Infermieri, Gioia presidente bis
La Libertà del 27/12/2008 p. 13
Rinnovato per tre anni il direttivo del collegio piacentino
Si sono tenute nei giorni scorsi le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo del collegio Ipasvi di Piacenza relativo al triennio 2009-2011. Lo stesso direttivo dell'associazione che riunisce infermieri, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia si è poi riunito, nominando le massime cariche statutarie: sono state confermate alla presidenza Antonella Gioia, alla vicepresidenza Ada Franzini, mentre Maria Genesi è stata rieletta segretaria così come Patrizia Fumi mantiene l'incarico di tesoriera.
I consiglieri sono Marilena Bongiorni, Andrea Contini, Ursula Corvi, Gabriele Cremona, Maria Angela Dallafiore, Bettina Dallagiacoma, Giuliana Masera, Lara Muroni, Elena Olmini, Giorgia Pizzamiglio e Daniela Sfolcini.
I rappresentanti del nuovo consiglio, nel corso del primo incontro, hanno discusso rispetto gli obiettivi per il prossimo triennio: fra le priorità in programma vi è innanzitutto la diffusione della revisione del Codice deontologico, cercando di raggiungere e sensibilizzare quanti più professionisti iscritti agli Albi dell'infermiere, degli assistenti sanitari, dei vigilatrici d'infanzia (da qui l'associazione prende il nome di Ipasvi).
«Maturare senso di appartenenza nei confronti della propria comunità professionale - hanno spiegato i consiglieri - costituisce un momento importante di crescita ed aggregazione. L'attività esercitata dall'infermiere oggi viene considerata a tutti gli effetti una professione di servizio: nella relazione di aiuto interagiscono due soggetti, l'uno necessita d'assistenza per risolvere un problema, mentre l'altro risponde mettendo a disposizione le proprie conoscenze, la propria esperienza e la propria competenza. La finalità comune a quella di altre professioni sanitarie - hanno aggiunto - è la salute ed il benessere della persona, senza dimenticare il contesto in cui l'assistito vive». Ecco allora come diventa importante non perdere di vista l'aspetto etico della professione: «E' la base fondamentale - hanno precisato i rappresentanti Ipasvi - per costruire con competenza, professionalità e pazienza il nostro agire quotidiano. Segnaliamo inoltre la possibilità di visitare il sito del Collegio Ipasvi della provincia di Piacenza (www.ipasvipc.it), strumento utile di consultazione per convegni, aggiornamenti e comunicazioni e che fornisce anche la possibilità di proporre contributi relativi alla propria esperienza, con la pubblicazione sulla rivista quadrimestrale del collegio Therapeia inviata a tutti gli iscritti».
27/12/2008
Rsa Luciani sotto accusa:
«Addio agli infermieri, arriva una cooperativa»
Il Resto del Carlino del 27/12/2008 , articolo di EMANUELA ASTOLFI ed. Ascoli p. 2
Di EMANUELA ASTOLFI A FINE AGOSTO, con una gara d'appalto, la gestione interna della Rsa ex Luciani, in via delle Zeppelle, è stata assegnata ad una cooperativa che dall'inizio del nuovo anno con il proprio personale dovrà provvedere alla cura, alla sorveglianza e a tutte le attività di cui necessitano i malati o gli anziani ospiti della struttura. La decisione presa dall'Asur 13 però non convince la presidente dell'Associazione tutela diritti del malato (Atdm) che teme per il futuro degli ospiti della Rsa. «La nostra preoccupazione più grande - spiega Silvia Trivelli, presidente Atdm - è che questa privatizzazione porti all'interno della Rsa personale di una cooperativa che non è abbastanza qualificato per il genere di lavoro che deve svolgere». Presidente, ci spieghi meglio cosa intende. «La gestione affidata totalmente ad una cooperativa ci pone grandi interrogativi, basta sapere che la stessa dopo essersi aggiudicata l'appalto ha chiesto del tempo per organizzare meglio la formazione del personale e avviare dei corsi appositi». Quando avverrà il passaggio di consegne? «L'avvicendamento è previsto per gennaio, ma per sette o massimo dieci giorni ci sarà una sorta di compresenza tra le due realtà: da un lato il personale infermieristico dell'Asur (al momento in forza nella Rsa, ndr) e dall'altro quello della cooperativa che si occuperà dei malati e degli anziani». Crede che questo lasso di tempo sia sufficiente? «Assolutamente no. Non basta per conoscere la situazione vissuta da ogni malato e i bisogni che ha e soprattutto non basta per delle persone che non sono infermieri e che si ritroveranno a lavorare come tali». Di quali cure e attenzioni hanno bisogno gli ospiti della Rsa? «Ci sono casi più gravi di persone la cui vita è legata ad un macchinario o, meno gravi sotto il profilo medico, con persone che hanno bisogno di pulizia e di cura dell'igiene personale. Il primo piano è un ricovero per chi ha difficoltà mentali, al secondo c'è la Rsa, il ricovero assistito, mentre il terzo ospita il ricovero per anziani non autonomi che hanno bisogno di assistenza sanitaria. Il personale già adesso è insufficiente, di notte chi lavora deve alternarsi sui tre piani. Per questo, il nostro timore è che le persone che inizieranno a lavorare all'interno non siano sufficientemente preparate a relazionarsi con gli anziani e a provvedere alle cure dei malati. Mancando le figure degli infermieri temiamo che possano esserci disagi per i malati. Mi dispiace che la città non sia pienamente cosciente di questa entità, forse troppo nascosta nel verde di a una collina». Che impressione ha avuto la prima volta che è entrata nella Rsa? «In apparenza sembrava tutto funzionale, ma se poi si sbircia nelle stanze o ci si sofferma a parlare con i ricoverati che non sono pochi, perché non tutti purtroppo possono permettersi il Ferrucci o altre strutture, si coglie la miseria umana che c'è lì dentro. E non parlo di professionalità delle persone. Faccio un esempio: ci sono persone allettate che dal mattino alla sera non vengono mai cambiate, se si passa davanti ai loro letti sembra tutto perfetto, ma alzando le coperte si capisce la situazione che vivono tanti anziani. Come Atdm ho urlato e non è servito. Ho provato a essere comprensiva e spiegare, con l'aiuto dei familiari che sono ricoverati, come si poteva fare meglio per suscitare un cambiamento, ma non è servito neppure questo».
