchi strategici presenti nel pamphlet anticlericale. Che potesse finire in mano agli ignari lettori di Repubblica non mi facevo illusioni; ma che alcune delle 150 mila copie diffuse potessero viaggiare oltre la normale cerchia dei lettori di Avvenire, sì. Perché non prova anche lei a prestare, o addirittura regalare, il libro a qualcuno? Renderebbe un piccolo ma prezioso servizio alla verità. La sua lettera, però, mi fornisce l'occasione per ricordare che gli articoli di replica pubblicati l'anno scorso, e la stessa Vera questua", sono stati possibili grazie all'aiuto decisivo di tanti uffici e servizi della Cei, a cominciare dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa e dall'Ufficio giuridico. La firma è mia, gli autori sono molti (e li ringrazio).
SANITÀ: L'INFERMIERE, PROFESSIONE SOTTOVALUTATA
Caro Direttore, in questo periodo si parla tanto e giustamente di scuola e relativi tagli. Io sono infermiera da ormai otto anni, anche se attualmente a casa, purtroppo, per una lunga e grave malattia. È proprio osservando i miei colleghi nel reparto di ematologia e day-hospital che mi sono convinta a mettere nero su bianco ciò che penso. Vorrei capire come mai lo stipendio mensile dell'infermiere è equivalente a quello di un operaio qualsiasi, senza tanto considerare notti, turni muranti, riposi che spesso saltano per rimpiazzare le malattie, festività, straordinari mal pagati a causa della sovratassazione (quelle ore in più occupate in corsia non sono certo dovute a spirito di sacrificio o missionario, a discapito della propria famiglia, poi!). Per fare un esempio: io in quattro anni e mezzo ho accumulato 365 ore di straordinari! Vorrei capire anche perché non beneficiamo dello stesso trattamento economico dei nostri colleghi della Uè o, senza andare troppo lontano, ad esempio di Trento: 1 Italia non fa parte tutta dell'Europa? Addirittura Spagna e Grecia ci hanno superato, per non parlare della Gran Bretagna, che offre stipendi da sogno compresi vitto e alloggio, tanto è richiesta e considerata la professione lì da loro! Che vergogna! E questo i cittadini italiani lo devono sapere, perché se per caso incappano ahimè in un infermiere scorbutico, quasi sempre c'è un motivo... E poi ci si chiede perché i giovani non intraprendono questa professione. Daniela Lunardi Campiglia dei Berici (Vi)
LA VERITÀ STORICA SUI FRATELLI BANDIERA
Caro Direttore, leggo nella pagina di Agorà del 23 luglio scorso una nota dal titolo: «Fratelli Bandiera, un inedito riapre il caso». L'inedito, che non lo è, è una lettera di Pietro Boccheciampe il traditore, scritta a Domenico Mauro, uno dei capi cosentini della rivolta antiborbonica del 1848, con la quale il còrso, che s'era aggregato alla spedizione con ben altri scopi, come egli stesso dichiarò il 18 giugno 1844 alla polizia di Crotone, dove era andato a denunciare i compagni, tenta di discolparsi della taccia di traditore, con la quale negli anni successivi, lo stesso Mazzini lo marcava a fuocoper mezza Europa. Della lettera in questione me ne occupai nel lontano 1967, quando ricomparve in un periodico locale, «II gazzettino dello Jonio», con l'intento dichiarato anche allora che bisognava riaprire il caso sulla vicenda dei E Bandiera. Scrissi allora che era un tentativo velleitario e che il tradimento di Pietro Boccheciampe rimaneva inchiodato dalla documentazione sincrona e ineccepibile. Naturalmente non mi limitai alla sola smentita, ma produssi una lunga serie di documenti, con cui si dimostra come Pietro Boccheciampe si assunse le sue responsabilità alla luce del sole. Oggi è raro trovare chi prima