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La richiesta di prestazioni assistenziali di qualità e personalizzate è sempre più in aumento; si accresce pertanto anche il livello di competenza e responsabilità dell'infermiere nei confronti della persona assistita; i tempi esigono professionisti preparati, capaci di confrontarsi in équipe multidisciplinari e che sappiano dare garanzie sulle proprie azioni, in quanto consapevoli delle conseguenze che possono derivare dalle loro decisioni e dal modo di condurre gli interventi

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lunedì, dicembre 1

Rassegna Stampa - 29.30.11. 2008 - 01.12.2008


Infermieri: si vota oggi e domani per il direttivo del Collegio Ipasvi
La Nazione del 29/11/2008 ed. La Spezia p. 32

IL COLLEGIO Infermieri Ipasvi della Provincia della Spezia proseguono le operazioni di voto (l'assemblea elettorale si tiene in seconda convocazione) per il nuovo direttivo, e per il nuovo consiglio revisori, validi per il triennio 2009/2011. Si vota ancora oggi sabato dalle 10 alle 19 e domani domenica dalle 9.30 alle 14. Le operazioni si terranno nella sede istituzionale di via XXIV Maggio.

Elezioni Ipasvi, Flavio Paoletti confermato alla presidenza
Il Piccolo di Trieste del 01/12/2008 ed. Nazionale p. 17

Gli infermieri hanno votato per il rinnovo degli organi direttivi dell'Ipasvi, il Collegio che ha funzioni di ordine professionale, e hanno scelto di rinnovare la fiducia all'attivissimo presidente uscente, Flavio Paoletti, che nel triennio precedente ha deciso di avviare numerose attività a livello politico e pubblico per riformare da un lato l'immagine sociale degli infermieri e dall'altro l'organizzazione sanitaria che li vede dappertutto carenti. Due le liste di candidati. Dallo spoglio sono usciti come più votati tre candidati della stessa lista, quella del presidente uscente, che ha raccolto il maggior numero di consensi, seguito da Barbara Brajnik dell'Azienda sanitaria e Stefano Grisan dell'Azienda ospedaliera. Nei prossimi giorni il direttivo votato da circa il 15% degli iscritti («Sembrano pochi ma sono quadruplicati rispetto al passato» commenta lo stesso Paoletti) si riuniranno per eleggere il vertice del Collegio, che resterà in carica per altri tre anni.
"Ambulanze bloccate ai pronti soccorsi"
La Repubblica del 01/12/2008 ed. Roma p. 03

Per i malati in lettiga attese di ore. E ieri Roma est senza mezzi del 118 Il direttore della centrale operativa: "In questo modo si ferma il servizio per le altre emergenze"FEDERICA ANGELI AMBULANZE in ostaggio dei pronti soccorsi della città. I mezzi del 118 restano ore e ore bloccati negli ospedali e sono impossibilitati ad andarsene fino a quando non viene loro restituita la barella sulla quale trasportano il paziente. E la restituzione, spesso, avviene dopo infinite attese. Motivo? Il sovraffollamento di alcuni Dea - la scorsa notte, per esempio, il problema ha riguardato il quadrante est della città - rende difficile per medici e infermieri occuparsi, in tempi ragionevoli, dei malati. Quindi accade che il personale del 118 arriva con la barella, trasporta il paziente nel reparto di emergenza e poi è costretto a seguirlo fino a quando il primo camice bianco libero non si prende cura di lui o lo trasferisce su un'altra lettiga. Questo, nella stragrande maggioranza dei casi, equivale ad impedire a un mezzo di soccorso di muoversi anche per dieci ore. Come è successo sabato notte: ben due ambulanze sono rimaste dalle 23.30 fino a mezzogiorno di ieri bloccate al pronto soccorso del Policlinico Casilino. E altre sei hanno stazionato per ore interminabili nei pronti soccorsi del Pertini, del Policlinico Tor Vergata e del Vannini. Otto ambulanze out, fuori uso, bloccate. E se un anziano di Tor Bella Monaca avesse chiesto soccorso per un arresto cardiaco? L'ambulanza sarebbe arrivata, certo, partendo però dall'altra parte della città e impiegando tempi lunghissimi prima di giungere a destinazione. A quel punto si sarebbe posto un altro problema: se il paziente di Tor Bella Monaca in condizioni critiche avesse avuto la fortuna di salire su un mezzo con dentro un medico, allora avrebbe potuto attraversare la città ed essere trasportato persino al Gemelli. Se sul mezzo però ci fossero stati solo gli infermieri (non tutte le ambulanze prevedono il medico a bordo) quel paziente sarebbe stato accompagnato, necessariamente, al più vicino ospedale della zona, già congestionato. E anche la nona ambulanza sarebbe rimasta paralizzata per la notte intera.A confermare l'emergenza e il pericolo per i residenti della capitale è Livio De Angelis, direttore della centrale operativa del 118 di Roma. «Sì, in effetti questa situazione va avanti ormai da un mese circa - ha dichiarato - Io capisco che i pronti soccorsi abbiano dei grossi problemi e andrebbero potenziati. In ogni caso il 118 per questi "blocchi", e dunque per colpe non proprie, vede ridotta la propria capacità di risposta al cittadino. Pur comprendendo le difficoltà - prosegue il direttore della centrale operativa - nel gestire l'iper afflusso di pazienti, il 118 in alcuni momenti, in seguito al blocco di numerosi mezzi anche contemporaneamente, teme di vedere compromessa la propria capacità».E' una situazione complicata, in cui la caccia alla responsabilità diventa uno scaricabarile infinito. Ma una cosa è certa: la conseguenza di questo "sequestro" di ambulanze rischia di mettere in ginocchio il servizio del 118, impedendo, o comunque ritardando, il soccorso a persone bisognose e in condizioni critiche.Intanto il direttore generale dell'Ares ha già più volte sollevato la questione dei blocchi in Regione. E proprio la settimana scorsa ha chiesto, con urgenza, un tavolo di lavoro permanente composto dai responsabili dell'Ares 118 e dai primari di tutti i pronti soccorsi della città. «Discutere del problema - ha concluso Livio De Angelis - è una priorità assoluta. E nell'attesa di una risoluzione dell'emergenza, faremo di tutto per mantenere l'efficienza del servizio al cittadino».L'ARRIVO Il personale del 118, dopo il soccorso in strada o in un'abitazione, accompagna con la propria barella il paziente dentro al pronto soccorso L'ÉQUIPE L'équipe scesa dall'ambulanza arriva al Dea dove, in teoria, dovrebbe lasciare il malato alle cure del personale del nosocomio.Invece spesso segue il paziente per ore IL BLOCCO I medici e gli infermieri dei pronti soccorsi non restituiscono la barella all'ambulanza che non può andarsene.E' in questo modo che bloccano il servizio www.ares118.it www.regione.lazio.it www.roma.repubblica.it
Il pronto soccorso del Pertini
Poca assistenza negli ospedali: ricovero sì, ma con la "badante"
Il Messaggero del 01/12/2008 , articolo di MARIA LOMBARDI ed. Nazionale p. 9

Il dramma degli anziani: mio marito, malato di Sla, senza di me sarebbe morto LA DENUNCIA DI CITTADINANZATTIVA «I veri guai cominciano con le dimissioni: davvero carente l'assistenza domiciliare» MOGLIE COSTRETTA A FARE L'INFERMIERA Il marito ha la sclerosi, lei controlla le macchine e sostituisce i filtriROMA - Comunica con un dito, e niente più, può muoverlo appena e sfiorare un campanello per chiedere aiuto. La malattia si è presa la forza e le parole, anche Luciano Maccari, 78 anni di Roma, è sepolto in un corpo fermo, come lo è stato Welby e come lo sono gli altri seimila malati di Sla (sclerosi laterale amiotrofica) in Italia. Non può restare solo, mai, se si stacca il sondino che gli porta l'aria e non si interviene subito ha due minuti di vita. Luciano è in ospedale, al policlinico Umberto I, da un mese e mezzo, «e io da un mese e mezzo sono sempre accanto a lui», la moglie Flavia, 61 anni, ha perso dieci chili, «vado via solo per la notte e pago una persona perché stia con lui». Ha insegnato alle infermiere di tre reparti come si assiste un malato di Sla, «come si sostituiscono i filtri e si controlla la macchina per la respirazione», è rimasta accanto a Luciano anche con la febbre, rischiando di trasmettergli l'infezione, gli ha salvato un paio di volte la vita. «E' stato un inferno». Moglie, quasi infermiera, badante, giornate intere accanto a un letto d'ospedale. L'inferno di Flavia è quello di quasi tutti i parenti di malati di Sla, ma non solo. Sono tanti i familiari costretti a farsi carico di un'assistenza non sempre adeguata negli ospedali. Lo raccontano alcune delle mail giunte al giornale e le segnalazioni raccolte dal Tribunale dei diritti del malato, Cittadinanzattiva. «Un problema che riguarda soprattutto gli anziani degenti nei reparti di medicina generale. Già nei reparti più specialistici la situazione cambia, così come è decisamente migliorata in quelli di Pediatria», spiega Giuseppe Scaramuzza, del Tribunale dei diritti del malato. E ogni ospedale è un caso a sè, «ci sono quelli che garantiscono un'assistenza completa e quelli in cui il supporto della famiglia diventa indispensabile. Ma i veri guai cominciano con le dimissioni, l'assistenza domiciliare è davvero carente». «Due infermiere per diciassette, diciotto pazienti, tra cui un malato di Sla. Se ci sono due emergenze in contemporanea, Luciano rischia di morire», ecco perché Flavia è sempre lì. «L'altro giorno mi sono allontanata pochi minuti per il pranzo e quando sono tornata mi sono accorta che quasi non respirava più, gli avevano messo una cannula sbagliata». La vicinanza con la malattia l'ha resa esperta come pochi altri, è lei che sa gestire tutti i macchinari che tengono in vita il marito. Ha dovuto impararlo quando Luciano è stato a casa, dopo le dimissioni dal Gemelli, da settembre a ottobre. Poi il ricovero d'urgenza all'Umberto I per una grave crisi respiratoria e il sangue nelle urine. «Lo hanno tenuto in una lettiga da mezzogiorno alla mattina del giorno dopo in attesa di un posto in un reparto». Di reparti ne ha girati tre, adesso è a Neurologia, «e ogni volta ho dovuto insegnare agli infermieri come gestire un malato di Sla. Sono tutti molto bravi e disponibili, ma non hanno esperienza con questa malattia». Flavia ha chiesto aiuto, impossibile farcela da sola. «Ci siamo rivolti alla direzione sanitaria che ha mostrato sensibilità e competenza, ma ci hanno risposto che non hanno personale sufficiente per l'assistenza», racconta Mauro Pichezzi, presidente dell'associazione "Viva la vita". «Solo ora, dopo tante insistenze, la direzione ha capito la gravità del caso e da qualche giorno posso contare sull'aiuto di qualcuno», dice Flavia. La direzione sanitaria assicura di aver fatto il possibile, di aver garantito un numero maggiore di infermieri nei reparti dove è stato ricoverato Luciano, e di «aver attivato per la prima volta un piano di assistenza domiciliare con la Asl RmA». Quando il paziente uscirà dall'ospedale, sarà seguito a casa tutto il giorno. «La colpa non è di nessuno. E' il sistema ospedaliero che non ha attenzione e non prevede corsie protette per questo genere di malati», aggiunge Pichezzi. L'altra mattina, al pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata, una paziente affetta da Sla è rimasta per dieci ore in barella, «trattata come un qualsiasi malato, lei che respira con una macchina, non parla e non si muove». La fatica di Flavia è la stessa che stanno affrontando i familiari di F.P., 53 anni, anche lui malato di Sla e ricoverato all'Umberto I: fanno le notti, i turni durante il giorno. «Un malato di Sla senza famiglia - dice Pichezzi - è destinato a morire».
Lido, pronto il trasloco della sanità
Il Gazzettino del 30/11/2008 ed. VENEZIA p. IX