24 medici e32 infermieri Aumentati gli accessi rispetto all'Umberto I
Il Gazzettino del 28/12/2008 ed. VENEZIA p. VII
I NUMERI
Ci sono 20 medici più il primario che lavorano al pronto soccorso dell'ospedale dell'Angelo. In arrivo altri 3 medici nel 2009. Gli infermieri sono 32. L'organico è completo dal punto di vista dei numeri, medici e infermieri vedono ogni anno 80 mila persone. Si pensava che il trasloco dal vecchio Umberto I al nuovo ospedale dell'Angelo avrebbe portato ad un calo degli accessi e invece non è così. Nei primi 5 mesi e mezzo, quando c'era ancora l'Umberto I, gli accessi sono stati 34.775, dal 14 giugno al 30 novembre sono stati 35.082.
Da frate e da infermiere le mie domande a Englaro e ai magistrati che decidono sull'etica
Il Gazzettino del 28/12/2008 ed. UDINE p. 1
IL CASO ELUANA di Cristiano Cavedon (*)
Non uso il pulpito per questa comunicazione, il pulpito lo uso solo per la Parola di Dio, e forse certi giornalisti non sanno che il pulpito non è più l'unico mezzo di comunicazione della chiesa. Ma forse dovremmo tornare ad usarlo come una volta, quando i mezzi di comunicazione erano molto più limitati e il pulpito costituiva uno strumento indispensabile per comunicazioni non solo religiose, per arrivare presto e bene a tutta la popolazione.
Parto dalla mia esperienza di frate e sacerdote, di infermiere professionale, di tecnico di cooperazione internazionale, di insegnante di etica professionale. Credo di parlare con conoscenza di causa.
Diversamente da altri, che pensano di ridurre il caso alla sfera privata, ritengo il fatto di Eluana Englaro un fatto pubblico e non privato. Pubblico perché da anni è uscito dall'ambito privato, perché è stato affidato alla decisione pubblica della magistratura, perché Eluana vive da anni in una struttura che non è una casa privata, perché non è assistita privatamente dalla famiglia, perché la sua morte è affidata a una equipe medica di una struttura convenzionata con la Regione e quindi con lo Stato, perché di lei se ne occupano tutti e non solo la sua famiglia, perché la decisione di lasciarla morire interpella tutti.
E qui mi pongo la prima serie di domande: perché il papà non se l'è portata a casa, perché non si è assunto lui la responsabilità di lasciarla morire di fame e di sete? Perché altrimenti sarebbe stato accusato di mancato soccorso? Molte volte negli ospedali abbiamo portato a casa dei moribondi e lasciato che i famigliari assistessero i parenti con i propri mezzi fino alla morte. Perché non è stato attuato un piano simile? Forse perché se lui avesse fatto da solo sarebbe stato perseguibile, se invece la magistratura stabilisce che una equipe medica può farlo, allora lo stesso fatto non è più un reato perseguibile? Ma può un tribunale sentenziare di non soccorrere chi ha bisogno di mangiare e di bere? Allora un genitore che non dà il cibo a un figlio piccolo, o un figlio che non provvede al nutrimento dei genitori anziani non potrà più essere accusato di mancato soccorso? E se succede un incidente per la strada o in casa bisognerà chiedere, prima di intervenire in aiuto, se i malcapitati vogliono vivere o morire? Se diranno che vogliono morire, nessuno potrà più intervenire per salvarli? Nella professione medica e infermieristica se un suicida non riesce nel suo tentativo viene ordinariamente assistito e aiutato a vivere. Dopo questa sentenza dovrà essere aiutato a vivere o a morire, dato che il tentativo di suicidio è una chiara volontà di morte? La conseguenza più immediata è che i medici e gli infermieri che saranno chiamati a intervenire dovranno ripensare profondamente la loro etica professionale.
Ma i magistrati hanno titolo per cambiare e stravolgere l'etica professionale? Oppure non c'è più etica e ognuno decide come gli pare, purché abbia un tribunale che glielo consenta? Ho l'impressione che una decisione di questo genere sia molto gradita all'on.le Berlusconi: lui che da anni è accusato di farsi leggi ad personam, e che a sua volta dice che la magistratura, specie quella milanese, vuole essere la sola a decidere quali leggi devono essere fatte e quali no, non può che essere contento di dimostrare anche con questa sentenza quanto sia valida la sua politica contro questo modo di procedere della magistratura.