di scrivere si documenti, spesso si scrive senza leggere. Per questo mi si consenta di segnalare alcuni miei scritti che ho già pubblicato, in diverse epoche, sulla sfortunata vicenda dei fratelli veneziani. A) II volto del coraggio - la guida calabrese dei F. Bandiera, Ene ed. 1967; b) Chi era Pietro Boccheciampe? In «Cronache calabresi», rivista mensile di Cosenza n. 22,1967; e) La spedizione Bandiera in Calabria, ed. Frama Sud, 1981; d) La spedizione in Calabria dei E Bandiera, (seconda edizione) Rubbettino 2001. Salvatore Meluso Caro Direttore, • sabato 30 agosto, su «Avvenire», a pag. 35, scrive il caro fratello Sergio Berto: «II segno della pace distrae dalla Messa». Sono, allo stesso tempo deluso ed entusiasta per la provocazione. Giudicare in questo caso equivale a condannare, cioè emettere una valutazione negativa sul comportamento dei fratelli. Luca (7,37) è molto chiaro: «Non giudicate...». Con ciò si evince che Gesù non ammette che un singolo si trasformi in giudice di un fratèllo o addirittura di una comunità orante. Personalmente non metterò mai in discussione il diritto, cioè quello di «giudicare», ma sarei piuttosto rigido nel far capire a te, caro Sergio, che impalcarsi nei confronti di un gesto di «amore» (specificandolo anche antigienico) mi sembra troppo. L'esempio del nostro Redentore è stato chiarissimo, ha ridato la vista ai ciechi con la saliva, ha abbracciato i lebbrosi, ha risuscitato i morti quando putrefacevano. Con ciò vorrei che questi esempi espressi, rappresentino delle purezze da noi ereditate dagli Apostoli e dal divenire dei Santi fino a oggi nella nostra Chiesa. Per finire e per capire il come il quando il perché, non solo della stretta di mano, ma dell'abbraccio più stretto, profondo, sincero e soprattutto cristiano, come istruttore tecnico calcistico - navigato all'interno delle Scuole Calcio per un quarantennio citerò Matteo (18, 1-4): «Pertanto chiunque diventerà piccolo come questo oambino, sarà il più grande nel regno dei cieli». Dimostriamo a quei pochi piccoli che seguono la Messa domenicale che oggi più che mai sono necessarie le strette di mano e i forti abbracci, riconcilianti, in un mondo che ha sempre più bisogno di capire e vivere l'unica salvezza. Carlo Cocchi Carmignano (Po)
Ma si annuncia un autunno caldo
«Battaglia su integrativo e organici»
La Nazione del 09/09/2008 ed. Pisa p. 3
IL RISCHIO di un autunno caldo è concreto. I sindacati del personale ospedaliero sono pronti a dare battaglia. I primi fronti caldi saranno quelli degli organici e dell'integrativo, annuncia Daniele Carbocci del Nursind, sindacato che rappresenta gli infermieri: «C'è chi non vede un euro dal 2003 e non si tratta di grandi cifre: si va dai 20 ai 70 euro al mese, ovviamente lordi, a seconda delle categoria professionale. Prima delle ferie ci siamo lasciati con l'azienda con un nulla di fatto sulla vertenza dell'integrativo, cioè dei passaggi di fascia. Una parte dei soldi per finanziare questo capitolo è finanziata direttamente dai fondi del contratto nazionale: abbiamo però chiesto all'azienda di mettere delle risorse aggiuntive per garantire l'aumento a tutti. Ma l'azienda da questo orecchio pare non volerci sentire: adesso vedremo cosa accade ai prossimi tavoli di trattativa. Voglio dire che in occasione dell'ultimo integrativo, due anni fa, è rimasta esclusa dai passaggi di fascia la stragrande maggioranza degli infermieri - oltre settecento - che ha beneficiato dell'ultimo integrativo solo nel 2003. E un altro gruppo è rimasto fuori un anno fa. Crediamo che sia venuto il momento di mettere un po' d'ordine».
