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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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lunedì, novembre 3

Rassegna Stampa - 1.2.3-11-2008


Un corso Cives per fare fronte alle emergenze

Il Tempo del 03/11/2008 ed. Abruzzo Pe

In programma oggi, domani e sabato 8 novembre presso la sala convegni del Policlinico di Chieti, un corso per operatori NBCR (Nucleare Biologico Chimico Radiologico), organizzato dal CIVES, associazione di Volontariato Infermieristico in Protezione Civile, appartenente al Collegio Infermieristico IPASVI della provincia, presentato e accreditato presso il Ministero della salute. Al corso partecipano la Centrale Operativa del 118 di Chieti (il responsabile dr. Dante Ranalletta illustrerà compiti e ruoli del 118 in una emergenza NBCR) e il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco (l'ing. Ferdinando Napolione illustrerà compiti e ruolo logistico dei Vigili del. Fuoco). Oltre alla parte teorica ci sarà anche una parte pratica, che prevede il montaggio della tenda pneumatica P.M.A. e della tenda per la decontaminazione in possesso del 118 di Chieti. Il corso si concluderà sabato presso la Caserma Provinciale dei Vigili del Fuoco, dove il Caposquadra Graziano Di Primio illustrerà tutti i presidi di protezione individuale. Prevista anche una prova pratica sulla vestizione e sull'utilizzo degli autorespiratori.


Federico: il processo di stabilizzazione
indispensabile per "curare" la sanità

Gazzetta del Sud del 03/11/2008 ed. REGGIO CALABRIA p. 17

«Il processo di stabilizzazione messo in atto dall'azienda ospedaliera non può essere bloccato per procedure, forse non corrette, ma che l'assessorato calabrese alla Sanità aveva concertato con le organizzazioni sindacali di categoria».
Lo sostiene in una nota Carmine Federico, presidente del collegio provinciale Ipasvi, occupandosi della recente sentenza del Tar di Reggio che, accogliendo il ricorso presentato da alcuni medici, ha bloccato la procedura di stabilizzazione del personale precario che prestava servizio nelle aziende ospedaliere a tempo determinato. Nell'azienda Bianchi-Melacrino-Morelli erano interessati 51 medici e altre 86 unità (per la maggior parte infermieri).
Federico ricorda che la federazione degli infermieri già lo scorso anno, in occasione della prima conferenza nazionale sulle politiche della professione infermieristica, aveva lanciato un messaggio di sfida ritenendo che la sanità italiana poteva essere "curata" sulla base di una "ricetta" proposta dagli infermieri.
«Quel progetto - ricorda Federico - prevedeva tre punti fondamentali: innovazione dei modelli organizzativi ospedalieri, sviluppo dell'assistenza nel territorio e investimento sulla vera formazione degli operatori sanitari. Ma come si può applicare tutto questo alla concreta realtà esistente nel nostro territorio? Quali servizi, quale assistenza possiamo garantire? Viene da chiedersi a cosa sia servita la revisione del processo formativo dell'infermiere con il passaggio nell'università quando nella nostra provincia non viene garantita la continuità dell'assistenza e i nostri infermieri rischiano di ritrovarsi senza lavoro a causa di un modo di fare politica che non tiene nel debito conto le esigenze dei lavoratori infermieri e dei cittadini potenziali fruitori dell'assistenza infermieristica e che ha ritenuto che il precariato potesse risolvere i molti problemi esistenti nel nostro paese».
Di fronte alla situazione di stallo generata dalla decisione del Tar reggino, pur manifestando rispetto per l'ordinanza dell'organo di giustizia amministrativa, i tremila infermieri della provincia non riescono ad accettare quanto sta accadendo: «Gli Ospedali Riuniti - conclude Federico - hanno aumentato la produttività e la qualità di assistenza. Non si può rischiare di chiudere unità operative produttive, costingendo i nostri concittadini a ricercare soluzioni assistenziali alternative al di fuori del nostro territorio».(p.t.)


Morti 3 neonati in ospedale, l'assessore sospende il primario

Corriere della Sera del 02/11/2008 p. 19

Versilia, i casi in diciotto giorni. La Regione vuole cambiare il dirigente di Ostetricia. I medici: nessuna colpaLIDO DI CAMAIORE (Lucca) - Tre neonati morti in diciotto giorni, primario sospeso, inchieste della magistratura, polemiche e veleni. Il Versilia, ospedale modello della Toscana, esempio di tecnologia ed efficienza, finisce nella bufera. Un nuovo caso di malasanità? Medici e direttore sanitario fanno scudo: «No, una tragica concatenazione causale. Vedrete l'esito delle inchieste», ribattono. Nel primo pomeriggio la direzione sanitaria diffonde anche un documento nel quale si difende l'operato di medici, infermieri, ostetriche e si parla di «tre casi dalle complicanze gravissime che, purtroppo, rientrano nei rischi delle gravidanze e nella casistica» di un ospedale da 1.600 parti l'anno. Ma poco più tardi ecco il colpo di scena: l'assessore regionale alla Sanità, Enrico Rossi, decide di sospendere il primario del reparto di Ostetricia, Giovanni Paolo Cima, 57 anni, versiliese, nominato da appena sei mesi. «Una sospensione cautelativa - spiega l'assessore - perché è evidente che le cause e le eventuali responsabilità dei fatti dovranno essere ancora accertate». Rossi si spinge ancora più in là e chiede che il primario sia sostituito con un altro dirigente, «che si assuma la responsabilità della struttura allo scopo di rivedere radicalmente tutte le procedure in essere, verificandone la corrispondenza agli standard». E dà anche un suggerimento: «Consiglio, se possibile, il nuovo dirigente del reparto di Ostetricia dell'ospedale di Lucca». Infine, propone che nel Versilia vi siano corsi di formazione: «Si valuti la possibilità di effettuare per il personale della struttura di Viareggio stage formativi in modo da garantire che le procedure siano effettivamente aderenti agli standard». Per medici e infermieri, già sotto choc per gli eventi a catena, è peggio di uno schiaffo: «Ci hanno già condannati prima della conclusione delle indagini», dicono. Lunga e laboriosa, l'inchiesta. Condotta dalla task force della Regione. Tremorti, tre interventi diversi per personale e tecniche. Il 14 ottobre un neonato muore durante un cesareo: quando viene estratto dal grembo materno non respira più. Ad ucciderlo, per i medici, un distacco placentare. Il 17 ottobre, una giovane donna dà alla luce con un parto spontaneo un bambino: è cianotico, non respira. I medici lo rianimano inutilmente per 12minuti. L'ultimo caso, venerdì. «Il parto era iniziato nel modo migliore - racconta Luigi Gagliardi, il primario di neonatologia -. La madre, 26 anni, al suo primo figlio non era un soggetto a rischio. Il bambino era leggermente prematuro, ma il quadro clinico era ottimo». I problemi sono arrivato poco dopo l'inizio del travaglio con un distacco di placenta. È a questo punto che l'équipe medica ha deciso di sottoporre la donna a parto cesareo. Il bambino nasce con segni di sofferenza ed è rianimato. Risponde bene alle cure, respira autonomamente. Il pericolo sembra scongiurato e invece dopo un'ora e mezzo la crisi: il piccolo muore. «Il padre è stato al capezzale del figlio - racconta il dottor Gagliardi - ha visto che cosa è accaduto e l'impegno di medici e infermieri per salvarlo. Quando se ne è andato è stata una sconfitta, un grande dolore per tutti. Ma anche la consapevolezza di aver fatto il possibile e lo dimostreranno presto». Marco Gasperetti L'ospedale Versilia: nel reparto di Ostetricia, in 18 giorni, sono morti tre neonati. L'assessore regionale alla Sanità Enrico Rossi ha sospeso il primario Giovanni Paolo Cima (Umicini) 1.600 parti effettuati in un anno. Erano 950 cinque anni fa



Addio bisturi, al San Giacomo i manganelli

Corriere della Sera del 01/11/2008 , articolo di Francesco Di Frischia ed. ROMA p. 3

Action occupa e i carabinieri sgomberano. L'erede Salviati: razziata la cappella del Sangallo Nell'ultimo giorno al San Giacomo la commozione di infermieri e medici, l'occupazione e gli scontri per sgomberarePrima le lacrime e gli abbracci tra medici e infermieri. Poi l'occupazione di un reparto al terzo piano. E alla fine spintoni, urla e qualche manganellata dalla polizia in tenuta antisommossa ai manifestanti che si oppongono alla chiusura. Non si tratta però del comitato «Salviamo il San Giacomo» che, negli ultimi giorni, ha dato vita alla raccolta di firme, ma di manifestanti del Blocco Precario Metropolitano e Action convenuti al mattino. Nelle immagini dell'emittente «Retesole» si nota il passaggio cruciale. Poco prima di mezzogiorno i manifestanti si radunano nel cortile di via Canova. Poco dopo i carabinieri intervegono in forze (scudo e casco calato) intimando l'uscita. Qualcuno si getta in terra, ma viene trascinato via. Un manganello colpisce l'operatore dell'emittente locale e nel parapiglia sono coinvolti passanti ignari e pazienti che stanno andando a sottoporsi a terapie oncologiche. Alla fine, 4 contusi, tre dei quali medicati al Santo Spirito.È trascorso tra amarcord, amarezza, rabbia e momenti di tensione l'ultimo giorno di vita del San Giacomo, che dopo 700 anni di attività ieri sera ha chiuso i battenti. La decisione era maturata nell'ambito del Piano antideficit elaborato da Piero Marrazzo con l'appoggio del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.Nel cortile colorato da molti striscioni (tra i più ironici «Rione sanità» e «Marrazzo titolare, Berlusconi suo compare, sanità immobiliare, si vende l'ospedale»), dalle 9 è un viavai continuo di ambulanze e furgoni. Giovanni, 50 anni, infermiere, ha gli occhi lucidi: «Andrò all'Eastman o nel poliambulatorio qui di fronte: ci sentiamo sconfitti. Ci hanno voluto chiudere in 2 mesi: una deportazione, e ci sono ancora delle caposala che non sanno dove lavoreranno». L'ortopedico Roberto Padua, 9 anni al San Giacomo, prova a incoraggiarlo: «Quando si chiude una porta si apre un portone, però, chiudere in questo modo...». Tra i dipendenti fa capolino Tarzan, alias Andrea Alzetta, consigliere comunale della Sinistra arcobaleno: si vocifera che stia cercando le chiavi di qualche reparto. A pochi metri dal camice bianco, un'infermiera di camera operatoria ortopedica abbraccia una collega: «Ci hanno buttati fuori manco fossimo degli abusivi».Ore 11.45: dal portone di via Ripetta comincia ad affluire nell'ospedale un corteo silenzioso guidato da Nunzio D'Erme e dallo stesso Alzetta, che giunto nel cortile interno annuncia col megafono: «Occupiamo l'ospedale: siamo i custodi giudiziari contro ogni forma di speculazione!». Applausi da un centinaio di persone, compresi bambini, anziani, disoccupati e stranieri, aderenti ad Action e al movimento per il diritto alla casa. Gli occupanti salgono trafelati al terzo piano e si accampano nel reparto di «osservazione breve», che è deserto. «Basta privatizzare la sanità, basta fare affari sulla pelle dei cittadini, basta speculare sui malati e chiudere gli ospedali», rincara la dose D'Erme.Ore 12: un folto gruppo di carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa entra nell'ospedale: scudi e manganelli ben in vista. Alzetta e D'Erme provano a arginare il loro impeto. Tra infermieri e medici qualcuno urla: «Ma che sete matti? Ci so i malati di tumore: state calmi...». «Mo' che vogliono fa? - si chiede un cardiologo - Prima ci menano e poi ci cacciano pure?». «Vi siete scordati quando venivate al pronto soccorso e ci chiedevate qualche giorno in più di convalescenza?», grida un'altra infermiera rivolgendosi ai militari. Ma dopo le parole, in un attimo volano le prime manganellate: una coppia fatica a state vicino al passeggino che ospita il figlio di 3 anni. Urla, spintoni. Nel fuggi fuggi tre anziani, due uomini e una donna, e una ragazza cadono a terra travolti nei tafferugli. Per tutti solo contusioni a gambe e braccia. I militari salgono al terzo piano ed identificano gli occupanti.Ore 13: arriva di corsa in ospedale Luigi Nieri (Prc), assessore regionale al Bilancio. La tensione è grande. «Il San Giacomo resterà assolutamente un bene pubblico - spiega - I problemi sociali, però, non devono trasformarsi in problemi di ordine pubblico». Ore 14: ritorna la calma. I carabinieri si tolgono i caschi e ripiegano i manganelli. Gli occupanti in fila indiana, a piccoli gruppi vengono identificati, scendono le scale ed escono dall'ospedale. «Ma la nostra era solo un'occupazione simbolica: volevano difendere la vita dell'ospedale», si giustifica Susanna Vasquez, 52 anni, peruviana, che fa la badante. Poi gli occupanti in corteo hanno sfilato in via del Corso fino a piazza del Popolo.Nel pomeriggio gli ultimi 6 ricoverati sono stati trasferiti in altri ospedali. Oliva Salviati, discendente del cardinale che ampliò l'ospedale alle fine del '500, lancia l'allarme: «Putroppo è stata devastata la cappella del Sangallo. Forse mancano candelabri antichi e suppellettili che potrebbero essere stati rubati». Ma Carlo Saponetti, direttore generale della Asl Roma-A smentisce: «È una leggenda metropolitana». In serata infermieri e medici si sono salutati tra panini, spumante, sacchi e borsoni pieni di ricordi e immagini della protesta, proiettate davanti al pronto soccorso. Molte le lacrime e gli abbracci.Ilaria Sacchettoni
Tensione
Foto: Due momenti ieri mattina nel cortile interno del San Giacomo: a sinistra una occupante discute con un carabiniere dopo i tafferugli. Sopra Alzetta (di spalle) spiega la situazione all'assessore Nieri (foto Jpeg)
Ora per oraAbbracci e lacrime Durante le prime ore della mattinata decine di medici e infermieri, tra lacrime e abbracci, si sono salutati con commozione e amarezza. «Ci hanno deportato», commentava un portantino L'occupazione silenziosa Alle 11.45 dal portone in via Ripetta entrano nel San Giacomo un centinaio di sostenitori di Action e del Movimento per il diritto alla casa: «Siamo gli ufficiali giudiziari contro le speculazioni» Arrivano i militari A mezzogiorno carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa hanno invaso il cortile interno del San Giacomo. Sono subito scoppiati tafferugli: 4 cittadini sono rimasti contusi nel parapiglia Finisce l'occupazione Alle 14 gli ultimi occupanti, dopo essere stati identificati, scendono le scale del terzo piano e escono dall'ospedale.