(*)priore del santuario delle Grazie a Udine
Continua a pagina IV
Scadenza 29 dicembre:
Dirigente medico di dermatologia e venerologia
La Nazione del 29/12/2008 ed. Pistoia p. 25
Scadenza 29 dicembre: Dirigente medico di dermatologia e venerologia (Incarico); Azienda Usl 3 Pistoia (Via Sandro Pertini, 708 - 51100 Pistoia, tel. 0573/352714 - 2875); Titoli di studio: Laurea in medicina e chirurgia; Note: Incarico di dirigente medico di dermatologia e venerologia per la direzione della u.o. dermatologia. Sono richiesti: l'iscrizione all'albo dell'ordine dei medici chirurghi; anzianità di servizio di 7 anni, di cui 5 nella disciplina o disciplina equipollente, e specializzazione nella disciplina o in una disciplina equipollente, ovvero anzianità di servizio di 10 anni nella disciplina (con esclusione di ogni equipollenza); attestato di formazione manageriale. Scadenza 29 dicembre: Direttore di struttura complessa disciplina di oftalmologia (Incarico); Azienda Usl 2 Lucca (Via per Sant'Alessio - Monte San Quirico - 55100 Lucca, tel. 0583/970778 - 970753); Titoli di studio: laurea in medicina e chirurgia; Note: Incarico quinquennale per la direzione di struttura complessa, disciplina di oftalmologia, per l'U.O. oculistica del P.O. di Lucca. Sono richieste: l'iscrizione all'albo dell'ordine dei medici chirurghi e anzianità di servizio di sette anni, di cui cinque nella disciplina o disciplina equipollente e specializzazione nella disciplina stessa o in una disciplina equipollente, ovvero anzianità di servizio di dieci anni nella disciplina. Scadenza 31 dicembre: Collaboratore professionale sanitario-infermiere (Assunzione a tempo determinato); Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi (Via delle Oblate, 1 - Padiglione 69 - 50141 Firenze, tel. 055 7948126 - 7948258 - 7949092; E-mail: risorseumane@aou-careggi.toscana.it); Titoli di studio: Diploma universitario di infermiere o equipollente; Note: selezione pubblica per titoli per l'assunzione a tempo pieno e determinato, tre mesi, di collaboratori professionali sanitari - infermieri, categoria D. E' richiesta l'iscrizione al relativo albo professionale. Scadenza 8 gennaio: Collaboratore professionale sanitario-infermiere (10 posti, assunzione a tempo indeterminato); Usl 12 Viareggio (c/o Ospedale Versilia, via Aurelia, 335 - 55041 Lido di Camaiore, tel. 0584-6059474 - 6059475); Titoli di studio: diploma universitario di infermiere o equipollente; note: collaboratore professionale sanitario, infermiere, categoria D, riservato ai disabili. Scadenza 12 gennaio: Esperto amministrativo e/o contabile (2 posti, contratto di formazione lavoro); Comune di Calenzano (piazza Vittorio Veneto, 12 - 50041 Calenzano, tel. 055/8833245 - 216; E-mail: personale@comune.calenzano.fi.it); Titoli di studio: diploma di maturità di durata quinquennale, o altro diploma, o equipollente; note: esperto amministrativo e/o contabile, categoria C1, con contratto di formazione e lavoro; uno dei posti messi a concorso è riservato ai disabili. I candidati devono avere età non superiore a 32 anni. Scadenza 15 gennaio: specialista dei servizi della formazione, informazione e sviluppo economico (3 posti, assunzione a tempo determinato); Provincia di Prato (via B. Ricasoli, 25 - 59100 Prato, tel. 0574 534516 - 534517); Titoli di studio: Laurea specialistica o laurea con voto di laurea minimo 100/110; Note: Specialista dei servizi della formazione, informazione e sviluppo economico, categoria d1, a tempo determinato e pieno, da destinare all'area istruzione, formazione, orientamento e lavoro. È richiesta esperienza lavorativa di almeno 3 anni nell'ambito delle attività oggetto dell'avviso, in particolare: programmazione, progettazione, valutazione, gestione, controllo e rendicontazione degli interventi di Formazione e Politiche attive del lavoro attinenti il Fondo Sociale Europeo.
Malato terminale, la visita non passa
La Nazione del 27/12/2008 ed. Empoli p. 2
UNA TESTIMONIANZA lucida, drammatica nella sua essenzialità. E' il racconto di una giovane donna che ha accompagnato alla morte il padre, affetto da un tumore incurabile, ricoverato al «San Giuseppe» di Empoli. Ed è insieme una critica feroce alla qualità dell'assistenza ricevuta. Non certo clinica (il male era incurabile), ma dal punto di vista umano. Da anni si prestano attenzioni alle cure palliative per i malati terminali, e squadre fantastiche di medici, paramedici e volontari aiutano i pazienti e le loro famiglie ad affrontare questa durissima realtà. Nel caso di questa giovane donna (di cui abbiamo deciso di pubblicare solo le iniziali per tutelare la privacy) qualcosa non ha funzionato. E speriamo che si tratti di un caso isolato. ----------- IN QUESTI giorni di festa, permettetemi di scrivere una lettera, che stride con l'atmosfera gioiosa del Natale, del Capodanno e dell'Epifania.Vorrei raccontarvi la mia testimonianza di figlia di un padre ucciso da un carcinoma polmonare in cinque mesi. Mesi di angoscia, speranza, paura, rabbia. Forse riuscendo a mettere questi sentimenti su carta, sapendo che qualcuno potrà leggerli, io e la mia famiglia riusciremo a trovare un po' di serenità. Scrivo per mettervi a conoscenza dell'ultimo mese di mio padre, deceduto all'ospedale di Empoli, nuovo come struttura, alquanto vecchio nei problemi logistici e organizzativi. LA NOSTRA esperienza riguarda il quinto piano, medicina generale. Pochi infermieri, per troppi pazienti. medici che devono essere rincorsi per avere un consulto, che non si ricordano di te, figlia, che hai il padre ricoverato già da due settimane nello stesso reparto e sei lì tutti i giorni. A volte, sogno quel maledetto campanello che aveva accanto al letto; se suonavi, era sicuro che l'infermiere di turno sarebbe arrivato dopo 15/20 minuti. Queste mie parole non derivano dalla rabbia di aver perso mio padre, sarebbe troppo semplice e scontato, altri parenti di pazienti ricoverati erano indignati molto più di noi. IO CREDO che un medico dovrebbe seguire con delicatezza e sensibilità un malato terminale, il loro lavoro consiste anche nel saperlo accompagnare dignitosamente fino alla fine. Come si fa a sbuffare di fronte ad una figlia disperata, che chiede una flebo perché il padre non ha mangiato per tutto il giorno, e si sente rispondere «certo se proprio lo desidera la flebo la facciamo, ma lo capisce vero che suo padre è in fin di vita?»; oppure chiamare il medico di turno, e vedersi arrivare l'infermiere con l'antidolorifico perché «tanto abbiamo visto la cartella clinica, non importa venire a vedere il paziente», o della visita medica mattiniera, quando molto spesso mio padre veniva «saltato» dal medico, quando invece l'altro compagno di stanza - più fortunato di lui - veniva visitato.Lui non capiva perché l'altro sì, e lui no... Spiegarglielo, trovando scuse stupide, era per noi una pugnalata al cuore. CI SAREBBERO molti altri esempi, ma voglio fermarmi qui.. Quanta mancanza di rispetto per un uomo che aveva sempre una parola gentile per tutti, una persona corretta, educata, diginitosa fino alla fine. E' per questo che ho scritto, tutto questo mi sembra inconcepibile.Probabilmente ho affrontato un argomento troppo serio e complicati per essere liquidato in una sola lettera, ma spero di aver gettato un sassolino, in questo mare di ipocrisia... Sicuramente quello che non è mancato a mio padre è stato il nostro amore, puro, sincero, incondizionato di una moglie e dei suoi due figli, che non gli hanno mai lasciato la mano fino a quell'ultima, tremenda notte in cui è mancato. E questa lettera penso sia l'ultimo atto di amore nei suoi confronti. F.G.