ALTRO TEMA CALDO, quello degli organici. Il direttore generale Vairo Contini ha precisato proprio a «La Nazione» che in autunno arriverranno gli infermieri reclutati da altre aziende ospedaliere con un bando di mobilità e che sta per essere bandito un concorso per una cinquantina di nuove assunzioni. A stretto giro di posta la replica del Nursind: «Il bando per la mobilità dagli altri ospedali lo conosciamo bene: porterà 57 unità di personale. Abbiamo ottenuto questo risultato chiedendo all'azienda di trasformare in assunzioni i soldi che spendeva sottoponendo gli infermieri degli ospedali pisani a carichi massacranti di lavoro e a continue prestazioni straordinarie ed extraorario. E così sono venute fuori le risorse per 57 nuovi posti. Ma naturalmente non sono sufficienti. Abbiamo casi di precariato da risolvere e situazioni di carenza e sofferenza croniche, spesso di autentica emergenza, in numerosi reparti e cliniche. Cito solo alcuni esempi. Le sale operatorie dei trapianti hanno assolutamente bisogno di personale: anche di recente sono stati richiamati infermieri dalle ferie per fronteggiare il fabbisogno di personale. Ma anche nelle Neurochirurgie e in tutte le Chirurgie generali la situazione non è migliore. Fino al problema storico del Pronto Soccorso. Qui, nonostante le belle parole del direttore sanitario circa accordi raggiunti in Regione, gli organici non sono cresciuti di una sola unità. Avevamo chiesto cinque assunzioni in modo da poter aumentare di un infermiere su ogni turno, oltre a unità di personale Oss, per alleviare le condizioni di grave disagio in cui sempre più spesso si lavora al Pronto Soccorso. Ma tutto è rimasto lettera morta». Guglielmo Vezzosi
Mancano infermieri, via 20 letti
La Nazione del 09/09/2008 ed. Firenze p. 9
«NON CI SONO infermieri». Per questo saltano venti posti letto in medicina generale all'ospedale di Camerata. Lì si trattano incidenti vascolari subacuti, fratture degli anziani, si fa la riabilitazione ai neurolesi, vengono trattati i pazienti affetti da patologie croniche in fase di riacutizzazione. Dovrebbe trattarsi di un taglio temporaneo, ma l'indisponibilità del personale paramedico fa preoccupare i sindacati. Mentre i vertici dell'Asl rassicurano che «verrà trovata una soluzione al più presto». La questione non è semplice. Alla fine di maggio l'azienda sanitaria 10 presenta il piano dei tagli dei letti per le vacanze estive. Niente di drastico, ma a risentirne di più ovviamente già sulla carta sono tutte quelle strutture non dedicate all'emergenza e all'urgenza. Quindi i venti preziosi posti di Camerata, zac, se ne vanno. E sì che quei letti sono un polmone importante per far continuare a respirare gli altri ospedali della città. Camerata infatti rappresenta un'alternativa al ricovero ospedaliero per riacutizzazioni di patologie che non richiedono assistenza ad elevata complessità medico-specialistica; garantisce una soluzione residenziale sanitaria per l'assistenza ai pazienti oncologici terminali in complementarietà o in mancanza di attività specifiche di hospice; assicura la continuità assistenziale alla dimissione ospedaliera degli azniani con problematiche riabilitative o sociosanitarie; offre sicuri percorsi diagnonistici e terapeutici ai malati difficilmente trattabili al domicilio. Quei venti posti ora non ci sono. Ma il problema è un altro: la data di riapertura già fissata (il 15 settembre), non potrà essere rispettata per l'assoluta mancanza di personale infermieristico, come fanno sapere dalla direzione dell'Asl fiorentina. Infermieri che non ci sono, duqnue, e che non sarà possibile reclutare a breve termine. «Non ce ne sono sul mercato, ma ci attiveremo per trovarne altrove», dicono all'Asl. E, rispondendo a quanti avevano maliziosamente pensato che la struttura avrebbe chiuso, dicono che i venti posti letto di Camerata verranno mantenuti. Ilaria Ulivelli
«NON CI SONO infermieri». Per questo saltano venti posti letto in medicina generale all'ospedale di Camerata. Lì si trattano incidenti vascolari subacuti, fratture degli anziani, si fa la riabilitazione ai neurolesi, vengono trattati i pazienti affetti da patologie croniche in fase di riacutizzazione. Dovrebbe trattarsi di un taglio temporaneo, ma l'indisponibilità del personale paramedico fa preoccupare i sindacati. Mentre i vertici dell'Asl rassicurano che «verrà trovata una soluzione al più presto». La questione non è semplice. Alla fine di maggio l'azienda sanitaria 10 presenta il piano dei tagli dei letti per le vacanze estive. Niente di drastico, ma a risentirne di più ovviamente già sulla carta sono tutte quelle strutture non dedicate all'emergenza