Alzetta dal megafono grida: «Occupiamo tutto»
Domani arrivano sette rinforzi

Il Messaggero del 02/11/2008 ed. OSTIA p. 37

Sono un radiologo, un ortopedico, un ingegnere e 4 infermieriDa domani la sanità di Ostia disporrà di sette dipendenti in più, tutti trasferiti sul litorale per effetto della chiusura dell'ospedale "San Giacomo".Come annunciato dal governatore Piero Marrazzo e ribadito anche dalla Asl, gli ex dipendenti del nosocomio chiuso in via del Corso sono stati messi nelle condizioni di scegliere una struttura alternativa. E una prima parte di professionisti prenderà servizio a Ostia a partire appunto dal 3 novembre. Trasferimenti importantissimi per migliorare la qualità dei servizi sanitari, messi a dura prova da carenze croniche negli organici, soprattutto infermieristici.«Si tratta - elenca il responsabile dei servizi infermieristici Asl, Andrea Tranghese - di un tecnico radiologo, di un ortopedico, di quattro infermieri e di un ingegnere. Fanno parte del primo gruppo di dipendenti del San Giacomo che ha scelto la mobilità verso la nostra azienda. A eccezione dell'ingegnere, che verrà incaricato presso i nostri uffici tecnici, gli altri verranno assegnati quasi certamente all'ospedale».Domani, presso gli uffici amministrativi di Casal Bernocchi, accoglienza da parte della Asl Roma D e prima chiacchierata ricognitiva. Il contingente, in ogni caso, fa parte di un più largo "consenso" verso le necessità sanitarie del litorale. Dalla Regione Lazio, infatti, la disponibilità di personale in "mobilità" dall'ex "San Giacomo" verso la Asl Roma D è stata più ampia. Complessivamente si sono autorizzati al trasferimento il primario e l'equipe di Pronto soccorso (14 medici più dirigente), il primario e l'equipe di Medicina interna (6 medici più il dirigente) e il primario con l'equipe di Urologia (8 medici più il dirigente). «Quelli che prenderanno servizio il 3 novembre ribadisce Tranghese sono i primi professionisti che hanno accettato di trasferirsi alle dipendenze dell'azienda sanitaria del litorale romano».«È necessario potenziare l'ospedale di Ostia, far decollare il Dea di secondo livello di Tor Vergata e istituirlo al S. Eugenio», ha detto il vicepresidente della Regione, Esterino Montino, illustrando i contenuti del piano sanitario 2008-2010 in commissione Sanità.G.Man.



Blitz di Action: tensioni e feriti al San Giacomo

Il Messaggero del 01/11/2008 ed. FROSINONE p. 45

Irruzione-lampo e sgombero della polizia. Travolti dalla ressa anche gli ultimi pazienti«L'occupazione di un ospedale in attività è grave e nel caso del San Giacomo ha messo a rischio l'incolumità dei pazienti». Esterino Montino, vicepresidente della Regione Lazio, non è tenero con i militanti di Action e dei centri sociali che ieri mattina hanno tentato di occupare abusivamente l'edificio vicino a via del Corso nell'ultimo giorno di attività sanitaria. L'azione dei manifestanti, tutti della galassia dell'ultrasinistra, ha provocato la durissima reazione delle forze dell'ordine proprio mentre i pazienti del San Giacomo se ne stavano andando via. C'è stata una carica nel cortile dello stabile e alcune persone, tra cui una malata di cancro, sono state travolte nella ressa. Tre i feriti, uno con una sospetta frattura di un femore, tutti portati al pronto soccorso del "Santo Spirito".L'ospedale da ieri sera a mezzanotte non esiste più in quanto tale. L'occupazione è durata meno di due ore perché l'intervento dei carabinieri e della polizia, appoggiato da uomini della Guardia di Finanza, è stato estremamente deciso. Ci sono andati di mezzo, come sempre, quelli che non c'entravano niente, in questo caso i pazienti. Oliva Salviati, erede del cardinale che donò il San Giacomo ai romani, dopo aver criticato «l'indifferenza assoluta» del presidente della Regione Marrazzo, ha definito «quello che è accaduto una vergogna». «Con l'irruzione dei poliziotti ha detto pareva di essere in un Paese del Sudamerica. Quando sono riuscita a parlarci, mi hanno spiegato di aver ricevuto la notizia che qualcuno stava spaccando e distruggendo l'edificio. Ma non era affatto così».La Salviati ha anche denunciato «il furto di antichi candelabri e altre suppellettili» dalla cappella del Sangallo dentro l'ospedale. «Mancano gli affreschi ha aggiunto l'erede del "padre" del San Giacomo Quelli non sono riusciti a staccarli...». Ma la notizia del furto è stata smentita dal direttore generale della Asl RmA, Carlo Saponetti, che l'ha giudicata «una leggenda metropolitana poiché priva di qualsiasi fondamento».Non c'è dubbio invece sul fatto che l'ultimo giorno del San Giacomo sia stato come peggio non poteva essere. Per settimane medici e infermieri si sono battuti contro la chiusura decisa dalla Regione. La tentata occupazione di ieri, guidata da Andrea Alzetta, consigliere comunale della Sinistra Arcobaleno, non è stata certo la pagina più fulgida della vicenda. «E poi sono arrivati i celerini racconta un infermiere sembravano impazziti pure loro. È stata una cosa proprio triste, per un posto che si è occupato di malati per secoli». Polizia e carabinieri hanno presidiato lo stabile, in via Canova, per tutta la notte dopo che alle 22.30 la decana delle infermiere ha simbolicamente chiuso il portone davanti a una cinquantina di dipendenti, molti con le lacrime agli occhi. La Regione, ha confermato che dal 15 novembre nello stabile aprirà comunque «un ambulatorio di continuità».L. Lip.


San Giacomo,
occupazione di Action e scontri con la polizia:
feriti tre pazienti

Il Messaggero del 01/11/2008 , articolo di LUCA LIPPERA ed. Nazionale p. 12

Tafferugli nell'ultimo giorno di lavoro dell'ospedale al centro di RomaROMA Un tormento fino alla fine. L'ultimo giorno di vita del "San Giacomo" dopo quasi sette secoli di onorato e appassionato servizio è stato anche il peggiore: tre pazienti feriti, urla, insulti e accuse lungo le corsie. Duecento manifestanti capeggiati da un consigliere comunale di estrema sinistra, alla vigilia della chiusura dell'ospedale decisa dalla Regione Lazio, hanno occupato ieri un reparto al terzo piano dell'antico edificio vicino a via del Corso. Polizia e carabinieri hanno deciso di non stare a guardare. Gli agenti sono entrati con estrema decisione in assetto anti-sommossa per sgomberare gli abusivi. Ci sono stati alcuni tafferugli e quattro persone, tra le quali, appunto, tre malati, sono state travolte durante la carica delle forze dell'ordine. Il "programma" della giornata non era un mistero: tutto finito, cancelli chiusi, a partire dalla mezzanotte. La giunta di Centrosinistra guidata da Piero Marrazzo ha deciso tempo fa di mettere fine alla vita del "San Giacomo" così come l'hanno conosciuta generazioni di romani. L'ospedale, nato nel 1326 grazie a una donazione alla città dell'allora cardinale Antonio Maria Salviati, diventerà, secondo il piano, un «centro socio-sanitario di assistenza». Ma il progetto, nelle ultime settimane, è stato combattuto dai medici, dagli infermieri e da una parte degli stessi pazienti. Un gruppo di aderenti ad "Action", una delle associazioni che si battono per «i diritti dei senza casa», ieri mattina ha preso la palla al balzo. Il clima si prestava. Così verso mezzogiorno circa duecento persone, tra cui anche militanti dei centri sociali, guidati da Andrea Alzetta detto Tarzan , consigliere comunale della Sinistra Arcobaleno, sono entrate nell'ospedale mentre gli ultimi pazienti (sei in tutto) se ne andavano. I manifestanti hanno occupato il Reparto Osservazione al terzo piano. Venti carabinieri sono intervenuti subito e ci sono state le prime manganellate. Un gruppo di agenti della Guardia di Finanza ha sbarrato l'ingresso dell'ospedale dalla parte di via Canova, dalla parte di via del Corso, per impedire l'arrivo di altri dimostranti. Poliziotti e uomini dell'Arma, intanto, si preparavano al blitz davanti all'ingresso di via Ripetta. Un cinquantina di agenti, con gli scudi, i caschi e i manganelli, dopo una mezz'ora sono apparsi di corsa nel cortile dell'ospedale. Gli ultimi pazienti che stavano andando via sono non credevano ai loro occhi. Alzetta e i militanti di Action hanno tentato di sbarrare l'ingresso interno del "San Giacomo" con una scala e sono arretrati verso l'interno dell'edificio. A quel punto è partita la carica e c'è stato il fuggi-fuggi. Hanno avuto la peggio alcuni malati che si sono trovati, loro malgrado, al centro del tafferuglio. Un'anziano è caduto e si sarebbe rotto un femore. Una malata di cancro si è fatta male a un ginocchio. Un terzo uomo è stato travolto da un motorino e si è fratturato un braccio. I tre sono stati portati al pronto soccorso dell'ospedale "Santo Spirito" e lì è stato medicato anche un quarto contuso. Gli agenti hanno raggiunto il terzo piano e hanno fatto uscire gli occupanti dopo averli identificati. I militanti di Action sono stati duramente criticati dal vicepresidente della Regione Esterino Montino, del Pd. «L'occupazione di un ospedale è una azione grave K ha detto Montino K e ha messo a rischio l'incolumità dei pazienti». Oliva Salviati, discendente del cardinal Antonio Maria, ha invece attaccato l'intervento della polizia definendolo «una vergogna». L'ospedale da ieri sera è chiuso. Alcuni infermieri irriducibili a tarda notte erano ancora asserragliati nello stabile. Ma il loro "San Giacomo" non c'è più.
LA SCELTA DI MARRAZZO
MEDICI E INFERMIERI
L'INTERVENTO DELLA POLIZIA
UNA BATTAGLIA LUNGA PIU' DI 2 ANNIIl San Giacomo che ieri mattina è stato occupato Il presidente Piero Marrazzo ha pronto un piano per trasformare l'ospedale in una casa per i servizi sociali e sanitari Ieri gli agenti sono entrati in assetto anti-sommossa per far uscire gli occupanti I medici e gli infermieri dopo una protesta hanno raggiunto l'accordo per la chiusura della struttura



Blitz di Action: tensioni e feriti al San Giacomo

Il Messaggero del 01/11/2008 ed. Nazionale p. 35

Irruzione-lampo e sgombero della polizia. Travolti dalla ressa anche gli ultimi pazienti IL GIALLO DELLA CAPPELLA SANGALLO C'è chi accusa: è stata saccheggiata La Asl smentisce: «Una leggenda»«L'occupazione di un ospedale in attività è grave e nel caso del San Giacomo ha messo a rischio l'incolumità dei pazienti». Esterino Montino, vicepresidente della Regione Lazio, non è tenero con i militanti di Action e dei centri sociali che ieri mattina hanno tentato di occupare abusivamente l'edificio vicino a via del Corso nell'ultimo giorno di attività sanitaria. L'azione dei manifestanti, tutti della galassia dell'ultrasinistra, ha provocato la durissima reazione delle forze dell'ordine proprio mentre i pazienti del San Giacomo se ne stavano andando via. C'è stata una carica nel cortile dello stabile e alcune persone, tra cui una malata di cancro, sono state travolte nella ressa. Tre i feriti, uno con una sospetta frattura di un femore, tutti portati al pronto soccorso del "Santo Spirito". L'ospedale da ieri sera a mezzanotte non esiste più in quanto tale. L'occupazione è durata meno di due ore perché l'intervento dei carabinieri e della polizia, appoggiato da uomini della Guardia di Finanza, è stato estremamente deciso. Ci sono andati di mezzo, come sempre, quelli che non c'entravano niente, in questo caso i pazienti. Oliva Salviati, erede del cardinale che donò il San Giacomo ai romani, dopo aver criticato «l'indifferenza assoluta» del presidente della Regione Marrazzo, ha definito «quello che è accaduto una vergogna». «Con l'irruzione dei poliziotti K ha detto K pareva di essere in un Paese del Sudamerica. Quando sono riuscita a parlarci, mi hanno spiegato di aver ricevuto la notizia che qualcuno stava spaccando e distruggendo l'edificio. Ma non era affatto così». La Salviati ha anche denunciato «il furto di antichi candelabri e altre suppellettili» dalla cappella del Sangallo dentro l'ospedale. «Mancano gli affreschi K ha aggiunto l'erede del "padre" del San Giacomo K Quelli non sono riusciti a staccarli...». Ma la notizia del furto è stata smentita dal direttore generale della Asl RmA, Carlo Saponetti, che l'ha giudicata «una leggenda metropolitana poiché priva di qualsiasi fondamento». Non c'è dubbio invece sul fatto che l'ultimo giorno del San Giacomo sia stato come peggio non poteva essere. Per settimane medici e infermieri si sono battuti contro la chiusura decisa dalla Regione. La tentata occupazione di ieri, guidata da Andrea Alzetta, consigliere comunale della Sinistra Arcobaleno, non è stata certo la pagina più fulgida della vicenda. «E poi sono arrivati i celerini K racconta un infermiere K sembravano impazziti pure loro. È stata una cosa proprio triste, per un posto che si è occupato di malati per secoli». Polizia e carabinieri hanno presidiato lo stabile, in via Canova, per tutta la notte dopo che alle 22.30 la decana delle infermiere ha simbolicamente chiuso il portone davanti a una cinquantina di dipendenti, molti con le lacrime agli occhi. La Regione, ha confermato che dal 15 novembre nello stabile aprirà comunque «un ambulatorio di continuità».