Una delibera dell'Ulss dà il via libera al trasferimento dei servizi al monoblocco«Mi chiedo quando arriverà il giorno che i sindacati inizieranno a difendere i bravi. Quelli che lavorano di più. Mi chiedo quando i sindacati mi concederanno la possibilità di premiare sul serio i lavoratori. E non è uno sfogo, il mio, è una amara considerazione dopo le polemiche inutili di questi giorni».
Così il Direttore generale dell'Ulss 12, Antonio Padoan, a proposito del putiferio sollevato dalle sue dichiarazioni sugli infermieri che lavorano poco. «Non ne posso più delle strumentalizzazioni. Io parlo per cercare di risolvere i problemi e invece di discutere il problema, si discute il principio. Ed è lesa maestà, dei sindacati, discutere di un argomento come questo. Non solo, siccome non mi si può rispondere nel merito, allora io divento quello che attacca gli infermieri ospedalieri. Sarei un pazzo visto che dirigo una azienda che ha tra le sue colonne portanti proprio gli ospedalieri. Ma ci sono dati di fatto che vanno discussi, per capire e per migliorare, se si ha a cuore il bene collettivo. E allora, è un dato oggettivo che un infermiere che lavora al Distretto del Lido costa in media 2 euro e mezzo l'ora in più di un infermiere che lavora in ospedale. È un dato e non mi si può dire che me la sto prendendo con gli infermieri dell'ospedale. Né con quelli di Venezia nè con quelli di Mestre. E se aggiungo che nei Distretti mediamente si lavora 22 ore - 23 al Lido - contro le 27,8 dell'ospedale di Venezia e le 29 dell'ospedale di Mestre, non sto certo attaccando gli infermieri degli ospedali. Ecco perchè dico che i sindacati dovrebbero imparare a difendere chi lavora e non continuare a polemizzare all'unico scopo di nascondere le loro manchevolezze. Perchè non mi lasciano premiare chi è bravo e lavora di più? Quel che voglio dire, insomma, è che i sindacati continuano a lavorare per non fare, per bloccare e invece non è più il tempo dei privilegi. Se al Lido ci sono 19 infermieri part-time su un totale di 41 forse i sindacati una mano sulla coscienza se la devono mettere. E non possono continuare a nascondersi dietro le normative. Non sempre le norme sono giuste e ci sono momenti in cui sono giuste e momenti in cui non lo sono più. Un altro dato: l'Ulss 12 ha il record delle giornate di malattia fra tutte le Ulss del Veneto. Credo che ci batta solo Padova. Sarà anche colpa di Antonio Padoan, che è brutto e cattivo, ma forse qualche responsabilità ce l'ha anche chi da anni, anzi da secoli continua a ragionare sempre con gli stessi schemi per cui i premi di produzione vanno a tutti, anche a chi non produce un bel niente. I più seri, e sto parlando proprio degli infermieri degli ospedali, si fanno un mazzo così, ma poi quando i sindacati arrivano al tavolo della trattativa quegli infermieri bravi, capaci di far partire un nuovo ospedale dalla sera alla mattina senza troppi problemi, prendono lo stesso stipendio degli altri, di chi lavora nei Distretti. Anzi, meno. È giusto, mi chiedo? E sono io il cattivo?»
«L'Ulss ha incoraggiato a chiedere il part-time»
Il Gazzettino del 29/11/2008 ed. VENEZIA p. II

É uno dei tanti infermieri che lavora nei distretti. Un caposala che, davanti alle esternazioni di Padoan, è indignato: «Ma come si fa a ragionare in questo modo. Se nei distretti ci sono tanti infermieri in part-time è perchè l'azienda li ha concessi. Anni fa bisognava battagliare per ottenerli, ma ormai da tempo e l'azienda che li dà, e ben volentieri, perchè così risparmia sul budget». Uno sfogo, ovviamente anonimo, di un operatore che vorrebbe dare più servizi, ma che deve fare i conti con un numero di colleghi insufficiente. Per anni, visto che negli ospedali ci sono i turni da coprire, gli infermieri per così dire più "fragili" (che si erano ammalati, o che avevano ottenuto il part time, o che godevano dei permessi per assistere un parente) sono stati dirottati nei distretti. «Il ragionamento era che se anche qui saltava un servizio, faceva meno danni - spiega il camice bianco -. Ma negli anni i distretti sono diventati sempre più importanti. Le prestazioni sono in continuo aumento, perché gli ospedali dimettono dei pazienti che hanno ancora bisogno di cure e che dovrebbero essere garantite proprio dai distretti che però, a questo punto, non hanno abbastanza forze per farlo. Qui c'è gente che dà il massimo per uno stipendio che dopo dieci anni di servizio, si aggira sui 1.300 euro al mese. Lo facciamo per i pazienti, non per altro. Per fortuna, i direttori generali passano, ma non i valori per cui abbiamo scelto questo lavoro no».
Gli infermieri sono pochi e a rischio c'è la qualità stessa ...
Il Gazzettino del 29/11/2008 ed. VENEZIA p. II

Gli infermieri sono pochi e a rischio c'è la qualità stessa dei servizi sanitari. Ad ammetterlo è l'assessore regionale alla sanità, Sandro Sandri, che non vorrebbe nemmeno commentare la polemica provocata dal direttore generale dell'Ulss 12, Antonio Padoan, sugli infermieri che lavorano poche ore: «Non c'è niente da dire. Padoan è un tipo sanguigno, lo sanno tutti, che dice le cose in modo un po' libero...». Sandri, che era presente al convegno in cui Padoan pronunciò le frasi incriminate che hanno originato il tutto, quelle sulle ore medie lavorate da un infermiere: 22-23 ore, a fronte delle 36 contrattuali, precisa di non aver seguito le successive polemiche: «Non ho letto i giornali di Venezia, ma immagino che Padoan ci sia abituato a queste polemiche. Quel che posso dire è che escludo che gli infermieri non lavorino. Anzi, andiamo fieri del lavoro del nostro personale». E i problemi di personale? L'Ulss 12 dice di aver troppi part-time ed è in difficoltà ad assumere anche per i vincoli imposti dall'alto. Pare, anzi, che le famose tabelle con le medie delle ore lavorate che tanto polverone hanno sollevato fossero state elaborate dagli uffici ad uso interno, proprio per dimostrare alla Regione le difficoltà di personale in cui si trovano alcuni servizi, a cominciare dai distretti. Sandri, però, glissa sul caso particolare. E alla domanda se Venezia ha bisogno di un'attenzione particolare, risponde senza esitazioni: «Direi proprio di no. La questione è generale. Che ci sia bisogno di assunzioni è fuori di ogni ragionevole dubbio. Ma richieste di questo tipo mi arrivano da tutto il Veneto. Oggi ero all'ospedale di Verona, dove mi hanno presentato proprio la stessa questione. Purtroppo abbiamo problemi legati al rispetto del patto di stabilità. Ora mi muoverò in ambiente romano perché mi consentano un po' più di flessibilità. Se vogliamo mantenere l'eccellenza dei nostri servizi sanitari dobbiamo avere la possibilità di assumere più infermieri e anche più medici. È vero che abbiamo i conti in ordine, ma non dobbiamo per questo sacrificare i servizi ai cittadini. Il nostro personale lavora, e tanto - ribadisce Sandri -, il problema vero è di averne di più. Ne parlerò con Brunetta e Tremonti». L'ultima considerazione l'assessore leghista la riserva al tema più caro al suo partito: «Quello che più mi dà fastidio, quando si parla di personale, è che noi siamo i bravi che tengono i conti in ordine, ma poi ci sono le Regioni che non lo fanno e da cui riceviamo pure dei sorrisini di compatimento».
Roberta Brunetti
Sanità, anche la Regione ammette:
«Poco personale E i servizi ne risentono»
Il Gazzettino del 29/11/2008 ed. VENEZIA p. II

