La Repubblica del 04/12/2008 , articolo di MICHELA BOMPANI ed. Genova p. 03
I pasti dei bimbi delle scuole genovesi preparati in ospedale, accanto ai ricoverati Cucine a pochi metri dai letti di un reparto del Galliera, tra barelle, flebo e via vai di medici e infermieri
I pasti dei bimbi delle scuole genovesi preparati in ospedale, accanto ai ricoverati Cucine a pochi metri dai letti di un reparto del Galliera, tra barelle, flebo e via vai di medici e infermieri
VENTITRÉ passi. Dalla cucina che prepara i pasti per i bimbi delle scuole genovesi al reparto di Neurologia.Ventitré passi lungo la corsia nella pancia dell'ospedale Galliera, al piano meno uno del nosocomio genovese. Dividono la porta a vetri della "zona cottura" che si apre frequentemente, quindici volte in dieci minuti, dall'ingresso del reparto ospedaliero.La corsia è una corsia: la attraversano barelle e letti con malati con lo sguardo fisso al soffitto, la flebo accanto o sedie a rotelle con degenti accompagnati, a fianco, dai familiari, gli incartamenti clinici sulle ginocchia. A volte passano soltanto, escono o entrano in reparto, prima o dopo accertamenti in altre zone dell'ospedale, a volte stazionano in corsia, proprio lungo il muro, un po' flesso, che segue l'andamento del corpo centrale del Galliera.Le cucine sono al di qua e al di là della corsia. Le porte che si affacciano sul corridoio verso corso Mentana sono due, una è aperta, l'altra, a vetri, si spalanca spesso: dietro ci sono le zone preparazione (sia per l'ospedale, sia per le scuole, ma separate) e cottura (dell'ospedale e delle scuole, comunicanti), e le zone preparazione a freddo per entrambi i bacini d'utenza. Sono invece tre gli affacci sulla corsia, verso via Volta, di locali-cucina dove qui le porte sono spesso completamente aperte, si scorgono stoviglie, il pavimento continuamente lavato, grembiuli di plastica appesi al muro. E c'è un via vai di addetti, in ineccepibile tenuta (coprivestiti, cuffie, guanti) da una sponda all'altra della corsia, che s'infittisce o rallenta a seconda degli orari. A volte a mani vuote, a volte portando oggetti tra i due comparti, attraversando un flusso continuo, com'è ovvio in una corsia d'ospedale, di degenti-medici-familiari. A gestire la cucina è la ditta Copra, azienda di servizi di ristorazione: proprio ieri mattina hanno compiuto una visita ai locali cottura, come accade frequentemente, i membri della commissione mensa di una scuola del Medio-Levante che hanno sollevato forti perplessità, già comunicate ai funzionari del Municipio, sulla continuità diretta che esiste tra il centro cottura e la corsia dell'ospedale.«Nei locali adibiti alla preparazione dei pasti, nei magazzini, nelle aree di supporto alla cucina e nei refettori adibiti alla somministrazione dei pasti, nonché negli eventuali spazi attigui e di supporto, si prevede un intervento costante di disinfezione e disinfestazione prima dell'avvio del servizio in basa alle norme Iso 9001», si legge sul sito della Copra, nella sezione ristorazione scolastica. Certo che diventa difficoltoso garantire un intervento costante di disinfezione e disinfestazione a uno dei locali attigui alle zone cottura, poiché nel caso del Galliera, si tratta dell'unica corsia ospedaliera del piano, dove passano, com'è ovvio, medici, infermieri, degenti e familiari.I locali di preparazione e cottura dei cibi si trovano in uno dei cortili che separano i "raggi"- reparti che si staccano dal corpo centrale del Galliera, verso corso Mentana. È un edificio a un piano, di costruzione recente, rispetto all'impianto originario dell'ospedale, addossato a uno di questi "raggi" e alla corsia centrale. Con la quale, appunto, comunica. La commissione mense, nel sopralluogo di ieri, come succede in tutti i casi analoghi, è stata fatta entrare proprio da corso Mentana, nel cortile, attraverso un cancello elettrico. E da qui, è stata accolta all'ingresso dei locali cottura, dove pure escono tutti i pasti, rigorosamente confezionati, che vengono poi distribuiti nelle scuole comunali e statali genovesi che non sono dotate di mense interne. Dal centro storico al Levante.È stato proprio al termine dell'ispezione che, dagli stessi addetti alla cucina, alcuni membri della commissione sono stati accompagnati verso la porta a vetri, e si sono trovati nel bel mezzo della corsia ospedaliera. Con altre porte, e altri locali cucina, al di là del corridoio. «Mangiare bene per crescere meglio», scrive la Copra, sul suo sito: certo la qualità del cibo è fondamentale soprattutto per i bambini, ma, come sollevano i membri della commissione mense, lo è anche il contesto in cui le pietanze vengono preparate.LA CORSIA La cucina della Copra si affaccia sull'unico corridoio che collega tra loro i reparti del piano interrato dell'ospedale Galliera LE PORTE Sono cinque gli "affacci" delle cucine e delle pertinenze da un lato e dall'altro del corridoio: spesso gli accessi rimangono aperti LA DITTA L'azienda che prepara e confeziona i pasti destinati alle scuole comunali e statali genovesi è la Copra di Piacenza LE BARELLE Accanto ai locali cucina stazionano e passano spesso barelle e carrozzine con malati accompagnati da medici, infermieri e familiari I PASSAGGI Attraverso i varchi che collegano i locali delle cucine al corridoio ospedaliero entrano ed escono spesso gli addetti ai lavori PER SAPERNE DI PIÙ http://genova.repubblica.it/
"Sull'ambulanza bastava l'infermiere professionale"
La Stampa del 04/12/2008 , articolo di MARCO ACCOSSATO ed. TORINO p. 70
Non c'è alcuna relazione tra la morte di Alfredo Maraschi e il fatto che non ci fosse un medico a bordo dell'ambulanza del 118 intervenuta martedì a Feletto».Eleonora Artesio, assessore regionale alla Sanità, difende a spada tratta il servizio di emergenza sanitaria della Regione.E' già stata eseguita l'autopsia? Avete un riscontro?«No, ma è un'illazione priva di fondamento sostenere che tra l'assenza del medico a bordo dell'ambulanza e il decesso dell'uomo ci sia una relazione causa-effetto. L'infermiere specializzato ha compiuto tutte le manovre di rianimazione possibili: massaggio cardiaco, ventilazione, intubazione, somministrazione di adrenalina e atropina. Il tracciato ecocardiografico era piatto».Resta, assessore, la protesta dei medici reperibili che non sono stati chiamati a sostituire il collega assente. Sostengono non sia la prima volta che ambulanze «medicalizzate» partono senza medico.«Non mi risulta che siano mai saltate coperture prima d'ora».I medici sono pronti a dimostrare il contrario. Lei smentisce?«Non mi risulta». Le risulta abbiano scritto una lettera in assessorato per segnalare la questione?«Questo sì. Ma hanno sbagliato destinatario: quella lettera non era da inviare a me o ai giornali, ma al responsabile dell'organizzazione del 118, Danilo Bono».Assessore, torna alla mente la recentissima vicenda dell'elisoccorso decollato senza farmaci salvavita quando si doveva cercare di strappare alla morte un bimbo caduto nella piscina di casa, a Rivara.«E' inaccettabile collegare gli eventi quando non esiste nessun evento collegabile. Oggi come allora non c'è relazione di causa-effetto. La morte del bimbo, come il decesso del pensionato ieri, non è stata provocata da un errore del 118».Perché l'altro giorno non avete chiamato i medici reperibili per sostituire il collega assente?«Perché non lo hanno ritenuto necessario. Si è deciso un prolungamento d'orario di chi era in servizio e sono stati chiamati tre reperibili per sostituire altri colleghi in altre strutture. Anche lì mancava un medico».Dove?«Alla postazione 118 di Carmagnola, in quella del Maria Vittoria e al pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco».Ma non a Cuorgnè.«Non era il caso, la copertura in ambulanza era garantita dall'infermiere professionale».I medici che protestano sostengono che la mancata sostituzione dei medici sulle ambulanze sia per non superare il tetto di straordinari. E' vero?«I turni straordinari vengono "spalmati" nell'arco dell'anno. Preferiamo tenere una scorta di ore per i giorni delle feste, giorni caldi».Malgrado l'emergenza?«L'assenza tenporanea di una persona non può essere considerata un'emergenza. Non c'è alcuna emergenza di personale del 118 in Canavese».