«Siamo a conoscenza della situazione
di disagio ma è una struttura privata»
Alto Adige del 27/12/2008 ed. Nazionale p. 25
MERANO. «Siamo al corrente di una certa situazione di disagio che si vive all'interno della casa di riposo Eden, ma trattandosi di struttura privata noi non possiamo intervenire in alcun modo»: esordisce così il dottor Frank Blumtritt, coordinatore tecnico-infermieristico del comprensorio sanitario di Merano dice la sua sulla situazione che pazienti e familiari vivono nella struttura di via Christomannos.
Dottor Blumtritt, non è che tutto questo deriva dal fatto che l'Asl non fornisce abbastanza finanziamenti per garantire la presenza degli infermieri necessari?
«Al contrario, noi stiamo rispettando i parametri provinciali. Per quella struttura sono previsti 6,25 infermieri e questi noi siamo disponibili a pagare. Alla Eden il personale è assunto direttamente dalla cooperativa. Non ci hanno mai presentato domande di aumento dell'organico. Temo che con le difficoltà attuali facciano fatica invece a sostituire il personale che se n'è andato».
Lei è al corrente di un ricorso del personale anche all'Ordine degli infermieri?
«Come Azienda sanitaria abbiamo deciso di non partecipare all'incontro che si è avuto tra responsabili della casa di riposo e personale. I nostri responsabili territoriali hanno ricevuto una copia della relazione nella quale credo viene proposta una soluzione».
Secondo lei il problema dove sta?
«Forse nell'approccio della nuova responsabile. Si tratta di un'assistente geriatrica. Gli infermieri appartengono a una categoria diversa e difficilmente accettano, per così dire, imposizioni da parte di assistenti. Se il clima fosse buono questa diversità di "grado" potrebbe passare quasi inosservata, ma in questo caso non è così».
Cosa possono aspettarsi i familiari delle persone ricoverate?
«Spero che la situazione di tranquillizzi e a muoversi dovrà essere in prima persona il direttore sanitario della casa».
Ma non si tratta del dottor Oberschertner, che è anche un vostro medico al servizio in distretto?
«Lo è stato per pochissimo, poi si è dimesso anche lui».
Se non si troverà una soluzione?
«Il rischio è che nessun infermiere voglia andare a lavorare in quella casa di riposo e la direzione sia costretta a ridurre il numero di posti letto.
Pensionato Eden, fuggi fuggi degli infermieri
Alto Adige del 27/12/2008 ed. Nazionale p. 25
Altri sei si sono dimessi nelle ultime due settimane
MERANO. Il suo nome ricorda il paradiso, ma quello che accade all'interno della casa di riposo Eden di Maia Alta, secondo i parenti delle persone ricoverate assomiglia sempre di più a un inferno. A scatenare la protesta dei familiari è un radicale cambiamento del clima di lavoro nella struttura, modificatosi a tal punto da diventare palpabile anche dai parenti. Personale infermieristico ridotto all'osso, dimissioni a raffica (6 addirittura nelle ultime due settimane), riduzione delle visite dei medici esterni, cancellazione della presenza infermieristica 24 ore su 24 sono solo alcuni dei problemi che vengono segnalati.
Il cambio di rotta all'interno della casa di riposo "Pensionato Eden" di via Christomannos, secondo i parenti delle persone ricoverate, si sarebbe verificato in coincidenza con le dimissioni del precedente direttore tecnico-infermieristico, avvenute più di un anno fa.
La riorganizzazione interna verificatasi di conseguenza, spinta forse anche dalle richieste della sanità pubblica di contenere al massimo i costi, pare aver portato con se delle conseguenze negative soprattutto a livello di organizzazione del lavoro e rapporti tra dipendenti e pazienti.
Non si spiega altrimenti il progressivo ricambio di personale assistenziale e infermieristico che si è verificato nel corso dell'ultimo anno, dato questo che non è sfuggito ai pazienti ma soprattutto ai loro familiari, abituati a parlare delle condizioni dei loro cari sempre con lo stesso referente.
«Nel giro delle ultime due settimane - sostiene uno dei familiari infuriati per come stanno andando le cose nella casa di riposo privata - ci è stato detto che ben sei dipendenti si sono licenziati. Pare anche che il numero degli infermieri sia insufficiente, in passato sapevamo della presenza di almeno sei addetti, oggi vediamo in servizio al massimo due o tre persone». La cosa che preoccupa anche i parenti delle persone ricoverate alla casa di riposo Eden è il venir meno della presenza costante in casa di un infermiere. «Fino a un anno fa avevamo la certezza - spiegano i familiari - che nell'arco delle ventiquattr'ore all'interno della casa era sempre presente almeno un infermiere. Oggi, vista la carenza di infermieri i turni di notte vengono coperti da operatori sanitari e assistenti. Dubitiamo che loro possano intervenire direttamente sul paziente in caso di un'urgenza, ad esempio per fare una iniezione o per somministrare dei medicinali».