L'assessore Sandro Sandri: «C'è bisogno di assunzioni Ora Roma deve starci a sentire perché qui c'è l'eccellenza»Infermieri sempre più arrabbiati. Ieri qualche iscritto ha persino annunciato di restitutire la tessera ai sindacati che non sarebbero stati abbastanza duri, dopo le esternazioni del direttore generale, Antonio Padoan, sull'orario di lavoro di questi camici bianchi. I sindacati, da parte loro, continuano a diffondere volantini e stanno organizzando un'assemblea pubblica per i prossimi giorni.
Ieri, intanto, è sceso in campo anche Sergio Chiloiro, segretario generale Cgil camera del lavoro: «Confondere privilegi con norme di legge avanzate e soprattutto parlare di privilegi degli infermieri dall'alto di stipendi di migliaia di euro, per fare magari il mero esecutore di scelte fatte da altri, è sconcertante - si legge in una nota -. Padoan continua a non capire quello che dicono tutti gli esperti di organizzazione dei sistemi sociali complessi. Dove rivelante è la componente umana, come una azienda di servizio, è decisivo motivare, rendere partecipe e protagonista, la forza lavoro». Chiloiro ribadisce come l'autoritarismo e le intimidazioni non portino da nessuna parte e soprattutto non migliorino né l'efficienza né la produttività. Il segretario generale mette in evidenza come il trasloco dell'ospedale di Mestre sia stato possibile solo grazie alla responsabilità e alla collaborazione di tutti i lavoratori ed in particolare degli infermieri. Chiloiro non chiude le porte al dialogo, anzi, invita il direttore generale dell'Ulss a cogliere l'occasione dei tavoli sindacali aperti, confederali e di categoria, e a fare proposte nel rispetto della legge e dei contratti. In questo caso il sindacato sarà pronto al confronto. «Se invece chiuderà la sua direzione sbattendo la porta conclude Chiloiro - è sicuro che la sanità di Venezia non vivrà tempi migliori ».
In un'altra nota congiunta delle segreterie di Cgil e Uil si rinfacciano all'Ulss i soldi spesi in consulenze: a proposito di distretti, «se si vuol far funzionare un servizio e garantire un'attività è necessario investire sul personale che opera in prima linea, magari risparmiando sui costi di qualche consulenza inutile». Le due sigle chiedono al direttore generale di avere più rispetto per il personale dell'Ulss che gestisce. I sindacati sottolineano come sono proprio questi lavoratori a contribuire nel raggiungimento degli obbiettivi fissati dalla Regione ed il relativo premio di ventimila euro. Lavoratori costretti a cercare di garantire un'assistenza adeguata e dignitosa ai cittadini, nonostante la pesantissima carenza di personale, mancano circa 350 unità, oltre alle 70 maternità non sostituite, alle numerosissime prestazioni di lavoro straordinario, ai doppi turni ed al sistematico sforamento delle norme che disciplinano la pronta disponibilità. Anche la risposta della Cisl non si fa attendere. Ad integrazione di quanto già dichiarato ieri, secondo Walter Moretto segretario aziendale «la maggior parte del personale sanitario destinato ai distretti, è personale che ha problemi fisici con varie esenzioni e par time». C'è poi chi come Maria Chiara Basso, responsabile nursing up provincia di Venezia, chiede ad Antonio Padoan di esibire il suo cartellino con le rispettive timbrature. La Basso afferma che il direttore Padoan dimentica che gli infermieri devono farsi carico di coprire sempre e comunque il turno sia in casi di emergenza, quando ad esempio sono chiamati dai riposi per coprire assenze e malattie dei colleghi, sia in occasioni nelle quali servirebbe pianificazione come ad esempio gravidanze o malattie particolarmente lunghe.
Davide Calimani
Si lavora di più in corsia che nei servizi territoriali
Il Gazzettino del 28/11/2008 ed. VENEZIA p. II

I NUMERI(r. br.) Come è arrivata l'Ulss 12 a calcolare che un infermiere può lavorare solo 22-23 ore settimanali, a fronte delle 36 previste dal contratto, dato che tanto ha fatto infuriare la categoria? Ieri il direttore generale Antonio Padoan ha distribuito le tabelle da cui si ricavano queste contestate cifre. Ebbene, l'azienda ha cercato di misurare il lavoro di tutto il suo personale nel periodo 1. dicembre-30 settembre 2008. Nove mesi in cui sono "transitati" 4.410 dipendenti, corrispondenti a un numero effettivo di 4.173. Come mostra la tabella, l'Ulss 12 confronta il "totale delle ore da lavorare" che, escluse ferie e formazione, sono complessivamente 6 milioni 716.851, con quelle effettivamente "timbrate", che si fermano a 4 milioni 431.035. La differenza è notevole perché nel "totale delle ore da lavorare" vengono considerate anche le ore che non vengono lavorate (e che quindi non vengono nemmeno pagate) dai part-time (sarebbero circa un milione); nonché le altre ore che invece vengono pagate, ma non lavorate in virtù dei vari altri istituti riconosciuti per legge e contratto al lavoratore: dalla malattia, alla gravidanza, dall'allattamento, alla legge 104 (18 ore al mese per assistere un parente malato)....
Sulla base di questo confronto, l'Ulss 12 calcola che le ore timbrate su quelle da lavorare siano per il complesso dei suoi dipendenti il 65,97\%, con variazioni relative tra le diverse figure professionali: 64,16\% per la cosiddetta dirigenza (farmacisti e amministrativi), 62,68\% per gli infermieri, 77,20\% per i medici, 62,97\% per gli operatori socio-sanitari. Differenze che ritornano anche nelle ore medie settimanali, con i medici che guidano la classifica (30,69) mentre gli infermieri si fermano a 25,66 e i dirigenti a 28,22. Ma quello che è stato più sottolineato ieri è la differenza tra servizio e servizio. In particolare, tra ospedali e distretti. Prendendo il dato delle ore medie settimanali, al Civile e all'Angelo i medici sono rispettivamente a 33,13 e a 34,03; gli infermieri a 27,80 e 29,18; i dirigenti a 30,99 e a 32,39; gli operatori socio sanitari a 28,84 e a 29,23. Altri numeri sul fronte dei distretti. In quello di Venezia i dirigenti hanno una media di appena 19,95 ore, gli infermieri di 23,25, i medici di 27,20, gli operatori socio-sanitari di 24,43. A Lido-Pellestrina è più evidente la differenza tra medici (38,54 ore) e infermieri (22,82) e dirigenti (20,88), mentre gli operatori sono a 28,29. Il distretto di Mestre centro ha i dirigenti a 27,37, gli infermieri a 23,27, i medici a 26,04 e gli operatori a 21,81. Infine, Mestre sud: anche in questo caso la differenza è tra medici (30,10) e infermieri (23,50), con dirigenti a 26,86 e operatori a 24,64.
Crociata dell'Ulss contro le malattie. Dei dipendenti
Il Gazzettino del 28/11/2008 ed. VENEZIA p. II

Due paginate fitte di dati elaborati dall'Ulss 12 per dimostrare che gli infermieri lavorano più ore negli ospedali che nei distretti: nel senso che in questi servizi territoriali ci sono più camici bianchi che prendono il part-time, che si ammalano, che godono di permessi vari. E un attacco durissimo ai sindacati, accusati di proteggere un sistema fatto di privilegi (come il part-time a tempo indeterminato) e di premi a pioggia. Eccola la risposta del direttore generale, Antonio Padoan, alla ridda di polemiche da lui stesso provocate con le ormai note dichiarazioni sugli infermieri che lavorano poco. Ebbene, per chiarire il senso delle sue parole, ieri mattina lo stesso Padoan ha convocato una conferenza stampa, presente anche il direttore amministrativo, Alessandra Massei. Sorriso sulle labbra, ma piglio bellicoso, il direttore generale si è lasciato scappare, da subito, un «qualcuno ne uscirà con le ossa rotte» (ovvio riferimento ai sindacati). Ciò detto, ha ribadito di non aver parlato di «fannulloni», né di «contestare i diritti dei lavoratori». «Mi metto solo dalla parte dell'utenza. E ho spiegato che non riusciamo a garantire la continuità assistenziale, cioè l'assistenza sul territorio dopo le dimissioni dall'ospedale, perché nei distretti abbiamo gli infermieri che si ammalano di più e che sono più in part-time». E i numeri esibiti ieri dall'azienda dimostrebbero proprio questo: se un infermiere dell'ospedale lavora tra le 27,80 ore al Civile e le 29,18 all'Angelo, nei distretti si scende a 23,25 a Venezia, 23,27 a Mestre centro, 22,82 al Lido.
Colpa soprattutto del part-time, che in alcuni servizi «crea problemi insuperabili». Padoan ha citato ancora il caso del Lido, dove sono in part time 19 infermieri su 41. Per contratto, il personale part-time non può superare il 20\%, ma la percentuale viene calcolata su tutta l'azienda, con squilibri notevolissimi tra servizi. «E poi non è ammissibile che uno si prenda il part time per allattare il bambino e poi se lo tenga fino alla pensione, anzi fino a poco prima, per poi avere una pensione più alta - ha continuato Padoan -. Di questi part-time ne abbiamo centinaia. Non mi risulta che nelle altre Ulss ce ne siano così tanti. Il sindacato, invece di starnazzare, dovrebbe stare dalla nostra parte su questo fronte». Altro tema, quello dei giorni di malattia. Troppi per Padoan e Massei che hanno citato una classifica regionale che vede l'Ulss 12 al terzultimo posto, con 12,85 giorni all'anno per dipendente, quando la media veneta è di 9 giorni. Altro esempio, il turno di lavoro su tre giorni, anzichè spalmato sull'intera settimana, che consente i doppi lavori. «E si sa che con una notte da un privato, un infermiere si fa uno stipendio» ha chiosato il direttore generale.
In questi giorni i sindacati, tutti sul piedi di guerra, avevano ribattuto all'Ulss che il problema vero era la mancanza di personale, visto che l'azienda non sostituisce le maternità, non integra l'orario dei part-time e lascia enormi buchi d'organico. Ma ieri Padoan ha tagliato corto: «L'organico è un imbroglio, risponde a logiche che non vanno più bene. Assunzioni ne abbiamo fatte, ma molti infermieri se ne fanno e poi abbiamo i vincoli imposti da Stato e Regione...». E il richiamo, alla fine, è sempre ai sindacati: «Che devono stare dalla parte dell'azienda, e non difendere gente che non può essere difesa, tanto più in questo momento storico di crisi. Che può dire, davanti a questi numeri, la barista del locale qui sotto che lavora dalle 6 del mattino alle 5 del pomeriggio e si è malata 9 giorni in 9 anni». «In questa azienda, in effetti, c'è un'ottica di privilegi acquisiti - ha aggiunto il direttore amministrativo - non può essere che per un prelievo del sangue ci si prenda un giorno di malattia». E allora, l'appello della dirigenza dell'Ulss al sindacato è di riscrivere le regole. «Basta part-time a tempo indeterminato - ha concluso Padoan - e basta incentivi a pioggia, vogliamo premiare solo chi lavora effettivamente di più».
Roberta Brunetti
Mestre La polemica sul lavoro degli infermieri continua. ...
Il Gazzettino del 28/11/2008 ed. VENEZIA p. 1