Non c'è alcuna relazione tra la morte di Alfredo Maraschi e il fatto che non ci fosse un medico a bordo dell'ambulanza del 118 intervenuta martedì a Feletto».Eleonora Artesio, assessore regionale alla Sanità, difende a spada tratta il servizio di emergenza sanitaria della Regione.E' già stata eseguita l'autopsia? Avete un riscontro?«No, ma è un'illazione priva di fondamento sostenere che tra l'assenza del medico a bordo dell'ambulanza e il decesso dell'uomo ci sia una relazione causa-effetto. L'infermiere specializzato ha compiuto tutte le manovre di rianimazione possibili: massaggio cardiaco, ventilazione, intubazione, somministrazione di adrenalina e atropina. Il tracciato ecocardiografico era piatto».Resta, assessore, la protesta dei medici reperibili che non sono stati chiamati a sostituire il collega assente. Sostengono non sia la prima volta che ambulanze «medicalizzate» partono senza medico.«Non mi risulta che siano mai saltate coperture prima d'ora».I medici sono pronti a dimostrare il contrario. Lei smentisce?«Non mi risulta». Le risulta abbiano scritto una lettera in assessorato per segnalare la questione?«Questo sì. Ma hanno sbagliato destinatario: quella lettera non era da inviare a me o ai giornali, ma al responsabile dell'organizzazione del 118, Danilo Bono».Assessore, torna alla mente la recentissima vicenda dell'elisoccorso decollato senza farmaci salvavita quando si doveva cercare di strappare alla morte un bimbo caduto nella piscina di casa, a Rivara.«E' inaccettabile collegare gli eventi quando non esiste nessun evento collegabile. Oggi come allora non c'è relazione di causa-effetto. La morte del bimbo, come il decesso del pensionato ieri, non è stata provocata da un errore del 118».Perché l'altro giorno non avete chiamato i medici reperibili per sostituire il collega assente?«Perché non lo hanno ritenuto necessario. Si è deciso un prolungamento d'orario di chi era in servizio e sono stati chiamati tre reperibili per sostituire altri colleghi in altre strutture. Anche lì mancava un medico».Dove?«Alla postazione 118 di Carmagnola, in quella del Maria Vittoria e al pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco».Ma non a Cuorgnè.«Non era il caso, la copertura in ambulanza era garantita dall'infermiere professionale».I medici che protestano sostengono che la mancata sostituzione dei medici sulle ambulanze sia per non superare il tetto di straordinari. E' vero?«I turni straordinari vengono "spalmati" nell'arco dell'anno. Preferiamo tenere una scorta di ore per i giorni delle feste, giorni caldi».Malgrado l'emergenza?«L'assenza tenporanea di una persona non può essere considerata un'emergenza. Non c'è alcuna emergenza di personale del 118 in Canavese».
Al via il corso di formazione...
Il Mattino del 03/12/2008 ed. AVELLINO p. 33
Al via il corso di formazione per infermieri su «Il corretto approccio terapeutico-relazionale nei confronti del paziente affetto da patologia psichiatrica durante la degenza in altri reparti ospedalieri». Le lezioni cominceranno domani mattina (alle 8.30) presso l'aula magna dell'ospedale Landolfi di Solofra. L'evento formativo, accreditato Ecm, è stato organizzato dal Servizio Infermieristico e Tecnico Aziendale dell'Asl Avellino 2, che ha programmato una seconda edizione per il 19 dicembre prossimo. I lavori di domani saranno introdotti dal direttore generale dell'Asl 2, Roberto Landolfi, dal direttore sanitario Maria Luisa Pascarella, dal direttore del Dipartimento Salute Mentale dell'azienda, Francesco Fiore. Si discuterà della normativa sanitaria di pertinenza psichiatrica, di aspetti medico-legali, di relazione paziente-infermiere.
Al via il corso di formazione per infermieri su «Il corretto approccio terapeutico-relazionale nei confronti del paziente affetto da patologia psichiatrica durante la degenza in altri reparti ospedalieri». Le lezioni cominceranno domani mattina (alle 8.30) presso l'aula magna dell'ospedale Landolfi di Solofra. L'evento formativo, accreditato Ecm, è stato organizzato dal Servizio Infermieristico e Tecnico Aziendale dell'Asl Avellino 2, che ha programmato una seconda edizione per il 19 dicembre prossimo. I lavori di domani saranno introdotti dal direttore generale dell'Asl 2, Roberto Landolfi, dal direttore sanitario Maria Luisa Pascarella, dal direttore del Dipartimento Salute Mentale dell'azienda, Francesco Fiore. Si discuterà della normativa sanitaria di pertinenza psichiatrica, di aspetti medico-legali, di relazione paziente-infermiere.
Sos dagli infermieri: «Non avvitiamo bulloni»
La Nazione del 04/12/2008 ed. La Spezia p. 12
G LI INFERMIERI del blocco operatorio di Sarzana inaugurano il «fai da te». Sotto organico e con una marea di ferie da smaltire da tmepo ma, preoccupati per i «buchi organizzativi» dell'Asl, ieri hanno deciso di inviare alla direzione generale una proposta di lavoro per farsi affiancare dal personale della sala operatoria di urologia in comando a Sarzana per un mese. Un corso accelerato per imparare ad assistere gli urologi durante gli interventi quando i colleghi spezzini se ne andranno. Una situazione paradossale e preoccupante, come denuncia la sindacalista della Cgil Carla Mastrantonio, che l'altro ieri si è incontrata con il personale del blocco operatorio. Preoccupati anche gli infermieri spezzini che hanno elaborato la proposta di affiancamento insieme ai colleghi sarzanesi. «Questo lavoro di addestramento andava fatto prima - spiega la Mastrantonio - : la direzione generale sapeva 6 mesi fa che sarebbe stato trasferito il reparto. Dovevano anche prepararsi a reperire il personale perché l'organico di Sarzana è sotto di tre unità. Il sindacato boccia l'operato di questa azienda e spera che ci ascolti perchè ne va della sicurezza del paziente e della qualità del lavoro. Qui non si lavora mica in corsia!». Una preoccupazione che ha portato gli operatori non solo ad elaborare la proposta organizzativa di lavoro al posto dei dirigenti sanitari. Qualcuno ha deciso infatti di prendere carta e penna e scrivere una lettera aperta al sindaco di Sarzana Massimo Caleo. UN INVITO a parlare con il personale del blocco operatorio per capire le reali condizioni di lavoro. «Forse il direttore generale non gli ha detto - scrive - che alla Spezia l'urologia aveva 4 infermieri esperti più un tecnico d'anestesia mentre a Sarzana ne sono arrivati solo due, più uno che non arriva dall'urologia e che dovrà essere addestrato anche per quello che facciamo noi, che già ora siamo sottodimensionati. Tanto è vero che abbiamo ferie arretrate che non riusciremo a fare e che il nostro dirigente, oltre a fare il dirigente per tutto l'osperdale, fa anche lo strumentista perchè il personale per coprire le sale operatorie attive non è sufficiente. Chi li ha mai visti 5 infermieri per sala operatoria? Da noi ci sono due infermieri per sala, uno in sterilizzazione e due nella preparazione. E spesso neanche quelli. E se arriva un'urgenza mentre le sale sono aperte dobbiamo arrangiarci». «Il sindaco forse non sa - continua la lettera di un infermiere - che lavoriamo su tutte le specialità chirurgiche, con l'anestesista e in sterilizzazione. Ci hanno detto che si chiama flessibillità operativa o ottimizzazione del personale, ma ci si dimentica di dire che serve solo a risparmiare personale e che gli infermieri non sono come l'enciclopedia Treccani che devono sapere tutto. Ci proviamo, ma non ce la facciamo. Crede forse che un infermiere possa essere in grado di affrontare tutto di chirurgia , ortopedia, traumatologia, ginceologia, ostetricia, anestesia, sterilizzazione, in una situazione organizzativa che dovrebbe venire a vedere di persona, ma con noi e non con chi le fa vedere il bel tappeto e la rumenta la mette sotto! Perchè alla Spezia gli infermieri delle sale operatorie sono dedicati? perche non chiedono ai medici di fare due specialità diverse? Che ne so mettere insieme i chirurghi con gli urologi? Qualcuno ci ha detto: sempre pancia è, dov'è il problema? La buona volontà noi ce la mettiamo. Dovremo imparare anche l'urologia perchè i due colleghi a gennaio se ne andranno. Ma lo sanno che non avvitiamo bulloni ma operaiamo delle persone? Quanto pensano che potremo reggere?»