Scandalo di Ematologia: la Regione lo sa da due anni

Il Giornale del 02/11/2008 , articolo di Monica Bottino ed. Genova p. 41

Locali fatiscenti, un infermiere per 70 malati. Randazzo (Unione a Sinistra): «Avevo avvisato Burlando»Lo scandalo del degrado nell'ambulatorio di Ematologia al padiglione 5 del San Martino è noto all'assessorato alla Sanità della Regione da oltre due anni. Un lungo arco di tempo in cui, nonostante i numerosi appelli rivolti dai malati e dalle loro famiglie direttamente al presidente ldella Regione Claudio Burlando, nulla è stato fatto. Mentre sono migliaia i pazienti che ogni anno passano in quelle sale per ricevere cure all'avanguardia. «È il day hospital più grosso d'Italia - racconta Pietro Randazzo, dipendente del reparto e responsabile per la Sanità di Unione a Sinistra -, nonostante ciò si trova in condizione penose, proprio quelle che il Giornale ha descritto. Eppure io stesso più volte in qualità di rappresentante di un gruppo politico ho scritto e parlato con l'assessore Montaldo, che però non ha fatto nulla». Randazzo ha chiesto, presentando una vasta documentazione relativa ai numeri di pazienti assistiti, che si potesse dare uno spazio più consono all'ambulatorio che segue in questo momento almeno 4mila persone. «I medici sono soltanto tre, sempre in emergenza - spiega -, a volte quando mancano gli infermieri, sono loro stessi a fare i prelievi di sangue ai pazienti. Li ho visti molte volte». Randazzo testimonia di aver assistito, più di una volta, a situazioni drammatiche. «Ci sono mattine in cui alle 7 nel reparto ci sono già settanta pazienti e un solo infermiere per fare i prelievi - racconta -. Pensare che siano nel day hospital più all'avanguardia in Italia per curare il lupus erimatoso, una malattia autoimmune molto grave, per la quale Genova è un punto di riferimento a livello nazionale. I medici che lavorano in questo reparto sono specialisti che l'Italia ci invidia e fa male vederli lavorare in queste condizioni. Poi qui i medici dell'equipe del professor Michele Carella curano linfomi e leucemie». Randazzo racconta di aver invitato più volte l'assessore regionale alla Sanità ad andare in reparto per rendersi conto di persona di cosa accade pressoché ogni mattina. «Non è mai venuto», commenta amareggiato. «Eppure la situazione la conosce bene - continua Randazzo - perché più di un malato ha già scritto al presidente Burlando per fargli conoscere la situazione e chiedergli un intervento». Che non è arrivato. Adesso tutte le speranze sono riposte nel nuovo direttore generale Mauro Barabino, al timone da due mesi. «Eppure ha mandato un suo fiduciario a vedere il reparto - spiega Randazzo - è già qualcosa».
Foto: DAY HOSPITAL
Foto: Quello di Ematologia al padiglione 5 del S. Martino ha migliaia di malati



In servizio senza diploma valido,
assolte le infermiere panamensi

Il Gazzettino del 01/11/2008 ed. VENEZIA p. VIII

DAL 1999 AL 2001 AVEVANO LAVORATO IN VARIE CASE DI RIPOSO, MA IL TITOLO PROFESSIONALE NON ERA RICONOSCIUTO IN ITALIATutte assolte dall'accusa di esercizio abusivo della professione le 22 inferimere panamensi che, tra il novembre 1999 e l'aprile 2001, avevano prestato servizio in alcune case di riposo della provincia senza avere un titolo professionale riconosciuto in Italia. E assolta dall'accusa di truffa anche la presidente della cooperativa sociale "Florence Nightingale", che aveva fornito il personale alle case di riposo, Leyda Juana Macias Perez, di Favaro.
La sentenza è stata pronunciata giovedì sera dal giudice della sezione monocratica di Mestre, Rocco Valeggia, a conclusione di un processo particolarmente combattuto, nel quale la casa di riposo di Santa Maria dei Battuti, a Mestre, si era costituita parte civile con l'avvocato Elio Zaffalon. La Perez è stata assolta con formula piena perché il fatto non sussiste; le 22 infermiere con la stessa formula, ma perché non è stata raggiunta la prova piena. Le imputate erano difese dagli avvocati Matteo Garbisi, Alessandro Rampinelli, Francesco Schioppa e Francesco Strano.
Il caso era scoppiato nella primavera del 2001 a seguito di un controllo effettuato dal Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri, i quali contestarono al personale extracomunitario di operare abusivamente, in quanto il titolo professionale acquisito a Panama non era stato ancora riconosciuto in Italia dal ministero della Sanità. Al processo è emerso che le case di riposo erano consapevoli del problema e avevano accettato il personale (peraltro altamente qualificato) per far fronte ad una situazione di emergenza: nessuna truffa, insomma, da parte della cooperativa. Nel frattempo il titolo professionale di Panama è stato riconosciuto dal ministero: le 22 infermiere, però, dopo l'intervento dei Nas furono costrette a lasciare il lavoro.



Farmaco letale, infermiere indagato

Il Gazzettino del 31/10/2008 ed. PADOVA p. 1

Si chiamava Giovanni Rinaldi. Aveva sessantanove anni. Era stato ricoverato nel reparto di Neurologia dell'ospedale di Cittadella. Sospetta epilessia, questa la diagnosi di ingresso. Il 13 maggio scorso è morto. Ucciso da una iniezione di anestetico somministrata da un quarantenne infermiere. Per mesi l'indagine avviata dalla Procura e affidata al pubblico ministero Federica Baccaglini è rimasta nell'ombra. Un gesto negligente, dettato dall'imperizia, oppure qualcosa di peggio? L'infermiere, che da tempo era tenuto sotto controllo dalla dirigenza sanitaria, è stato spostato di reparto. È formalmente indagato. Gli accertamenti medico legali e tossicologici sono stati affidati dal magistrato al professor Massimo Montisci e al tossicologo Santo Davide Ferrara dell'Istituto di Medicina legale dell'Università patavina. I due coroner sono stati affiancati dalla dottoressa Alessandra Rossi, consulente dei congiunti della vittima. Le analisi hanno confermato la mortale somministrazione di un farmaco utilizzato in anestesia.
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Cittadella Ad ucciderlo è stata una iniezione di ...

Il Gazzettino del 31/10/2008 ed. VICENZA p. IX

Cittadella
Ad ucciderlo è stata una iniezione di anestetico. Somministrata in dose letale da un infermiere in servizio nel reparto. Si trattò di negligenza e imperizia nell'esercizio del servizio sanitario, oppure di un intervento "estemporaneo" finalizzato ad evitare che il paziente, ricoverato con un sospetto quadro di epilessia, se ne stesse buono e tranquillo a letto? Nel primo caso si profilerebbe l'omicidio colposo, nel secondo caso il reato ipotizzabile sarebbe ben più grave.
Si chiamava Giovanni Rinaldi. Aveva sessantanove anni. Abitava a San Giorgio in Bosco. Era il 13 maggio scorso. Portato al pronto soccorso dell'ospedale di Cittadella, era stato dirottato nel reparto di Neurologia diretto dal professor Giuseppe Didonè. Gli avevano fatto una flebo. Ma cosa conteneva? Un farmaco che non ci sarebbe dovuto essere, utilizzato in anestesia. E in un lampo l'uomo era passato dal torpore alla morte.
Immediatamente i sospetti del primario si erano concentrati sull'infermiere quarantenne. Era da tempo che lo tenevano d'occhio. La relazione del direttore del reparto era stata trasmessa alla direzione sanitaria che aveva girato il tutto alla Procura della Repubblica. Il fascicolo era stato affidato al sostituto procuratore Federica Baccaglini. Il pubblico ministero non aveva perso tempo e aveva disposto accertamenti autoptici immediati. L'incarico era stato affidato al professor Massimo Montisci e al tossicologo Santo Davide Ferrara dell'Istituto di Medicina legale dell'Università patavina. Gli esami - ai quali ha assistito anche la dottoressa Alessandra Rossi, in qualità di consulente nominato dall'avvocato Alberto Pellizzari che tutela la famiglia Rinaldi - hanno confermato che a provocare il decesso è stata la somministrazione per via endovenosa dell'anestetico in dose letale.
In anestesia viene solitamente usata una miscela di farmaci di varia azione che garantiscono contemporaneamente l'ipnosi (il sonno profondo), l'analgesia (assenza di dolore) e il rilasciamento muscolare. Tra gli anestetici che vengono somministrati per endovena allo scopo di portare il paziente allo stato molto vicino al coma (ma reversibile) i più utilizzati sono il tiopentale, che appartiene alla famiglia dei barbiturici, e i derivati dei curari, che provocano la progressiva paralisi dei muscoli, compreso il diaframma, per cui il paziente non è più in grado di respirare e dev'essere ventilato artificialmente.
L'infermiere sottoposto ad indagine, nel frattempo, è stato trasferito dal reparto. Il primario di Neurologia, interrogato come persona informata sui fatti nell'ambito dell'indagine preliminare, ha usato parole dure nei confronti del sanitario. Il pubblico ministero attende dai medici legali il deposito della relazione tecnica sugli accertamenti autoptici e tossicologici prima di formalizzare l'ipotesi di reato. Va aggiunto che in letteratura medica vi sono pochissimi casi di decesso provocato dalla somministrazione colposa e negligente di anestetici.
Gabriele Coltro



Paziente muore per l'iniezione sbagliata
Infermiere indagato

Il Gazzettino del 31/10/2008 ed. NAZIONALE p. 6

PADOVA - Si chiamava Giovanni Rinaldi. Aveva sessantanove anni. Era stato ricoverato nel reparto di Neurologia dell'ospedale di Cittadella. Sospetta epilessia, questa la diagnosi di ingresso. Il 13 maggio scorso è morto. Ucciso da una iniezione di anestetico somministrata da un quarantenne infermiere. Un gesto negligente, dettato da imperizia, oppure qualcosa di peggio? L'infermiere è stato spostato di reparto. È formalmente indagato. Gli accertamenti medico legali e tossicologici sono stati affidati dal pm Federica Baccaglini al professor Massimo Montisci e al tossicologo Santo Davide Ferrara dell'Istituto di Medicina legale dell'Università patavina. Le analisi hanno confermato la mortale somministrazione di un farmaco utilizzato in anestesia. Il pubblico ministero attende il deposito della consulenza medico legale prima di procedere alla contestazione formale dell'ipotesi di reato.



Ospedali di Forlì e Scutari Cresce la collaborazione

Corriere di Romagna del 02/11/2008 ed. Forlì p. 9

FORLÌ. Sviluppo e cooperazione internazionale anche in medicina. Nell'ambito del progetto di collaborazione fra l'ospedale "Morgagni-Pierantoni" e l'ospedale di Scutari, l'Unità operativa di Chirurgia e terapie oncologiche avanzate dell'Ausl di Forlì, diretta da Giorgio Maria Verdecchia, ha ospitato una delegazione albanese composta dal chirurgo Ardjan Dajti, il ginecologo Senad Hallunaj, e due infermieri, Lucjana Kapcani e Valbona Osmanaga, organizzando per loro un corso teorico-pratico di tecniche laparoscopiche di base. L'iniziativa, diretta da Giorgio Maria Verdecchia e programmata da Davide Cavaliere, assistito nel tutoraggio da Massimo Framarini per la parte operatoria e coadiuvato dal coordinatore infermieristico Vanni Cuni e dall'infermiera Rita Botoli per la parte infermieristica, è stato incentrato sui vari aspetti organizzativi, teorici, e pratici specifici dell'a pproccio chirurgico mini-invasivo nella patologia addominale elettiva e d'urgenza. Ampio spazio è stato dato alla pratica operatoria mediante l'utilizzo di modelli anatomici per la simulazioni di procedure chirurgiche laparoscopiche. La didattica infermieristica, invece, si è volta prevalentemente nel blocco chirurgico, sotto la supervisione del coordinatore Vanni Cuni, che ha organizzato anche le visite alla centrale di sterilizzazione e alle strutture di degenza dell'ospedale, mostrando i percorsi dei pazienti trattati e lo strumentario utilizzato. I professionisti albanesi hanno quindi trascorso cinque giorni a stretto contatto con gli infermieri e i medici dell'equipe forlivese. «E' st ato uno stage molto intenso racconta il dottor Dajti - A inizio 2008, il nostro ospedale ha acquistato la tecnologia per eseguire tale tipo di interventi con questo moderno tipo di approccio, ma nessuno di noi aveva il know-how necessario. Così, approfittando del rapporto molto amichevole che ci lega ormai da anni all'ospedale "Morg agni-Pierantoni" di Forlì, ci siamo rivolti, come fatto in precedenza da altri nostri colleghi, al professor Verdecchia per conoscere e imparare questa metodica chirurgica». I quattro ospiti hanno poi espresso la loro sincera gratitudine per l'opportunità di migliorare il proprio bagaglio di conoscenze, facendo tesoro di quanto appreso da una realtà che funziona e che li sostiene. «Queste iniziative di cooperazione allo sviluppo - dichiara Verdecchia sono oggi una necessità: lavorare insieme, fianco a fianco, ognuno con le proprie forze ma anche con la positiva volontà di perseguire un bene comune collettivo, è un obbligo». I rapporti tra gli ospedali di Forlì e Scutari sono iniziati nel 2003 e stanno continuando al fine di garantire una sempre miglior formazione degli operatori sanitari, che si concretizza in un'a lternanza tra soggiorni in loco dell'equipe forlivese e accoglienza in Italia dei professionisti albanesi. Sostanziali i contributi del Lions Club Forlì Host e della Caritas forlivese nella realizzazione di questa cooperazione. Tale percorso rientra tra l'altro fra le finalità che si è dato il Centro studi aziendale su volontariato e solidarietà, costituito in seno all'Azienda nel giugno 2007, per dare un contributo alle sfide globali della modernità, abbattendo barriere ideologiche, politiche, economiche e culturali.