Mestre
La polemica sul lavoro degli infermieri continua. Ieri il direttore generale dell'Ulss 12, Antonio Padoan, ha distribuito dei dati che dimostrano come si lavorano più ore negli ospedali che nei distretti: nel senso che in questi servizi territoriali ci sono più camici bianchi che prendono il part-time, che si ammalano, che godono di permessi vari. Se un infermiere dell'ospedale lavora tra le 27,80 ore al Civile e le 29,18 all'Angelo, nei distretti si scende a 23,25 a Venezia, 23,27 a Mestre centro, 22,82 al Lido. Colpa, secondo l'Ulss, soprattutto del part-time, che in alcuni servizi «crea problemi insuperabili». Ma anche di un numero eccessivo di malattie: più di 12 giorni di assenza l'anno per tutta l'Ulss12, contro una media veneta di 9. Padoan ha accusato il sindacato di proteggere un sistema fatto di privilegi e anche il direttore amministrativo, Alessandra Massei, ha puntato il dito su di «un'ottica di privilegi acquisiti». L'appello dell'Ulss 12 ai sindacati, allora, è proprio quello di riscrivere le regole. «Basta part-time a tempo indeterminato - ha concluso Padoan - e basta incentivi a pioggia, vogliamo premiare solo chi lavora effettivamente di più».
Brunettia pagina II
«Trapianti, l'infermiere non tocchi gli elettrodi»
Il Giorno del 30/11/2008 , articolo di RENATA ORTOLANI ed. Nazionale p. 9

Morte cerebrale: spetta solo ai tecnici accertarla di RENATA ORTOLANI - BOLOGNA - L'ENCEFALOGRAMMA necessario per accertare e certificare la morte cerebrale - l'esame che avvia, una volta letto e interpretato dal medico neurologo, il prelevamento di organi destinati al trapianto - rischia di diventare un grosso problema. In certe realtà potrebbe addirittura bloccare le attività trapiantologiche. Affidato per anni a infermieri addestrati, dal giugno scorso per legge è stato assegnato a tecnici di neurofisiologia formati in tre anni di corso. «Nonostante questa norma - spiega Angelo Mastrolillo, presidente dell'associazione dei tecnici di neurofisiopatologia (Aitn) - ci sono tuttora ospedali del Veneto, della Lombardia e del sud Italia, vedi la Puglia, che non assumono i tecnici. L' elettroencefalogramma per la morte cerebrale viene fatto fare agli infermieri (64 in Lombardia e 79 nel Veneto), competenti e in grado di offrire garanzie pari a quelle che le nuove figure forniscono, ma che però dovrebbero fare altro: vista anche la carenza di personale infermieristico, non dovrebbe essere difficile identificare cosa. Il nodo è delicatissimo. Ci sono già, a Messina e in Molise, neurologi che hanno messo nero su bianco la loro indisponibilità a compiere il test e la certificazione di morte cerebrale con infermieri. Annunciando l'astensione di fatto si espongono a una denuncia per omissione di atti d'ufficio, ma si prefigura anche un danno alla collettività: se gli esami sulla morte cerebrale si bloccano, si bloccano anche i trapianti. E i pazienti in lista d'attesa rischiano la morte». ANDANDO a vedere i nuneri si vede che sono poco più di trecento, in tutta Italia, i tecnici da assumere per eseguire l'elettroencefalogramma. «Purtroppo però - sottolinea Maria Paola Landini, vice presidente della sezione del Consiglio superiore di sanità cui è stato posto il quesito sul tema- questo è un altro esempio di come nel nostro Paese vengano costruite competenze che il Sistema sanitario nazionale non è poi in grado di sfruttare e impiegare adeguatamente». Paola Binetti (Commissione Affari sociali della Camera) ha portato anche in Senato il problema, e s'è schierata fin dall'inizio dalla parte dei tecnici. O meglio, del decreto che li impone. «Non voglio assolutamente dire - precisa - che gli infermieri non abbiano la competenza per eseguire l'esame in questione; però noi dobbiamo guardare avanti: la dedizione e la pratica vanno bene, ma la dedizione, la pratica e la competenza specifica, la cultura specialistica, sono ancora più efficaci». AFFRONTA il problema con un altro approccio il direttore del Centro nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa: «Sono d'accordo col decreto - ribatte - però chiedo un'alleanza fra le varie realtà coinvolte. Se nell'équipe c'è un infermiere e non un tecnico perché le assunzioni non sono state fatte, il neurologo non deve e non può, a mio parere, rifiutarsi di fare eseguire l'esame. Semmai, va segnalato il caso, volta per volta, ai responsabili delle Ausl». Ma il professor Lucio Santoro (Università Federico II di Napoli e past president della Società italiana di neurofisiologia clinica, dopo uno scambio di battute un po' tese con Nanni Costa, chiosa così: «La legge c'è, la deroga ventilata non è mai stata firmata dal ministro: quindi la legge va applicata. Si stanno facendo pressioni sui neurologi perché eseguano loro l'Eeg, ma noi non diremo sì. Non siamo capaci; io so solo che dalle apparecchiature analogiche siamo passati a quelle digitali. Non saprei da dove cominciare. L'Eeg lo so leggere: per farlo, ci sono tecnici specializzati e formati apposta».
Mancano gli infermieri in ospedale
Il Tempo del 29/11/2008 ed. Abruzzo Pe

CASTEL DI SANGRO E' di nuovo emergenza nell'ospedale di Castel di Sangro per la mancanza di infermieri che sta interessando soprattutto i reparti di Medicina e Ortopedia. «Mancano all'appello - ha detto Biagio Beato dell'Ugl - almeno tre unità dal momento che un'infermiera in maternità e una in malattia da due mesi non sono state sostituite e c'è un contratto in scadenza al 15 dicembre che non sarà rinnovato». Gli infermieri presenti sono costretti a saltare i riposi mentre si apprende che 5 nuove unità assunte dalla Asl saranno destinate ad Avezzano e Sulmona. C. Set.
«Parcheggio, soldi buttati»
Alto Adige del 29/11/2008 ed. Nazionale p. 21

«Nursing up» attacca la Provincia: «Lo pagheremo noi»
BOLZANO. Il sindacato degli infermieri «Nursing up» critica la Provincia per la costruzione del nuovo parcheggio interrato dell'ospedale San Maurizio: «L'opera non è stata richiesta da nessuno, se non dalla Provincia, che ha ceduto ad imprenditori privati e apparentemente privati il terreno attorno all'ospedale». Poi c'è il contratto firmato dalla Provincia. «Vergognoso, perché trattandosi di opere pubbliche, i costi sono stati coperti per un terzo dai tributi dei cittadini, mentre il resto sarà finanziato dai nostri abbonamenti e dalle tariffe pagate dai cittadini». Anche gli infermieri, infatti, pagheranno per parcheggiare. «Siamo stati"invitati" - ironizza il sindacato - ha sottoscrivere oltre all'abbonamento un regolamento capestro di accettazione delle condizioni di utilizzo. Le tariffe varieranno in funzione del numero di abbonamenti stipulati. E proprio il principio del"più siamo meno paghiamo" ha indotto una cosiddetta"guerra tra poveri" in ospedale». Gli infermieri denunciano la carenza di alternative all'auto per arrivare al lavoro: «Spesso non ci sono i mezzi pubblici per tornare a casa. Dopo 11 ore di lavoro notturno, ad esempio, ci impieghiamo almeno 60 minuti per andare a Laives con il bus. Perché la Provincia non ha investito i soldi nelle infrastrutture, anziché nel parcheggio». Poi ci sono le tariffe: «Adesso i cittadini pagano 1,20 euro, ma siamo sicuri che tra poco si passerà a 1,80 euro. E se noi infermieri non siamo abbastanza veloci, con 61 minuti di parcheggio i visitatori pagano due ore. Noi non ci chiediamo se tutto ciò sia legale. La Provincia ha fatto leggi che consentono la costruzione di opere pubbliche con le concessioni. Ma tutto questo è giusto secondo i canoni di equità, giustizia sociale e morale?».
Denunciati altri quindici infermieri
Corriere Adriatico del 29/11/2008 p. 3

ANCONA - Ci sono anche quattro marescialli della Marina militare tra i quindici infermieri denunciati nei giorni scorsi dai carabinieri del Nas che da oltre un anno stanno indagando sul fenomeno del doppio lavoro in ambito sanitario. I quindici professionisti, tra i quali undici dipendenti dell'ospedale di Torrette, avrebbero lavorato anche in case di riposo e residenze per anziani nonostante non possano farlo in base all'esclusività della professione presente nel contratto per il pubblico impiego. Le verifiche incrociate dei Nas hanno coinvolto, oltre all'ospedale di Torrette, anche il pediatrico Salesi, il geriatrico Inrca, diversi presidi ospedalieri della zona territoriale 7 dell'Asur, oltre a case di riposo e residenze private per anziani. Un mese fa le indagini dei carabinieri avevano già portato alla denuncia per truffa nei confronti di altri nove infermieri dell'ospedale di Torrette, sospesi per tre mesi dalla direzione sanitaria. Tutti avrebbero svolto un secondo lavoro percependo a tutti gli effetti degli stipendi. Prestazioni non occasionali che avrebbero superato un guadagno annuo di 5 mila, il tetto massimo fissato in questi casi dal contratto per il pubblico impiego. Le verifiche e gli accertamenti dei Nas proseguono e potrebbero portare ad altre denunce.
Padoan: «42 milioni spesi per le assenze Privilegi nei distretti»
Corriere del Veneto del 28/11/2008 ed. VENEZIA p. 11