Il "Pensionato Eden" di Maia Alta è una delle strutture di accoglienza più importanti in città, seconda solamente al soggiorno per anziani di via Palade e al centro per lungodegenti Sant'Antonius. Eden dà ospitalità a 72 persone anziane, solamente tre delle quali autosufficienti mentre la gran parte necessita di continui aiuti e di assistenza intensiva. «Non capiamo neppure - sostengono ancora i familiari preoccupati - il motivo per cui anche l'accesso dei medici di famiglia dei nostri cari siano stati limitati a una visita al mese quando prima quasi ogni settimana il dottore incontrava l'ospite».
In questi ultimi mesi pare anche che, secondo quanto sostengono i parenti delle persone ricoverate, che il personale abbia coinvolto nelle problematiche anche il sindacato e addirittura il collegio degli infermieri, chiedendo di effettuare delle verifiche su organici, responsabilità e rispetto delle prescrizioni sanitarie e infermieristiche.
Trenta oss «diplomati» per l'assistenza
Corriere delle Alpi del 28/12/2008 ed. Nazionale p. 23
Il sindacalista Zuglian: «Unico neo sono i costi a carico dello studente»
FELTRE. Una sfornata di operatori sociosanitari, quelli che affiancano le funzioni dell'infermiere professionale negli ospedali e nelle case di riposo, è quella promessa dall'Enac (ente nazionale canossiano), autorizzato ad attivare quattro corsi da 30 allievi ciascuno il primo dei quali partirà all'inizio dell'anno prossimo, subito dopo la selezione dei primi trenta allievi. Di operatori sociosanitari, specie se motivati alla professione e qualificati ai fini della legge, hanno bisogno sia l'ospedale che il territorio, ossia le case di riposo.
«E' un mestiere che se fatto con passione non conosce crisi», premette Fabio Zuglian, segretario della Cisl per il comparto sanità, «anzi, l'operatore sociosanitario che con il tempo sostituirà a tutti gli effetti l'infermiere generico con la possibilità di somministrare anche la terapia intramuscolo, è una figura richiestissima dal mercato del lavoro. Il paradosso è che le spese della frequenza al corso, che si aggirano sui milleseicento euro annui, siano a carico degli studenti. Si tratta di persone, prevalentemente donne, vicine ai cinquant'anni d'età che magari hanno perso il lavoro, non possono non integrare il reddito familiare e già si devono accollare gli impegni di frequenza e di studio e li devono coniugare con gli impegni di famiglia e di conduzione domestica. Gli oneri finanziari non dovrebbero essere a carico di soggetti spesso incapienti, ma andrebbero sostenuti a livello di sistema socio-sanitario che richiede queste figure».
Il modello assistenziale che si prospetta, conferma il sindacalista Zuglian, farà sempre più perno sull'operatore d'assistenza specializzato. E questo non solo nel territorio, ma anche in ospedale. In questa prospettiva si interpretano le "fughe" dai centri di servizio periferici, come le case di riposo parrocchiali, o dalle cooperative dove si compie la gavetta degli oss, in cerca del contratto più appetito, quello degli enti locali o parastatali. Un fenomeno ben conosciuto dai direttori di case di riposo private che devono fare i conti con il turn over, talora pesante, non solo di infermieri professionali, ma anche di operatori sociosanitari. Che fanno di tutto e incidono di meno sul bilancio aziendale.
Il corso che abilita alla professione di oss, requisito fondamentale per lavorare in ogni ambito sociosanitario, avrà durata di 13 mesi circa, per un numero di ore pari a 1000 di cui 480 teoriche e 520 di tirocinio. Le 520 ore di tirocinio sono previste fra i reparti ospedalieri, le case di riposo e alcune aree sociali.
Le lezioni si terranno alla sede delle canossiane di viale Monte Grappa in orario pomeridiano dalle 14,30 alle 19,30 per tre rientri alla settimana. Basta il diploma di terza media, mentre per i cittadini stranieri è necessario possedere il permesso di soggiorno al momento della selezione prevista per il 21 gennaio alle 9,30 alla sede Enac.
Altri diciassette nomi di falsi infermieri
finiscono nell'inchiesta
Gazzetta del Sud del 27/12/2008 , articolo di Arcangelo Badolati ed. CALABRIA p. 27
Cosenza
Scavano ancora nelle viscere della sanità cosentina. E, ogni tanto, tirano fuori qualche altra prova che finisce agli atti dell'inchiesta "Gutenberg" sui falsi infermieri. I detective del Nas Cosenza, investigando in tutta la provincia, ne hanno scoperti altri diciassette, anche loro presunti paramedici senza titolo. E quei nomi hanno finito per allungare la lista degli indagati del maxiprocedimento coordinato dal procuratore capo Dario Granieri e dal pm Francesco Minisci. Adesso, le persone iscritte nel registro della Procura cosentina sono diventate 245. Per settantadue di loro, il gip Loredana De Franco aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e nei loro confronti aveva emesso un'ordinanza applicativa di misure cauteleari. Un provvedimento che, nei giorni scorsi, è stato annullato dal Tdl di Catanzaro che ha, invece, ritenuto carenti le esigenze cautelari. Altri due indagati, che, nei giorni scorsi, hanno beneficiato della revoca dell'ordinanza restrittiva sono stati: Carlo Caruso e Sonia Aloia.
L'inchiesta "Gutenberg" ricostruisce un ipotetico mercato di titoli d'abilitazione alla professione di infermiere. I primi diplomi fasulli sarebbero stati venduti nel lontano 1975. Gl'ipotetici beneficiari, attraverso il pagamento di somme variabili tra gli 8 mila e i 10 mila euro, sarebbero sarebbero entrati in possesso di fittizie attestazioni che risultavano rilasciate da Asl e Università. Secondo l'accusa, una volta pattuita la somma i richiedenti ottenevano il falso titolo e il tanto agognato posto al sole. I finti infermieri, infatti, dopo aver svolto anche un breve corso in una nota clinica privata del Cosentino, entravano poi nel mondo del lavoro. Un pozzo nero sul quale si sono affacciati i Nas di Cosenza che hanno indagato con scrupolo e professionalità, lavorando di giorno e di notte per due anni e raccogliendo indizi anche contro loro stessi congiunti. Com'è accaduto al vicecomandante del Nucleo antisofisticazioni che s'è ritrovato la sorella e due nipoti coinvolti nell'inchiesta.