G LI INFERMIERI del blocco operatorio di Sarzana inaugurano il «fai da te». Sotto organico e con una marea di ferie da smaltire da tmepo ma, preoccupati per i «buchi organizzativi» dell'Asl, ieri hanno deciso di inviare alla direzione generale una proposta di lavoro per farsi affiancare dal personale della sala operatoria di urologia in comando a Sarzana per un mese. Un corso accelerato per imparare ad assistere gli urologi durante gli interventi quando i colleghi spezzini se ne andranno. Una situazione paradossale e preoccupante, come denuncia la sindacalista della Cgil Carla Mastrantonio, che l'altro ieri si è incontrata con il personale del blocco operatorio. Preoccupati anche gli infermieri spezzini che hanno elaborato la proposta di affiancamento insieme ai colleghi sarzanesi. «Questo lavoro di addestramento andava fatto prima - spiega la Mastrantonio - : la direzione generale sapeva 6 mesi fa che sarebbe stato trasferito il reparto. Dovevano anche prepararsi a reperire il personale perché l'organico di Sarzana è sotto di tre unità. Il sindacato boccia l'operato di questa azienda e spera che ci ascolti perchè ne va della sicurezza del paziente e della qualità del lavoro. Qui non si lavora mica in corsia!». Una preoccupazione che ha portato gli operatori non solo ad elaborare la proposta organizzativa di lavoro al posto dei dirigenti sanitari. Qualcuno ha deciso infatti di prendere carta e penna e scrivere una lettera aperta al sindaco di Sarzana Massimo Caleo. UN INVITO a parlare con il personale del blocco operatorio per capire le reali condizioni di lavoro. «Forse il direttore generale non gli ha detto - scrive - che alla Spezia l'urologia aveva 4 infermieri esperti più un tecnico d'anestesia mentre a Sarzana ne sono arrivati solo due, più uno che non arriva dall'urologia e che dovrà essere addestrato anche per quello che facciamo noi, che già ora siamo sottodimensionati. Tanto è vero che abbiamo ferie arretrate che non riusciremo a fare e che il nostro dirigente, oltre a fare il dirigente per tutto l'osperdale, fa anche lo strumentista perchè il personale per coprire le sale operatorie attive non è sufficiente. Chi li ha mai visti 5 infermieri per sala operatoria? Da noi ci sono due infermieri per sala, uno in sterilizzazione e due nella preparazione. E spesso neanche quelli. E se arriva un'urgenza mentre le sale sono aperte dobbiamo arrangiarci». «Il sindaco forse non sa - continua la lettera di un infermiere - che lavoriamo su tutte le specialità chirurgiche, con l'anestesista e in sterilizzazione. Ci hanno detto che si chiama flessibillità operativa o ottimizzazione del personale, ma ci si dimentica di dire che serve solo a risparmiare personale e che gli infermieri non sono come l'enciclopedia Treccani che devono sapere tutto. Ci proviamo, ma non ce la facciamo. Crede forse che un infermiere possa essere in grado di affrontare tutto di chirurgia , ortopedia, traumatologia, ginceologia, ostetricia, anestesia, sterilizzazione, in una situazione organizzativa che dovrebbe venire a vedere di persona, ma con noi e non con chi le fa vedere il bel tappeto e la rumenta la mette sotto! Perchè alla Spezia gli infermieri delle sale operatorie sono dedicati? perche non chiedono ai medici di fare due specialità diverse? Che ne so mettere insieme i chirurghi con gli urologi? Qualcuno ci ha detto: sempre pancia è, dov'è il problema? La buona volontà noi ce la mettiamo. Dovremo imparare anche l'urologia perchè i due colleghi a gennaio se ne andranno. Ma lo sanno che non avvitiamo bulloni ma operaiamo delle persone? Quanto pensano che potremo reggere?»
Sanità privata, spiraglio ma solo per alcuni
Brescia Oggi del 04/12/2008 p. 13
di Lisa Cesco È quasi da guinness dei primati il mancato rinnovo del contratto che interessa i lavoratori della sanità privata, in attesa da 36 mesi di un adeguamento salariale. Il malessere monta, fuori dalle cliniche private dove sono issate le bandiere sindacali in segno di protesta, e dove ieri è stato organizzato l'ennesimo presidio, con volantinaggio fuori dalla Città di Brescia. «I lavoratori sono all'esasperazione, con la crisi economica che morde le caviglie e la paga ferma agli inizi del 2006», dice Stefano Ronchi di Fp Cgil, insieme ai delegati di Fps Cisl e Fpl Uil in rappresentanza di ausiliari, infermieri, tecnici e amministrativi delle 15 cliniche private locali. Qualche buona notizia arriva dalle associazioni datoriali Aris (case di cura e ospedali religiosi) e Fondazione Don Gnocchi, che hanno manifestato un'apertura ad entrare nel merito delle richieste sindacali, e hanno fissato per l'11 dicembre un incontro nazionale per discutere del rinnovo. Il punto dolente resta invece l'Aiop, la terza associazione datoriale in gioco, che raggruppa ospedali e case di cura laiche (è aderente a Confindustria), e che sul fronte del rinnovo non accoglie gli adeguamenti proposti dai lavoratori. Nella piattaforma sindacale le richieste per il biennio economico sono identiche a quelle della sanità pubblica, ovvero un aumento di 104 euro medi in busta paga per infermiere professionale, oltre alle tutele in tema di formazione e riconoscimento di Ecm. A COMPLEMENTO del contratto nazionale, fondamentale è poi la contrattazione integrativa nelle case di cura, per premiare professionalità e crescita del lavoratore: una contrattazione che è assente negli ospedali Aiop (il S. Anna, Città di Brescia, clinica San Rocco di Ome, Villa Gemma di Gardone Riviera, Villa Barbarano di Barbarano) - denunciano i sindacati - mentre è stata siglata nelle organizzazioni no profit di Aris e Don Gnocchi. «In media un infermiere di clinica privata dal 2006 ha maturato un arretrato di 2500 euro lordi, finora trattenuti dalle aziende datrici di lavoro: è questa la vergogna di questo contratto», dice Franco Berardi di Fps Cisl. «Il nodo del rinnovo interessa nel bresciano 4500 lavoratori e le loro famiglie (la sanità privata rappresenta il 40 per cento dell'offerta sanitaria sul territorio): per questo chiediamo ai parlamentari bresciani di mobilitarsi, e al sindaco Paroli di esprimersi su questa situazione», chiede Ronchi, Oggi intanto è previsto un incontro nazionale con l'Aiop. «Confidiamo entro dicembre di riuscire a chiudere il rinnovo almeno con Aris e Don Gnocchi - conclude Ronchi -. Se a gennaio la situazione non si sbloccherà, potremmo indire uno sciopero».