Attacco ai Karen, presa la clinica di Popoli

Corriere di Verona del 02/11/2008 ed. VERONA p. 9

Nerozzi: «La ricostruiremo, ma in un'altra zona. Lì per noi ormai è finita»VERONA - Due mesi. Ci hanno messo due mesi, ma alla fine se la sono presa. Non c'è più quella clinica intitolata a Carlo Terracciano, ideologo della destra radicale, che da anni operava in una parte del mondo che in molti non vogliono vedere. E che altrettanti non vogliono far vedere. Quella regione della Thailandia dove vive il popolo Karen, dodici milioni di persone in maggioranza di religione buddista, che da anni il governo birmano sta cercando di cancellare, con la pulizia etnica.Si è preso anche la clinica creata e finanziata dalla comunità solidarista Popoli, il governo birmano. E se l'è presa nella maniera peggiore. Con due mesi di agguati, bombardamenti e colpi di mortaio. Come si è preso la terra Karen, il governo birmano. E la clinica di Popoli che era l'unico punto di riferimento sanitario per migliaia di persone, non c'è più. L'hanno dovuta lasciare anche quei sette infermieri che da due mesi, nonostante gli attacchi, garantivano l'assistenza sanitaria con una quarantina di visite al giorno. La malaria, le infezioni. Ma anche le ferite di quei colpi di mortaio. «Per noi è finita », ammette il fondatore di Popoli, Franco Nerozzi. «Con la clinica si è chiusa una parte del nostro percorso». Con quella clinica. Ma non con quello che non è più solo un progetto, ma una realtà consolidata per l'etnia Karen. Ci sono le parole di Terracciano, che erano impresse all'ingresso, a non far finire nulla. «Non l'impegno di un giorno o di un anno, ma la determinazione di tutta una vita». «La riapriremo - conferma Nerozzi - . Non sarà lontana da quella che non c'è più, ma ormai quella zona per noi è inaccessibile. Per fortuna i ragazzi che ci lavoravano sono riusciti a uscire dall'accerchiamento. Hanno salvato la farmacia e gli strumenti. Ma non sappiamo dove si trovano adesso ». Non ha perso solo la clinica, Popoli. Anche due scuole che erano nella stessa zona, il distretto di Dooplaya, sono state probabilmente distrutte.«Non ne sappiamo più nulla. Ma una è quasi certamente stata bruciata. Abbiamo notizie frammentarie, perchè non riusciamo a metterci in contatto con nessuno». A parlare di quello che sta succedendo ai Karen è il colonnello Nerdah Mya, che comanda la resistenza. «Oggi abbiamo perduto una battaglia, come molte volte è successo in tanti anni di guerra, soltanto perchè i ragazzi non avevano risorse suffinienti. Ma siamo ancora qui, sulla nostra terra. Pronti come sempre a rialzarci in piedi di fronte all'invasore».Sono mesi, ormai, che il governo birmano, ha stretto il cerchio. Che ha dato un giro di vite a una repressione che dura da una sessantina d'anni. Nel territorio in cui opera Popoli l'esercito ha iniziato gli attacchi più serrati a fine agosto. Già allora la clinica Terracciano era stata evacuata. E qualche mese prima i colpi di mortaio hanno ucciso un infermiere e danneggiato la struttura. Ma la «determinazione di una vita» non è andata persa. E gli infermieri torneranno. «No, non molliamo», conferma Nerozzi.Angiola Petronio La struttura L'ingresso della clinica nel distretto di Dooplaya e alcuni pazienti



Poliambulatorio, riattivato il servizio prelievi

Gazzetta del Sud del 01/11/2008 ed. SIRACUSA p. 45

Portopalo È stato riattivato ieri mattina il servizio prelievi al Poliambulatorio di Portopalo dopo che era stato temporaneamente sospeso per carenza di personale infermieristico. La contemporanea assenza dal servizio di due infermieri, infatti, aveva ridotto il personale costringendo l'Azienda alla sospensione momentanea del servizio prelievi a Portopalo. Gli utenti hanno potuto fare riferimento all'ambulatorio di Pachino. A consentirne la riapertura, ponendo così fine ai comprensibili disagi arrecati per circa un mese ai portopalesi, è stata l'assegnazione da parte della Direzione aziendale di un'altra infermiera che in un primo momento ha lavorato as Pachino per smaltire il tanto lavoro accumulato a causa della serrata dei laboratori i analisi.



La Uil annuncia sit-in in Consiglio regionale

Gazzetta del Sud del 01/11/2008 , articolo di Mariangela Viglianisi ed. REGGIO CALABRIA p. 30

Ospedali che si riempiono di precari. Con medici e infermieri co.co.pro, ossia assunti con collaborazioni continuative e coordinate, anche se passano giorni e notti in corsia.
Una sorta di ingaggio a prestazione osteggiato dalla mobilitazione dei sindacati, contro la diffusione del precariato tra i camici bianchi: «Operazione che interessa in particolare per 51 medici e 87 tra infermieri e personale vario, impiegati presso gli Ospedali Riuniti - ha informato Nuccio Azzarà, segretario provinciale Uil-Fpl -,fondamentali al funzionamento del nosocomio cittadino. L'accordo tra Giunta regionale e sindacati confederali sulla stabilizzazione di queste figure professionali, facendo leva su alcuni punti della Finanziaria, ci aveva portato una boccata d'aria. Ma adesso torna tutto al punto di partenza». Cosa ha bloccato il cammino verso la stabilizzazione delle unità? Tre anestesisti hanno fatto ricorso al Tar per mettere in discussione la forma di assunzione. «Poiché - sostiene Azzarà - secondo quanto affermato dai medici attraverso i loro legali, essendo equiparabile ad un concorso, occorreva prima dare forma alla mobilità interregionale. In sostanza contestano l'atto deliberativo». Il Tar ha accolto il ricorso, sospendendo l'efficacia della delibera e quindi il procedimento di stabilizzazione avviato in concertazione dai diversi direttori generali. «Un interesse egoistico - ha chiosato Azzarà -, va a mettere in discussione molteplici realtà della sanità calabrese».
La Uil-Fpl «non poteva assistere senza fare niente». Da qui la scelta di confronto tra il segretario Azzarà e il gruppo dei medici e infermieri precari, svoltasi presso la stessa Azienda ospedaliera . «È veramente un colpo duro inferto al nostro ospedale - ha considerato il sindacalista - che, oltretutto, ha il minor numero di personale impiegato in rapporto ai posti letto. Abbiamo bisogno di voi - ha sottolineato rivolgendosi ai precari - , l'Azienda non può sopportare un'eventuale vostra assenza, in quanto su di voi reggono importanti unità operative».
In primis, specifica Azzarà, andrebbe a chiudere i battenti il pronto soccorso, in cui questo tipo di contratto a progetto regola molti rapporti professionali. «Su 180 mila cittadini , il pronto soccorso ha offerto ben 100 mila prestazioni. È un punto di riferimento indiscutibile». Sebbene il direttore Leo Pangallo, che proprio in questi giorni ha presentato le sue dimissioni, ha ribadito che la situazione è sotto controllo e che la proroga per i precari continuerà, Azzarà anticipa i tempi con preoccupazione. «Tale proroga sussiste nella prospettiva di una stabilizzazione futura. Venendo meno questa, potrebbe mancare anche la proroga». A questo riguardo, per il segretario Uil, la situazione è chiara: per superare il Tar necessita un'iniziativa della Giunta regionale. «Oggi costituiamo nella Uil un coordinamento precari che seguirà direttamente la vicenda. E ci faremo sentire mercoledì prossimo quando ci sarà Consiglio regionale, se necessario anche con un sit-in di protesta».
I precari chiedono di «essere ricevuti da presidente Loiero, altrimenti rischiano di venire meno i minimi livelli assistenziali».



L'infermiere che viene a casa

Giornale di Brescia del 01/11/2008 p. 13

L'edificio dell'Asl in via Paganini Gli ambulatori infermieristici dell'Asl di Brescia possono fornire, a richiesta e quando se ne ravvisa la necessità, prestazioni a domicilio. Questa è la risposta alle rimostranze del signor Giovanni, che ha contattato Pronto Giornale di Brescia e ha scritto anche una lettera per segnalare un suo disagio. Servizio ridimensionato «Abito nel quartiere Sant'Anna - racconta -, dove in via Paganini una palazzina è adibita a distretto sanitario. Un tempo lì aveva sede un ambulatorio infermieristico dove tutti i giorni feriali - precisamente un'ora tutte le mattine - era possibile richiedere varie prestazioni. Si poteva ad esempio provare la pressione, richiedere iniezioni o la medicazione di piaghe. Circa tre anni fa il servizio da comunale è diventato di pertinenza dell'Asl ed è stato ridimensionato. Ora l'ambulatorio è aperto solo il giovedì e decine e decine di anziani bisognosi di assistenza sono stati lasciati senza un valido punto di riferimento». Il signor Giovanni spiega di essersi informato: a Brescia l'unico ambulatorio per eseguire le iniezioni il mattino tutti i giorni «è disponibile presso la Croce Rossa italiana, vicino alla stazione ferroviaria. Chi non ha la fortuna di potersi avvalere di un familiare o di un vicino di casa disponibile a fare le iniezioni - conclude - si deve rivolgere a delle signore non infermiere che vengono a domicilio, facendosi pagare 4 o 5 euro per iniezione. Ma il bilancio di un pensionato con una disponibilità economica di 700-800 euro al mese, non permette di avvalersi di un servizio privato. E chi si trova nelle condizioni di non poter uscire di casa per una malattia come può fare?». In effetti l'ambulatorio infermieristico di via Paganini è gestito dall'Asl di Brescia già da molti anni. A partire dal gennaio 2006 - spiega la stessa Azienda sanitaria - dopo un'adeguata comunicazione al presidente della Circoscrizione, si è proceduto ad una razionalizzazione dell'attività di tutti gli ambulatori infermieristici siti nel territorio della ex Terza Circoscrizione. Un'analisi della frequenza delle prestazioni erogate dal servizio ha infatti imposto un ridimensionamento del calendario di apertura dei singoli ambulatori della zona, che sono stati riorganizzati in funzione delle effettive necessità raccolte sul territorio. Ciò ha comportato una riduzione degli orari/giorni di apertura al pubblico, mantenendo tuttavia lo stesso numero di sedi di erogazione. Assistenza domiciliare È vero che l'ambulatorio di via Paganini è aperto solo il giovedì, ma in altri giorni della settimana sono a disposizione l'ambulatorio di Collebeato (martedì), quello del Villaggio Badia (giovedì) e di via Violino di Sopra (venerdì). Questo intervento ha consentito una maggiore disponibilità di personale infermieristico da dedicare ai casi più gravi e seguiti in assistenza domiciliare integrata. Chi ha difficoltà a raggiungere gli ambulatori, come i pazienti anziani, quelli non autosufficienti o chi è costretto a letto da una temporanea malattia, può contattare il personale infermieristico degli ambulatori e richiedere il loro l'intervento direttamente al proprio domicilio. mcr ©


Pronto soccorso a rischio blocco

Il Centro del 02/11/2008 ed. Edizione unica regionale p. 30

LANCIANO. Il pronto soccorso dell'ospedale di Lanciano ha rischiato la paralisi totale durante lo sciopero indetto venerdi dagli infermieri. Un fatto da Procura della Repubblica, secondo il Nursind, il sindacato di categoria che aveva proclamato la protesta, e che accusa la direzione di non aver attuato le iniziative previste per «garantire le cure minime indispensabili» agli assistiti, cioé la definizione delle presenze da assicurare. «Da una verifica della direzione nazionale del Nursind», dice il segretario provinciale, Enrico Del Villano, «si è venuto a sapere che presso il pronto soccorso di Lanciano non c'è stata né informativa sulla contingentazione né precettazioni. Tutti gli infermieri avrebbero potuto scioperare», aggiunge Del Villano, «provocando drammatiche conseguenze per l'utenza del servizio». In realtà pare che ad astenersi dal lavoro sia stato un solo infermiere. Ma questo non ha evitato che scattassero alcune emergenze, per far fronte alle quali è stato necessario richiamare in servizio personale che avrebbe dovuto coprire il turno di notte e via arrangiandosi. Il tutto, dice il Nursind, a causa del «modus operandi disorganizzato» della direzione del servizio. E siccome i rischi sono alti, non si esclude un esposto alla procura. (w.n.)



I precari da ieri fuori da reparti e laboratori

Il Centro del 02/11/2008 ed. Edizione unica regionale p. 30

La Asl costretta a chiudere i contratti dal decreto BrunettaLANCIANO. Dovevano essere stabilizzati con contratti a tempo indeterminato, alcuni con oltre 10 anni di lavoro alle spalle, invece da ieri sono ufficialmente a casa, disoccupati, i 27 precari della Asl Lanciano-Vasto. I 10 lavoratori i cui contratti sono scaduti a giugno e i 17 che hanno lasciato ieri corsie e laboratori (3 infermieri, 11 tecnici di laboratorio, 3 collaboratori) saranno sostituiti da altri precari. Questa la scelta, obbligata, della dirigenza dell'azienda che continua a contestare il blocco delle procedure imposto dai funzionari regionali. Una speranza di continuare a lavorare i precari l'avevano: magari la Asl seguiva le orme dell'azienda sanitaria di Avezzano-Sulmona che, nei giorni scorsi, ha prorogato alcuni contratti.Speranza vana, perché nel frentano la situazione è diversa: non possono essere effettuate altre proroghe altrimenti si superano i limiti imposti dal decreto Brunetta. «In attesa che in Regione risolvano i problemi normativi che bloccano la stabilizzazione dei precari e la redazione del nuovo piano assunzioni», ricorda il direttore sanitario, Antonello Maraldo, «si lavora sulle nuove graduatorie per non fermare l'attività». In particolare le graduatorie dei tecnici di laboratorio, quasi la metà dei precari, e degli infermieri. Quella dei tecnici è pronta, dopo non poche difficoltà visto che solo 7-8 hanno le caratteristiche per poter lavorare, ovvero non aver superato i 3 anni di attività nella stessa azienda negli ultimi 5 anni,come previsto dalla legge. I 4 tecnici che mancano all'appello saranno sostituiti dal personale in servizio e dalla tecnologia, ovvero saranno immessi in rete i dati inviati dai laboratori in modo che possono essere redatti i referti anche da medici che sono in sedi diverse rispetto a quella in cui è stato effettuato l'esame.In questo modo la Asl spera di evitare che ci siano ritardi nella consegna delle risposte delle analisi generiche, di quelle dell'anatomia patologica e della citologia. Da definire la graduatoria degli infermieri. Sono 3 i posti a disposizione e 224 le domande pervenute alla Asl. (t.d.r.)