Venti infermieri rimessi in libertà dal TdL
Gazzetta del Sud del 24/12/2008 , articolo di Arcangelo Badolati ed. CALABRIA p. 31
Nei prossimi giorni si conosceranno le motivazioni della decisione assunta dai giudici del Riesame
cosenza
Tutti liberi. Il Tribunale della libertà di Catanzaro ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare con cui, nei giorni scorsi, erano stati assegnati agli arresti domiciliari una ventina di infermieri professionali. Si tratta del personale paramedico in servizio in strutture sanitarie pubbliche e private del Cosentino che - ad avviso della pubblica accusa - avevano acquistato dei diplomi falsi per poter successivamente esercitare la professione.
L'organo giudiziario del riesame ha ordinato l'annullamento della misura emessa nei confronti di: Franco Giorno, Mario Giorno, Giancarlo Costabile, Giovanna Leo, Enrico Mandarino, Franca Saullo, Anna vetere, Maria Assunta Vetere, Francesco Staine, Piergiuseppe Paldino, Ernesto Piscitelli, Antonio Trombino, Dora Pistoia, Antonio Russo, Giovanni Antonio Magurno, Maria Giovanna Belvedere, Emilia Iacquinta, Peppuccio Bellavia, Giovanna Belmonte, Raffaele Consoli. I giudici del TdL (presieduto da Adalgisa Rinardo) hanno accolto i ricorsi presentati dagli avvocati Giampiero Calabrese, Nicola Carratelli, Giovanni Cadavero, Vittoria Bossio, Lucio Conte, Roberto Loscerbo, Paolo Pisani, Raffaele Scarpelli, Giuseppe Trombino, Antonio Quintieri, Franco Napolitano, Franz Caruso, Giancarlo Grandinetti, Francesco Liserre, Pasquale Vaccaro, Egidio Rogati, Pasquale Naccarato.
Il gip, in precedenza, aveva revocato le misure restrittive emesse nei confronti di Gemmina Montalto e Francesco Pallone, difesi rispettivamente dagli avvocati Concetta Santo e Nicola Carratelli. Per la Montalto era stato inoltre disposto il dissequestro dei beni su cui inizialmente erano stati apposti i sigilli giudiziari. Nella capitale, infiene, era stato rimesso in libertà Antonio Pongetti, funzionario dell'Università del Sacro Cuore, finito nei guai per i contatti mantenuti con Damiano Taraso, caposala in una clinica del Tirreno cosentino e attualmente detenuto. L'uomo veniva indicato da alcuni indagati come il personaggio cui erano state versate delle somme di denaro per ottenere i diplomi falsi. I titoli fittizi ottenuti dietro la corresponsione di somme variabili tra i tremila e gli ottomila euro, erano stati successivamente utilizzati - questa la tesi della procura di Cosenza - per ottenere l'iscrizione all'albo professionale e sostenere i concorsi banditi dai nosocomi pubblici, oppure per essere assunti presso cliniche private. Nel corso degli interrogatori sostenuti davanti al gip, Loredana De Franco, una mezza dozzina d'incriminati aveva ammesso d'essere entrata fraudolentemente in possesso dei diplomi falsificati. Lo stesso Taraso aveva riferito d'aver ottenuto alcuni diplomi per il tramite di una non meglio specificata suora che prestava la sua opera in un grande nosocomio romano.
Con la decisione adesso assunta dai giudici del Riesame, l'indagine condotta dai carabinieri del Nas, subisce una battuta d'arresto. Il 29 dicembre saranno esaminate le posizioni di altri infermieri, tra i quali figurano Franca Pastore e Maria Ambrosi, difese dagli avvocati Francesco Chiaia e Massimo Formoso. Rimane adesso da capire se l'annullamento della misura restrittiva, deciso ieri, sia collegabile alla mancanza di esigenze cautelari o al merito della gravità indiziaria. La lettura delle motivazioni poste a base della decisione assunta dai magistrati catanzaresi chiarirà ogni dubbio.
Soddisfazione per il risultato ottenuto è stata espressa dai componenti del collegio di difesa. Nessun commento, invece, in Procura.
Confsal chiude la conciliazione
«Ma i problemi non sono finiti»
Il Cittadino di Lodi del 27/12/2008 p. 15
Sui turni degli infermieri la Confsal chiude in positivo la conciliazione in prefettura. «L'Azienda ospedaliera - spiega il segretario Stefano Lazzarini - ha detto che si impegna a dare informazioni più chiare ai dipendenti sulla turnazione multiperiodo, ma sulla modalità di turnazione c'è ancora da discutere. Gestire male il multiperiodo vuol dire portare i dipendenti a rifiutarlo, per tornare al clima "da caserma" precedente». La Confsal si è sempre battuta perché le turnazioni degli operatori sanitari fossero gestite su un lungo periodo. E non decise giorno per giorno, a seconda delle necessità, impedendo così ai lavoratori di programmarsi la vita. «È dal 2004 - aggiunge Lazzarini - che noi lottiamo su questo fronte, ma il multiperiodo viene organizzato con un modello che non è condivisibile. Hanno messo in piedi delle sequenze di turni secondo regole che noi riteniamo penalizzino i lavoratori. I dipendenti si trovano a fare un week end solo a casa, dopo parecchie settimane di lavoro. Poi magari mettono 4 infermieri al mattino in un reparto e 2 al pomeriggio. Non si capisce perché non ne mettano 3 e 3 . Secondo noi, va a finire che gestendo il multiperiodo con queste modalità, i dipendenti preferiscono poi tornare all'arbitrarietà del modello precedente. Visto che siamo noi quelli che si battono da sempre per il multiperiodo, se lo riempiono di contenuti negativi, i lavoratori se la prendono con noi. Per questo abbiamo voluto denunciare la situazione». Sono molte le criticità sottolineate dalla Confsal. L'organizzazione sindacale sta combattendo anche per la stabilizzazione, che doveva andare in porto dal 2 agosto 2007, dei medici precari. Lazzarini e i suoi iscritti non hanno ancora digerito l'istituzione della chirurgia mini invasiva avvenuta nel 2007 all'ospedale Maggiore, ad opera della vecchia amministrazione, e ora chiusa. Ma non apprezzano neanche l'istituzione della day surgery, chirurgia senza ricovero, all'ospedale Delmati di Sant'Angelo: «Chi abita a Corno Giovine deve andare fino a Sant'Angelo per farsi operare di ernia? Ci credo che poi ci sono le fughe - commenta Lazzarini -, siamo noi che le provochiamo con queste scelte». Dalla direzione pronta la replica di Eligio Gatti: «Quelle di Lazzarini - dice - sono parole che si commentano da sole, frutto di una visione secondo me arcaica della medicina. Se offri un servizio di qualità, fare dieci minuti di auto in più non penso sia un problema. Non si può pensare a un ospedale sotto ogni campanile. Quel che conta è la qualità dell'offerta». C . V.