e all'urgenza. Quindi i venti preziosi posti di Camerata, zac, se ne vanno. E sì che quei letti sono un polmone importante per far continuare a respirare gli altri ospedali della città. Camerata infatti rappresenta un'alternativa al ricovero ospedaliero per riacutizzazioni di patologie che non richiedono assistenza ad elevata complessità medico-specialistica; garantisce una soluzione residenziale sanitaria per l'assistenza ai pazienti oncologici terminali in complementarietà o in mancanza di attività specifiche di hospice; assicura la continuità assistenziale alla dimissione ospedaliera degli azniani con problematiche riabilitative o sociosanitarie; offre sicuri percorsi diagnonistici e terapeutici ai malati difficilmente trattabili al domicilio. Quei venti posti ora non ci sono. Ma il problema è un altro: la data di riapertura già fissata (il 15 settembre), non potrà essere rispettata per l'assoluta mancanza di personale infermieristico, come fanno sapere dalla direzione dell'Asl fiorentina. Infermieri che non ci sono, duqnue, e che non sarà possibile reclutare a breve termine. «Non ce ne sono sul mercato, ma ci attiveremo per trovarne altrove», dicono all'Asl. E, rispondendo a quanti avevano maliziosamente pensato che la struttura avrebbe chiuso, dicono che i venti posti letto di Camerata verranno mantenuti. Ilaria Ulivelli
Medici e infermieri: un assessorato tra luci e ombre
Corriere dell'Alto Adige del 09/09/2008 ed. TRENTO p. 3
TRENTO - Tante buone intenzioni, meno fatti concreti. Si riassume così il bilancio dei cinque anni di assessorato di Remo Andreolli, tratteggiato da alcuni esponenti della sanità trentina.Il presidente dell'ordine dei medici, Giuseppe Zumiani, già vicino alla candidatura per l'Unione, precisa che «si tratta di un momento delicato». «Le mie parole - osserva - potrebbero essere facilmente strumentalizzate. Per cui mi atterrò ai fatti». Zumiani riconosce ad Andreolli la «grande disponibilità all'ascolto e dialogo». Ne ha apprezzato «la collaborazione nella scuola di medicina generale» e il «tentativo di integrazione fra la medicina di base, quella specialistica e quella ospedaliera con le case della salute». Lunga però la lista delle questioni irrisolte: dalla «camera conciliativa» per la cui istituzione «abbiamo consegnato due anni fa un documento, ma che non ha ancora visto la luce», alla «disputa intorno all'innovazione della legge 10 e nel merito sul ruolo del direttore generale, da noi considerato carico di troppo potere e di poco controllo. L'assessore ha difeso la figura del direttore così come strutturata e la disputa si è protratta per mesi: si poteva concludere prima e arrivare alla nomina del direttore già in questa legislatura ». Zumiani riserva «la nota più negativa alla soppressione di alcuni primariati fra cui quello di anatomia patologica di Rovereto», biasimando le parole usate al tempo dall'assessore che aveva parlato di «sacche di omertà». Il presidente dell'ordine stigmatizza anche «lo slittamento al 2009 dell'accreditamento istituzionale» e «la mancata realizzazione della rete ospedaliera».Sulla rete però secondo Marcello Disertori, presidente dell'associazione dei primari, «in questi cinque anni si sono fatti grossi passi in avanti, così come si sono fatte importanti ristrutturazioni di molti ospedali, a partire dal Santa Chiara». Anche Disertori lamenta la situazione di stallo creatasi intorno legge 10: la mancata riforma «non è però attribuibile solo da Andreolli - sottolinea - ma adesso occorre fare uno sforzo e serve coraggio politico». Ed auspica che la legge sancisca il coinvolgimento dei primari nell'attività di consulenza.Anche il bilancio di Josef Jörg (Fimmg) e di Luisa Zappini, presidente del collegio infermieri e candidata dell'Unione, è fatto più di ombre che di luci. Per il primo «nonostante gli ottimi rapporti con l'assessore, la medicina generale non viene molto considerata fra i funzionari dell'assessorato. Qualche tentativo con Andreolli si è fatto: con la riforma della legge 10 la medicina generale veniva valorizzata, ma poi questa visione non è passata». La Zappini, pur lamentando «il mancato coinvolgimento degli infermieri nella riorganizzazione delle Rsa», rende ad Andreolli il merito di essersi «speso per fare in modo che vi fossero dei posti per i Trentini nel corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche ed ostetriche a Verona ». A questo non ha però fatto seguito «l'applicazione a livello operativo: a fronte di 50 laureati, nessuno ricopre un ruolo dirigenziale. E il primo bando è solo di oggi».Duro infine il giudizio di Nicola Paoli (Uil medici di base), che affonda sui contratti: «Andreolli aveva promesso la riorganizzazione della continuità assistenziale. Ha portato avanti la questione a parole, ma poi non ha fatto nulla. Ha inserito 40 nuovi medici di base, ma è stato l'unico assessore a non promuovere alcun concorso per le guardie mediche. Il contratto dei medici di medicina generale, stipulato ad aprile 2007, non è completo. Ha tagliato reparti in tutti gli ospedali periferici, ma non è arrivato alla fine del processo di centralizzazione, perché non è riuscito a far approvare la riforma della legge 10».Annalia Dongilli Camici bianchi Gli operatori tiepidi sull'operato dell'assessore
