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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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lunedì, luglio 28



Un caso di «eutanasia infermieristica»

La Provincia di Como del 26/07/2008 p. 8
Stefano Citterio: presidente Ipasvi Como

L'impatto emotivo del caso di Eluana Englaro, la ragazza di Lecco in coma da sedici anni a causa di un incidente stradale, è particolarmente forte per la straziante situazione, vissuta da lei e dal padre.Mi pare opportuno tracciare alcuni punti che aiutino ad un giudizio sulla questione. Non esprimere un pro o un contro, ma aiutare a formulare un giudizio che sia il più "umano e ragionevole possibile".Lo stato "vegetativo permanente" è cosa ben diversa dal coma irreversibile o dalla "morte cerebrale". Nessuno può dire con certezza scientifica se e quanto è cosciente oggi Eluana. L'ordinamento giuridico italiano prevede il divieto di uccidere o aiutare il suicidio, anche in caso di richiesta dell'interessato. Nel caso di Eluana, quindi, si discute della possibilità prevista dalla legge di non accettare le cure.In questo caso, i giudici hanno dedotto la non accettazione, dalle ricostruzioni fatte grazie a chi ha conosciuto Eluana prima dell'incidente. Si tratta cioè di una presunzione (forse per qualcuno certezza) basata su alcune frasi della ragazza. Dopo 8 anni di sentenze è la prima volta che un giudice acconsente a quanto richiesto dal padre.Le "cure" di cui si sta discutendo, però, consistono nell'alimentazione, nell'idratazione. Di natura assistenziale e non "curativa", che, credo, nessuno possa mettere in discussione. Mi chiedo quali cure rifiuterebbe Eluana? L'assistenza infermieristica? Eluana non ha bisogno di un medico, ma solo delle infermiere che la assistono. Quello che accadrebbe, se venisse applicata la sentenza, sarebbe l'interruzione dell'assistenza infermieristica e non altro! Per questo è importante sapere cosa ne pensano gli infermieri.Alcuni sostengono che Eluana è morta 16 anni fa, ed è necessario consentire la conclusione di un percorso naturale fermato dalla medicina che l'ha soccorsa e salvata (?) dall'incidente. Un modo per evitare ulteriori sofferenze e dolori a lei stessa e a tutti i familiari coinvolti. Ma se fosse vera questa ipotesi, saremmo di fronte ad una interpretazione della situazione fondata sulla valutazione di una qualità della vita, giudicata inaccettabile (o insopportabile) e, quindi, meritevole di morte.La deriva di questa posizione mi pare particolarmente rischiosa e apre un fronte ad ulteriori passi. Temo che l'impatto futuro di questo caso potrebbe essere superiore al caso Welby. Il Codice Deontologico dell'infermiere difende la vita, garantisce a tutti, in qualsiasi condizione si trovino, la possibilita' di avere assistenza infermieristica e contemporaneamente consente anche il rispetto della volontà della persona.In questo caso si tratta di comprendere se questa è veramente la volontà di Eluana oppure se non si tratti di una valutazione sulla qualità della vita ritenuta inaccettabile. Cosa dicono le infermiere che la assistono? L'unica a parlare (per gli infermieri!) è Suor Albina Corti, superiora delle suore che assistono Eluana da oltre 14 anni, la quale ha chiesto: «Lasciate Eluana a noi».Mi pare la soluzione più umana e ragionevole di questo caso considerando l'alternativa prospettata dalla sentenza.26/07/2008

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