«A Susa il Pronto soccorso è sotto assedio»
Il Giornale del Piemonte del 28/12/2008 ed. Nazionale p. 5
Con la chiusura di venti posti letto in medicina generale i pazienti sono stati dirottati nell'area di emergenza Il segretario di Ugl Sanità: «Il medico e i pochi infermieri di turno non riescono a gestire tutti i ricoverati» CANTIERE INFINITO Da due anni si attende il completamento dei lavori di ristrutturazione del reparto, ancora in corso COPPOLELLA «Questa situazione dovrebbe prevedere quantomeno un incremento di personale sebbene solo temporaneo»
Sindacati sul piede di guerra all ' ospedale di Susa che fa parte dell ' Asl To3 diretta da Giorgio Rabino. La chiusura per ristrutturazione di venti posti letto del reparto di medicina generale nel presidio cui fa riferimento l ' intera vallata ha messo in agitazione il personale. Come rilevato dal segretario regionale di Ugl Sanit à , Francesco Coppolella, il reparto da oltre due anni aspetta il completamento dei lavori di restauro, ma i lavori cos ì come sono gestiti dalla direzione dell ' azienda stanno « condizionando e modificando, con notevoli rischi per i pazienti e gravi disagi per il personale, il lavoro del pronto soccorso dello stesso presidio » . Infatti, all ' interno del pronto soccorso, la presenza di posti letto dedicati a pazienti che troverebbero la loro collocazione naturale in un reparto di medicina generale (pazienti generalmente anziani con diverse patologie concomitanti e che necessitano di costanti cure mediche ed infermieristiche) nelle ultime settimane è aumentata notevolmente fino ad arrivare a un numero di persone medio giornaliero pari a sette. «È un mini reparto all ' interno del pronto soccorso - si lamenta Coppolella, riferendo le difficolt à denunciate dai colleghi che si trovano a dover gestire una situazione anomala -. Il medico e i pochi infermieri presenti per turno non possono di certo assicurare a tali pazienti la giusta continuit à e complessit à assistenziale, poich é impegnati nell ' attivit à di 118, di triage e di ambulatorio, relative alle attivit à di pronto soccorso oltre ai due letti antishock. La conseguenza è che i pazienti di medicina generale, nonostante il grande impegno e sacrificio del personale del pronto soccorso, che dedica tutto il tempo disponibile e possibile, non godono dell ' assistenza adeguata, con conseguenti possibili rischi per la loro salute » . Inoltre, secondo quanto denunciato da Coppolella, le ore di attesa per i cittadini che si rivolgono al pronto soccorso si sarebbero moltiplicate e la presenza anche di un solo codice giallo spesso « rischia di mettere in crisi tutto il sistema, con ricadute sui ricoverati » . Ecco perch é Ugl Sanit à ha deciso di rendere pubblica la sua protesta. «È inutile dire come questa situazione, a garanzia della sicurezza dei pazienti, dovrebbe prevedere quantomeno un incremento immediato di personale - fa notare l ' esponente sindacale -, anche temporaneamente, in attesa che riaprano i venti posti letto di medicina generale. C 'è da chiedersi per ò , considerato che sono passati circa due anni, se realmente il reparto in questione sar à mai ristrutturato, nonostante le risorse assegnate, o se si è deciso di depotenziare ulteriormente questo importante e fondamentale presidio per la popolazione locale » . Coppolella ricorda come importanti esami che una volta venivano effettuati in questo ospedale, come la gastroscopia, la panoramica dentaria, la mammografia, oggi non ci sono pi ù . « Temiamo che oltre a ci ò si punti a depotenziare e spostare altre risorse e strumenti di cui invece la popolazione e i cittadini del luogo, soprattutto gli anziani, hanno realmente bisogno - conclude Coppolella -: una Sanit à sempre pi ù lontana dai cittadini e sempre meno umana e accessibile per i residenti di questo territorio » .
POLEMICHE A Susa si discute sul «dirottamento» dei pazienti dal reparto di Medicina al Pronto soccorso
«Pronto soccorso vicino al collasso»
La Nuova Sardegna del 29/12/2008 , articolo di FEDERICO SPANO ed. Nazionale p. 14
I pazienti attendono anche sei ore per una normale visita - I sindacati chiedono più controlli e più personale
SASSARI. Il personale infermieristico è ridotto all'osso e il pronto soccorso rischia il collasso. Dopo una settimana passata con quattro organici, invece dei sette previsti per garantire un servizio efficiente, ieri al lavoro c'erano appena tre infermieri. L'attesa per una visita è arrivata tranquillamente a sei ore. Forse troppe per una struttura inaugurata da pochi mesi.