TRENTO - Tante buone intenzioni, meno fatti concreti. Si riassume così il bilancio dei cinque anni di assessorato di Remo Andreolli, tratteggiato da alcuni esponenti della sanità trentina.Il presidente dell'ordine dei medici, Giuseppe Zumiani, già vicino alla candidatura per l'Unione, precisa che «si tratta di un momento delicato». «Le mie parole - osserva - potrebbero essere facilmente strumentalizzate. Per cui mi atterrò ai fatti». Zumiani riconosce ad Andreolli la «grande disponibilità all'ascolto e dialogo». Ne ha apprezzato «la collaborazione nella scuola di medicina generale» e il «tentativo di integrazione fra la medicina di base, quella specialistica e quella ospedaliera con le case della salute». Lunga però la lista delle questioni irrisolte: dalla «camera conciliativa» per la cui istituzione «abbiamo consegnato due anni fa un documento, ma che non ha ancora visto la luce», alla «disputa intorno all'innovazione della legge 10 e nel merito sul ruolo del direttore generale, da noi considerato carico di troppo potere e di poco controllo. L'assessore ha difeso la figura del direttore così come strutturata e la disputa si è protratta per mesi: si poteva concludere prima e arrivare alla nomina del direttore già in questa legislatura ». Zumiani riserva «la nota più negativa alla soppressione di alcuni primariati fra cui quello di anatomia patologica di Rovereto», biasimando le parole usate al tempo dall'assessore che aveva parlato di «sacche di omertà». Il presidente dell'ordine stigmatizza anche «lo slittamento al 2009 dell'accreditamento istituzionale» e «la mancata realizzazione della rete ospedaliera».Sulla rete però secondo Marcello Disertori, presidente dell'associazione dei primari, «in questi cinque anni si sono fatti grossi passi in avanti, così come si sono fatte importanti ristrutturazioni di molti ospedali, a partire dal Santa Chiara». Anche Disertori lamenta la situazione di stallo creatasi intorno legge 10: la mancata riforma «non è però attribuibile solo da Andreolli - sottolinea - ma adesso occorre fare uno sforzo e serve coraggio politico». Ed auspica che la legge sancisca il coinvolgimento dei primari nell'attività di consulenza.Anche il bilancio di Josef Jörg (Fimmg) e di Luisa Zappini, presidente del collegio infermieri e candidata dell'Unione, è fatto più di ombre che di luci. Per il primo «nonostante gli ottimi rapporti con l'assessore, la medicina generale non viene molto considerata fra i funzionari dell'assessorato. Qualche tentativo con Andreolli si è fatto: con la riforma della legge 10 la medicina generale veniva valorizzata, ma poi questa visione non è passata». La Zappini, pur lamentando «il mancato coinvolgimento degli infermieri nella riorganizzazione delle Rsa», rende ad Andreolli il merito di essersi «speso per fare in modo che vi fossero dei posti per i Trentini nel corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche ed ostetriche a Verona ». A questo non ha però fatto seguito «l'applicazione a livello operativo: a fronte di 50 laureati, nessuno ricopre un ruolo dirigenziale. E il primo bando è solo di oggi».Duro infine il giudizio di Nicola Paoli (Uil medici di base), che affonda sui contratti: «Andreolli aveva promesso la riorganizzazione della continuità assistenziale. Ha portato avanti la questione a parole, ma poi non ha fatto nulla. Ha inserito 40 nuovi medici di base, ma è stato l'unico assessore a non promuovere alcun concorso per le guardie mediche. Il contratto dei medici di medicina generale, stipulato ad aprile 2007, non è completo. Ha tagliato reparti in tutti gli ospedali periferici, ma non è arrivato alla fine del processo di centralizzazione, perché non è riuscito a far approvare la riforma della legge 10».Annalia Dongilli Camici bianchi Gli operatori tiepidi sull'operato dell'assessore
Niente farmaci sull'elisoccorso
Ma la famiglia non vuole indagini
Cronaca Qui Torino del 09/09/2008 p. 18