di Lisa Cesco È quasi da guinness dei primati il mancato rinnovo del contratto che interessa i lavoratori della sanità privata, in attesa da 36 mesi di un adeguamento salariale. Il malessere monta, fuori dalle cliniche private dove sono issate le bandiere sindacali in segno di protesta, e dove ieri è stato organizzato l'ennesimo presidio, con volantinaggio fuori dalla Città di Brescia. «I lavoratori sono all'esasperazione, con la crisi economica che morde le caviglie e la paga ferma agli inizi del 2006», dice Stefano Ronchi di Fp Cgil, insieme ai delegati di Fps Cisl e Fpl Uil in rappresentanza di ausiliari, infermieri, tecnici e amministrativi delle 15 cliniche private locali. Qualche buona notizia arriva dalle associazioni datoriali Aris (case di cura e ospedali religiosi) e Fondazione Don Gnocchi, che hanno manifestato un'apertura ad entrare nel merito delle richieste sindacali, e hanno fissato per l'11 dicembre un incontro nazionale per discutere del rinnovo. Il punto dolente resta invece l'Aiop, la terza associazione datoriale in gioco, che raggruppa ospedali e case di cura laiche (è aderente a Confindustria), e che sul fronte del rinnovo non accoglie gli adeguamenti proposti dai lavoratori. Nella piattaforma sindacale le richieste per il biennio economico sono identiche a quelle della sanità pubblica, ovvero un aumento di 104 euro medi in busta paga per infermiere professionale, oltre alle tutele in tema di formazione e riconoscimento di Ecm. A COMPLEMENTO del contratto nazionale, fondamentale è poi la contrattazione integrativa nelle case di cura, per premiare professionalità e crescita del lavoratore: una contrattazione che è assente negli ospedali Aiop (il S. Anna, Città di Brescia, clinica San Rocco di Ome, Villa Gemma di Gardone Riviera, Villa Barbarano di Barbarano) - denunciano i sindacati - mentre è stata siglata nelle organizzazioni no profit di Aris e Don Gnocchi. «In media un infermiere di clinica privata dal 2006 ha maturato un arretrato di 2500 euro lordi, finora trattenuti dalle aziende datrici di lavoro: è questa la vergogna di questo contratto», dice Franco Berardi di Fps Cisl. «Il nodo del rinnovo interessa nel bresciano 4500 lavoratori e le loro famiglie (la sanità privata rappresenta il 40 per cento dell'offerta sanitaria sul territorio): per questo chiediamo ai parlamentari bresciani di mobilitarsi, e al sindaco Paroli di esprimersi su questa situazione», chiede Ronchi, Oggi intanto è previsto un incontro nazionale con l'Aiop. «Confidiamo entro dicembre di riuscire a chiudere il rinnovo almeno con Aris e Don Gnocchi - conclude Ronchi -. Se a gennaio la situazione non si sbloccherà, potremmo indire uno sciopero».
Poliambulanza: corso e master per diventare infermieri
Giornale di Brescia del 04/12/2008 p. 73
Il corso di laurea triennale in Infermieristica e il master in Management infermieristico. È l'offerta formativa dell'Istituto ospedaliero fondazione Poliambulanza di Brescia, sede distaccata della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il corso di laurea è nato nel 1999, e in nove anni si è via via consolidato. Trecentododici il numero totale di iscritti dal 1999 ad oggi. Centotrenta i laureati totali, 67 dei quali assunti poi dalla Poliambulanza. Numeri che non considerano i 60 nuovi iscritti nel 2008-2009 e i laureati dell'anno in corso. Studiare da infermieri, oggi, è un investimento con un ritorno assicurato. I ragazzi ammessi al corso possono infatti dedicarsi al 100% agli studi e ai tirocini in ospedale, certi che al termine di questo stimolante ma impegnativo percorso troveranno uno sbocco lavorativo sicuro, visto che sul mercato la domanda di infermieri supera di gran lunga l'offerta. Da considerare inoltre che Poliambulanza offre agli studenti il rimborso totale delle tasse versate per chi viene assunto dalla struttura al termine del percorso formativo. Il programma didattico è articolato in fasi di insegnamento teorico, esercitazioni pratiche, studio individuale e tirocini, distribuite in tre anni accademici su due semestri. Di rilievo è la presenza dei tutor, figure capaci di aiutare matricole e studenti a districarsi tra le tante difficoltà di un corso impegnativo. Le attività formative vengono svolte in una struttura settecentesca recentemente ristrutturata, collocata in una zona verde entro l'area della Poliambulanza in via Bissolati. Il corpo docente comprende professori dell'Università Cattolica di Roma e docenti locali incaricati (medici e capisala) della Fondazione Poliambulanza. I posti disponibili per l'edizione 2008 sono 60. La partecipazione all'esame di ammissione è riservata a coloro che sono in possesso del diploma di scuola media superiore, o di titolo estero equipollente e si realizza mediante concorso per titoli ed esami. Il bando (disponibile da giugno) e ulteriori informazioni sono reperibili sul sito www.poliambulanza.it Per chi volesse saperne di più e in particolare per gli studenti che, prossimi alla maturità, stanno decidendo che strada formativa intraprendere, Poliambulanza e Università Cattolica organizzano varie giornate di Open Day. Un'occasione per visitare da vicino e conoscere le strutture e le strumentazioni a disposizione, oltre alla filosofia alla base del corso. L'offerta formativa è completata dal master universitario di primo livello in «Management infermieristico per le funzioni di coordinamento», della durata di un anno accademico per complessivi 60 crediti, pari a 1.500 ore. Il master ha lo scopo di formare infermieri e ostetriche con competenze organizzative e gestionali al fine di prepararli a esercitare funzioni di coordinamento. Per essere ammessi i candidati dovranno superare una prova consistente in una verifica della preparazione di base e delle potenzialità allo svolgimento di funzioni manageriali, previa valutazione del curriculum di studio e scientifico/professionale. Le lezioni si svolgono nel periodo da gennaio a novembre. Per il conseguimento del titolo è necessario partecipare almeno all'80% dell'attività didattica e di tirocinio. Moduli di iscrizione e notizie su costi e programmi didattici sono reperibili collegandosi al sito internet: http://www.rm.unicatt.it/master. Ogni altra informazione può essere inoltre chiesta alla segreteria di via Romiglia 4, o al numero di telefono 030.2455711. m. nic. ©
Il corso di laurea triennale in Infermieristica e il master in Management infermieristico. È l'offerta formativa dell'Istituto ospedaliero fondazione Poliambulanza di Brescia, sede distaccata della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il corso di laurea è nato nel 1999, e in nove anni si è via via consolidato. Trecentododici il numero totale di iscritti dal 1999 ad oggi. Centotrenta i laureati totali, 67 dei quali assunti poi dalla Poliambulanza. Numeri che non considerano i 60 nuovi iscritti nel 2008-2009 e i laureati dell'anno in corso. Studiare da infermieri, oggi, è un investimento con un ritorno assicurato. I ragazzi ammessi al corso possono infatti dedicarsi al 100% agli studi e ai tirocini in ospedale, certi che al termine di questo stimolante ma impegnativo percorso troveranno uno sbocco lavorativo sicuro, visto che sul mercato la domanda di infermieri supera di gran lunga l'offerta. Da considerare inoltre che Poliambulanza offre agli studenti il rimborso totale delle tasse versate per chi viene assunto dalla struttura al termine del percorso formativo. Il programma didattico è