«Ospedale, pochi infermieri»

Il Centro del 01/11/2008 ed. Edizione unica regionale p. 20

Cisl e Uil sollecitano la Asl a nominare il direttore sanitario - I SINDACATI «Mancano anche le medicine»SULMONA. «Mancano gli infermieri, mancano le medicine, ma non sappiamo a chi rivolgerci perché nel nostro ospedale non esiste la direzione sanitaria.E se proviamo a telefonare nella sede centrale di Avezzano il telefono è sempre occupato». Una nave alla deriva e senza nocchiero è l'ospedale di Sulmona che da mesi va avanti senza il direttore sanitario. La denuncia arriva dalle corsie, dagli infermieri, ma soprattutto dai primari, quei pochi che sono rimasti e che ogni giorno sono costretti a fare i salti mortali per garantire la regolare assistenza ai ricoverati. Una situazione che anche secondo i sindacati, è arrivata al limite della sopportazione e che rischia di esplodere da un momento all'altro.«Non è possibile che in un ospedale come Sulmona da mesi, manchi il direttore sanitario», afferma Flavio Piscitelli della Cisl, «come se le barche navigassero senza capitano. Senza la guida che giornalmente riesca a mandare avanti l'attività della struttura sanitaria. Dall'"Olimpo" ci hanno detto che devono pensarci i primari e i capi dipartimento a sbrigare le situazioni di ordinaria amministrazione e di logistica. Ma anche quelli, in molti reparti non ci sono. Ci chiediamo come si può risolvere una situazione che ogni giorno diventa sempre più pesante». Fino a qualche mese fa la direzione sanitaria era nelle mani di Tonio De Biase che riusciva a garantire in maniera più che soddisfacente la regolare attività dell'ospedale.Ma subito dopo la vicenda degli scarafaggi e delle infiltrazioni di acqua piovana nel pronto soccorso esplosa nel corso della visita in ospedale dell'ex ministro, Livia Turco, durante la scorsa campagna elettorale, De Biase è stato messo da parte. Da quel momento il timone della nave è passato, ad interim, nelle mani del direttore sanitario generale, Edoardo Romoli, il quale dopo alcune fugaci apparizioni in Valle Peligna, a detta dei sindacati, sembrascomparso dalla circolazione. Almeno è quanto sostengono sindacati e primari. «Non riusciamo a contattarlo nemmeno per telefono», incalzano alcuni dirigenti medici, «e tutto si ripercuote sulla nostra attività». E se sono in difficoltà i reparti che hanno il primario, figuriamoci quelli senza. Ginecologia, oculistica, ematologia, pediatria e oncologia da tempo sono senza responsabile. E non si sa per quanto tempo ancora lo saranno visto che dal ministero del Tesoro hanno bloccato tutte le assunzioni negli ospedali. «Il direttore generale ha detto che dovranno pensarci i capi dipartimento a far funzionare i reparti», interviene Angelo Amori della Uil, «ma ditemi cosa ne sa il pur bravo Gianvincenzo D'Andrea, responsabile del reparto di rianimazione e capo dipartimento del settore chirurgico, di come ci si organizza in oculistica. O Paolo Santarelli, stimato ginecologo di come funziona il reparto di pediatria. «La verità», conclude Amori, «è che manca totalmente una programmazione sanitaria e presto ne pagheremo le conseguenze».Claudio Lattanzio



Un progetto condiviso tra medici e infermieri

Il Giornale di Vicenza del 03/11/2008 p. 16

La medicina del S. Bortolo - 14 medici, 3 caposala, 54 infermieri, una quarantina di operatori socio-sanitari, 8 mila visite ambulatoriali, 3 mila ricoveri all'anno, 84 posti-letto (la metà di Trevi- so ma una popolazione dop- pia) costantemente occupati al 100 per cento, una degen- za media di quasi 11 giorni - non è più un concentrato di cure internistiche genera- lizzate. Ora è una struttura tridimensionale in relazione al disturbo del paziente. La rivoluzione è stata pensata e diretta dal primario prof. Giorgio Vescovo 55 anni, ve- neziano, professione vissuta nella ricerca in Belgio e negli Usa prima di approdare alla carriera ospedaliera ad Adria e di proseguirla dal 2002 a Vicenza. È anche reduce dal grave incidente -un'auto guidata da un missionario lo ha travolto sulle strisce nei pressi dell'ospedale fratturandogli le gambe - di cui porta tuttora i segni. La nuova organizzazione è anche il frutto di una integrazione collaborativa fra medici e infemieri, costruita su un lungo lavoro di formazione che - dice il direttore sanitario Eugenio Fantuz - ha portato nuovo slancio. E ha orientato il reparto - aggiunge il direttore medico Livo Dalla Barba - in quella direzione in cui sta evolvendo la sanità, con la caratteristica - lo precisa la responsabile dell'ufficio infermieristico Marisa Padovan - di personalizzare la cura, dando al paziente ciò che serve, di assicurare la totale presa in carico del malato, e infine di accentuare l'umanizzazione. F.P.


Flebo-killer, trasferito l'infermiere indagato

Il Mattino di Padova del 01/11/2008 ed. Nazionale p. 30

CITTADELLA. Un episodio singolo, circoscritto. E, comunque, «l'infermiere sul cui comportamento si indaga non lavora più in corsia, fa lavoro d'equipe». Il direttore generale Usl 15 Francesco Benazzi prova a tranquillizzare l'ambiente, scosso dal caso della morte Giovanni Rinaldi, 69 anni, di San Giorgio in Bosco, ucciso da una iniezione di anestetico somministrata da un infermiere all'ospedale di Cittadella. Un fatto verificatosi il 13 maggio. Benazzi ribadisce: «L'episodio su cui sta indagando la magistratura non dipende da noi, è rimasto unico, non ci sono stati altri casi di questo tipo. Tutti i documenti sono stati consegnati alla magistratura». Il pm attende dai medici legali il deposito della relazione tecnica sugli accertamenti autoptici e tossicologici prima di formalizzare l'ipotesi di reato. Si trattò di negligenza e imperizia nell'esercizio del servizio sanitario, oppure di un intervento «estemporaneo» finalizzato a evitare che il paziente, ricoverato con un sospetto quadro di epilessia, se ne stesse buono e tranquillo a letto? Nel primo caso si tratterebbe di omicidio colposo, nel secondo caso il reato ipotizzabile sarebbe ben più grave. Sta di fatto che l'infermiere in questione, A. S., 40 anni, è stato spostato di reparto: «Ora - ribadisce il direttore generale - fa parte del gruppo operatorio dell'area chirurgica, quindi non gestisce più direttamente i pazienti». Un trasferimento cautelare deciso su richiesta del primario della Neurologia Giuseppe Didonè. È stato proprio lui a far scattare l'inchiesta con una relazione sull'operato dell'infermiere trasmessa alla Direzione sanitaria che, d'ufficio, ha inviato la segnalazione in Procura. (s.b.)



Kosic: sanità, la nostra regione è al top

Il Piccolo di Trieste del 03/11/2008 ed. Nazionale p. 6

L'assessore: «In Italia primi nel rapporto infermieri-abitanti»TRIESTE Questione di risorse ma non solo. La Giunta regionale non ci sta a fare la parte del bersaglio e replica all'allarme lanciato dal segretario regionale della Cgil Funzione Pubblica, Alessandro Baldassi, secondo cui mancano 1.300 addetti nel settore sanitario, di cui 800 infermieri. Situazione drammatica? Non secondo l'assessore alla sanità, Vladimir Kosic, secondo cui «i dati dicono che il Friuli Venezia Giulia è la regione in Italia che ha il più alto rapporto tra infermieri e abitanti». L'assessore ammette che «inevitabilmente non c'è una distribuzione adeguata sul territorio» affermando che «sono necessari interventi strutturali per adeguare la situazione rispetto alle necessarie esigenze». Aziende Sanitarie come quelle del Medio Friuli e del Friuli Occidentale hanno effettivamente qualche sofferenza rispetto alla dotazione di personale, in particolare infermieristico, ma nel complesso la nostra Regione sta meglio di altre. Il vulnus, secondo l'assessore, è soprattutto a livello formativo: «Il problema non è più di tanto la mancata assunzione di infermieri - sostiene Kosic - quanto l'assenza di queste figure professionali. Non ci sono infermieri, occorre intervenire quindi sul piano formativo prima ancora di aggiungere risorse per assumere personale». Insomma, se la Regione non riesce, come accusa la Cgil, a rispettare la previsione di 400 assunzioni nel 2008 (attualmente siamo a quota 142) il problema non risiede nella volontà dell'amministrazione. «E' una vecchia polemica, - sostiene Kosic - cinque anni fa chi era al mio posto diceva le stesse cose». Da qui all'approvazione della Finanziaria comunque c'è tempo e modo per incontri e tentativi di mediare e magari spostare qualche altra risorsa anche se l'assessore al bilancio Sandra Savino non lascia trasparire grandi possibilità sotto questo aspetto: «Le linee di bilancio sono state tracciate, - dichiara - le entrate sono quelle che sono e ed è inutile fare demagogia. La sanità non ha colore politico, ci si investe per fare il bene di tutti e quindi è chiaro che le risorse che vengono destinate sono il massimo possibile». Difficile quindi prevedere di portare più di quei 61 milioni aggiuntivi rispetto all'anno passato. La sanità si porta a casa circa 2,2 miliardi di euro, in pratica la metà del bilancio regionale con un incremento del 3%: «Questi sono gli strumenti che abbiamo: la popolazione invecchia sempre più e il costo dei farmaci aumenta. - aggiunge la Savino - Siamo nel bel mezzo di una crisi economica mondiale e quindi cerchiamo di ottimizzare le risorse tenendo conto di un equilibrio di bilancio che ci porta a investire in quei settori che stanno soffrendo di più, come ad esempio la famiglia a cui destiniamo 22 milioni che sono certo pochi». Secondo l'assessore al bilancio la Cgil «fa il suo gioco ma è altrettanto chiaro che è abbastanza semplice dire che le cose non vanno bene. Ripeto, le entrate sono queste e questo è il massimo che possiamo fare in questo momento».



Day hospital chiusi per sciopero

Il Piccolo di Trieste del 01/11/2008 ed. Gorizia p. 2

Iniziativa del Nursind: «Su 720 infermieri in organico ne mancano 70» - Chiesto il potenziamento del personale negli ospedali di Gorizia e MonfalconeSono circa 650 gli infermieri attualmente all'opera negli ospedali di Gorizia e Monfalcone. E secondo le statistiche dei sindacati per poter lavorare con serenità e senza affanni servirebbero almeno una sessantina di operatori in più. Secondo alcune stime, addirittura 70. Settecentoventi complessivi, insomma. Tradotto in percentuale, significa che manca un buon 10% di personale infermieristico. Numeri, assolutamente preoccupanti, che hanno fatto da sfondo allo sciopero degli infermieri proclamato ieri dal Nursind. Davanti all'ospedale civile, il segretario provinciale Luca Petruz e i suoi collaboratori hanno effettuato uno scrupoloso volantinaggio, spiegando a utenti, pazienti e passanti le ragioni dell'iniziativa. «L'adesione da parte dei colleghi è stata significativa, a riprova che il nostro sindacato ha un buonissimo seguito nell'Azienda sanitaria isontina - sottolinea Petruz -. Ebbene, i day hospital di medicina e di chirurgia dell'ospedale civile di Gorizia sono rimasti chiusi mentre i medesimi servizi nel nosocomio di Monfalcone hanno lavorato a ranghi ridotti. Nelle sale operatorie, poi, sono stati effettuati solamente gli interventi urgenti mentre quelli programmati sono stati rimandati. Anche al centro prelievi il personale era decimato vista l'adesione al nostro sciopero».Molte le richieste dei sindacati: dalla rivalutazione sostanziale dello stipendio all'aumento («Vanno triplicati») degli accessi a Scienze infermieristiche, dall'adeguamento del numero di infermieri alla media europea al riconoscimento del lavoro degli infermieri come usurante. «Inoltre - la sottolineatura - puntiamo alla detassazione della remunerazione delle ore straordinarie come previsto per i lavoratori dipendenti del privato. Inoltre chiediamo di chiudere positivamente il contratto della sanità privata fermo ormai da 33 mesi».Da ricordare anche le statistiche elaborate nei mesi scorsi dallo stesso sindacato delle professioni infermieristiche. «È stata di recente stilata la classifica dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per quanto riguarda il numero di infermieri ogni 1.000 abitanti - aveva evidenziato Luca Petruz -. L'Italia, con 5,44 operatori ogni mille residenti, risulta al quarantesimo posto, dietro a Paesi quali il Turkmenistan, il Kyrgyzstan o il Kazakhstan. Al cinquantesimo posto, con 5,04 Infermieri ogni 1000 abitanti, si è classificato il Gabon. Dietro al Gabon, teoricamente, potrebbe trovar posto - la sottolineatura di Petruz - la provincia di Gorizia, con i suoi 4,6 infermieri ogni 1.000 abitanti (dato riferito ai dipendenti pubblici dell'Ass isontina). I cittadini goriziani fanno bene a lamentarsi della poca assistenza che ricevono in ospedale, o nei distretti, o al pronto soccorso, ma forse sbagliano quando se la prendono con gli infermieri, pochi numericamente e spremuti come limoni (i numeri non mentono)». (fra. fa.)



«Il cambio turno deve far parte dell'orario»

Il Tirreno del 01/11/2008 ed. Lucca p. 3

Protestano gli infermieri del reparto di rianimazioneLUCCA. Con una lettera indirizzata ai responsabili dell'Asl 2 gli infermieri della Rianimazione mettono in evidenza la differenza di trattamento lavorativo rispetto ad altre Asl limitrofe per quanto riguarda la continuità assistenziale e precisamente il periodo che intercorre tra il personale che termina l'orario di servizio ed il personale che prende servizio all'interno dell'unità operativa.Gli infermieri non chiedono nessun tipo di pagamento ma solo il riconoscimento dell'orario di lavoro per 10 minuti prima dell'inizio del turno e 10 minuti dopo la fine dello stesso.«È inaccettabile infatti - dice il sindacato Nursind - che oramai quasi solo nell'Asl di Lucca tale periodo non sia riconosciuto a tutti gli effetti come orario di lavoro. Gli infermieri utilizzano da molto tempo lo strumento della cartella infermieristica per registrare tutto quanto concerne le condizioni di salute del paziente/utente ma è dall'origine dell'assistenza che è parte integrante del lavoro dei professionisti infermieri discutere sui vari problemi psico-fisici dei pazienti per evidenziarne le criticità e le peculiarità al fine di predisporre una corretta ed adeguata personalizzazione dell'assistenza. Infatti, il momento del cambio del turno di lavoro è uno dei più delicati, dove vengono trasmesse le informazioni più importanti e dettagliate sullo stato di salute dell'utente ricoverato, sia in situazioni di urgenza che routine».Sono diversi anni che il NurSind chiede all'azienda, sia in sede di trattativa che informalmente questo riconoscimento.«Gli infermieri per senso di responsabilità e coscienza - continua il sindacato - per il bene del paziente/utente, svolgono oltre l'orario di servizio e solo per volontarietà, tale azione di salvaguardia dello stato di salute del cittadino, ritardando l'uscita dal posto di lavoro per tutto il tempo necessario ad informare correttamente e dettagliatamente i propri colleghi sulle necessità assistenziali espresse da ogni paziente presente in reparto».La lettera conclude che, con grande dispiacere, ma dopo ripetute richieste aziendali sempre disattese, gli infermieri del reparto in questione, in assenza di una disposizione che vada ad accogliere questa criticità, si limiteranno ai doveri contrattuali e sostituiranno la dettagliata analisi di ogni paziente al momento del cambio turno con un mero cambio a vista, con conseguente significativo calo della qualità assistenziale.Il Nursind evidenzia che «l'inasprimento sempre più marcato delle condizioni lavorative degli infermieri, mette a serio repentaglio la tutela della salute del cittadino».