Il direttore: contratto aziendale da rivedereL'azienda sanitaria è seconda nel Veneto per giorni di malattia dei dipendenti, ma la prima ha molto più personale VENEZIA - Prendersi un intero giorno di malattia per un prelievo del sangue, oppure, donare il sangue di sabato e chiedere di «recuperare» il riposo il lunedì successivo. Dovrebbero essere casi limite ma, secondo l'Asl 12, non lo sono. Tanto che a fine anno ci sono quasi un milione e trecentomila ore non lavorate a vario titolo, divise tra infermieri, medici, dirigenti, amministrativi. Il direttore generale dell'Asl Antonio Padoan mette da parte i toni da crociata, e fa appello ai sindacati per rivedere quello che descrive come un «regime di privilegi». Nel mirino del direttore ci sono soprattutto gli infermieri che, dati dell'ufficio personale alla mano, lavorano 25,68 ore effettive la settimana anziché 36. Il risultato è che vengono pagati 40 euro l'ora, invece dei 25 medi da contratto. Colpa degli «istituti» ha spiegato ieri Padoan, vale a dire un lungo elenco di casi in cui, ad esclusione di gravidanza, ferie, malattia, si può restare a casa, a stipendio pieno. L'elenco del direttore comprende: i tre mesi di allattamento dopo il parto, permessi studio da 150 ore l'anno, le missioni, i concorsi, le commissioni di qualità e le assemblee sindacali. Diritti sacrosanti dei lavoratori, ribattono i sindacati. «Ma per noi - dice Padoan - la media di 12,85 giorni d'assenza l'anno, quando aziende delle stesse dimensioni stanno sotto i 9 giorni, si traduce in costi insostenibili e disservizi ai pazienti». A fine anno la categoria degli infermieri costa all'azienda il 59,5% in più a causa dei giorni non lavorati: oltre 42 milioni di euro. In realtà le percentuali non cambiano di molto se si va a spulciare fra i dirigenti (costo maggiorato del 50,9%) ma il conto è molto più contenuto: poco meno di 5 milioni di euro.Dopo le polemiche dei giorni scorsi, insomma, Padoan, pur con dei distinguo (l'encomio agli infermieri ospedalieri contrapposti ai meno presenti colleghi dei distretti) non arretra. Anzi, aggiunge un'infilata di numeri e percentuali per dimostrare che un problema sulle ore effettivamente lavorate dagli infermieri c'è, eccome.Da lontano arrivano le critiche anche di Paola Gasbarri, dei Cobas sanità: «Padoan dica perchè negli ultimi anni sono aumentati dirigenti, capi, organizzatori mentre ci sarebbe bisogno di operatori socio sanitari».Ma Padoan non li sente. «Non voglio dare del fannullone a nessuno», dice. Ma poi fa presente che i 4.410 dipendenti dell'Asl veneziana hanno accumulato nel 2007 56.199 giorni di malattia, secondi solo a un'altra Asl veneta che conta, però, 5.120 dipendenti. E dice che un contratto nazionale e un contratto aziendale «da privilegiati » stanno mettendo in crisi il sistema sanitario sul territorio.Il campo di battaglia non sono gli ospedali dove tutti, dai medici agli infermieri, lavorano in modo sostenuto, bensì i distretti. «Continuiamo a dire che dobbiamo investire sui servizi al territorio e puntare sulla continuità assistenziale - dice il direttore - ma è fisicamente impossibile finché nei distretti finisce buona parte dei 500 dipendenti part time che abbiamo ». Con casi limite come il distretto del Lido dove su 41 dipendenti, 19 sono a part time. La soglia dei lavoratori part time, che per contratto nazionale è del 20% e per quello aziendale del 16%, è uno dei punti che l'Asl chiede ai sindacati di rivedere. «Ci sono troppi contratti di questo tipo a tempo indeterminato - dice Padoan - cerchiamo il modo di limitarli alle esigenze reali». Nessuno lo dice apertamente, ma il sospetto che aleggia è che qualche part time arrondi poi in strutture private.«I dati sul part time - tuona Padoan - sono una vergogna, il sindacato dovrebbe stare dalla parte dell'azienda per far lavorare questa gente. In Ungheria medici e infermieri lavorano 60 ore a settimana, qui non arrivano a fare neppure le 36 del contratto».E tra le richieste al sindacato il direttore infila anche la revisione dei premi. «Vanno a tutti - dice Padoan - indistintamente, mentre ci sono lavoratori che meriterebbero un incentivo per l'impegno profuso ».Insomma, la meritocrazia in corsia. E poi l'aggiornamento dell'organico: «Le cose sono cambiate negli ultimi 10 anni - spiega il direttore - in passato si teneva conto dei tempi di consegna ma ora abbiamo i carrelli automatizzati. L'organico, com'è ora, è un imbroglio ».Martina Zambon ❜❜ I casi limite frequenti Chi fa l'esame del sangue ha diritto a stare a casa un giorno in malattia
Infermieri in lista d'attesa
Corriere delle Alpi del 29/11/2008 ed. Nazionale p. 24

Una graduatoria contro il turn over, sessanta iscritti
FELTRE. Una graduatoria di 60 infermieri, dalla quale attingere per coprire il fabbisogno nei reparti in sofferenza, è stata formata di recente in seno all'Usl 2. Questo fa ben sperare nelle autorizzazioni ad assumere nel 2009 per contrastare il fenomeno del blocco del turn over dopo i numerosi pensionamenti a cavallo fra il 2007 e il 2008. L'annuncio è stato dato ieri dalla dirigenza Usl, in occasione della consegna delle due borse di studio annuali conferite a studenti infermieri meritevoli, dalla benefattrice Augusta Niero Miozzo. Si tratta di Elisa Vedana e di Denise Gasperin.L'iniziativa nata e proseguita fino ad oggi, ha avuto seguito. L'associazione feltrina Filo d'Arianna, che ha contributo negli anni a dotare di strumenti innovativi ai fini della diagnostica la gastroenterologia, analogamente ha istituito due borse di studio da cinquecento euro ciascuna a studenti che portino contributi alla ricerca delle malattie al tratto digerente.Quella di ieri, è stata anche l'occasione per fare il punto della professione infermiere quanto a numero di iscritti al canale parallelo di Feltre per la laurea in infermieristica e alle prospettive occupazionali.Su questo aspetto è intervenuto Franco Capretta, coordinatore del corso di laurea. La Regione ha autorizzato per l'anno accademico in corso un maggior numero di iscritti che risultano 66. Sessantacinque sono gli iscritti al secondo anno, mentre 55 sono al terzo. «Nel 2009 avremo 47 studenti laureati», ha detto Capretta. «Un terzo di questi, però, proviene da altre province. E' verosimile pensare che cercheranno lavoro in altre Usl. La nostra azienda ha del resto in atto numerose convenzioni con case di riposo del Primiero e del Trevigiano. Questo offre opportunità di lavoro in più».Elisa Vedana e Denise Gasperin, le studentesse premiate ieri, hanno entrambe la stessa aspirazione, quella di diventare ostetriche. Una scelta tutt'altro che peregrina, visto non il trend di natalità consolida il segno "più".
Piario, finita l'attesa È festa per l'ospedale
Eco di Bergamo del 30/11/2008 p. 25
In mille all'inaugurazione. Amadeo: ripagato di tante amarezze La struttura, pronta da Natale, sostituirà il San Biagio a ClusonePIARIO Uno sguardo al futuro della sanità in alta Valle senza dimenticare i passi compiuti per tagliare questo traguardo. Non è un caso che durante la festa d'inaugurazione dell'ospedale «Antonio Locatelli», ieri pomeriggio a Piario, sia stato pronunciato più volte il nome di Luigi Micheletti, il compianto sindaco di Piario che tanto si battè per l'ospedale di Groppino.Intitolato ad Antonio LocatelliE di festa possiamo sicuramente parlare per questa inaugurazione, tenuto conto del migliaio di persone intervenute alla manifestazione, tra le quali numerosi parlamentari come Mirko Tremaglia, Carolina Lussana, Valerio Carrara, Ettore Pirovano, Giovanni Sanga e Nunziante Consiglio in rappresentanza del ministro Roberto Calderoli. E poi rappresentanti regionali come l'ex assessore alla Sanità Carlo Borsani e i consiglieri Pietro Macconi che faceva le veci di Roberto Formigoni, Carlo Saffioti, Daniele Belotti e Giosuè Frosio; il presidente della Provincia Valerio Bettoni, il viceprefetto Sergio Pomponio, sindaci seriani e scalvini, parroci, presidenti e consiglieri delle Comunità di Scalve e Clusone, medici e infermieri del San Biagio di Clusone. Presente anche il vescovo di Bergamo Roberto Amadei e, tra le autorità militari, i colonnelli comandanti provinciali della Guardia di Finanza, Giancarlo Totta, dei carabinieri, Roberto Tortorella, e il colonnello Giovanni Sfera, del terzo reggimento «Aquila» di stanza all'aeroporto di Orio al Serio.La cerimonia d'inaugurazione, presente anche la nipote di Antonio Locatelli, eroe cui è dedicato l'ospedale, è iniziata con l'intervento di Adriana Alborghetti, responsabile del servizio infermieristico dell'Azienda ospedaliera Bolognini di Seriate. Applausi per la poesiaDopo un saluto ai presenti ha chiamato i sindaci di Clusone, Guido Giudici, e quello di Piario, Renato Bastioni, per un passaggio ideale di consegne. Il primo cittadino di Clusone ha consegnato la chiave dell'ospedale San Biagio - nosocomio in chiusura - al collega di Piario. Applausi per la poesia scritta e recitata dalla dipendente dell'Azienda ospedaliera Zaira Telini, con la quale l'autrice ha simpaticamente sottolineato il ruolo dei valligiani e delle donne nella realizzazione del nuovo nosocomio. Apprezzata anche la ricostruzione storica dell'ospedale di Groppino, esposta dal ricercatore Mino Scandella.Si sono poi succeduti diversi interventi. Guido Giudici e Renato Bastioni hanno sottolineato come quella di ieri sia stata una giornata storica per l'alta Valle del Serio e per la Valle di Scalve. Gianfranco Gabrieli, presidente dell'assemblea dei sindaci dell'alta Valle Seriana e della Valle di Scalve, ha ricordato le vicende e i ritardi, dovuti soprattutto al fallimento delle prime due ditte appaltatrici, nella costruzione dell'ospedale, ringraziando l'apposito comitato di amministratori per l'impegno profuso nell'opera di controllo e di sollecito dei lavori. Valerio Bettoni ha rimarcato come la salute sia un bene prezioso e come il nuovo ospedale sia un tassello importante che fa ben sperare per il futuro della sanità in valle e nella Bergamasca. Miro Radici ha ricordato la crisi in cui versano attualmente le aziende bergamasche, bisognose ora di aiuti statali, ringraziando Amedeo Amadeo, direttore generale dell'azienda ospedaliera Bolognini di Seriate, per l'impegno profuso nella costruzione dell'ospedale, operativo da Natale. La prima parte dell'inaugurazione si è conclusa con un bel filmato, realizzato dai dipendenti dell'azienda sanitaria in cui vengono ringraziati Amadeo e i suoi più stretti collaboratori che si sono impegnati a fondo per Piario.«Non un'azienda, ma una comunità umana»Amadeo, più che soddisfatto dell'ospedale nel suo insieme,è stato toccato da così tanta partecipazione, anche perché ha visto numerose persone colpite in modo significativo dopo aver osservato, anche dal punto di vista della costruzione architettonica, la nuova struttura: «Sono commosso per questa festa di popolo, che ripaga tutte le amarezze sopportate, per cause varie, nella costruzione dell'ospedale. Ringrazio tutti i miei collaboratori, il personale medico e gli infermieri che, anche a Groppino come a Clusone, sicuramente continueranno a curare i malati con tanta umanità e alta professionalità». «Non ho creato - ha tenuto a sottolineare - un'azienda, ma una comunità umana che sa sentire, servire e amare». Ha quindi ricordato Luigi Micheletti e i dipendenti scomparsi, garantendo che la Valle Seriana godrà sempre di particolare attenzione. La benedizione della nuova struttura è stata affidata al vescovo di Bergamo, Amadei, che ha rimarcato la necessità che i malati nel nuovo ospedale trovino sempre un'accoglienza caratterizzata da umanità e professionalità.Enzo Valenti
Ambulatori a metà servizio, Paola accusa Cetraro
Gazzetta del Sud del 29/11/2008 ed. COSENZA p. 41