articolato in fasi di insegnamento teorico, esercitazioni pratiche, studio individuale e tirocini, distribuite in tre anni accademici su due semestri. Di rilievo è la presenza dei tutor, figure capaci di aiutare matricole e studenti a districarsi tra le tante difficoltà di un corso impegnativo. Le attività formative vengono svolte in una struttura settecentesca recentemente ristrutturata, collocata in una zona verde entro l'area della Poliambulanza in via Bissolati. Il corpo docente comprende professori dell'Università Cattolica di Roma e docenti locali incaricati (medici e capisala) della Fondazione Poliambulanza. I posti disponibili per l'edizione 2008 sono 60. La partecipazione all'esame di ammissione è riservata a coloro che sono in possesso del diploma di scuola media superiore, o di titolo estero equipollente e si realizza mediante concorso per titoli ed esami. Il bando (disponibile da giugno) e ulteriori informazioni sono reperibili sul sito www.poliambulanza.it Per chi volesse saperne di più e in particolare per gli studenti che, prossimi alla maturità, stanno decidendo che strada formativa intraprendere, Poliambulanza e Università Cattolica organizzano varie giornate di Open Day. Un'occasione per visitare da vicino e conoscere le strutture e le strumentazioni a disposizione, oltre alla filosofia alla base del corso. L'offerta formativa è completata dal master universitario di primo livello in «Management infermieristico per le funzioni di coordinamento», della durata di un anno accademico per complessivi 60 crediti, pari a 1.500 ore. Il master ha lo scopo di formare infermieri e ostetriche con competenze organizzative e gestionali al fine di prepararli a esercitare funzioni di coordinamento. Per essere ammessi i candidati dovranno superare una prova consistente in una verifica della preparazione di base e delle potenzialità allo svolgimento di funzioni manageriali, previa valutazione del curriculum di studio e scientifico/professionale. Le lezioni si svolgono nel periodo da gennaio a novembre. Per il conseguimento del titolo è necessario partecipare almeno all'80% dell'attività didattica e di tirocinio. Moduli di iscrizione e notizie su costi e programmi didattici sono reperibili collegandosi al sito internet: http://www.rm.unicatt.it/master. Ogni altra informazione può essere inoltre chiesta alla segreteria di via Romiglia 4, o al numero di telefono 030.2455711. m. nic. ©
Due progetti per i bambini
Giornale di Brescia del 04/12/2008 p. 51
Aiuti a Fraternità giovani e Il Trampolino Saranno due le realtà che con il ricavo del concerto si potranno aiutare: la comunità Fraternità giovani che si occupa del servizio per adolescenti «Il raggio di sole» di Ome e il progetto «Il Trampolino», dell'associazione don Tarcisio Festa. La prima è suddivisa in due strutture: una terapeutica-residenziale per 8 ragazzi dai 13 ai 17 anni, e un'altra che è il centro diurno. Il tutto in sinergia con il servizio di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Civile. Nel Crta il modello di lavoro viene centrato su una comunità capace di integrare i progetti individuali con le attività del gruppo collaborando con le realtà del territorio e con la famiglia, considerata, laddove non vi siano prescrizioni diverse, parte integrante ed essenziale del progetto stesso. Il centro diurno - struttura terapeutica semiresidenziale - si presenta poi come realtà sovrazzonale e luogo di mediazione tra adolescenti e realtà quotidiana, di integrazione tra realtà interna e realtà esterna. Il tutto sotto il controllo di un'equipe multidisciplinare composta da neuropsichiatri infantili, psicologi clinici, educatori professionali e infermieri. Il progetto «Il Trampolino» è invece rivolto a bambini dai 6 ai 14 anni. Si tratta di una vacanza di 12-15 soggiorno a Borno, per i piccoli affetti da patologie croniche, sottoposti a cure chemioterapiche, reduci da lunghi periodi trascorsi in ospedale, con l'obiettivo di ridare loro la gioia di vivere e di riconciliarli con la vita stessa per poter lottare con forza, una volta tornati alla realtà di tutti i giorni, e di guarire. Lo stile di vacanza proposto mira ad incrementare l'autonomia dei bambini, la creatività, le competenze l'autocontrollo e l'autostima in se stessi. Parte essenziale del progetto è la presenza garantita di un servizio sanitario appartato per non turbare i bambini che prevede comunque assistenza di medici specializzati e infermieri. Lo staff educativo e sanitario infatti è composto da una decina di educatori, una segretaria e cinque addetti alla logistica, e da personale volontario come medici e infermieri educatori e altro personale sempre per la gestione logistica. I soggiorni a Borno, della durata di 12-15 giorni, si tengono in diversi periodi dell'anno: cinque in estate e tre in inverno, intervallati da corsi di formazione e aggiornamento per la gestione di tematiche specifiche. Dal 1999 ad oggi sono stati già più di duecento i piccoli che sono stati ospiti di una vacanza gratuita del
Aiuti a Fraternità giovani e Il Trampolino Saranno due le realtà che con il ricavo del concerto si potranno aiutare: la comunità Fraternità giovani che si occupa del servizio per adolescenti «Il raggio di sole» di Ome e il progetto «Il Trampolino», dell'associazione don Tarcisio Festa. La prima è suddivisa in due strutture: una terapeutica-residenziale per 8 ragazzi dai 13 ai 17 anni, e un'altra che è il centro diurno. Il tutto in sinergia con il servizio di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Civile. Nel Crta il modello di lavoro viene centrato su una comunità capace di integrare i progetti individuali con le attività del gruppo collaborando con le realtà del territorio e con la famiglia, considerata, laddove non vi siano prescrizioni diverse, parte integrante ed essenziale del progetto stesso. Il centro diurno - struttura terapeutica semiresidenziale - si presenta poi come realtà sovrazzonale e luogo di mediazione tra adolescenti e realtà quotidiana, di integrazione tra realtà interna e realtà esterna. Il tutto sotto il controllo di un'equipe multidisciplinare composta da neuropsichiatri infantili, psicologi clinici, educatori professionali e infermieri. Il progetto «Il Trampolino» è invece rivolto a bambini dai 6 ai 14 anni. Si tratta di una vacanza di 12-15 soggiorno a Borno, per i piccoli affetti da patologie croniche, sottoposti a cure chemioterapiche, reduci da lunghi periodi trascorsi in ospedale, con l'obiettivo di ridare loro la gioia di vivere e di riconciliarli con la vita stessa per poter lottare con forza, una volta tornati alla realtà di tutti i giorni, e di guarire. Lo stile di vacanza proposto mira ad incrementare l'autonomia dei bambini, la creatività, le competenze l'autocontrollo e l'autostima in se stessi. Parte essenziale del progetto è la presenza garantita di un servizio sanitario appartato per non turbare i bambini che prevede comunque assistenza di medici specializzati e infermieri. Lo staff educativo e sanitario infatti è composto da una decina di educatori, una segretaria e cinque addetti alla logistica, e da personale volontario come medici e infermieri educatori e altro personale sempre per la gestione logistica. I soggiorni a Borno, della durata di 12-15 giorni, si tengono in diversi periodi dell'anno: cinque in estate e tre in inverno, intervallati da corsi di formazione e aggiornamento per la gestione di tematiche specifiche. Dal 1999 ad oggi sono stati già più di duecento i piccoli che sono stati ospiti di una vacanza gratuita del