«In Consiglio per difendere le nostre valli»

Il Trentino del 01/11/2008 , articolo di UBALDO CORDELLINI ed. Nazionale p. 12

Luisa Zappini: «Tutti contro la ministra Carfagna, ma a me piace» - Le quote rosa non significano niente se le donne non capiscono che è importante votare altre donneTRENTO. Il suo sogno nel cassetto è scalare un ottomila, ma per ora di accontenta di poter conquistare una sedia in Consiglio provinciale. Luisa Zappini, 43 anni, presidentessa degli infermieri trentini, amazzone dalla chioma fulva che ha scelto di correre per il partito di Lorenzo Dellai, dando qualche dispiacere a Remo Andreolli, con il quale aveva collaborato a lungo quando era assessore alla sanità.Perché si è candidata?Perché credo che serva un po' di impegno, perché credo in questo grande progetto dell'Unione pensato da Lorenzo Dellai. Ci ho trovato valori che sono da sempre miei.Quali valori?La disponibilità verso gli altri, l'impegno, l'onestà e la voglia di lavorare.E' vero che, quando lei ha scelto di candidarsi con l'Upt, Remo Andreolli ci è rimasto male?Non credo, non c'era nessun rapporto di questo genere con l'assessore Andreolli. Io sono stata consulente tecnico in assessorato, è stata una grande esperienza che prescinde dall'aspetto politico.Per quale motivo lei ha preferito l'Upt al Pd?Nell'Upt mi ci trovo meglio per via dell'accento molto forte sulla territorialità. Io vengo dalla val di Rabbi e per questo credo che debba essere dato valore a tutto il territorio, compreso le valli più piccole come la mia.Per voi dell'Upt c'è più competizione con il Pd o con il centrodestra?Il mio impegno è far capire alla gente che con Dellai si difende l'autonomia del Trentino, mentre dall'altra parte vogliono il federalismo che svuoterebbe la nostra specialità.Qual è l'uomo politica che stima di più?A prima vista mi potrebbe star simpatico Brunetta per il suo formato tascabile, ma poi la sua politica è da buttare.La donna politica che stima di meno?Non lo so. Penso che nelle persone ci sia sempre qualcosa di buono. Ho sentito tante critiche alla ministra Carfagna, ma poi ho sentito una sua intervista e mi è piaciuta molto.Insomma, le donne van tutte bene?Credo che le donne abbiano tutte qualcosa da dare. Molte vengono criticate per il solo fatto di essere donne.Secondo lei, con le quote rosa, nel prossimo Consiglio ci saranno più donne oppure gli elettori voteranno sempre gli uomini?Questo è un grosso problema. Penso che le quote rosa non abbiano significato, se dietro non c'è una vera sinergia tra uomini e donne. Sinceramente ho qualche dubbio. Spero che le donne capiscano l'importanza di votare altre donne e che, per una volta, tutte comprendano l'importanza di essere veramente unite.Qual è il suo compagno di lista con il quale si trova meglio?Ho trovato un gruppo molto eterogeneo. Io sono inesperta e rompo le scatole a chi è più esperto di me come Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini. E poi un particolare feeling ce l'ho con Monica Morandini.Ha fatto i conti, quanti voti pensa che le servano per farsi eleggere?Non lo so. Non ho fatto i calcoli.Qual è la prima cosa che farebbe se venisse eletta?Fare in modo che i cittadini possano veramente dire ciò che pensano.Ma lei viene dalla sanità e sa che i trentini non sono per niente contenti dei tempi di attesa. Cosa farebbe per questo?Lì c'è da lavorare. Ricette non ce ne sono. Bisogna far capire al cittadino cosa vuol dire salute e bisogna rispondere tutti insieme.Quanti sono gli infermieri?In Trentino siamo 3.998.Quanti voti pensa di prendere da loro?Non lo so. E' una sfida, non solo per me, ma anche per loro.Per loro cosa ha intenzione di fare?Spero di riuscire a portare avanti un progetto per far lavorare gli infermieri in modo diverso. Oggi lavorano come tantissimi anni fa.Il suo piatto preferito?Tutto. Brucio tanto.Come mai non si è sposata?Non sono una single per scelta. Voglio un compagno e proprio perché voglio un compagno con la c maiuscola non è facile.


Vigolzone, il centro prelievi presto traslocherà
in un edificio attiguo alla sede dei vigili urbani

La Libertà del 01/11/2008 p. 29

VIGOLZONE - (n.p.) Il centro prelievi di Vigolzone continuerà a funzionare e presto traslocherà dal municipio in un edificio attiguo alla sede del comando di Polizia municipale. L'attività del centro, che è a carico del Comune, era partita nell'aprile 2007 con l'obiettivo garantire in paese di un ambulatorio infermieristico per i prelievi del sangue e le analisi cliniche. Visto l'apprezzamento dimostrato dagli abitanti, l'amministrazione ha ora rinnovato per un altro anno la convenzione con gli infermieri professionali dell'ambulatorio "Aurora 2" e confermato gli orari di apertura: ogni martedì dalle 7,30 alle 8,30. Sarà a carico del Comune anche il servizio per le prenotazioni e la distribuzione dei referti: martedì dalle 11,30 alle 12,30 e venerdì dalle 10 alle 11. Il trasporto delle provette al laboratorio di analisi dell'ospedale sarà ancora effettuato dai volontari della Pubblica Assistenza Valnure. Accordandosi con gli infermieri, si potrà anche richiedere il prelievo a domicilio. «E' il raggiungimento di un importantissimo obiettivo - ha osservato il sindaco Mario Chiesa - e la conferma ulteriore che la fiducia accordata dai cittadini è stata ben riposta facilitando l'accesso ad un servizio sanitario di primaria importanza». «I nostri cittadini e in particolare gli anziani più bisognosi di cure - osserva l'assessore alla sanità Giorgio Marina - eviteranno così il pesante disagio di doversi spostare verso i centri Ausl dei paesi limitrofi».01/11/2008



Jesolo, parto urgente al pronto soccorso

La Nuova Venezia del 03/11/2008 , articolo di GIOVANNI CAGNASSI ed. Nazionale p. 17

Il bimbo, di origine brasiliana, è sano. Ma ostetricia non c'è più dal 1984JESOLO. Non sapeva di essere incinta e addirittura prossima al parto. Così ha detto almeno ai medici del pronto soccorso di Jesolo una ragazza brasiliana di 23 anni, portata da alcuni amici al pronto soccorso alle 6. La ragazza accusava forti dolori all'addome, ma le espertd infermierd hanno capito che poteva essere una gravidanza urgentissima. E infatti l'equipe di infermieri formata da Wanda Bergamo, Massimo Conte, Michele Iannacone e Federica Paludo ha fatto nascere poco dopo un bel maschietto.Pesa tre chili ed è perfettamente sano. E lo hanno fatto senza avere neppure a disposizione una culla termica o un reparto di ostetricia cui appoggiarsi, visto che è stato chiuso il 31 dicembre 1984. Il piccolo è dunque il primo bimbo nato a Jesolo dal 1984, seppure di origine carioca. Uno jesolano del Brasile.Il primo a complimentarsi con l'ospedale, conoscendone le carenze di strutture in fatto di ostetricia, è stato l'assessore alla sanità Daniele Bison. «Abbiamo il primo bambino di Jesolo, anche se è brasiliano e questo è un paradosso - dice il dottor Bison - in città il reparto di ostetricia è stato chiuso ancora nel lontano 1984 e da allora ci siamo dovuti sempre appoggiare a San Donà. Gli infermieri hanno utilizzato il kit ostetrico di cui siamo dotati, ma non avevano a disposizione la culla termica che è misteriosamente sparita. Ecco perché la ragazza è stata portata all'ospedale di San Donà con il bimbo tra le braccia e là ricoverata. I miei complimenti - continua - vanno all'equipe di infermieri che sono stati fantastici e professionali al massimo, pur non avendo quello che sarebbe servito, la culla termica e tutto quanto dovrebbe esserci in un ospedale come quello di Jesolo. Questo episodio - conclude - dovrebbe farci riflettere sulla necessità di riavere il reparto». Il bimbo sta bene, è all'ospedale di San Donà con la mamma e tra poco potrà tornare a casa dai parenti. La ragazza ha detto che credeva che l'assenza del ciclo mestruale fosse dovuta allo stress o al viaggio rocambolesco dal Brasile. Mai una visita o un controllo da uno specialista, credeva fosse un mal di pancia cronico, fino a quando la natura ha fatto il suo corso ed è arrivata all'ospedale con il bambino che stava ormai per nascere.



Il giudice assolve le infermiere panamensi

La Nuova Venezia del 01/11/2008 ed. Nazionale p. 23

Avevano prestato servizio in tre case di riposo a corto di personaleNon c'è stata alcuna truffa nei confronti dell'Ire di Venezia, dell'Istituto Santa Maria dei Battuti di Mestre e del Mariutto di Mirano. Il giudice monocratico di Mestre Rocco Valeggia ha assolto ieri perchè il fatto non sussiste Leyda Juana Macia Perez (42enne sudamericana residente a Favaro), difesa dall'avvocato Matteo Garbisi, e un'altra quindicina di donne panamensi, difese dagli avvocati Alessandro Rampinelli, Strano, Schioppa e altri legali, perchè il fatto non sussiste dall'accusa di esercizio abusivo della professione.Sotto inchiesta erano finite le infermiere provenienti da Panama e le due mestrine, che avevano firmato i contratti in qualità di presidenti delle cooperativa che avevano fornito il personale alle case di riposo per aiziani dei tre istituti in questione. Per alcuni mesi, tra 2000 e 2001, una pattuglia di infermiere panamensi era stata una provvidenziale boccata d'ossigeno per le case di risposo e i loro ospiti, alla disperata ricerca di personale di assistenza, che in Italia non riuscivano a trovare. Alla fine, però venne a galla che il titolo professionale di queste straniere - pur regolamente acquisito a Panama - non aveva valore giuridico in Italia: così, vennero licenziate seduta stante e la fame di personale tornò a farsi sentire per i servizi agli anziani non autosufficienti. Per una ventina di loro, che si erano riunite nella cooperativa sociale «Florence Nightingale», la Procura veneziana aveva chiesto il processo per esercizio abusivo della professione sanitaria di infermiera professionale, mentre le presidenti firmatarie dei contratti - la mestrina Lucia Pitteri, la cui posizione era stata già definita con la prescrizione, e la Perez - dovevano rispondere anche di truffa, per aver carpito la buonafede delle case di riposo assicurando che tutto era in regola. In dubbio non c'era la capacità professionale delle infermiere, ma la validità in Italia del loro titolo professionale.



I nuovi infermieri con la laurea

La Prealpina del 01/11/2008 ed. VARESE p. 16

VARESE - Si è svolta l'altro pomeriggio in via Ravasi a Varese la seduta delle tesi di laurea degli studenti dell'università dell'Insubria diventati infermieri. Si tratta di ragazze e ragazzi che hanno superato brillantemente tutti gli esami e che si sono dunque laureati in Scienze infermieristiche. Ecco i loro nomi. Adozinda Almeida Afonso, Elisa Antognazza, Cristina Anzani, Letizia Astolfi, Alessandra Baitieri, Cristina Bastari, Valentyna Battaglia, Elena Beninca, Laura Bergaminelli, Lorenzo Bernini, Carola Bertolini, Marco Bianchi, Matteo Bonomi, Alessandra Bresciani, Francesca Buonfiglio, Palmira Cano Rojas, Nunziata Carlino, Silvia Cattaneo, Valerio Carlo Ceriani, Stefano Ceruti, Veronica Linda Colombini, Benedetta Cortese, Paola Corti, Stefania Costantini, Gabriella Criscione, Sara Cristillo, Fabrizio Cucchiara, Luca D'Andrea, Jessica De Paoli, Daniela Di Girolamo, Valentina Diliberto, Alessandra Donati, Giuseppe Esposito, Stefano Faggion, Maddalena Fioratti, Giuseppe Fresolone, Annalisa Geraneo, Alessandro Gerbino, Marica Giacomazzo, Stefano Giannelli, Federica Giossi, Miriam Girotto, Adriana Giuliano, Davide Grassi, Ilaria Guarisco, Elena Guizzon, Claudio La Torre, Sabrina Licari, Silvia Liguori, Faustina Limachi Peralta, Francesco Maisto, Valeria Manerchia, Marco Manfredi, Ingrid Mantovani, Mariachiara Marchetti, Fabio Marotta, Veronica Martinenghi, Salvatore Martino, Nhoremie Masala Mangonza, Silvia Maso, Francesco Mazzagreco, Marina Merlino, Sara Minotti, Andrea Moratto, Gianmaria Nicola, Nicola Palladino, Chiara Eleonora Peverelli, Concetta Pota, Marika Presti, Arianna Prevedi, Giovanna Puglisi, Angela Rizzi, Manuela Romani, Barbara Ruggiero, Gaetano Salamone, Samuel Depe, Stefano Sfondrini, Michela Sguazza, Davide Sironi, Marco Agostino Carlo Spinelli, Federica Maria Tamborini, Silvia Tegon, Annalisa Tettamanti, Leidys Anelkis Zerpa Larez.


Un solo portantino di notte in sala operatoria

La Sicilia del 31/10/2008 p. 1

ROBERTO RUBINO Rimane in servizio un solo portantino (operatore sociosanitario) da domani notte nelle sale operatorie dell'Ospedale «Umberto I». Un'altra delle conseguenze dei tagli alla sanità. E gli infermieri dall'organico ridotto all'osso declinano ogni responsabilità nei casi più gravi se vengono meno le condizioni per operare in sicurezza: durante le ore notturne certe emergenze, quali aneurisma dell'aorta addominale, rottura di milza o di fegato con shock emorragico, non possono essere affrontate da una sola unità. Il sindacato di base «Nursing up» sottoscrive con oltre venti firme una lettera al direttore generale, al sanitario ed al coordinatore del blocco chirurgico. Il documento viene inviato anche alle altre sigle sindacali. Ma la tensione è destinata a crescere: secondo il sindacalista Corrado Barrotta la punta del disagio è stata oltrepassata. «Non abbiamo ridotto la nostra presenza nei turni notturni e festivi - premette. - Questa decisione è stata adottata per un senso di responsabilità nei confronti dell'ammalato, mantenendo elevato il livello della nostra professionalità». Ma c'è un rovescio della medaglia: «Ci siamo anche assunti compiti - dice Barrotta - che esulano dalle ordinarie mansioni. Nelle ore notturne ci sobbarchiamo le attività di altre categorie perchè la direzione ha stabilito la presenza di un solo operatore sociosanitario: una sola persona, si badi bene, che deve essere in grado di soddisfare tutte le esigenze delle unità operative dell'"Umberto I". In situazioni limite questo è un potenziale rischio per le sale operatorie. «In sala operatoria - spiega Barrotta - si trattano le urgenze di un bacino di utenza piuttosto ampio e la tempestività di un intervento in determinate patologie è di vitale importanza; se a questo aggiungiamo che qualora il paziente necessiti d'intervento non transita neppure dalla unità operativa di appartenenza ma giunge direttamente dal pronto soccorso, è chiaro che bisogna garantirgli un'assistenza adeguata. E tutto questo mentre arrivano i colleghi, quando si potrà procedere alla preparazione del necessario campo sterile: nel frattempo l'eventuale intervento chirurgico avrà inizio con un notevole ritardo: fatto che, se ben tollerato per un'appendicite, può non esserlo per eventi più gravi». Infine l'appello: «Gli infermieri di sala operatoria - conclude Barrotta - ritengono ingiustificato per la sicurezza del cittadino quanto disposto dalla direzione sanitaria: non sono mai stati chiamati ad esprimere almeno un parere. Gl'infermieri sono dei professionisti che si assumono le proprie responsabilità, ma le declinano quando vengono meno, come in questo caso, le condizioni per svolgere in sicurezza il lavoro».