A denunciare la grave situazione in cui versa il pronto soccorso dell'ospedale civile sono i segretari provinciali di due diversi sindacati degli infermieri. Vittorio Conti, del Nursind, in una lettera inviata alla Asl, e sottoscritta dagli infermieri del pronto soccorso, fa riferimento in particolare all'episodio dell'infermiera aggredita nei giorni scorsi mentre era di turno al triage: «Chiediamo che gli organi competenti facciano indagini per verificare la sicurezza dei lavoratori nella sala triage del pronto soccorso. La tutela del cittadino è un bene che va difeso sempre. A garanzia del cittadino e della professione infermieristica chiediamo che venga fatta piena luce sulla vicenda degli infierieri aggrediti e che vengano migliorati i controlli per evitare che questi episodi si possano ripetere». Il problema principale del triage, e quindi dell'accoglienza dei pazienti nel reparto d'urgenza, riguarda prevalentemente la carenza di personale. «La cronica carenza di personale, infatti, impedisce di assicurare il turn over dei turnisti necessari per garantire i servizi ai cittadini. Ben vengano i controlli dei Nas negli ospedali, perché i primi a chiedere certezze sono gli stessi infermieri. Per questo chiediamo che nell'area triage venga inserito un secondo infermiere che copra il turno nell'arco delle 24 ore, inoltre chiediamo che venga inserito un agente di pubblica sicurezza che stazioni nella sala d'aspetto, a tutela dei pazienti e degli stessi operatori sanitari».
Sui problemi del pronto soccorso è intervenuto anche Alessandro Nasone, segretario provinciale del sindacato Nursing Up. «Il tempo del rodaggio nel nuovo pronto soccorso è terminato, ma non la grave carenza nel servizio che la struttura offre alla cittadinanza. Ricordiamo che il nuovo reparto d'urgenza è nato per far fronte alle richieste sempre maggiori dei cittadini, essendo strutturato con una sala d'attesa più accogliente e con cinque ambulatori compreso quello per le emergenze, oltre a un triage più grande, dotato di sei posti di osservazione breve. Ma tutto ciò, dopo diversi mesi, continua a rimanere un sogno. In realtà per la carenza di infermieri il nuovo pronto soccorso funziona al cinquanta per cento delle sue reali capacità. Il personale infermieristico per garantire un'assistenza di qualità, adeguata alle norme di legge, dovrebbe essere composto da nove unità per i turni diurni e da sette nel turno notturno. In reparto, però, negli ultimi giorni c'erano al massimo quattro infermieri (spesso tre). Questa carenza ha portato la dirigenza del pronto soccorso a richiedere alla direzione Aziendale della Asl 1 di attivare le prestazioni aggiuntive infermieristiche da altri reparti, pagate trentacinque euro l'ora, portando così i professionisti a svolgere turni massacranti. Anche così il pronto soccorso continua a funzionare al cinquanta per cento. Quindi, con solo due ambulatori aperti, oltre a quello delle emergenze, con tempi d'attesa enormi e altissimi disagi per i pazienti. Tutto ciò si riflette anche sul servizio 118 che si trova con i mezzi di soccorso bloccati a volte anche per un'ora, perché nessuno può prendere in carico i pazienti da loro trasportati con urgenza».
Nella Casa della salute apre ogni giorno il centro prelievi
La Nuova Sardegna del 27/12/2008 ed. Cagliari p. 2
VILLACIDRO. Nella Casa della salute sono stati attivati il Centro prelievi e l'ambulatorio infermieristico. I prelievi ematici, fatti per accettazione diretta, vengono effettuati tutti i giorni, da lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 9.30. La refertazione, in collegamento diretto con il laboratorio analisi dell'ospedale di San Gavino, può essere ritirata tutti i giorni dalle 12 alle 13. L'ambulatorio infermieristico è invece attivo dalle 9.30 alle 13, esclusi sabato e domenica. Si tratta di un servizio organizzato e gestito da infermieri professionali in collaborazione con i medici di famiglia. (l.on)
San Donà, Pronto soccorso al limite
La Nuova Venezia del 28/12/2008 ed. Nazionale p. 28
Mancano 2 medici e 5 infermieri. Le 3 ambulanze hanno più di 300.000 km
SAN DONA'. Pronto soccorso ancora in carenza di personale. Nonostante la buona volontà e l'impegno di medici ed infermieri, le carenze vengono puntualmente denunciate. I pazienti si lamentano per le code, per le difficoltà nel gestire le urgenze e le inevitabili attese che riguardano i casi sì meno gravi, ma che sono causa di sofferenza per chi attende il proprio turno in sala d'attesa e non vede mai arrivare il momento della visita.
A dicembre si attendevano rinforzi, ma non sono arrivati, mentre anche i volontari vorrebbero lavorare di più. E allora il personale denuncia: «Siamo sotto di organico almeno di due medici e, con le prossime maternità, anche di cinque infermieri». A questo si aggiungono le difficoltà legate al parco ambulanze. Ne sono rimaste tre, ma tutte con chilometraggi eccessivi, fino a 300 mila chilometri. Il prossimo anno dovrebbe comunque arrivare un mezzo nuovo.
La Cgil aveva denunciato pubblicamente queste difficoltà in occasione di una delle ultime riunioni sulla sanità nel Veneto Orientale. Le tensioni aumentano quando riemergono questioni di campanilismo con Portrogruaro. Il pronto soccorso sulle rive del Lemene, infatti, ha una mole di lavoro inferiore, ma il personale non manca e neppure i mezzi, secondo i dipendenti di San Donà che osservano la situazione dei colleghi.
Il prossimo anno sarà in ogni caso decisivo per questo pilastro dei reparti ospedalieri. Le professionalità si sono, quindi si tratta solo di garantire gli organici necessari per una città di 40 mila abitanti e che sta crescendo.
Il direttore generale dell'Asl 10, il dottor Paolo Stocco, è già al lavoro. Il suo obiettivo è la riorganizzazione ospedaliera su tutti i fronti. Ha in tasca già un programma ad hoc anche per il pronto soccorso, una volta che sarà risolta la questione della casa di cura Rizzola per la quale il Comune continua a combattere. Ma adesso il personale dell'ospedale chiede che il sindaco e la giunta si espongano di più anche per l'ospedale di San Donà, argomento quanto mai spinoso che richiede una forte presa di posizione, soprattutto politica.
Nessun commento:
Posta un commento