PAOLAI criteri e i metodi per valutare il fabbisogno del personale infermieristico, nei vari reparti e servizi dell'ospedale civile di Paola, sono stati gli argomenti di discussione al centro della riunione svoltasi nell'ufficio delle direzione sanitaria del nosocomio, alla presenza della dirigente sanitaria Magda Gargano.
Hanno partecipato il dirigente infermieristico Cosimo Taraso e una delegazione sindacale guidata dai responsabili Giancarlo Sorrentino (Cisl) e Franco Longo (Uil). L'esigenza di valutare il fabbisogno infermieristico è finalizzata a rendere l'ospedale più equilibrato, aumentando la percentuale a favore dei reparti con posti letto e garantendo migliori livelli di assistenza all'ammalato.
Il sindacato ha colto l'occasione della presenza della direttrice sanitaria e ha denunciato ancora una volta il mancato funzionamento al nosocomio, nelle ore pomeridiane, degli ambulatori. Da qui la richiesta d'intervento al direttore generale dell'Asp di Cosenza Franco Petramala e che del caso venga informato anche il direttore sanetario Antonello Scalzo.
Gli ambulatori che non funzionano di pomeriggio sono quelli di pediatria, ostetricia-ginecologia, tutti accorpati a Cetraro per la delibera n.2838 del 14.0.2008.
In merito c'è una grossa anomalia considerato che a Cetraro ci sono 17 medici in ostetricia e ginecologia e 8 in pediatria.
«Non si tratta di boicottaggio contro Paola - è stato detto - ma certamente gli utenti non possono stare tranquilli». Visto che Paola ormai non ha più questi reparti sarebbe necessario garantire l'utenza con i servizi ambulatoriali. «Abbiamo chiesto - si rileva nel comunicato - che la gestione dei servizi ambulatoriali siano garantiti sia di mattina che di pomeriggio. Se non si riuscirà a garantire questo - ci si chiede infine - come si penserà di garantire un'organizzazione più complessa con il piano sanitario regionale che dovrebbe essere in dirittura di arrivo? Per questo sarebbe opportuno un intervento forte e rapido del dott.Petramala».(g.vena)
Rsa e farmaci, problema generale
L' Adige del 30/11/2008 p. 46

CLES - Il servizio infermieristico della Azienda pubblica di servizi alla persona Santa Maria di Cles è stato chiamato in causa relativamente al procedimento giudiziario avviato nel 2007, dopo che il medico convenzionato aveva denunciato al Nas delle irregolarità nell'operato degli infermieri. Le contestazioni riguardano l'abuso di esercizio di professione medica per aver somministrato categorie di farmaci quali antidolorifici, lassativi ed antiacidi, senza la prescrizione del medico. Ora, tramite la presidente Nadia Rampin , è il consiglio di amministrazione dell'ente a prendere posizione. L'Apsp Santa Maria ospita 140 persone, di cui 130 non autosufficienti e di questi circa 50 con patologie gravissime, fattore che non sempre viene considerato. Per ogni ospite viene tenuto un diario assistenziale dove vengono segnalati tutti i fatti che caratterizzano la giornata ed una cartella dove sono scritte terapie prescritte con le dosi e le modalità di somministrazione e dove viene inoltre annotato ogni farmaco e presidio somministrato all'ospite. Se il Nas ha potuto verificare e contestare i fatti in discussione, è perché gli infermieri hanno costantemente e trasparentemente annotato ciò che hanno somministrato. La somministrazione di una terapia in una Rsa con una presenza medica come sopra regolamentata è un'azione complessa e potenzialmente problematica. Quando il medico è presente, il suo intervento e la conseguente prescrizione del farmaco avvengono senza alcun problema. Quando il medesimo medico è reperibile e vige piena fiducia tra questi e gli infermieri, una volta rintracciato, egli valuta se rientrare in struttura, dare disposizioni terapeutiche telefonicamente o disporre l'accesso ospedaliero: per completare il processo serve solo una conseguente corretta registrazione degli accordi presi da parte di ogni figura professionale, secondo specifica competenza, cosa che è stata sottovalutata a Cles proprio per la fiducia che gli infermieri riponevano nel medico. Se il medico che ha prescritto telefonicamente il farmaco non ratifica la decisione nei documenti, potrebbe sembrare che non sapesse nulla. Il problema si complica quando le necessità sanitarie richiedono l'intervento della guardia medica che, comprensibilmente, non conosce le problematiche degli ospiti ed interviene in una struttura con una propria organizzazione, da cui spesso si pretende che agisca secondo gli standard ospedalieri, trascurando il reale contesto: non desti stupore che possano nascere incomprensioni e conseguenti disagi per gli ospiti. La soluzione di questo delicato aspetto clinico-legale, ricco di insidie e di pericoli per tutti gli operatori ai vari livelli, non è certamente banalmente risolvibile con l'armadio farmaceutico informatizzato, che, in nulla può interferire con l'aspetto decisionale umano. Né tantomeno è in discussione la qualità e la sicurezza della somministrazione dei farmaci, come potrebbe sembrare dall'intervento ( l'Adige , 14 novembre) della dottoressa Luisa Zappini. I controlli nulla hanno evidenziato di tutto ciò e, comunque, la struttura è sottoposta a verifiche periodiche per poter mantenere l'accreditamento sanitario. I problemi veri invece sono almeno di due ordini. Uno di tipo organizzativo, in quanto le disposizioni provinciali che regolamentano l'assistenza medica non sono sicuramente adeguate alle realtà ed alle necessità delle Rsa di oggi, almeno di alcune. L'altro di tipo fiduciario e di rispetto tra le varie figure professionali coinvolte nell'assistenza; il contesto sopra descritto espone quotidianamente sia il medico che l'infermiere a conseguenze spiacevoli per cose minime. L'Apsp ha messo in atto quanto in suo potere per rimuovere le possibilità di errori futuri, ma non ha certo gli strumenti sufficienti per intervenire in modo radicale. E, poiché queste dinamiche riguardano tutto il sistema delle Apsp, la questione va affrontata anche in sedi di livello superiore: una convergenza d'intenti tra Provincia, Azienda sanitaria ed Upipa potrebbe contribuire a fare chiarezza, a garantire al personale tranquillità.30/11/2008
L'anomalia della sanitá italiana
La Citta di Salerno del 30/11/2008 , articolo di DI DOMENICO DELLA PORTA ed. Nazionale p. 14

• In Italia troppi medici, a fronte di una grave carenza di personale infermieristico. Una anomalia segnalata dal rapporto Ocse sulle risorse umane in ambito sanitario 2008. L'Italia, rileva l'Ocse, ha il più alto numero al mondo di medici per abitante: più di 600 ogni 100 mila abitanti nel 2005. Lo stesso trend è confermato anche a Salerno e Provincia dove i sanitari iscritti all'Ordine Professionale sono 6550. I medici appartenenti alla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri sono circa 370 mila. La competizione tra medici nel settore pubblico è molto alta e spesso i più giovani devono aspettare a lungo prima di riuscire a ritagliarsi un posto di lavoro. Sará questo un ulteriore problema che gli amministratori della Regione e delle Asl della nostra provincia, in particolare, dovranno affrontare alla luce del recentissimo riassetto dell'organizzazione sanitaria. E' allarme per la carenza di infermieri: secondo la Federazione nazionale dei collegi degli infermieri, nel 2006 la carenza ammontava a circa 60 mila professionisti. La carenza di infermieri, sottolinea l'Ocse, ''potrebbe essere in parte colmata dall'assunzione di personale proveniente dall'estero. Ma a causa della competizione con i paesi esteri, che offrono salari più alti e condizioni di lavoro migliori, e delle complesse politiche di immigrazione, il numero di infermieri stranieri in Italia è ancora basso: 6730 nel 2005''. * medico e giornalista
Angelo, ecco le stufe contro il freddo
La Nuova Venezia del 29/11/2008 ed. Nazionale p. 25

Infermieri, Cgil contro Padoan: «Bassa propaganda e demagogia» - OSPEDALE Inaugurata ieri la nuova ludotecaL'altro giorno la temperatura era di 21 gradi, ieri il freddo si faceva sentire. Ma l'Asl 12 è corsa ai ripari, come promesso, dopo le lamentele degli operatori sanitari e dei pazienti. Sono arrivati i «funghi» per scaldare i poliambulatori che si affacciano sulla grande hall dell'Angelo. Una misura tampone contro il freddo nella sala d'attesa che la scorsa estate invece si è trasformata in un forno. Tra gli sguardi di cittadini e curiosi, che hanno poi subito messo alla prova le stufe, è iniziata ieri mattina l'installazione sotto gli ombrelloni di dieci riscaldatori irradianti a raggi infrarossi capaci di riscaldare velocemente l'aria. Già oggi, dopo il collaudo, saranno distribuiti lungo l'area dei poliambulatori.La polemica. Continua a tenere banco intanto la polemica sugli infermieri e le assenze per malattia dopo le dichiarazioni del direttore generale dell'Asl 12 Antonio Padoan. Ieri a rispondere è stato Sergio Chiloiro, segretario generale della Camera del Lavoro della Cgil di Venezia. «Non si fanno le relazioni sindacali sui giornali - attacca Chiloiro - non si delegittimano i protagonisti del confronto e delle mediazioni. E soprattutto una managerialità competente, capace ed autorevole, non fa bassa propaganda e demagogia. Ci eravamo abituati a una diversa qualità». Secondo Chiloiro, l'attacco agli infermieri è errato. «L'autoritarismo, la logica di comando, da caserma, le intimidazioni, non portano da nessuna parte - continua il segretario generale della Cgil - non migliora né l'efficienza né la produttività». L'invito è chiaro: mettere fine alle polemiche e tornare al tavolo del confronto sindacale «per fare proposte nel rispetto della legge e dei contratti, accettare il confronto democratico a costruire mediazioni condivise». Su queste basi la Cgil è pronta ad un ruolo «disponibile e costruttivo - conclude - Se invece vuole chiudere la sua direzione sbattendo la porta, è sicuro che la sanità di Venezia non vivrà tempi migliori».L'inaugurazione. Decine di persone hanno partecipato ieri mattina nel reparto di Pediatria dell'ospedale dell'Angelo alla inaugurazione della nuova ludoteca per i bambini. Presente il direttore sanitario, il primario Pozzan, l'assessore comunale Miraglia la presidente dell'associazione di volontari Abio Regina Sironi che con lo sponsor «Original Marines» hanno offerto gli arredi dello spazio pensato per i piccoli pazienti del reparto.Tra i servizi offerti dalla ludoteca, spicca «scuola in ospedale» proposto da due anni dal circolo di viale San Marco con una insegnante, Maria Pia Vivolo, distaccata ad operare dal lunedì al sabato nel reparto per aiutare i bambini a non perdere, nonostante il ricovero, il rapporto con lo studio e che viene aiutata da insegnanti in pensione, volontarie. (m.ch.)
«Case, asili nido e più part-time per attirare i nuovi infermieri»
La Provincia di Lecco del 30/11/2008 p. 16