«Arretrati in busta paga a novembre»

La Sicilia del 31/10/2008 p. 39

Assemblea ieri mattina per i dipendenti dell'azienda ospedaliera "Vittorio Emanuele". Una lunga discussione tra rappresentanti sindacali e lavoratori fin quando, a conclusione dell'assemblea il manager Ettore Costa ha comunicato che nella busta paga di novembre i lavoratori troveranno le spettanze maturate con gli accordi sindacali. L'assemblea è iniziata alle 11 di ieri. Oltre 100 lavoratori erano presenti nell'auditorium per ascoltare dalla voce di chi si è seduto nei tavoli di trattativa quali accordi erano stati raggiunti e quali erano le novità che giungevano dalla direzione aziendale. L'assemblea è stata convocata la scorsa settimana quando, dopo una corrispondenza epistolare, il dott. Carmelo Pullara aveva comunicato che il fondo destinato per il riconoscimento delle fasce retributive non poteva coprire le somme dovute a tutti i lavoratori. L'altro ieri, dopo diverse trattative portate avanti dalla Rsu, si è raggiunto un accordo con l'impegno dell'amministrazione aziendale di pagare con a fine mese le spettanze dovute ai lavoratori. Durante l'assemblea sono stati toccati diversi tasti dai lavoratori. Il progetto obiettivo con la restituzione all'azienda di 20 ore di lavoro, l'organizzazione del lavoro e le indennità di turno. A presiedere l'assemblea c'era la Rsu al completo ed il segretario aggiunto della Fp Cisl Salvatore Russello. Scontro tra comparto infermieristico e il comparto riguardante tecnici ed amministrativi su riconoscimenti economici e buono mensa, agevolazioni ancora non riconosciute per gli infermieri. E mentre si dibatteva è intervenuto Minardi, a rappresentare la categoria di tecnici ed amministrativi: "Fino a questo momento - ha detto Minardi - tutto ruota attorno agli infermieri come se all'interno di questa azienda non esistessero tecnici ed amministrativi. Invece non è così. Sono i tecnici e gli amministrativi che fanno risparmiare un bel po' di somme all'azienda. Somme irrisorie sono previsti per queste due categorie. I tecnici sono mortificati per ben due volte. Siamo molto simile ad un sistema di iene cannibali che si ammazzano tra di loro". A conclusione dei lavori il manager Ettore Costa ha detto. "Siamo tutti quanti incappati in un sistema di rientro che inizialmente non riuscivamo a percepire. Quando noi manager parliamo con l'attuale dirigenza regionale per discutere siamo come imputati. Vi assicuro che a fine mese avrete in busta le spettanze". L.M.



Oggi giornata di sciopero per gli infermieri «Nursind»

La Sicilia del 31/10/2008 ed. Nazionale p. 32

La segreteria provinciale del Nursind aderisce alla giornata di sciopero nazionale degli infermieri indetta dalla categoria per oggi rivendicando una serie di punti fondamentali per la loro attività. «Chiediamo - fa sapere il vice segretario provinciale Giuseppe Burgio - il riconoscimento della peculiarità del nostro lavoro, un'adeguata retribuzione economica, l'istituzione di un area contrattuale autonoma, la possibilità di continuare ad aggiornarsi, per erogare assistenza qualificata senza subire per questo penalizzazioni economiche, dotare l'infermiere di un adeguato numero di figure di supporto al fine di consentire all'infermiere di fare l'infermiere, la possibilità per l'utente di riconoscere in ogni ospedale della penisola la figura professionale che ha davanti con l'adozione di una divisa uguale per la categoria; il riconoscimento di lavoro usurante per chi eroga assistenza sui tre turni a contatto con i pazienti, il rispetto del giusto riposo, la possibilità di poter programmare la propria vita sociale e familiare con una certa organicità di tempi per il lavoro e la famiglia».



Alle infermiere insegnano 93 baroni

La Voce di Romagna del 02/11/2008 p. 24

Il nuovo corso di laurea, intrico di cattedre e sottocattedreRIMINI - (pf) In una sede universitaria con 6.300 studenti iscritti, i docenti sono circa 500, di cui 120 incardinati in organico e gli altri a contratto. Un rapporto incredibilmente basso di soli 12,6 studenti ogni professore. Cominciamo a guardare più nel dettaglio come è strutturato l'insegnamento nel Polo scientificodidattico riminese dell'Alma Mater, cominciando da un corso di laurea triennale fresco fresco, quello di "Infermieristica (abilitante alla professione sanitaria di infermiere)", dove ha trovato posto come insegnante anche il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli. L'elenco dei 93 docenti Agosta Salvador, Alesiani Federica, Arcangeli Fabio, Arlotti Massimo, Barbieri Luigi, Bergamaschi Anna, Bonfiglioli Roberta, Borghesi Massimo, Braglia Sonia, Bulletti Carlo, Cagnoli Leonardo, Caminati Annita, Caminati Gloria, Campolattano Antonella, Canini Patrizia, Canova Giuliana, Caramelli Elisabetta, Carbonara Paolo, Carfagna Marina, Carluccio Nicola, Corsi Amedeo, Costantini Silvio, Di Giacomo Patrizia, Dionisi Antonella, Domeniconi Rosa, Evangelisti Maria Rosa, Fabbri Cristina, Fabbri Lorella, Farneti Daniele, Fattori Pier Paolo, Formiggini Gabriella, Frassetto Antonella, Gabetti Annalisa Maria Evy, Galletti Marco, Galletti Silvia, Gandolfi Ottavio Maria, Garulli Gianluca, Gessaroli Massimiliano, Gianni Lorenzo, Gionchetti Paolo, Girotti Agnese, Giuliani Piccari Gabriella, Gola Marcella, Grisanti Erica, Gugnali Anna Maria, Illuminati Beatrice, La Manna Gaetano, Lovecchio Saverio, Marrano Nicola, Mauro Anna Maria, Mazzoni Roberta, Mele Costanza, Milandri Susy, Montagnani Marco, Montalti Marilena, Montalti Sandra, Monti Massimo, Naldi Andrea, Nicolo' Egidio, Palazzini Andrea, Pazzagli Ivo Giuseppe, Pecci Adriana, Pelotti Susi, Pesaresi Maria Gabriella, Pignatti Carla, Piovaccari Giancarlo, Pogliani Chiara, Porcellini Giuseppe, Quaranta Lorena, Ravaioli Alberto, Rizzello Fernando, Romeo Nicola Antonio, Rossi Nicolino Cesare Franco, Sama Paola, Samolsky Dekel Boaz Gedaliahu, San Vicente Santiago Felix, Santullo Antonietta, Schiavi Costantino, Seri Marco, Serretti Alessandro, Strippoli Pierluigi, Strocchi Enrico, Testa Giovanna, Testoni Giovanni, Trere' Davide, Tugnoli Vitaliano, Ugolini Paolo, Urbini Dorinda, Valli Mirca, Vivarelli Marco, Zamagni Maria Paola, Zamprogno Enrico, Zucchini Cinzia. Elenco degli insegnamenti I docenti sono 93, ma gli insegnamenti elencati ufficialmente dalla Facoltà per questo corso sono 54, in molti casi intrecciati fra loro e suddivisi in insegnamenti minori. Ecco l'elenco con a fianco il docente assegnato. Anatomia umana (c.i.) composto da: Anatomia umana, Giuliani Piccari Gabriella, Istologia Caramelli Elisabetta; Antropologia culturale Pazzagli Ivo Giuseppe; Approfondimenti in assistenza oncologica Gianni Lorenzo; Approfondimenti sulla responsabilità infermieristica Di Giacomo Patrizia; Area critica (c.i.) composto da Medicina d'urgenza e pronto soccorso Galletti Marco; Terapia intensiva Samolsky Dekel Boaz Gedaliahu; Farmacologia d'urgenza Gandolfi Ottavio Maria; Medicina delle catastrofi ed organizzazioni di soccorso Corsi Amedeo; Infermieristica del dolore suddiviso in (A) Caminati Gloria (B) Nicolo' Egidio; Aspetti di psicologia d'urgenza Monti Massimo; Assistenza al neonato in terapia intensiva Romeo Nicola Antonio; Assistenza al paziente in dialisi Cagnoli Leonardo; Assistenza infermieristica nel trauma grave Gabetti Annalisa Maria Evy; Biochimica (c.i.) composto da Chimica propedeutica biochimica Tugnoli Vitaliano Biochimica Formiggini Gabriella; Biologia e genetica (c.i.) composto da Biologia Zucchini Cinzia Genetica generale Strippoli Pierluigi Genetica medica Seri Marco; Chirurgia generale (ci) composto da Chirurgia A Marrano Nicola, Chirurgia B Vivarelli Marco, Chirurgia C Garulli Gianluca; Anestesiologia Samolsky Dekel Boaz Gedaliahu; Chirurgia specialistica c.i composto da: Oculistica Schiavi Costantino Otorinolaringoiatria Farneti Daniele Chirurgia vascolare Gessaroli Massimiliano; Diritto sanitario c.i. Composto da Istituzioni di diritto pubblico Gola Marcella, Medicina legale e bioetica Pelotti Susi, Medicina del lavoro Bonfiglioli Roberta; Ematologia Fattori Pier Paolo; Fisica e informatica (c.i.) composto da Fisica applicata Testoni Giovanni, Informatica Zamprogno Enrico; Metodi di autoapprendimento ed aggiornamento Canova Giuliana; Fisiologia umana (c.i.) composto da Fisiologia Domeniconi Rosa, Alimentazione e nutrizione umana Pignatti Carla; Fisiopatologia generale Barbieri Luigi; Gastroenterologia Gionchetti Paolo; Gestione del rischio in ambito assistenziale Caminati Annita; Igiene e malattie infettive e cutanee c.i. composto da: Malattie cutanee Arcangeli Fabio Malattie infettive Arlotti Massimo; Infermieristica pediatrica suddiviso in (A) Gugnali Anna Maria (B) Sama Paola; Infermieristica ostetricoginecologica suddiviso in (A) Alesiani Federica (B) Carfagna Marina; Infermieristica delle aree critica e psichiatrica c.i. composto da: Infermieristica dell'area critica Suddiviso in (A) Fabbri Lorella (B) Gabetti Annalisa Maria Evy; Infermieristica dell'area psichiatrica suddiviso in (A) Borghesi Massimo (B) Quaranta Lorena; Infermieristica generale c.i. composto da: Infermieristica generale suddiviso in (A) Pesaresi Maria Gabriella (B) Montalti Sandra; Teoria del nursing Suddiviso in (A) Di Giacomo Patrizia (B) Fabbri Cristina; Infermieristica di preventiva e di comunita' suddiviso in (A) Campolattano Antonella (B) Girotti Agnese; Inglese I, Inglese II, Inglese III San Vicente Santiago Felix; La presa in carico integrata in psichiatria Carluccio Nicola; L'Infermiere nell'assistenza multidisciplinare alle vittime di violenza Pelotti Susi; L'Ipertensione arteriosa come fattore di rischio cardiovascolare Strocchi Enrico; Medicina di laboratorio c.i. composto da: Patologia clinica Trere' Davide Anatomia e istologia patologica Valli Mirca; Medicina generale c.i. composto da Medicina interna A Rizzello Fernando Medicina interna B Montagnani Marco Farmacologia Gandolfi Ottavio Maria Medicina interna C Montagnani Marco; Medicina materno-infantile (c.i.) composto da: Ginecologia e ostetricia Bulletti Carlo Pediatria A Galletti Silvia Pediatria B Romeo Nicola Antonio; Medicina specialistica (c.i.) composto da Geriatria Costantini Silvio Malattie dell'apparato cardiovascolare Piovaccari Giancarlo Oncologia Ravaioli Alberto Malattie dell'apparato respiratorio Carbonara Paolo; Metodologia infermieristica c.i. composto da: Metodologia infermieristica A suddiviso in A(A) Mele Costanza A(B) Evangelisti Maria Rosa, Metodologia infermieristica B suddiviso in: B(A) Dionisi Antonella B(B) Braglia Sonia; Nefrologia La Manna Gaetano; Neurologia, ortopedia e riabilitazione c.i. composto da: Neurologia Mauro Anna Maria Ortopedia Porcellini Giuseppe Riabilitazione Naldi Andrea; Infermieristica in ambito neuro-riabilitativo ed ortopedico Suddiviso in (A) Palazzini Andrea (B) Agosta Salvador; Patologia e microbiologia generali c.i. Composto da: Patologia generale e immunologiA Barbieri Luigi Microbiologia generale e clinica Testa Giovanna; Farmacologia generale Gandolfi Ottavio Maria; Pedagogia sociale Canini Patrizia; Prevenire e curare il dolore nel neonato e nel bambino Illuminati Beatrice; Psichiatria (c.i.) Composto da: Psichiatria Serretti Alessandro Psicologia clinica Rossi Nicolino Cesare Franco Psicologia per gli infermieri Zamagni Maria Paola; Radioprotezione Testoni Giovanni; Riabilitazione psichiatrica: attività a mediazione artistica Borghesi Massimo; Scienze umane (c.i.) composto da: Pedagogia Canini Patrizia Sociologia generale Ugolini Paolo Psicologia generale Zamagni Maria Paola; Sociologia dell'infermiere nelle tossico-alcool dipendenze Ugolini Paolo; Tirocinio associato alla tesi di laurea suddiviso in (A) Pesaresi Maria Gabriella (B) Montalti Sandra; Tirocinio clinico infermieristico I suddiviso in I(A) Pesaresi Maria Gabriella I(B) Montalti Sandra; Tirocinio clinico infermieristico II Suddiviso in II(A) Pesaresi Maria Gabriella II(B) Montalti Sandra;Tirocinio clinico infermieristico III Suddiviso in III(A) Pesaresi Maria Gabriella III(B) Montalti Sandra; Ustioni e assistenza intensiva in dermatologia Frassetto Antonella; Vitamine e manifestazioni cliniche di ipoavitaminosi Pignatti Carla.