Senza stipendi gli infermieri del carcere
Il Centro del 04/12/2008 ed. L aquila p. 15
Niente buste paga da 3 mesi, minacciata l'ingiunzione all'azienda sanitaria
Niente buste paga da 3 mesi, minacciata l'ingiunzione all'azienda sanitaria
SULMONA. Gli infermieri e i medici del carcere sono da tre mesi senza stipendio. E' una situazione quasi paradossale quella che vive il personale che presta la sua attività nel penitenziario di via Lamaccio. Fino a ottobre era l'amministrazione penitenziaria a elargire il compenso al personale, così come lo stesso personale dipendeva dall'amministrazione penitenziaria. Da tre mesi le competenze sono passate alla Asl e finora non sono stati pagati gli stipendi.Il personale è pronto a presentare un decreto ingiuntivo nei confronti dell'azienda Avezzano-Sulmona per ottenere le somme dovute. Gli infermieri che prestano servizio in carcere sono dodici, affiancati da una decina di medici, a fronte di una popolazione carceraria che sfiora i 400 detenuti (in più casi con disagi psichici). Più volte è stata sottolineata la carenza di personale paramedico e di agenti di custodia. Ma le numerose richieste sono rimaste disattese e ora la situazione rischia di esplodere. «Si stanno facendo sacrifici, garantendo inalterato il servizio», afferma Fabio Federico, dirigente medico del carcere di via Lamaccio, nonché sindaco, «ma il personale non riceve lo stipendio e la situazione non è delle migliori. Del resto, col passaggio delle competenze della Asl era inevitabile che si creassero problemi». Le preoccupazioni dei medici e degli infermieri sono amplificate anche dalle vicende giudiziarie, sul fronte della sanità, che hanno sconvolto la giunta regionale. In pratica, c'è il rischio che i finanziamenti destinati al pagamento degli stipendi del personale medico e paramedico che lavora in carcere, finiscano nel maremagnum della sanità regionale e questo complicherebbe la già intricata vicenda. A rischio potrebbe essere anche la fornitura di medicinali. Il passaggio dalla competenza dell'amministrazione penitenziaria alla Asl era già stato programmato da tempo, e, nei mesi scorsi, era stato sempre Federico a lanciare l'allarme, chiedendo l'intervento dei parlamentari, considerato il travagliato periodo che sta vivendo la sanità abruzzese.Nel carcere di via Lamaccio ci sono le sezioni riservate a reclusi sottoposti a elevato indice di sorveglianza e alta sicurezza, sezioni riservate a detenuti che restano reclusi per motivi "preventivi" e un piccolo braccio riservato ai collaboratori di giustizia.Chiara Buccini
Centro prelievi in tilt, centinaia in coda
Il Piccolo di Trieste del 04/12/2008 ed. Gorizia p. 12
Cittadini in attesa per ore nello stanzone. La causa: carenza di personale - Una paziente: «Alle 8.20 c'erano già 150 persone davanti a me»di LAURA BORSANI
Cittadini in attesa per ore nello stanzone. La causa: carenza di personale - Una paziente: «Alle 8.20 c'erano già 150 persone davanti a me»di LAURA BORSANI
Oltre 200 utenti, fino a toccare punte di 230, al laboratorio prelievi dell'ospedale di San Polo. Ieri mattina, il malumore e i dissensi erano diffusi tra quanti, a digiuno, attendevano il loro turno dalle 7.30-8 del mattino. Ritmi a rilento ai «Prelievi» dove, denunciavano, «si entrava in due alla volta». Anziani, donne, ma anche giovani in gravidanza, costrette ad attendere a lungo. Anche oltre due ore. Tempi lunghi prima di veder «diradare» l'orizzonte della coda. Poi l'accelerata e la fila ha iniziato a ridursi. Mercoledì campale all'ospedale di San Polo, con il fibrillare dei numeri di prenotazione a scandire due velocità: il Cup, dai suoi 5 sportelli aperti, consegnava postazioni che poi ai Prelievi rimbalzavano paurosamente indietro. L'ingorgo così prendeva corpo, tanto che verso le 9 del mattino l'affluenza era tale da non riuscire neppure ad accogliere tutti in sala d'attesa.E l'insofferenza sale di fronte al sobbalzare dei numeri. Rabbia, sbuffi, rassegnazione. Con il personale infermieristico a fronteggiare la critica situazione a ranghi ridotti. Colpa della carenza di organico, è stato spiegato, in ordine in particolare alla mancata sostituzione, pur già prevista, di un infermiere andato in quiescenza. Un vuoto che dura da qualche mese a carico del servizio prelievi, laddove, pressochè quotidianamente, vengono attivati solo 3 dei 4 box previsti. Il direttore del laboratorio analisi dell'Ass, Claudio Rieppi, ha spiegato: «Il problema è all'attenzione. Stiamo tentando, in collaborazione con la direzione dell'ospedale, di reperire l'infermiere mancante».Viene escluso invece un possibile appesantimento d'utenza derivante dalle operazioni di trasloco riguardanti l'ospedale di Gorizia. L'unica giornata considerata a rischio in virtù di un possibile dirottamento a Monfalcone dal capoluogo provinciale, è stato spiegato, potrebbe essere quella di venerdì 12 dicembre, quando il Centro prelievi goriziano non sarà attivo. Con ciò considerando altresì che, solitamente l'utenza goriziana tende piuttosto a scegliere Cormons o Gradisca d'Isonzo.Intanto al San Polo le code si allungano. E la carenza di infermieri professionali trasforma le giornate in una sorta di corsa a ostacoli. Uno scenario che potrebbe peggiorare in vista dell'ondata influenzale che, ciclicamente in questo periodo dell'anno, innalza gli accessi alla struttura ospedaliera. Il tutto considerando che il San Polo si attesta sui 60mila accessi annui rispetto ai 125mila registrati per l'intera area di competenza dell'Azienda sanitaria. Un rapporto chiaro sulla portata della domanda sanitaria monfalconese. Che ieri ha dovuto fare i conti con l'ingorgo in sala prelievi.«Ancora un po' e mi sentivo male - ha tuonato Nilva Muzlovich, di San Canzian -. Ho dovuto attendere a lungo anche per farmi consegnare il certificato per il rientro al lavoro. Non c'era nessuno al bancone, perchè avevo fatto tardi, bloccata com'ero in sala prelievi. Ero arrivata alle 8.10, al Cup avevo il numero 43, ai Prelievi mi sono ritrovata oltre 100 persone davanti». La donna è giunta in ufficio alle 10.35. «Una fila esasperante. Non è giusto, soprattutto per le persone anziane. C'erano anche giovani in gravidanza. Che trovino delle alternative, si avvalgano dell'opera dei medici. Non è possibile lasciare due soli infermieri a fronteggiare una fila sproporzionata. Che provvedano ad avvertire quando si presentano situazioni del genere oppure a indicare, magari attraverso i medici di base, dove rivolgersi senza dover ricorrere al servizio a pagamento».Gino Todon, con il suo numero 211, si è rassegnato a tornare a casa per sbrigare alcune incombenze. Quando è tornato al San Polo, c'era ancora da attendere. E Maria Bressan: «Avevo 46 persone al Cup, qui sono diventate 120». Si sfoga anche una donna che ogni 15 giorni si rivolge al San Polo per effettuare una iniezione di protrombina: «Se arrivo prima delle 8 - ha spiegato - mi danno la precedenza. Oggi, purtroppo, sono arrivata alle 8.20. Prima di me c'erano 150 persone».«I tempi di attesa - ha spiegato Maurizio Uberti, infermiere generico subissato di lavoro - dipendono dal numero di infermieri a disposizione tenendo conto anche delle ferie e delle malattie. Stamattina siamo partiti in tre, il quarto infermiere ci è stato assegnato dopo un'ora e mezza. Alla fine, tuttavia, siamo riusciti a velocizzare i ritmi».