ÔRi va rossa Il corpo di Lorenzo Appierto, il bimbo di appena due anni annegato lo scorso 29 agosto nella piscina di casa a Rivarossa, non sarà riesumato per un eventuale esame autoptico. È quanto emerge dalla Procura di Ivrea dopo che la famiglia avrebbe definitivamente rinunciato a denunciare i soccorritori del 118 intervenuti sul luogo della tragedia. Dal punto di vista giudiziario, quindi, è probabile che la vicenda di Rivarossa si chiuda senza elementi di colpevolezza ai danni dell'equipe medica accusata, la scorsa settimana, da una talpa interna alla centrale operativa del 118. Talpa che, agli organi di stampa, aveva fatto pervenire una lettera dettagliata per evidenziare le presunte negligenze dei medici a bordo dell'elisoccorso, partiti senza alcuni farmaci salvavita in grado di evitare la morte del bimbo. Una lettera anonima che ha portato all'immediata sospensione di Gennaro Noè, il medico anestesista dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri, e di Daniele Marchisio, capo infermiere della centrale operativa del 118, i principali accusati dal "corvo ospedaliero". Noè, che era a bordo dell'elicottero in quel tragico venerdì, è stato sollevato dall'incarico di medico dell'équipe d'em ergenza sanitaria. Secondo quanto trapela dall'inchiesta interna, sarebbe accusato di negligenza per non aver caricato i farmaci salvavita a bordo e di non aver segnalato l'accaduto nella cartella di intervento. «Rilevanti incongruenze sono emerse tra il tipo di intervento effettuato e quanto desumibile dal rapporto clinico redatto al termine dell'intervento», si legge in una nota della direzione generale del Cto. Daniele Marchisio, invece, non volerà più in caso di emergenze sanitarie ma continuerà ad essere un dipendente del Cto. I vertici del 118 piemontese, intanto, hanno deciso di istituire una figura di controllo per le equipe mediche destinate agli interventi d'urgenza: una sorta di osservatore che viaggerà, per un periodo limitato di tempo, sulle ambulanze e sugli elicotteri insieme a medico ed infermieri, per verificare che tutte le procedure ed i protocolli del caso vengono eseguiti alla lettera. Bocche cucite, intanto, da parte della famiglia Appierto: «Lasciateci stare, per favore. Vogliamo rimanere tranquilli», è il laconico commento della nonna di Lorenzo, la signora Maria. Claudio Martinelli Alessandro Previati
ÔRi va rossa Il corpo di Lorenzo Appierto, il bimbo di appena due anni annegato lo scorso 29 agosto nella piscina di casa a Rivarossa, non sarà riesumato per un eventuale esame autoptico. È quanto emerge dalla Procura di Ivrea dopo che la famiglia avrebbe definitivamente rinunciato a denunciare i soccorritori del 118 intervenuti sul luogo della tragedia. Dal punto di vista giudiziario, quindi, è probabile che la vicenda di Rivarossa si chiuda senza elementi di colpevolezza ai danni dell'equipe medica accusata, la scorsa settimana, da una talpa interna alla centrale operativa del 118. Talpa che, agli organi di stampa, aveva fatto pervenire una lettera dettagliata per evidenziare le presunte negligenze dei medici a bordo dell'elisoccorso, partiti senza alcuni farmaci salvavita in grado di evitare la morte del bimbo. Una lettera anonima che ha portato all'immediata sospensione di Gennaro Noè, il medico anestesista dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri, e di Daniele Marchisio, capo infermiere della centrale operativa del 118, i principali accusati dal "corvo ospedaliero". Noè, che era a bordo dell'elicottero in quel tragico venerdì, è stato sollevato dall'incarico di medico dell'équipe d'em ergenza sanitaria. Secondo quanto trapela dall'inchiesta interna, sarebbe accusato di negligenza per non aver caricato i farmaci salvavita a bordo e di non aver segnalato l'accaduto nella cartella di intervento. «Rilevanti incongruenze sono emerse tra il tipo di intervento effettuato e quanto desumibile dal rapporto clinico redatto al termine dell'intervento», si legge in una nota della direzione generale del Cto. Daniele Marchisio, invece, non volerà più in caso di emergenze sanitarie ma continuerà ad essere un dipendente del Cto. I vertici del 118 piemontese, intanto, hanno deciso di istituire una figura di controllo per le equipe mediche destinate agli interventi d'urgenza: una sorta di osservatore che viaggerà, per un periodo limitato di tempo, sulle ambulanze e sugli elicotteri insieme a medico ed infermieri, per verificare che tutte le procedure ed i protocolli del caso vengono eseguiti alla lettera. Bocche cucite, intanto, da parte della famiglia Appierto: «Lasciateci stare, per favore. Vogliamo rimanere tranquilli», è il laconico commento della nonna di Lorenzo, la signora Maria. Claudio Martinelli Alessandro Previati
Nessun commento:
Posta un commento