Infermieri in sciopero, salta la chemioterapia

Messaggero Veneto del 01/11/2008 ed. Pordenone p. 1

Disagi al Cro per pazienti venuti anche da Cuneo. Le scuse della direzione: «Non è dipeso da noi»L'annunciato sciopero del personale infermiere annunciato per ieri (anche da questo giornale) ha provocato più disagi del previsto. Numerose le lamentele giunte dal Cro di Aviano, e più precisamente da pazienti del reparto dedicato alle sedute di chemioterapia. Uno di loro, in particolare, in mattinata aveva accompagnato la moglie a svolgere la regolare seduta, prevista dalle 8, quando, dopo aver atteso il proprio turno, ha appreso da un'infermiera che non sarebbe stato possibile garantire il trattamento a causa dello sciopero che aveva ridotto da dodici a due la disponibilità degli infermieri addetti al servizio di chemio. «In sala d'attesa - ha raccontato il paziente - c'erano circa 50 persone, alcune delle quali giunte da molto lontano, come un ragazzo di Cuneo che aveva accompagnato il padre. Siamo dovuti andare noi alla ricerca del direttore e dei responsabili per farci spiegare cosa stava succedendo. Non è accettabile che le persone sottoposte a chemio, che già versano in delicate condizioni di salute, siano sottoposte a un simile calvario senza essere preventivamente avvertite. Immaginiamoci cosa devono aver provato i numerosi pazienti che venivano da lontano. Noi comprendiamo il diritto allo sciopero, ma in questi casi va innanzitutto salvaguardata la salute dei pazienti».«Siamo profondamente dispiaciuti del disagio che i nostri pazienti hanno dovuto subire oggi (ieri, ndr) - ha replicato la direzione del Cro -. Purtroppo lo sciopero era stato indetto dal Nursind, un sindacato autonomo degli infermieri, quindi non una sigla delle più conosciute. Proprio questo aspetto ha forse impedito una normale informazione da parte di tutti gli organi d'informazione, elemento questo che ha colto impreparati molti pazienti. Noi stessi fino all'ultimo non sapevamo chi e quanti avrebbero aderito allo sciopero che, per sua stessa caratteristica, viene indetto proprio per creare disagio. Tra l'altro in alcuni reparti l'adesione è stata quasi nulla. Abbiamo cercato di tamponare per quanto possibile l'emergenza senza esercitare particolari pressioni (precettazione) e abbiamo comunque provveduto a fornire assistenza ai pazienti che venivano da lontano e con patologie particolarmente delicate. Gli altri sono stati mandati a casa dopo aver sostenuto regolare visita presso un medico. Nel ribadire il dispiacere per il disagio arrecato, confermiamo che sono già state fissate per i prossimi giorni le visite di recupero per questi ultimi pazienti».Maurizio Capobianco



Una puntura? Non più in casa

Unione Sarda del 01/11/2008

Piccole medicazioni anche nel polambulatorioLe difficoltà per raggiungere il nuovo poliambulatorio non hanno scoraggiato gli utenti, interessati a nuovi servizi sanitari. A dicembre saranno possibili anche le piccole medicazioni. Resta il problema della distanza. Ancora in alto mare il bus-navettaAddio alle praticone, basta con le punture di casa in casa. Le infermiere del fondoschiena, le badanti con la fiala, dalla mano più o meno leggera, non bucheranno più. Già decimate dall'introduzione delle siringhe usa e getta, le assistenti autodidatte che per decenni hanno corso da una parte all'altra di Villacidro sembrano destinate all'estinzione forzata. Grazie all'imminente apertura di un centro prelievi con annesso ambulatorio infermieristico nella Casa della salute, sarà possibile soddisfare le prime urgenze senza ricorrere neppure al pronto soccorso. Gli studi medici collegati in rete con le strutture ospedaliere garantiranno prenotazioni specialistiche in tempo reale.DECENTRAMENTO I disagi, soprattutto per gli anziani, restano e dipendono in buona parte dal decentramento del poliambulatorio. Con buona pace dei dottori trasferiti in via Guido Rossa, chi non ha più l'età e deve pedalare per tre chilometri in discesa e altrettanti in salita risente della rivoluzione sanitaria. Intanto lo sportello aperto in centro dai volontari della parrocchia, per raccogliere le ricette e riconsegnarle pronte, non ha avuto successo ed ha chiuso i battenti pochi giorni fa, mentre qualche studio medico riceve almeno una volta alla settimana per l'identico motivo. L'afflusso alla nuova struttura invece è sempre sostenuto, tant'è che le file vengono regolate con i numeri e sembra affievolirsi anche il problema dei parcheggi, dopo che nella sottostante piazza Italia ne sono stati tracciati un centinaio.TRASPORTI Rimane aperto il dilemma dei trasporti pubblici: il promesso minibus che dovrebbe percorrere la città da un capo all'altro non è un progetto facilmente realizzabile, poiché i finanziamenti regionali vengono concessi solo ai centri più grossi. Ma nonostante le ombre, la Casa è in salute: «Abbiamo aumentato il lavoro e la gente percepisce il miglioramento dei servizi», dicono i medici. Incentivati già da alcuni anni per aver scelto la medicina di gruppo con cinque euro in più a paziente, ne ricevono altri due dopo il trasferimento nel poliambulatorio. Chi ha il portafoglio pazienti al completo beneficia così di un aumento pari a circa diecimila euro annui: «Ma è cresciuta pure la presenza in studio, dovendo garantire 7 ore settimanali in più e quei soldi vengono impiegati per pagare le addette alla segreteria».UTENTI I benefici per gli utenti sarebbero comunque destinati a lievitare, come ha annunciato la direzione sanitaria: «Entro dicembre aprirà un centro prelievi e un ambulatorio infermieristico per le prime urgenze, punture, piccole medicazioni, sostituzione del catetere, tutti servizi disponibili senza ricorrere alla praticone di un tempo». Tutti gli ambulatori poi saranno collegati in rete telematica: «Un medico potrà verificare le cartelle cliniche, accedere ai dati ospedalieri, prenotare visite, ricevere un referto specialistico, senza che i pazienti debbano recarsi a ritirarli di persona fuori città». Le statistiche paiono dare ragione a chi ha voluto la nuova struttura: «Una prestazione su tre si risolve nel rinvio allo specialista - spiega Salvatore Erbì, medico di base - che spesso è già presente nella Casa».SIMONE NONNIS 01/11/2008



Dopo Scienze Motorie si guarda a Scienze Infermieristiche

La Cronaca di Cremona del 01/11/2008 p. 22

CASALMAGGIORE - All'ordine del giorno del consiglio comunale casalese di giovedì sera c'erano anche il conto consuntivo di Santa Chiara per l'anno 2007 e l'esame ed approvazione del bilancio preventivo 2009. Dal punto di vista contabile il sindaco, Luciano Toscani , ha affermato che "non ci sono sostanziali novità, i conti sono in equilibrio". Il primo cittadino ha, invece, ritenuto più interessante entrare nel merito delle attività svolte dall'Istituto di via Formis citando l'ampia offerta formativa garantita dalla struttura. Dalla sinergia con l'Università di Pavia per la Facoltà di Scienze Motorie, ai corsi professionali, a quelli di formazione alle varie attività legate a master, stage e corsi di perfezionamento. Toscani non ha neppure mancato di gettare uno sguardo al futuro lanciando lo sguardo su due aspetti in particolare. In primis l'attivazione di un corso per operatori meccanici le cui professionalità potranno essere destinate alle aziende del territorio e, in seconda battuta, il futuro di Scienze Motorie. Toscani, infatti, nel merito non ha nascosto la riflessione in atto sul domani del corso universitario. "Dobbiamo capire se, per l'anno prossimo, - ha detto sia il caso di ripartire con le iscrizioni per il primo anno di Scienze Motorie, cui naturalmente dovranno far seguito gli stanziamenti per un triennio o se, invece indirizzarci diversamente, magari verso un altro tipo di formazione nella consapevolezza che troppi operatori dello stesso tipo sul territorio potrebbero non trovare sbocchi lavorativi. L'altro indirizzo cui si sta pensando - ma è ancora tutto in fase di ipotesi - è quello di Scienze Infermieristiche, settore nel quale le carenze professionali, anche nella nostra zona, sono notevoli. Non è un segreto, del resto, il fatto che ci sia una grande emergenza nella ricerca di infermieri". Il discorso di Toscani



Scienze Motorie, futuro incerto

La Provincia di Cremona del 01/11/2008 p. 31

Il sindaco Toscani: 'I costi sono elevati' Sostituita con Scienze Infermieristiche?di Davide e Marco Bazzani CASALMAGGIORE - Che futuro avrà il corso universitario di Scienze Motorie? Se n'è parlato giovedì sera in Consiglio comunale prima del voto sul conto consuntivo e sul preventivo dell'istituto Santa Chiara, approvati con l'astensione dei consiglieri di minoranza Ferruccio Martelli, Gabriele Sirocchi, Andrea Visioli e Fabio Delmiglio. Il sindaco Luciano Toscani ha parlato facendo una riflessione a viso aperto: «Abbiamo appena attivato il primo anno (52 iscritti, nda) con un impegno triennale, perché gli studenti dovranno arrivare alla fine del corso di laurea». Corso frequentato in tutto da quasi 150 studenti, tutt'altra cosa, dunque, rispetto a quei 'rami secchi' delle università di cui molto si parla in questi giorni. Il primo cittadino, però, si interroga. «Cosa fare l'anno prossimo. Apriamo un altro primo anno o no? I costi sono elevati». Toscani ha rilanciato la prospettiva di sostituire Scienze Motorie con Scienze Infermieristiche: «C'è una grande emergenza per la ricerca di infermieri da destinare a ospedali (vedi il caso di Medicina dell'Oglio Po, nda) e case di cura», ha osservato. Visioli ha ricordato che la minoranza già aveva «espresso perplessità». «Invece di attivare ancora un primo anno, sarebbe stato più interessante il biennio di specializzazione», ha detto. Toscani ha risposto che «si valuterà anche questa opzione. Il problema resta sempre la compatibilità economica. Sono preoccupato per i costi». Dal canto suo, il coordinatore del corso, ovvero il prof. Carlo Stassano, che abbiamo contattato ieri, ricorda che il 12 novembre si terrà a Cremona un vertice con Comune, Provincia, S. Chiara e Università di Pavia proprio per discutere del futuro di Scienze Motorie: «Auspico l'avvio di un nuovo triennio e anche il lancio del biennio di specializzazione. I costi ci sono, è vero, ma il bilancio a mio avviso è più che positivo e l'esperienza non andrebbe lasciata morire. Gli studenti per la Fiera saranno sotto il comune con uno stand per far conoscere la nostra università». Tornando al bilancio di Santa Chiara, Toscani si è complimentato con gli amministratori e i dirigenti dell'Istituto. «I conti sono in equilibrio, tutto è stato programmato con cura. Oggi sono consolidati Scienze Motorie, i corsi professionali, i corsi di formazione per adulti sui salumi e il florovivaismo, il festival internazionale e i master». Ed è in arrivo un nuovo corso professionale per operatori meccanici. Il capogruppo di minoranza Massimo Araldi ha chiesto di invitare il presidente o il direttore di Santa Chiara in Consiglio per fare il punto. Toscani ha assicurato che lo farà.



Infermieri stranieri, quanti problemi!

Giornale di Cantu del 01/11/2008 p. 34

Gli utenti segnalano difficoltà nel comunicare con pazienti e colleghi e scarsa motivazioneMARIANO COMENSE (mlr) Difficoltà nel comunicare con pazienti, familiari, colleghi e volontari, ma soprattutto poca motivazione. Sono le caratteristiche che ci sono state segnalate da alcuni utenti del Felice Villa riguardo al personale asa e infermieristico del presidio marianese, con particolare riferimento al reparto di riabilitazione cardio-respiratoria, collocato al terzo piano del monoblocco centrale e alla presenza di lavoratori non italiani. Problemi di personale quindi, legati, così ci spiegano, a una gestione dell'organico affidata troppo spesso a cooperative appaltanti che poi non mostrano di avere l'adeguata competenza. «Il turn-over del personale asa e infermieristico a Mariano ha una portata significativa - continuano alcuni utenti dell'ospedale - Ciò comporta che non ci sia un'effettiva continuità nella presenza in reparto. Cambiano troppo spesso gli interlocutori e ciò spiazza soprattutto i volontari che interagiscono con i reparti stessi, ma anche i pazienti e i familiari, nonchè i colleghi ass u n t i r e g o l a r m e n t e dall'azienda. Inoltre un ricambio frequente di personale deve essere seguito da un'attenta opera di formazione continua e di trasmissione delle competenze, che richiede risorse e tempo». Ma non finisce qui... I problemi segnalati riguardano anche le difficoltà di comunicazione tra personale infermieristico e non, con particolare riferim e n t o a l l a presenza di lavoratori stranieri. «Ci siamo dovuti spesso confrontare con l'ostacolo della lingua precisano gli utenti - proprio nel farci capire in merito a faccende di ordinaria amministrazione, nonchè quando si è trattato di scendere in un ambito medico, che richiedeva un linguaggio specialistico». Per l'azienda Sant'Anna la questione personale è invece risolta. Commenta in proposito il direttore sanitario Patrizia Figini: «Non abbiamo avuto alcuna segnalazione riguardo al personale del terzo piano del Villa. Nessuna lamentela nei confronti del p e r s o n a l e straniero per difficoltà di lingua nelle comunicazioni con pazienti, volontari e familiari. In effetti lo scorso anno abbiam o d o v u t o procedere al cambio della cooperativa che gestiva l'appalto di parte del personaleasaeinfermieristico, perchè avevamo constato che alcuni lavoratori proposti da questa avevano scarsa motivazione. Ad oggi però il problema non sussiste più, anche per quanto concerne la non conoscenza della lingua italiana del personale straniero. In tal senso abbiamo ricevuto riscontri positivi e la cooperativa individuata si è dimostrata seria».

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