Proposte dei sindacati per evitare il ricorso ai service esterni: «Livelli peggiorati»«Il livello di assistenza è peggiorato. Il reparto non è più quello di una volta. E alcuni pazienti, per protesta, hanno scelto di farsi ricoverare altrove». Sono parole pesanti, quelle che vengono dagli infermieri che fino a settembre hanno lavorato al reparto di ortopedia del Manzoni. Nessuno, però, si vuole esporre, e in generale regna una certa diffidenza tra gli infermieri. Anche perché, ormai, dopo il ?passaggio di consegne? nei mesi scorsi, il reparto è ora affidato in toto al personale della società infermieristica privata Hcm. «Ma fino a settembre, quando cioè i dipendenti dell'azienda ospedaliera lavoravano ancora insieme a quelli dell'Hcm, erano emerse chiare le difficoltà», dichiara Vittorio Messere, portavoce della Cgil per la Sanità. Gli infermieri ospedalieri che hanno lavorato per un certo tempo fianco a fianco con il personale della Hcm, «ci avevano segnalato difficoltà nel passaggio delle competenze ai colleghi della Hcm. Inoltre, alcuni di essi avevano dimostrato scarsa conoscenza della lingua italiana e talvolta scarsa conoscenza delle tecniche assistenziali o dei dispositivi medici. Infine, di altri infermieri si è scoperto che svolgevano attività anche al di fuori dell'ospedale, venendo meno alle disposizioni legislative in materia di esclusività di rapporto di lavoro».Rimostranze raccolte dai sindacati confederali, che ora rimarcano la propria contrarietà all'inserimento del service infermieristico nei due reparti di ortopedia del Manzoni e del Mandic. «Restiamo fermamente convinti - sottolinea Messere - che la decisione di affidare parte dei servizi infermieristici a una società esterna non debba essere assolutamente considerata una soluzione definitiva al problema della carenza infermieristica, ma una misura temporanea che consenta di garantire il livello qualitativo e quantitativo di prestazioni ai cittadini, senza che il primo male di stagione faccia aleggiare lo spettro della chiusura dei letti e garantendo al contempo le ferie e i riposi dovuti al personale». Proprio con l'ipotesi di una riduzione dei posti letto, se non si fosse dato il via all'Hcm, Ambrogio Bertoglio ha ribadito a più riprese nelle scorse settimane la determinazione dell'azienda a continuare ad inserire gli infermieri della società Hcm in ospedale. il prossimo passo, entro fine anno, sarà la ?cessione? dell'intera ortopedia del Mandic all'Hcm per quanto riguarda il comparto infermieri. «Se questa è l'unica via ? dichiaro i sindacati confederali ? chiediamo allora all'azienda più impegno per rendere maggiormente attraente il nostro ospedale agli infermieri. Come? Innanzitutto, indicendo più concorsi pubblici all'anno. Poi, progettando situazioni abitative favorevoli per i non residenti, o anche un asilo ndio aziendale, o incrementando le forme di part-time». Tutte ipotesi su cui l'azienda ha dichiarato di stare già lavorando.L. Bos.30/11/2008
«Perché ho assunto gli infermieri esterni»
La Provincia di Lecco del 28/11/2008 p. 20

Il direttore generale dell'Azienda ospedaliera spiega le ragioni del "service" all'ospedale Manzoni che ha scatenato tante polemicheInfermieri esterni in ospedale. A riproporre il tema, su queste colonne, era stato un lettore che aveva raccontato la sua "disavventura" in un reparto del «Manzoni» di Germanedo. Il direttore generale Ambrogio Bertoglio ha raccolto l'invito a rispondere alle osservazioni, che si rincorrono ormai da settimane.Gentile Direttore,la ringrazio per la risposta che ha dato ad una circostanziata lettera (pubblicata sul suo giornale il 21 novembre scorso e dal titolo "Viaggio semiserio all'Ospedale Manzoni") che un lettore le ha inviato descrivendo la sua esperienza in un reparto del nostro ospedale.E' una lettera bella, per certi versi simpatica , che certamente lascia intravedere affetto e considerazione per l'ospedale di Lecco. Un'osservazione: perché la gente di Lecco è così propensa a scrivere ai giornali - cosa buona e sacrosanta, naturalmente - invece di venirmi a trovare - ci sono tutti giorni, almeno 12 ore - per poterci incontrare di persona e avviare qualche fattiva collaborazione? Io sono sempre disponibile.Ma entriamo nel merito. Azzardo: il reparto di cui si parla penso sia Ortopedia. E' stato, forse ancora lo è, al centro di una polemica perché lì abbiamo introdotto infermieri non assunti da noi ma provenienti da un'agenzia esterna, da cui abbiamo acquistato un "servizio" assistenziale "chiavi in mano", come si dice in gergo.Qualche mese fa mi sono trovato davanti un bivio: ridimensionare alcuni reparti o ricorrere a forme non tradizionali di reclutamento infermieristico. La mancanza di infermieri alla vigilia dei mesi estivi si era, infatti, fatta grave. Con una aggravante: i bandi andavano deserti o quasi e fino a novembre non ci sarebbe stata alcuna sessione di laurea presso la scuola universitaria che ha una sede anche nel nostro ospedale.Quindi, infermieri non ne riuscivo ad assumere (o perlomeno facevo grandissima fatica rispetto al fabbisogno) e, tuttavia, reparti non ne volevo chiudere, e con buone ragioni: oltre ad una forte domanda da parte della gente, il convincimento che il posizionamento dell'Ospedale, da un ridimensionamento, non gode di alcun beneficio. Ricordo che occorre sempre garantire nei reparti , come da "contratto" con l'ASL, una quantità determinata di tempo-lavoro assistenziale.Allora che fare? La risposta poteva risiedere in una iniziativa già messa in atto in mie precedenti esperienze lavorative e che altrove ha funzionato egregiamente. Acquisire, cioè, un servizio infermieristico presso qualche agenzia che ha come suo compito reclutare infermieri e offrire servizi agli ospedali. E così abbiamo fatto. Questa estate non abbiamo chiuso reparti e ci ritroviamo ora alla vigilia di importanti innovazioni destinate a far crescere i nostri ospedali: la stroke unit a Lecco e l'osservazione breve a Merate.L'avvio del service infermieristico (ricordo che non è possibile per legge utilizzare infermieri distribuiti in più reparti; può essere affidato ad agenzie esterne solo un servizio compiuto, ad esempio un intero reparto) ci ha richiesto un po' più di fatica rispetto a quanto avevamo preventivato. Le prime settimane sono state difficili e il rodaggio non è stato facile. Devo ammetterlo: siamo partiti male. Solo ora ci stiamo mettendo in sesto con una sistemazione soddisfacente.Vorrei , però, fare un discorso più ampio. La carenza degli infermieri è un fenomeno regionale e nazionale. Ma Lecco è messa particolarmente male a causa della sua collocazione geografica e spesso i professionisti preferiscono altre sedi rispetto al nostro territorio. Dobbiamo lavorare per far diventare Lecco, il suo ospedale, più interessante. Penso ad esempio all'asilo nido interno, ad organizzazioni innovative, alla valorizzazione della posizione professionale degli infermieri. Nel frattempo - come ho fatto nei dieci anni precedenti - affronto la questione infermieristica sulla base di quattro pilastri. Il primo: l'assunzione, con concorso, di tutti gli infermieri laureati a Lecco o che decidono di voler venire a lavorare a Lecco. Si tenga conto, tuttavia, che a fronte di circa 30 laureati, ogni anno a Lecco, e a fronte di poche decine di infermieri provenienti per lo più dal Sud, il fabbisogno dei nostri ospedali è di circa 150 infermieri all'anno. Il secondo: far fare qualche turno aggiuntivo agli infermieri già assunti. Il terzo: l'ottimizzazione del lavoro infermieristico nei reparti con l'incremento degli operatori socio-sanitari, da occupare con incarichi non strettamente infermieristici (ad esempio compiti alberghieri o di accompagnamento dei pazienti). Il quarto pilastro? Per una percentuale non superiore al 2-3% dell'intera quota infermieristica, l'acquisizione con gara pubblica, presso agenzie esterne, di risorse infermieristiche da impegnare, al massimo, in un paio di reparti. Si tratta di 50/60 unità, tra infermieri e operatori socio-sanitari, che - a norma di legge -coprano il fabbisogno di due reparti.Sono stato lungo, me ne rendo conto. Ma non si possono affrontare temi così grandi e impegnativi con il tono dell'aneddoto o del caso personale (sempre importante e, per noi, centrale). E' necessario, in un contesto che si è fatto dannatamente complicato e particolarmente variegato, motivare pienamente le decisioni assunte. Da parte mia - per chiudere - voglio affermare la mia volontà, il mio desiderio di far crescere i nostri ospedali. Ci tengo al loro buon funzionamento e mi preoccupo sempre di mettere la persona e i suoi bisogni al centro del mio e nostro agire. Ho stima di questa Azienda e degli operatori che lavorano nei nostri presidi e per questo serve un lavoro serio, stando sempre sul "pezzo" , come dite voi giornalisti. Quello che chiedo è che a fronte dell'impegno che riaffermo anche in questa sede, a nome di tutti i 3000 miei collaboratori, ci sia da parte della gente fiducia in noi e, soprattutto, la convinzione che stiamo facendo di tutto per far crescere i loro e i nostri ospedali. Insieme ce la possiamo fare.Ambrogio BertoglioDirettore Generale AO Lecco28/11/2008
«Saranno istituiti nuovi reparti»
La Sicilia del 28/11/2008 ed. Nazionale p. 33