Retribuzioni, puzzle regionale
Il Sole 24 Ore Sanita' del 02/12/2008 2-8 DICEMBRE 2008 p. 30
Al Sud tanti dirigenti ma buste paga inferiori alla media nazionale
Al Sud tanti dirigenti ma buste paga inferiori alla media nazionale
Nell'ambito del programma Siveas del ministero della Salute, il Cergas Bocconi ha svolto un'analisi sui dati 2006 del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, i cui risultati sono illustrati nel Rapporto Oasi 2008 (www.cergas.unibocconi.it). La composizione professionale. La tabella 1 considera i rapporti comparto/dirigenti, infermieri/(medici+odontoiatri) e infermieri/supporto (i dati sono in termini di personale a tempo pieno equivalente). Tale variabilità nella composizione professionale è inaspettata se consideriamo la forte regolamentazione nazionale che vorrebbe che Ssr che svolgono attività sostanzialmente simili fossero caratterizzati da composizioni professionali analoghe. Ciò però non viene confermato dai dati in tabella. L'indicatore comparto/dirigenti va da valori inferiori a 3 a valori superiori a 5 (il rapporto in Friuli V.G. è più alto di quello siciliano dell'82%). La variabilità è confermata dall'indicatore infermieri/(medici+odontoiatri), che restringe le categorie di personale di numeratore e denominatore alle due figure più importanti, infermieri e medici più odontoiatri (il rapporto in Friuli è più alto di quello siciliano del 75%). I dati evidenziano un continuum che da valori alti nel Nord-Est arriva a valori più bassi al Sud per entrambi gli indicatori. L'ultimo indicatore, infermieri/supporto, mostra variabilità interregionale più accentuata. La composizione organizzativa. A differenza della composizione professionale, che rinvia alla regolamentazione nazionale o, in minor misura, regionale, la composizione organizzativa è frutto di scelte fondamentalmente aziendali, all'interno di regole stabilite dal Ccnl e poi ulteriormente specificate - con diversa intensità - dalle Regioni. Per le loro implicazioni organizzative ed economiche, le scelte forse più importanti riguardano il numero di strutture dirigenziali individuate. Un primo indicatore per la composizione organizzativa è quindi il rapporto tra dirigenti di struttura (semplice e complessa) e totale dei dirigenti. La tabella 2 mostra differenze importanti tra le medie regionali, con situazioni dove un dirigente su cinque ha incarico di struttura e dove gli incarichi gestionali riguardano più di un dirigente su tre. Una ragione potrebbe essere l'utilizzo delle strutture semplici, usate spesso per disegnare e gestire carriere anche professionali, anziché gestionali. I livelli retributivi. La tabella 3 mostra le retribuzioni lorde medie 2006 per macro-figure professionali, al netto di ricavi da libera professione intramuraria e arretrati anni precedenti. Lo stipendio lordo medio 2006 per Fte (Full time equivalent) Ssn è stato di 37.229 euro, sempre al netto di quelle voci retributive. Nonostante il panorama delle retribuzioni sia dominato dal livello nazionale (Ccnl), la dinamica degli organici delle singole aziende e alcune scelte fatte in passato determinano differenze nei fondi che incidono sulle retribuzioni medie. E le aziende - pur all'interno di modelli e controlli definiti dalle Regioni - godono di margini di manovra su scelte di organizzazione e utilizzo di alcuni istituti contrattuali. La tabella 4 mostra gli scostamenti delle retribuzioni lorde medie regionali 2006 rispetto alle medie nazionali di ciascuna macro-figura, al netto di arretrati e proventi da libera professione intramuraria. Alcune Regioni mostrano retribuzioni medie sempre superiori alle nazionali (Piemonte e Valle d'Aosta). Il Friuli mostra invece retribuzioni sistematicamente inferiori. Altre mostrano situazioni differenziate per dirigenti e comparto (è il caso della Campania, che mostra retribuzioni minori di quelle nazionali per i dirigenti e maggiori per il comparto, con l'unica eccezione della figura residuale «comparto sanitario altre figure»). In generale però gran parte delle Regioni mostra situazioni miste, con scostamenti positivi e negativi rispetto alle diverse figure. Il posizionamento regionale. L'analisi permette di posizionare le Regioni secondo un «effetto composizione» e un «effetto retribuzioni». L'effetto composizione misura il potenziale risparmio (anche negativo) che le Regioni conseguirebbero rispetto alla spesa per il personale se mantenessero le proprie retribuzioni medie regionali, ma adottassero la composizione professionale media nazionale. L'effetto retribuzioni misura il potenziale risparmio che le Regioni conseguirebbero rispetto alla spesa per il personale se mantenessero la propria composizione professionale regionale, ma adottassero le retribuzioni medie nazionali per ogni figura professionale. Le Regioni sono posizionate su una matrice che riporta sugli assi i potenziali risparmi (positivi o negativi) conseguibili dalle Regioni rispetto all'effetto composizione e a quello retribuzioni, misurati in percentuale sulla spesa regionale per il personale. È così possibile distinguere quattro quadranti che combinano composizioni leggere/onerose con retribuzioni alte/basse. I risultati dell'analisi sono in figura 1. La diagonale tratteggiata divide la matrice in una parte alta con le Regioni caratterizzate da una combinazione composizione/retribuzioni più onerosa (con vantaggio economico dall'uniformarsi alla media italiana) e in una parte bassa, con le Regioni caratterizzate da una combinazione meno onerosa (con un aumento della spesa uniformandosi alla media italiana). Il quadro è variegato, con molte Regioni del Nord che si posizionano nel quadrante in alto a sinistra, in cui retribuzioni medie più alte di quelle nazionali sono in parte compensate da composizioni professionali meno onerose. Ma per interpretare correttamente la matrice è necessario ribadire che i risultati non possono avere letture univoche. Composizioni professionali o composizioni organizzative più onerose non significano necessariamente gestione aziendale debole e retribuzioni medio-basse non significano necessariamente buone pratiche manageriali. Alcune conclusioni. Composizione professionale, composizione organizzativa e livelli retributivi mostrano differenze rilevanti tra le medie Ssr. Tali differenze apparirebbero ancora maggiori quando si passasse a un'analisi svolta per medie aziendali, e non regionali. La composizione professionale svela un uso molto più fungibile delle diverse figure professionali rispetto a quanto ipotizzato dai monopoli legali sui diversi ambiti di attività, dalle dotazioni minime richieste dai sistemi di autorizzazione e accreditamento ecc. Ciò assume rilevanza per le politiche nazionali e regionali. La variabilità nella composizione organizzativa conferma ampi spazi di autonomia regionale e aziendale, su cui è difficile un'interpretazione univoca. Infine, l'analisi di posizionamento regionale evidenzia le conseguenze economiche delle "scelte" fatte dai Ssr e delle possibili azioni regionali per governare la spesa di personale. Carlo De Pietro Cristina Filannino Cergas e Sda Bocconi
Tab. 1 - Composizione professionale Regione Comparto/ dirigenti Infermieri/ supporto Infermieri/ (medici + odontoiatri) Piemonte 4,17 2,32 2,95 Valle d'Aosta 4,23 2,21 3,61 Lombardia 4,49 2,54 3,20 Bolzano 4,77 2,54 1,92 Trento 5,26 2,80 2,58 Veneto 4,97 3,06 3,46 Friuli V.G. 5,13 3,09 2,96 Liguria 4,22 2,65 4,16 Emilia R. 4,30 2,84 6,04 Toscana 4,40 2,78 4,08 Umbria 3,72 2,53 5,33 Marche 4,04 2,73 5,17 Lazio 3,26 2,20 6,12 Abruzzo 3,72 2,34 4,01 Campania 3,16 2,09 4,75 Puglia 3,44 2,13 3,76 Basilicata 3,53 2,51 6,55 Sicilia 2,82 1,77 3,78 Sardegna 3,12 2,06 4,19 Italia 3,90 2,46 3,96 Fonte: Fte, 2006