M USSOMELI . La proposta di rimodulazione del presidio ospedaliero di Mussomeli redatta dall'Asl 2, prevede il suo potenziamento con incremento di posti letto e l'istituzione di nuovi reparti e servizi specialistici, «In considerazione -si legge- della situazione orografica e delle difficoltà nella viabilità nonché della posizione geografica limitrofa ad altre province (Agrigento e Palermo), che ne permette l'utilizzo da tali popolazioni. Tale considerazione è supportata da un elevato indice di attrazione che si attesta intorno al 29%, tra i più alti in assoluto della Regione Siciliana». Per l'ospedale di Mussomeli sono dunque previsti in totale 144 posti letto di cui, 112 posti per acuti suddivisi in 24 posti letti per Medicina, 16 per la Pediatria, 24 per la Chirurgia, 24 per l'Ortopedia, 24 per Ostetrica e ginecologia; e quindi: 16 posti per lungodegenza e 16 posti per la riabilitazione. Previsti anche diversi servizi senza posti letto: Patologia clinica, Radiologia, Centro trasfusionale, Pronto soccorso, Anestesia, Dialisi, Cardiologia, Oculistica, Direzione sanitaria e Direzione amministrativa. La nuova rimodulazione, sempre ammesso che venga accettata dalla Regione così come è stata proposta, ovviamente prevede un nuovo organigramma del personale, per cui quello mancante sarà assunto tramite concorso oppure sarà reperito tramite mobilità interna nell'ambito della stessa Asl. Entriamo nei dettagli. Nell'Unità operativa di Medicina è previsto l'arrivo di 2 nuovi medici; in Pediatria è previsto l'arrivo di 3 pediatri e di 4 infermieri. Per la Cardiologia è previsto 1 medico e 1 infermiere. In Chirurgia si prevede l'arrivo di 2 nuovi chirurghi, in Ostetricia: 2 ginecologi, 1 infermiere, un'ostetrica. In Ortopedia è previsto l'arrivo di 3 ortopedici e 4 infermieri. Per la Radiologia è previsto l'arrivo di 3 radiologi e 2 tecnici, per il Laboratorio analisi di 5 nuovi collaboratori, per l'Anestesia si prevede l'arrivo di 3 anestesisti. Un discorso a parte lo merita il Centro trasfusionale che dovrebbe essere trasferito da San Cataldo e per tale nuovo servizio saranno messi a concorso tutti i posti delle figure mancanti: medici, infermiere, tecnici. Per l'Oculistica è prevista la presenza di 2 oculisti e 1 infermiere, per la Dialisi: 2 nefrologi, 5 infermieri e 3 ausiliari. Per la Riabilitazione: 3 medici, 1 caposala, 6 infermieri, 2 ausiliari, 3 terapisti della riabilitazione, 1 logopedia, 2 ausiliari. Lungodegenza: 2 medici, 1 caposala, 8 infermieri. A concorso, infine, sarà messo anche il posto di direttore sanitario vacante ormai da molti anni. Ovviamente tra gli operatori e gli utenti dell'ospedale di Mussomeli si respira un ritrovato ottimismo alla luce della rimodulazione proposta anche se si rimane in attesa di verificare che tali proposte vengano interamente recepite e quindi trasformate in realtà per ridare nuovo slancio e ripresa all'attività ospedaliera. R. M.
L'aggressione agli infermieri e auto distrutte
Unione Sarda del 30/11/2008

Infermieri e medici di Psichiatria vivono ancora nel terrore al ricordo di quanto accaduto ad aprile con il reparto devastato dalla furia di un paziente che aveva spedito sei infermieri e una dottoressa al pronto soccorso, danneggiando tre auto parcheggiate nel piazzale. Tutto a causa di un improvviso scatto d'ira del ragazzo andato in ospedale di sua iniziativa per essere ricoverato. Simone, affetto da gravi turbe psichiche, secondo i testimoni era arrivato al pronto soccorso tranquillo. Medici e infermieri, conoscendolo bene, lo avevano accompagnato in Psichiatria perché aveva detto di voler essere visitato solo dalla dottoressa. Dopo qualche minuto, era scoppiato il finimondo. Il ragazzo aveva preteso il ricovero rifiutando la terapia prescritta dalla dottoressa, contro la quale aveva rovesciato la scrivania. Subito dopo aveva colpito con i pugni la finestra mandandola in frantumi e gettato il telefono a terra. Gli infermieri, attirati dai rumori e dalle urla, erano entrati nella stanza senza però riuscire a bloccare il ragazzo. La sua furia era proseguita all'esterno: con un pezzo di ferro aveva scavato dei solchi nella carrozzeria di tre auto. Solo con l'intervento dei carabinieri il giovane era stato bloccato. 30/11/2008
Psichiatria, paziente fugge dal reparto
Unione Sarda del 30/11/2008

Una donna di 33 anni dà in escandescenze e sparisceI medici hanno dato subito l'allarme avvisando della fuga polizia e carabinieri: fino a tarda sera però della paziente non c'era traccia.Aveva manifestato la sua insofferenza nella notte. Calci a un tavolino e ai mobili. Poi aveva scagliato un crocifisso contro un infermiere. Solo l'intervento dei medici aveva evitato la devastazione del reparto. Ieri pomeriggio, dopo aver dato nuovamente in escandescenze, è riuscita a eludere ogni controllo: una paziente di 33 anni, ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'ospedale Santissima Trinità, ha raggiunto il giardino interno e, dopo aver spostato la grata che copre un buco nel muro di cinta, crollato in parte dopo l'alluvione di un mese fa, ha superato il cancello dell'ospedale sparendo in via Is Mirrionis. È stato dato l'allarme a polizia e carabinieri ma fino a tarda sera non si avevano ancora sue notizie.L'ALLARME Ancora una volta nel reparto di Psichiatria si sono vissute ventiquattro ore difficili. E pensare che qualche giorno fa gli infermieri erano riusciti a impedire un'altra evasione . Un paziente era riuscito ad arrivare nel giardino interno: aveva notato quel buco nel muro che un mese fa si era sbriciolato dopo un nubifragio che aveva causato l'allagamento del Santissima Trinità. Con dei violenti calci era riuscito a scardinare la grata che era stata messa proprio per evitare le fughe. Il personale infermieristico lo aveva bloccato prima che scappasse. Nella notte tra venerdì e sabato la situazione è precipitata nuovamente. Una paziente, ricoverata in Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) si è scagliata contro i mobili del reparto, cercando di colpire chi passava a tiro con un crocifisso. È stata riportata alla calma dai medici. Uno di loro, subito dopo, è stato aggredito verbalmente da altri due pazienti che lo hanno minacciato di morte. Un episodio segnalato alla polizia.LA FUGA La stessa paziente a fine mattinata ha dato nuovamente segni di nervosismo. Poi la fuga: con il personale medico e infermieristico impegnatissimo in altri interventi la trentatreenne si è diretta nel giardino. È bastato un leggero colpo alla grata sistemata nel buco del muro per farla cadere e avere via libera. Dopo pochi minuti è scattato l'allarme: gli infermieri hanno notato l'assenza della ragazza e la grata a terra. Ci è voluto poco per capire cosa fosse accaduto. La fuga è stata segnalata alla polizia e ai carabinieri. È stata avvisata anche la sorella della paziente che vive in un paese della provincia di Cagliari: è probabile che la donna voglia raggiungerla per riabbracciare suo figlio, affidato temporaneamente alla sorella. Fino a tarda sera non si avevano ancora notizie della ragazza in fuga.MATTEO VERCELLI 30/11/2008
Il sindacato benedice l'arrivo degli infermieri privati in ospedale
Giornale di Lecco del 01/12/2008 p. 5

(grf) Il servizio infermieristico prestato dagli operatori della HCM nel reparto di Ortopedia del Manzoni non è buono, ma il sindacato dà comunque il via libera agli infermieri privati in corsia. E' questo il senso del comunicato diffuso dai segretari della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil. Ernesto Messere, Valeria Macis e Italo Bonacina benedicono l'appalto a una società esterna dei servizi infermieristici e di assistenza delle Ortopedia di Lecco e Merate. Malgrado gli stessi dipendenti del Manzoni abbiano raccontato delle carenze dei colleghi «privati», dalla scarsa conoscenza della lingua italiana alla scarsa conoscenza delle tecniche assistenziali o dei dispositivi medici; malgrado al Mandic siano state raccolte oltre 600 firme tra medici, infermieri e operatori per dire no all'allargamento dell'esperienza lecchese, il sindacato ha dato il via libera ad Ambrogio Bertoglio. Non che il direttore generale ne avesse bisogno. L'altra settimana al Giornale di Lecco (edizione di lunedì 24 novembre) i l m a n a g e r aveva già confermato che le O r t o p e d i e a v r e b b e r o avuto infermieri e personale esterno. Il sindacato concorda con la dirigenza dell'Ao sul fatto che la carenza di infermieri e i limiti alle a s s u n z i o n i , malgrado gli sforzi di chi è in corsia, sta limitando l'operatività degli ospedali lecchesi. «Sarebbe impossibile dice. con l'attuale dotazione organica pensare di riaprire i letti chiusi in passato, come nel caso dell'ospedale di Bellano, e tanto meno avviare nuovi servizi, come l'osservazione breve al Pronto soccorso, che permetterebbe di ridurre le procedure di visita, l'ambulatorio dei codici bianchi, la stroke unit contro gli ictus». E dunque via libera agli accordi con il privato a condizione che non sia per sempre. Messere, Macis e Bonacina lanciano una sfida a Bertoglio: «Non solo rimettere nel giro di due anni l'azienda pubblica in grado di garantire da sola tutta l'assistenza, ma avviare il percorso per rendere i presidi ospedalieri del nostro territorio attraenti per l'utenza e per i lavoratori, perché in grado di offrire la migliore assistenza e le migliori condizioni di lavoro».

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