Tab. 3 - Retribuzioni medie lordeEuro 78.137 77.368 Veterinari Qualifica Medici + odontoiatri Dirigenti ruolo sanitario non medici né veterinari 63.304 Dirigenti ruolo amministrativo 71.151 Dirigenti ruolo tecnico 58.647 Dirigenti ruolo professionale 65.686 Comparto amministrativo 24.410 Comparto professionale 24.957 Comparto tecnico figure Oss, Ota, ausiliari spec.ti 21.791 Comparto tecnico altre figure 24.660 Comparto sanitario D/Ds infermieristico 29.691 Comparto sanitario D/Ds tecnico-sanitario 30.131 Comparto sanitario D/Ds tecnico della prevenzione 30.091 Comparto sanitario D/Ds della riabilitazione 26.756 Comparto sanitario altre figure 26.776 Fonte: Fte, 2006
Tab. 2 - Composizione organizzativaRegione Regione Fonte: Fte, 2006 (Dirigenti Uos+Uoc)/ (tot. dirigenti) (Dirigenti Uos+Uoc)/ (tot. dirigenti) Piemonte 0,27 V. d'Aosta 0,21 Lombardia 0,27 Bolzano 0,35 Trento 0,37 Veneto 0,32 Friuli V. G. 0,21 Liguria 0,26 Emilia R. 0,21 Toscana 0,21 Umbria 0,36 Marche 0,29 Lazio 0,27 Abruzzo 0,30 Campania 0,29 Puglia 0,32 Basilicata 0,33 Sicilia 0,27 Sardegna 0,25 Italia 0,27
Tab. 4 - Scostamenti delle retribuzioni regionali medie lorde rispetto a quelle nazionaliVeterinari Qualifica Medici+odontoiatri Piem. V.d.A. Lom. Bz Tn Ven. F.V.G. Lig. E..R. Tos. Umb. Mar. Laz. Abr. Cam. Pug. Bas. Sic. Sar. 6% 9% 3% 46% 18% 4% -1% -4% 2% -5% -1% 3% -7% -3% -3% -1% 7% -2% -4% 1% 9% 5% 30% 18% 8% -3% 3% 0% -2% 2% 4% -10% -4% -6% -1% 3% 0% -4%
Dirigenti ruolo sanitario non medici né veterinari 14% 16% 4% 4% 11% 9% -3% 5% -1% 0% 0% 1% -5% -5% -5% -3% -2% -5% -18%
Dirigenti ruolo amministrativo 9% 20% 16% -25% 23% 7% -18% 2% -13% 0% 6% 8% -4% -9% -10% 5% -8% -2% -12%
Dirigenti ruolo tecnico 19% 18% 15% -14% -2% 12% -10% 18% 0% 11% -2% 5% -6% -19% -7% -5% -13% -7% -15%
Dirigenti ruolo professionale 20% 18% 3% -12% 5% 14% -9% 5% -7% -3% -3% -1% -2% -13% -8% 18% -8% -2% -19%
Comparto amministrativo 3% 5% 0% -17% -3% 1% -5% -4% 2% 4% 8% -2% -3% -7% 4% -2% -2% 0% -10%
Comparto professionale 6% 12% 5% 9% -7% -5% -3% -10% -20% 5% -9% -8% -2% -4% 9% -2% -7% 3% -7%
Comparto tecnico figure Oss, Ota, ausiliari specializzati 3% 3% 1% -23% 2% -2% -3% -3% 1% 0% 0% -4% 2% -8% 11% -2% -5% -1% -8%
Comparto tecnico altre figure 3% 7% -1% -11% -1% -2% -3% -3% -6% -2% 1% -3% 7% -5% 13% 1% -3% 3% -8%
Comparto sanitario D/Ds infermieristico 4% 10% 1% -4% 3% -1% -4% -4% -1% -2% 2% -3% -1% -7% 8% -3% -2% 3% -7%
Comparto sanitario D/Ds tecnico-sanitario 5% 7% -1% 0% 4% 0% -4% -4% -2% 2% 1% -4% 1% -4% 7% -2% 4% -1% -9%
Comparto sanitario D/Ds tecnico della prevenzione 3% 10% 0% -5% -2% 0% -5% 0% -1% 4% 3% -1% -1% -10% 9% -3% -5% -1% -10%
Comparto sanitario D/Ds della riabilitazione 4% 8% 2% -8% 1% -1% -4% -3% 0% 5% 0% -1% -4% -7% 4% -1% -6% -2% -7%
Comparto sanitario altre figure 3% 7% 0% -11% 15% 0% -4% -3% 0% 1% -9% -3% 1% -6% 2% -4% 1% 6% -9%
Nota: non comprendono arretrati anni passati e ricavi da libera professione intramuraria Fonte: Fte, 2006
L'autodifesa in ospedale
La Provincia di Cremona del 04/12/2008 p. 20
Corso per medici e infermieri Le tecniche anti-aggressionedi Giuseppe Bruschi Il Pronto Soccorso di un ospedale è ormai 'terra di frontiera' e, specie nelle ore notturne, arrivano casi difficili ed a volte anche pericolosi. Persone sotto effetto di alcol e droghe alle quali basta poco per far esplodere una reazione imprevista quanto violenta ed immediata. Quanti medici, infermieri, operatori del 118 sono stati oggetto di aggressione da parte di individui che in quel momento sviluppano una forza incontenibile? Che fare i questi casi, quando magari le forze dell'ordine sono impegnate in zone molto lontano dall'ospedale? Perchè non provare ad autodifendersi, certo dopo aver imparato le tecniche anti-aggressione, secondo il vecchio principio che 'chi fa da se, fa per tre'?. Questo deve aver pensato il direttore generale dell'ospedale, Piergiorgio Spaggiari, che ha deciso di 'esportare' nel nostro ospedale il corso di autodifesa che ha voluto quando dirigeva, oltre un anno fa, l'ospedale di Lodi. E ieri dalle 9.30 alle 17 una quindicina di 'allievi', medici ed infermieri del Pronto Soccorso, 118, psichiatria, direzione e front-office tanto del nostro ospedale che dell'Oglio Po hanno partecipato alla prima «intensissima» lezione. Che si è tenuta in un'aula della scuola per infermieri, perchè la 'location' deve essere il più realistica possibile, con i mobili e gli ostacoli propri di ogni ambiente di lavoro. Un gruppo volutamente non numeroso, non più di 15 persone, che hanno seguito le 'istruzioni tecniche e pratiche' di Giorgio Ciampi, l'istruttore, maestro e campione di judo e aikido, ex poliziotto, ora in pensione (ha 70 anni). Il metodo è semplice, si apprende in 12 incontri e dà risultati immediati, ha detto Ciampi: «E' importante trascinare a terra l'aggressore senza procurargli danni perchè in caso di una reazione troppo violenta ci possono essere risvolti penali. Quando si viene aggrediti, si scatena l'adrenalina ed in quel momento non c'è tempo per pensare; conta la reazione, immediata ma senza eccedere». Soddisfatto, a fine giornata, il direttore Spaggiari che ha partecipato al corso come allievo. Ed alcune sue 'mosse' sono state micidiali.
Corso per medici e infermieri Le tecniche anti-aggressionedi Giuseppe Bruschi Il Pronto Soccorso di un ospedale è ormai 'terra di frontiera' e, specie nelle ore notturne, arrivano casi difficili ed a volte anche pericolosi. Persone sotto effetto di alcol e droghe alle quali basta poco per far esplodere una reazione imprevista quanto violenta ed immediata. Quanti medici, infermieri, operatori del 118 sono stati oggetto di aggressione da parte di individui che in quel momento sviluppano una forza incontenibile? Che fare i questi casi, quando magari le forze dell'ordine sono impegnate in zone molto lontano dall'ospedale? Perchè non provare ad autodifendersi, certo dopo aver imparato le tecniche anti-aggressione, secondo il vecchio principio che 'chi fa da se, fa per tre'?. Questo deve aver pensato il direttore generale dell'ospedale, Piergiorgio Spaggiari, che ha deciso di 'esportare' nel nostro ospedale il corso di autodifesa che ha voluto quando dirigeva, oltre un anno fa, l'ospedale di Lodi. E ieri dalle 9.30 alle 17 una quindicina di 'allievi', medici ed infermieri del Pronto Soccorso, 118, psichiatria, direzione e front-office tanto del nostro ospedale che dell'Oglio Po hanno partecipato alla prima «intensissima» lezione. Che si è tenuta in un'aula della scuola per infermieri, perchè la 'location' deve essere il più realistica possibile, con i mobili e gli ostacoli propri di ogni ambiente di lavoro. Un gruppo volutamente non numeroso, non più di 15 persone, che hanno seguito le 'istruzioni tecniche e pratiche' di Giorgio Ciampi, l'istruttore, maestro e campione di judo e aikido, ex poliziotto, ora in pensione (ha 70 anni). Il metodo è semplice, si apprende in 12 incontri e dà risultati immediati, ha detto Ciampi: «E' importante trascinare a terra l'aggressore senza procurargli danni perchè in caso di una reazione troppo violenta ci possono essere risvolti penali. Quando si viene aggrediti, si scatena l'adrenalina ed in quel momento non c'è tempo per pensare; conta la reazione, immediata ma senza eccedere». Soddisfatto, a fine giornata, il direttore Spaggiari che ha partecipato al corso come allievo. Ed alcune sue 'mosse' sono state micidiali.
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